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Capitolo 20 - La città imperiale

Camminavamo lungo una strada lastricata di marmo nero, ai lati della quale vi erano precipizi di cui non si vedeva il fondo, per la presenza di spesse nuvole di vapori che vi fluttuavano. Lungo il percorso vedemmo passare un gran numero di spiriti dell’ombra, alcuni dei quali portavano dei pesanti carichi sulle spalle, mentre altri camminavano a quattro zampe come bestie. Intravedemmo dei gruppi di schiavi che indossavano intorno al collo un collare di ferro ed erano incatenati gli uni agli altri. Provenivano dalla seconda porta, o porta interna, che costituiva evidentemente l’entrata di una grande città fortificata i cui scuri edifici emergevano dalla spessa nebbia di fronte a noi.

La strada, lo stile della costruzione e l’aspetto dei numerosi abitanti mi diedero l’impressione di entrare in una città dell’antico Impero Romano. Qui però tutto era sporco e orribile, nonostante la bella architettura dei superbi edifici di cui percepivamo vagamente i contorni. La seconda porta, lavorata in modo più accurato della prima, aveva i battenti aperti, e mescolandoci alla folla di spiriti che circolavano entrammo senza essere notati.

«Vedrai - mi disse Fedele -, che né la vita né le attività differiscono da quelle che si svolgevano nella città terrestre, della quale questa è il riflesso spirituale, nel periodo in cui era al culmine della sua potenza. È stato in quel momento che le particelle spirituali di cui è composto questo luogo sono state emesse sulla terra e sono state attirate da forze magnetiche per formare questa città. Dall’aspetto più moderno di alcuni edifici, puoi constatare che si è ingrandita con il passare del tempo, grazie allo stesso procedimento che agisce continuamente. Vedrai che la maggior parte degli spiriti sono convinti di trovarsi ancora nella loro città terrena, e si stupiscono del fatto che tutto appaia così sporco, miserabile e scuro.

Questa città ha un riflesso spirituale anche nelle sfere più elevate. Tutto ciò che è stato buono, bello e nobile in questa città terrena è stato attirato nel suo riflesso celeste; in essa abitano quelli tra i suoi abitanti che sono stati buoni e onesti. Le emanazioni spirituali della città, proprio come quelle di ciascuno dei suoi abitanti, vanno verso l’alto o verso il basso, a seconda del grado di bene o di male che contengono. E, poiché i misfatti commessi in passato in questa città superano di molto le buone azioni, il suo riflesso spirituale in questa sfera è più grande e popolato del suo riflesso nelle sfere più elevate. In un lontano futuro, quando gli spiriti che risiedono attualmente in questo luogo saranno progrediti spiritualmente, la replica celeste di questa città sarà completamente popolata, mentre la città che vediamo oggi diverrà polvere e scomparirà da questa sfera».

Stavamo percorrendo una stretta strada che era forse la replica del suo modello terrestre di una volta e, nel giro di poco tempo, arrivammo in una grande piazza circondata da superbi palazzi. Di fronte a noi si alzava un edificio imponente, che dominava su tutti gli altri. Un ampio scalone di marmo conduceva al suo massiccio portale. Attraverso la nebbia densa e sporca, intravedevamo le numerose ali e dépendance di questo elegante palazzo. Tuttavia, ogni cosa era cosparsa di spruzzi di sangue e coperta di mucosità e muffe che sfiguravano l’edificio. Una specie di disgustosa schiuma pendeva dalle colonne e dai capitelli, in forma di serpenti arrotolati.

Un fango nerastro trasudava dagli interstizi tra le lastre di marmo del pavimento, come se la città fosse costruita su una palude. Vapori maleodoranti aleggiavano attorno a noi, creando delle gigantesche forme fantasmatiche che evocavano i crimini del passato. Degli spiriti oscuri entravano e uscivano senza sosta dalle porte del palazzo, spinti da altri spiriti a colpi di scudiscio o di picca. Che grida e che bestemmie si sentivano! Era veramente la capitale delle anime dannate del regno degli Inferi. E dappertutto aleggiavano quelle grosse nubi nere di angoscia, di sofferenza e di crimine.

