Privacy Policy

Capitolo 25 - Una battaglia nell’Inferno

Davanti a noi si apriva una immensa pianura leggermente ondulata, sulla quale si muoveva una folla di spiriti oscuri. Su suggerimento di Fedele, salimmo su una piccola altura per seguirne i movimenti. Mi spiegò perché eravamo lì:

«Vedremo ora una delle battaglie scatenate dagli spiriti delle tenebre che in passato godevano delle guerre, del saccheggio e degli spargimenti di sangue. Qui, in questo ambiente che è la conseguenza della loro crudeltà e della loro ambizione sulla Terra, continuano le loro attività guerresche e si battono per la supremazia negli Inferi. Guarda come riuniscono le forze per attaccare, osserva l’abilità dei loro movimenti di truppe. Gli spiriti degli esseri umani che sulla Terra guidavano gli eserciti, guidano ora quegli sfortunati esseri che non resistono al loro sortilegio. Con la potenza della loro volontà forzano quegli spiriti deboli a combattere sotto le loro bandiere, proprio come facevano sulla Terra. Vedrai questi potenti generali affrontarsi in una lotta più terribile di un combattimento terreno, perché qui non vi è morte che possa porre fine alla discordia. Dopo una battaglia, ricominciano a lottare senza sosta, in modo tale che sembra durare eternamente. In effetti, la lotta continuerà fino a quando uno o l’altro dei capi proveranno disgusto per una tale situazione, e aspireranno a un altro tipo di vittoria, più elevata della vittoria delle armi, che non conferisce altro diritto che quello di tormentare il vinto. Gli stessi istinti e le stesse qualità che sono ora deviate verso l’amore del potere e della crudeltà potranno, una volta purificati, rendere queste persone dei protagonisti nel campo del Bene. La stessa forza di volontà accelererà allora il loro progresso, nella stessa misura in cui in questo momento lo rallenta. Il momento in cui questo progresso avverrà dipende dalla bontà latente dell’anima, dalla presenza in essa di una aspirazione ancora assopita verso la giustizia e la verità. Come il grano nel suolo, quel germe di bontà può restare a lungo nascosto sotto la massa di malvagità che lo ricopre; ma alla fine arriva per ciascuno il momento in cui la propria natura più elevata si sveglia, suscita il pentimento e apporta infine un raccolto di virtù e di buone opere».

Volgemmo lo sguardo verso la vasta pianura, e vedemmo spiegarsi i due potenti eserciti che si disposero uno di fronte all’altro, in ordine di battaglia. Vedevamo, qua e là, degli spiriti potenti che guidavano i loro reparti come dei generali in un esercito terreno. Al comando delle forze presenti vi erano due esseri maestosi, ognuno dei quali avrebbe potuto servire da modello per un ritratto di Lucifero, talmente forte era la sensazione di potenza che emanava. I tratti del volto e la statura conferivano loro una maestà regale, pur nella degradazione infernale. La loro espressione era scura, e negli occhi crudeli si leggeva l’astuzia del serpente e la voracità dell’avvoltoio. Entrambi si spostavano sul loro carro da combattimento, tirato non da cavalli ma da uomini degradati, che come bestie da soma lo trascinavano fino a quando venivano calpestati nella mischia.

Dagli eserciti riuniti saliva una specie di musica selvaggia, che evocava le grida delle anime dannate mescolate al rumore dell’uragano. Le truppe improvvisamente avanzarono e urlando si gettarono l’una contro l’altra. Li vedevamo battersi, spingersi, e scalpitare come una mandria di bestie selvagge. I combattenti riempivano l’aria delle loro grida furiose e delle loro bestemmie, che rendevano l’Inferno ancora più abominevole. Quegli eserciti spirituali della morte sferravano attacchi e contrattacchi, manovre e contromanovre. I soldati combattevano come dei demoni e non come degli uomini, poiché avevano come armi solo quelle degli animali: denti e grinfie. Se una battaglia con armi terrene è già terribile, questa lo era ancora di più.

I due spiriti regali dominavano su tutti gli altri. Ossessionati dal desiderio della distruzione reciproca, svettavano sulla massa e si fissavano con uno sguardo carico d’odio. Spiegando i loro abiti come ali, si elevarono in aria, e si gettarono in una lotta senza quartiere. Li si sarebbe potuti considerare due aquile che combattevano in aria, mentre al di sotto di loro uno stormo di cornacchie gracchianti si disputava dei vermi.

