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Capitolo 9 - Il Paese del Ghiaccio - La Caverna del Sonno

Un giorno ricevetti la missione di visitare un paese la cui esistenza, nel Mondo Spirituale, può sembrare strana. È il Paese del Ghiaccio, in cui vive chi, sulla terra, ha condotto un’esistenza freddamente ed egoisticamente calcolatrice. Nella propria vita e in quella degli altri, ha annichilito tutti gli slanci del cuore e i delicati sentimenti che costituiscono la vita dell’anima. In questi individui il sentimento dell’amore era spento a tal punto da impedire al sole di brillare in loro presenza e ogni vita pareva soffocata.

Tra gli abitanti di quella regione vidi grandi uomini di stato che non avevano amato la loro nazione né si erano preoccupati del suo benessere. Avevano ricercato solo la soddisfazione delle proprie ambizioni e la gloria personale. Ora abitavano grandi palazzi di ghiaccio, sulle altezze orgogliose e gelide della loro cupidigia. Ne vidi altri, più umili, che avevano scelto dei percorsi diversi nella loro vita, ma tutti erano irrigiditi e congelati dal rigore e dalla sterilità del loro carattere, dal quale era escluso qualunque sentimento e qualunque calore. In precedenza avevo constatato i disastri derivanti dall’eccesso di emozioni e di passioni, ora vedevo le conseguenze della loro totale assenza.

Grazie a Dio, quella regione aveva molti meno abitanti dell’altra. Perché, per quanto possano essere spaventose le conseguenze di un amore corrotto e sviato dalla vocazione originale, tali conseguenze non sono tanto difficili da superare quanto quelle che derivano dall’assenza di un qualunque slancio d’amore.

Si trovavano in quel luogo anche uomini che erano stati in terra eminenti membri di tutte le confessioni religiose e di tutte le nazionalità. Cardinali e preti cattolici, dalla vita austera e pia ma fredda ed egoista; predicatori puritani, pastori metodisti o presbiteriani, vescovi e sacerdoti anglicani, missionari, bramini, parsi, copti, mussulmani; in breve, tutte le religioni erano rappresentate nel Paese di Ghiaccio. Nessuno dei suoi abitanti aveva abbastanza calore per far fondere almeno un po’ del ghiaccio che lo circondava. Ma non appena compariva una traccia di calore umano, o colava una lacrima di dolore, il ghiaccio cominciava a fondere, e per quella povera anima nasceva la speranza.

Incontrai un uomo chiuso in una gabbia di ghiaccio, con sbarre di una durezza tale da sembrare di acciaio lucido. Quell’uomo aveva avuto, sulla terra, la carica di Grande Inquisitore nell’Inquisizione di Venezia. Il suo solo nome bastava a incutere terrore in tutti quei poveri sfortunati che cadevano nelle sue mani. Il suo nome era famoso, ma cercando nella sua vita non era possibile trovare un solo episodio in cui dal suo cuore fosse emersa un’ombra di pietà per le sue vittime. Mai aveva vacillato nella sua determinazione di torturare e uccidere chi l’Inquisizione gli consegnava.

Era conosciuto per la sua vita rigida e austera, e non era per nulla più indulgente verso di sé che verso gli altri. Freddo e senza pietà, il suo cuore non aveva mai avuto il minimo fremito per le sofferenze altrui. Il viso rifletteva la sua impassibile e fredda crudeltà: un naso stretto e lungo, un mento prominente ed appuntito, una mascella forte e larga, labbra sottili e strette come un semplice tratto sul suo viso, un cranio appiattito, e due occhi profondamente affossati il cui sguardo di rapace riluceva con il gelido riflesso dell’acciaio.

Dietro di lui vedevo i fantasmi delle sue numerose vittime che lo seguivano. Quegli spettri pallidi, storpi, laceri e sanguinanti, non erano che gusci astrali: le anime che in passato li avevano abitati li avevano abbandonati per sempre, portando con sé i loro elementi superiori. Ma quelle forme astrali ondeggianti erano ancora attratte verso quell’essere, incapaci di dissolversi e scomparire fin quando il suo magnetismo le avrebbe costrette, come una catena, a restargli vicino. La loro vitalità proveniva non dalle anime che una volta avevano contenuto, ma da quell’uomo stesso, il loro carnefice. Si trattava dello stesso fenomeno degli spettri che infestano i luoghi in cui delle persone sono state assassinate. Nel caso in cui la vittima è troppo buona e innocente per restare attaccata alla terra per via del proprio risentimento, il fantasma non è che un involucro astrale. All’assassino o ad altre persone sembra vivo, ma in realtà non è che un riflesso, e scompare nel momento in cui un rimorso o un pentimento sufficiente rompe il legame che lo lega alle sue vittime.