I miei pensieri andarono verso il passato, al tempo dell’Impero Romano. In una visione, come riflessa in uno specchio, quella città mi apparve nello splendore della sua grandezza di una volta. Vidi la corruzione, la dissolutezza, la tirannia, che tessevano sul telaio del destino questa sua copia sfigurata, pronta ad accogliere tutti coloro che avevano disonorato la bellezza di questa città con i loro peccati ed i loro vizi; vidi questa grande città dell’Inferno che veniva edificata sotto i miei occhi, atomo dopo atomo, divenendo così la prigione degli spiriti decaduti di quell’epoca malvagia.

Salimmo i gradini della grande scalinata di marmo, ed entrammo dall’entrata principale nel cortile esterno del palazzo imperiale. Nessuno ci parlava o sembrava accorgersi della nostra presenza. Avanzammo ancora, attraversando più sale, fino alla porta della Sala delle udienze. Qui il mio compagno si arrestò e mi disse:

«Amico mio, non posso continuare con te, perché ho già incontrato lo spirito tenebroso che regna su questi luoghi. La mia presenza lo insospettirebbe e metterebbe in pericolo la missione. Questa consiste nel liberare uno spirito la cui preghiera di pentimento è giunta fino alle sfere elevate. L’aiuto che tu gli darai è la risposta alla sua preghiera. Lo troverai facilmente: è il suo desiderio di essere aiutato che ci ha attirati presso di lui e ti permetterà di raggiungerlo. Devo separarmi da te per qualche tempo, perché ho il mio lavoro da svolgere, ma ci rivedremo presto. Se darai prova di coraggio e volontà, e osserverai le regole di condotta che ti sono state comunicate, non potrà succederti nulla di male. Arrivederci amico mio, e sappi che anch’io avrò bisogno di tutte le mie forze».

Mi separai da Fedele ed entrai da solo nella Sala delle udienze, che trovai piena di spiriti maschili e femminili. L’arredamento rifletteva lo splendore barbaro dei tempi imperiali. Ai miei occhi però tutto portava il marchio di quel luridume ripugnante che già mi aveva colpito all’entrata del palazzo. Gli uomini e le donne, che nella vita passata erano stati senza dubbio dei fieri patrizi, sembravano colpiti da una malattia più orribile della lebbra. Il suolo ed i muri erano ricoperti di macchie e pozze di sangue vischioso; pensieri abominevoli erano affissi sui muri in guisa di decorazioni. Gli abiti sontuosi dei presenti erano rosi dai vermi e impregnati dei germi di tutte le loro malattie.

L’imperatore era seduto su un trono sopraelevato: tra tutti gli spiriti corrotti presenti era il più ripugnante e spaventoso. La crudeltà e il vizio erano così profondamente scolpiti nei suoi tratti, che al confronto gli altri sembravano insignificanti. Anche se provavo un senso di repulsione, non potevo impedirmi di ammirare la potenza maestosa di quell’uomo. La consapevolezza che aveva di regnare con pieno diritto su quell’Inferno sembrava soddisfare la sua boria e il suo carattere tirannico, anche in un ambiente così orribile.

Nonostante i secoli trascorsi dalla sua morte, quell’uomo non aveva ancora preso coscienza della propria reale situazione. Osservandolo, ebbi la visione di ciò che immaginava di essere: vidi un uomo di Stato dai tratti duri e crudeli e dagli occhi di rapace, ma di una eleganza e di uno charme innegabili. Tutto ciò che in lui vi era di repellente e volgare, che il suo involucro terrestre aveva dissimulato, si rivelava ora completamente, benché egli stesso non ne avesse ancora preso coscienza. In compenso, percepiva perfettamente l’aspetto ripugnante di chi lo circondava.