Si afferravano con le loro grinfie micidiali e si sollevavano in aria. A volte prevaleva l’uno, a volte l’altro; i loro sguardi si incrociavano come frecce di fuoco, e si soffiavano in volto il loro odio selvaggio. Afferravano l’avversario alla gola con le mani, e cercavano di raggiungerlo con i denti. A volte ripiegavano, per affrontarsi poi in un combattimento atroce. Infine, uno dei due cominciò a dar segni di cedimento. L’altro lo afferrò e lo trascinò verso un baratro per precipitarlo in una fessura della roccia che costeggiava il campo di battaglia. Era un terribile crepaccio scuro nel quale voleva spingere il vinto per imprigionarvelo. Quest’ultimo non voleva capitolare. Si aggrappava al suo avversario con tutte le forze cercando di trascinarlo con sé ma invano, perché alla fine le forze gli mancarono. Mentre raggiungevano il baratro oscuro, vidi il vincitore fare un ultimo sforzo e gettare l’altro nella terribile voragine.

Il combattimento nella pianura non era stato meno feroce. Gli eserciti avevano combattuto con accanimento. L’armata del generale vincitore aveva respinto quella del vinto e l’aveva costretta a disperdersi. I feriti restavano sul terreno, e i vincitori portavano con loro i prigionieri. Che ne sarebbe stato di questi ultimi? Troppo facile per me indovinarlo.

Pieno di disgusto e di avversione per quella barbarie, avrei volentieri abbandonato quel luogo, ma Fedele mi toccò la spalla e disse:

«Amico mio, è venuto il momento della nostra opera. Scendiamo nella pianura e vediamo se c’è qualcuno che possiamo aiutare. Tra i vinti troveremo alcuni che sono disgustati, come te, da questa guerra e dai suoi orrori, e saranno felici di ricevere il nostro aiuto».

La pianura sembrava un campo di battaglia una volta caduta la notte, quando non vi restano che feriti e morti. Tutti gli altri combattenti si erano allontanati, come uno stormo di uccelli alla ricerca di nuove carogne. Ora mi trovavo tra una moltitudine di esseri che si torcevano e si lamentavano, e non sapevo da dove cominciare. Ve ne erano troppi da soccorrere! Era peggio, mille volte peggio di un campo di battaglia terreno. Nella mia vita avevo già visto dei morenti e dei morti ammassati come foglie morte nelle vie della mia città natale, ed il mio cuore aveva sanguinato per loro, e mi ero vergognato che fossero possibili cose simili. Ma in quei casi vi era almeno la pace e il sonno della morte che addolciva il tormento, e coloro che erano ancora vivi potevano sperare nel soccorso. In questo Inferno crudele invece non esiste né speranza, né morte né soccorso per i feriti, e nessun mattino dopo una notte di sofferenze. Una volta ristabiliti, non avrebbero dovuto ricominciare quella orribile vita?

Mi chinai e sollevai la testa di uno sfortunato spirito che giaceva ai miei piedi e gemeva. Il suo corpo spirituale era stato talmente brutalizzato che sembrava una massa informe. Mentre mi chinavo, la voce misteriosa mi parlò:

«La speranza esiste anche nell’Inferno, altrimenti perché saresti qui? L’ora più oscura è sempre quella che precede l’alba! E per questi - i vinti ed i feriti - è suonata l’ora del pentimento. Proprio ciò che li ha schiacciati li aiuterà a elevarsi. Disgustati del male che li circonda, aspirano a cose più elevate, e la loro malvagità si è affievolita. Hanno perso quindi ciò che nell’Inferno costituisce la loro forza, e si trovano così in uno stato di debolezza che apre per loro la possibilità di redimersi. Ora comprendono l’inutilità di continuare a assalire altri spiriti e farsi assalire a loro volta da esseri senza pietà. In questo modo, la sconfitta e l’impotenza aprirà loro le porte verso uno stato migliore. Non piangere per loro. Cerca di lenire le loro sofferenze in modo che possano scivolare nel sonno della morte in questa sfera, e svegliarsi in una nuova vita nella sfera superiore».

«E cosa succederà – chiesi – al potente spirito che è stato gettato nel crepaccio?».

«Anche a lui verrà data assistenza al momento giusto; ora la sua anima non è ancora pronta per questo. Ogni tentativo al momento sarebbe vano».

La voce tacque. Fedele, che era accanto a me, mi mostrò come far dormire quegli esseri sfortunati. Poi mi fece notare una quantità innumerevole di punti luminosi che si muovevano, come stelle, su quel campo di tortura. Quelle stelle luminose, mi disse, erano portate dai membri della nostra Confraternita, che come noi erano stati attirati in quel luogo per svolgervi la loro missione di amore e compassione. Poco dopo che tutti quei fratelli avevano iniziato la loro opera, gli spiriti che si lamentavano erano caduti in uno stato di incoscienza. Allora vidi qualcosa di strano e magnifico: al disopra di ognuno di quei corpi incoscienti si elevava un leggero e nebbioso vapore, proprio come quello che avevo visto salire da uno spirito che una volta avevamo salvato. Quel vapore diveniva progressivamente più denso, e prendeva la forma dell’anima liberata. Questa veniva poi portata via da un gruppo di spiriti che si erano riuniti al disopra di noi. Tutto ciò durò fino al momento in cui l’ultima anima fu portata via. La nostra e la loro missione erano compiute.

« Indietro Avanti »
^