C’erano però anche degli spiriti di un altro tipo che si agitavano intorno a quest’individuo, deridendolo per la sua impotenza e tormentandolo per fargli pagare le crudeltà che aveva commesso. Questi, di apparenza più solida, erano dotati di una forza, un vigore, un’intelligenza che le altre ombre nebulose non possedevano e imprigionavano ancora delle anime eterne.

Quelle stesse anime che avevano talmente sofferto a causa della tortura da non avere che un solo desiderio, quello della vendetta; spiriti vendicatori, cercavano senza sosta di avvicinarsi al loro oppressore per farlo a pezzi, e quindi la gabbia di ghiaccio in cui si trovava gli serviva non solo da prigione ma anche da protezione contro i suoi nemici. Più abile degli altri, uno degli spiriti che si affannava attorno a lui si era fabbricato una lunga pertica affilata che introduceva tra le sbarre per trafiggere il suo antico carnefice, e il modo in cui questi la evitava aveva dello straordinario. Alcuni gli gettavano addosso acqua sporca e fangosa, e talvolta gli assalitori si univano per cercare di rompere le sbarre di protezione, ma invano. Conoscendo da tempo l’invulnerabilità della propria gabbia, si beffava con freddezza di loro e dei loro inutili sforzi.

Mi stavo chiedendo se quest’uomo sarebbe mai potuto divenire libero, quando ricevetti una risposta dallo spirito superiore che mi aveva parlato per la prima volta vicino alla mia tomba, e del quale avevo sentito la voce quando avevo avuto bisogno d’aiuto o di consiglio. La sua voce sembrava provenire da lontano come, forse, quella che avevano sentito i profeti dell’antico testamento. Risuonò con forza nelle mie orecchie, ma né il prigioniero né coloro che lo tormentavano erano in grado di sentirla. La voce disse:

«Figlio mio, guarda per un momento i pensieri di quest’uomo e considera cosa farebbe della sua libertà se la ricevesse!».

Allora, come delle immagini riflesse in uno specchio, vidi i suoi pensieri. Pensava che se fosse riuscito a liberarsi sarebbe potuto tornare sul piano terrestre, dove sperava di trovare dei mortali con le sue stesse inclinazioni e, attraverso loro, forgiare un giogo d’acciaio da imporre agli uomini; sognava di far regnare un’Inquisizione ancora più implacabile e più crudele di quella che aveva diretto da vivo, che avrebbe estirpato l’ultimo residuo di libertà dalle sue vittime.

Sapeva che avrebbe potuto disporre di una potenza ancora maggiore di quella che aveva avuto quando era sulla terra, poiché, libero da qualsiasi vincolo terreno, avrebbe potuto raccogliere sotto il suo controllo diretto dei collaboratori, spiriti o mortali, dall’anima fredda quanto la sua. Egli non pensava che ad opprimere, e era orgoglioso di essere sempre rimasto insensibile ai lamenti e alle preghiere delle vittime che aveva torturato a morte. Divorato dall’ambizione e dal gusto insaziabile del potere, aveva operato per ingrandire il suo ordine al solo fine di soddisfare le sue brame.

Quell’anima dura non mostrava il minimo segno di pietà o pentimento. Liberare un tale uomo, e lasciarlo agire sulla terra, avrebbe rappresentato un pericolo ben più grave che lasciar libera la bestia più feroce, perché i suoi poteri sarebbero stati quasi senza limite. Ignorava che l’inquisizione, il cui potere mortifero sognava di aumentare, era stata spazzata via dalla terra da una forza più grande della sua. Ignorava che era scomparsa come una pianta velenosa con l’orribile secolo che gli aveva dato i natali, per non disonorare mai più l’umanità con i crimini perpetrati in nome di Colui che venne sulla terra a predicare l’amore e la pace.

L’inquisizione era completamente scomparsa, ma non senza lasciare profonde ferite tra gli uomini, la cui fede in Dio e nella sua giustizia era stata scossa. E molti anni passeranno ancora, prima che la bontà, la verità e la purezza possano ritornare al potere per riportare gli esseri umani verso la fede nel Dio dell’amore, e non nel Dio dell’orrore descritto da quegli oppressori. Abbandonai il Paese di ghiaccio, sconvolto e congelato. Non provavo nessun desiderio di conoscere altri suoi segreti, anche se non escludevo che in futuro avrei potuto farvi ritorno. Pensavo però che per il momento non c’era in quel paese nessuno che potessi comprendere e aiutare. I suoi abitanti mi spaventavano e mi ripugnavano, e la mia presenza non era di alcun beneficio.