Vidi anche la sua corte e i suoi compagni così come erano durante la loro vita terrena, e scoprii che ognuno di essi si vedeva ancora così com’era una volta. Tutti ignoravano la spaventosa trasformazione che era avvenuta in loro, mentre erano perfettamente consapevoli di quella degli altri.

Tutti si trovavano in questo stato, ad eccezione di un unico uomo accovacciato in un angolo, che copriva con il suo mantello il proprio viso deforme. Percepii che era pienamente consapevole della decadenza morale propria e di chi lo circondava. Nel cuore di quella persona era nato il desiderio di una condizione migliore, di un percorso, anche se duro e cosparso di difficoltà, per sfuggire agli orrori di quell’Inferno e dei suoi abitanti. Capii, guardandolo, che ero lì per lui, anche se ignoravo ancora in che modo avrei potuto aiutarlo. Sapevo solo che la forza che mi aveva condotto fino a quel luogo avrebbe continuato a mostrarmi il cammino.

Mentre mi guardavo attorno, gli spiriti e il loro despota scoprirono la mia presenza. La collera apparve sul volto di quest’ultimo, che con voce roca mi chiese chi fossi e come avevo osato avvicinarmi a lui. Gli risposi:

«Sono uno straniero giunto da poco in questa sfera tenebrosa, e sono molto sorpreso di trovare un simile luogo nel Mondo Spirituale».

Lo spirito esplose in una risata feroce, e disse che mi avrebbe presto fornito delle informazioni sul Mondo dello spirito.

«Ma – proseguì - dal momento che sei uno straniero, e che qui accogliamo sempre in modo regale gli stranieri, ti prego di sederti e di prendere parte al nostro banchetto».

Mi indicò un posto libero davanti a lui alla tavola alla quale erano seduti altri spiriti. Considerato ciò che si trovava sulla tavola, si sarebbe potuto credere che si trattasse di uno di quei grandi banchetti in uso ai tempi dello splendore terreno di quel palazzo. Tutto appariva molto reale, ma mi avevano preavvertito che in quella sfera il cibo era più o meno illusorio, e non appagava la terribile fame che tormentava gli antichi convitati, e che il vino, simile ad una bevanda infuocata, disseccava la gola e aumentava mille volte la sete degli ubriaconi. Mi avevano invitato fermamente a non mangiare né bere nulla di ciò che mi sarebbe stato offerto, e a non accettare mai un eventuale invito a riposarmi. Ciò avrebbe posto le mie forze superiori sotto il dominio dei miei sensi inferiori, e mi avrebbe immediatamente posto al livello di quegli spiriti oscuri, rendendomi vulnerabile al loro potere. Risposi perciò al mio ospite:

«Anche se apprezzo il vostro invito e la vostra ospitalità, devo rifiutare, perché non desidero né bere né mangiare».

Al mio rifiuto, vidi la collera sul suo volto e nel suo sguardo di fuoco. Egli mantenne però un’apparente benevolenza nei miei confronti, e mi fece segno di avvicinarmi. Nel frattempo, l’uomo che ero venuto ad aiutare era stato distolto dalla sua meditazione dal mio arrivo e dalla voce dell’Imperatore. Stupito dalla mia audacia, e preoccupato per la mia sicurezza, mi si era avvicinato. Mi aveva scambiato per uno di quei sfortunati nuovi arrivati, che non avevano ancora conosciuto i pericoli di quel terribile luogo. Il suo timore per me e la sua compassione crearono tra di noi un legame che mi avrebbe dato la possibilità di portarlo con me nella fuga.

Mentre facevo qualche passo verso il trono dell’Imperatore, quello spirito penitente mi seguì. Avvicinandosi mi disse a bassa voce:

«Non lasciarti abbindolare. Voltati e fuggi da questo luogo finché sei ancora in tempo. Lo distrarrò io per qualche istante».

Ringraziai quello spirito e gli risposi:

«Io non fuggo davanti a nessuno. Tuttavia farò attenzione a non cadere in qualche tranello».

Il nostro breve dialogo non era sfuggito all’Imperatore. Percosse con impazienza il suolo con la sua spada.

«Avvicinati straniero. Non conosci le buone maniere? Non sai che non si fa aspettare un imperatore? Guarda il mio trono; siediti per un momento, e scopri come ci si sente al posto di un monarca».

Il trono era simile ad una grande sedia sormontata da un baldacchino. Due immense forme alate in bronzo si elevavano dietro al trono; ognuna di esse aveva sei lunghe braccia che formavano lo schienale e i lati, e la loro testa sosteneva il baldacchino. Non avevo nessun desiderio di sedermi su quel trono: il suo proprietario mi ripugnava troppo perché desiderassi avvicinarmi a lui. Ma anche se la curiosità mi avesse spinto ad esaminare il trono più da vicino, ne sarei stato allontanato dalla visione che avevo appena avuto. In effetti, il seggio parve improvvisamente prendere vita, e vidi uno sfortunato spirito tenuto prigioniero dai braccioli del trono, e compresso in una massa informe dalla terribile stretta. Compresi allora che quello era il destino di chi avrebbe accettato l’invito a sedervisi. Dopo la breve visione mi volsi verso l’Imperatore e mi inchinai:

«Non ho alcun desiderio di prendere il vostro posto, e devo di nuovo rifiutare l’onore che mi fate».

Fuori di sé, ordinò alle sue guardie di catturarmi, di farmi sedere a forza e farmi ingollare cibo e bevande, fino a farmi soffocare. Qualcuno si precipitò verso di me. L’uomo che ero venuto a salvare si gettò davanti a me per proteggermi. In un istante fummo circondati da spiriti che schiumavano rabbia. Devo riconoscere che in quel momento il mio cuore cedette ed il mio coraggio vacillò. Erano così orribili, così malvagi, come una muta di bestie selvagge e affamate sguinzagliate contro di me. Ma mi ripresi, poiché il pericolo risvegliò le mie forze. Proiettai la mia volontà per respingere gli spiriti e chiamai in mio soccorso le forze del bene, afferrando nel contempo saldamente lo spirito che aveva voluto aiutarmi. Arretrai lentamente verso la porta. Tutta quella banda di spiriti delle tenebre ci seguiva con grida selvagge e gesti minacciosi, ma finché avessi mantenuto ferma la mia volontà di respingerli non avrebbero potuto toccarci. Raggiungemmo infine la porta e la superammo; dopodiché la porta si richiuse separandoci dai nostri inseguitori. Ci sentimmo immediatamente afferrare entrambi come da braccia robuste, e fummo trasportati in un luogo sicuro nella pianura.

L’uomo che avevo salvato nel frattempo era caduto in uno stato di incoscienza. Ai suoi lati, vidi quattro spiriti maestosi delle sfere elevate che effettuavano dei movimenti magnetici sul suo corpo steso a terra. Vidi allora la cosa più bella che mi sia capitato di vedere: da quel corpo deforme e scuro, che giaceva come morto, si levò un vapore nebbioso, che si ispessì fino a prendere la forma dello stesso spirito. Era l’anima purificata, libera del suo involucro tenebroso. I quattro spiriti celesti la presero, ancora in stato di incoscienza, tra le braccia, come si porta un bambino, poi si alzarono e scomparvero.

Vicino a me vi era un angelo raggiante:

«Che sia di buon augurio - mi disse -, Figlio del Paese della Speranza, perché devi aiutare ancora molte persone in questo regno delle tenebre, e la gioia degli angeli in cielo è grande per i peccatori che si pentono».

Poi disparve, e rimasi solo nella piana deserta dell’Inferno.

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