Sulla via del ritorno, che mi portava dal Paese di Ghiaccio al Paese del Crepuscolo, passai vicino a numerose cavità chiamate le «Caverne del Sonno», nelle quali riposava una folla di spiriti completamente intorpiditi, e assolutamente inconsapevoli di ciò che succedeva accanto a loro. Seppi che erano individui che avevano abbreviato la loro vita terrena col consumo di oppio, e che si erano così privati di qualsiasi possibilità di sviluppo. Invece di progredire, erano regrediti. Mentalmente alienati, erano più deboli e debilitati dei bambini prima della loro nascita, totalmente incapaci di vita cosciente.

Per molti di loro il sonno sarebbe durato secoli; in altri casi, se il consumo di quel veleno era stato minimo, sarebbe durato venti, cinquanta o cento anni. Quegli spiriti letteralmente vegetavano, poiché i loro sensi erano sviluppati quanto quelli dei funghi; tuttavia in loro dimorava ancora l’anima immortale, simile a un piccolo seme imprigionato tra le bende di una mummia egiziana, seme che, contrariamente all’apparenza, è sempre vivo; e venuto il giorno giusto, in un suolo favorevole, avrebbe infine potuto germogliare.

Le caverne in cui gli spiriti soccorritori avevano sistemato quegli infelici contenevano delle fonti di magnetismo dispensatore di vita. Alcuni spiriti, che avevano già attraversato un simile stato per via dell’uso di oppio durante la loro vita terrena, si davano da fare per trasmettere forza vitale a quei corpi spirituali storditi, che giacevano al suolo simili a file di cadaveri.

Con una progressione lentissima, che varia a seconda della gravità del male di cui sono vittime, quegli esseri sfortunati si svegliano, attraversando tutte le sofferenze del drogato privato del suo veleno. Tornano progressivamente in sé, finché ad un certo punto, come piccoli bambini sofferenti, sono in grado di ricevere istruzioni. Sono allora trasportati in edifici simili alle cliniche per i malati mentali della terra. In quei luoghi la loro intelligenza allo stato nascente viene educata, e vengono aiutati a recuperare le facoltà naturali che essi hanno distrutto durante la loro vita fisica.

Quelle anime disgraziate non progrediscono che molto lentamente. In effetti, bisogna insegnare loro, al di fuori della vita terrena, le cose che proprio la vita sulla terra ha il fine di insegnare. Come gli ubriachi, ma ad un livello più grave, l’intelligenza e i sensi di questi tossicomani sono paralizzati, e privi anche dell’apprendistato per cui è concepita la vita terrena. In quel luogo, possono fare quell’apprendistato ma in condizioni molto meno favorevoli.

La visita delle Caverne del Sonno mi sconvolse in modo inesprimibile. Non tanto per l’incoscienza totale di questi sfortunati, ma a causa del tempo prezioso che perdevano così in un sonno di morte, senza sogni e senza speranza. Come la lepre della favola, mentre essi dormivano, altri meno capaci di loro li superavano, e avrebbero avuto bisogno di secoli per recuperare il tempo perduto.

Che destino dovranno affrontare quegli spiriti quando si risveglieranno? Quale doloroso percorso dovranno seguire per ritornare semplicemente allo stato dal quale sono scivolati durante la loro vita terrena? Le nostre anime non dovrebbero essere colte dal terrore al pensiero che esistano sulla terra esseri umani che vivono e fanno fortuna con il traffico di oppio, un commercio che distrugge non solo il corpo, ma ancor più l’anima, al tal punto da chiederci se esista la minima speranza per quelle vittime?

Non possiamo immaginare un destino più crudele di quello di questi spiriti completamente intossicati. Si risvegliano con l’intelligenza di un idiota; acquisiscono, con centinaia d’anni di sforzi, i poteri mentali di un bambino; e dopo ciò, il loro sviluppo prosegue ancora in modo estremamente lento perché, contrariamente ai bambini normali, hanno quasi perso il potere di crescere, ed hanno bisogno di un tempo corrispondente a diverse generazioni per acquisire ciò che una sola vita terrestre avrebbe potuto insegnare loro. Ho sentito dire che appena raggiungono il livello di sviluppo di un bambino, molti di questi poveri esseri sono inviati di nuovo sulla terra per reincarnarsi in un corpo, al fine di poter beneficiare ancora dei vantaggi di cui avevano fatto un uso così cattivo. Di questo fenomeno però ne ho conoscenza solo per sentito dire, e non potrei pronunciarmi sulla sua veridicità. Ma sarei felice di sapere che per loro esiste una possibilità di abbreviare la durata del loro sviluppo e riguadagnare ciò che avevano in precedenza perso sulla terra.

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