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Cause e Risoluzione del Conflitto

Prefazione

Come organizzazione che si occupa dell’educazione morale, stiamo esaminando il ruolo del carattere nella risoluzione dei conflitti. Questa breve presentazione non è adeguata per offrire un modello assoluto di soluzione dei conflitti, ma vedremo come il nostro atteggiamento e le nostre azioni possono aiutare a raggiungere la riconciliazione.

Il carattere è importante in diversi modi. Uno degli scopi dell’educazione morale è raggiungere i bambini prima che diventino aggressivi e guidarli a maturare il loro carattere e sviluppare rapporti d’amore. Studieremo la vita di alcune persone famose che hanno subito gravi ingiustizie ma che hanno trovato un modo per muovere il cuore dei loro oppressori. La nostra speranza è dare un sostegno alle persone buone in modo che non rimangano nella situazione di vittime. Inoltre, anche le persone con le migliori intenzioni feriscono i sentimenti degli altri o diventano parte di un conflitto. Le persone dal cuore buono riflettono sulla situazione e si assumono la responsabilità di riconoscere le proprie colpe, affinando nel processo il loro carattere e, possibilmente, arrivando alla rappacificazione.

Tante volte si è poco motivati a risolvere i conflitti. La gente si chiede perché dovrebbe sforzarsi di risolvere le lotte familiari. Una simile riluttanza si può riscontrare a livello nazionale. Quando le persone amano il loro paese saranno motivate a lavorare per risolvere i suoi problemi.

Io ho meditato su queste questioni e ho trovato ispirazione negli insegnamenti del Dott. Sun Myung Moon e di sua moglie, fondatori della International Educational Foundation (IEF). Credo che la loro analisi dei mali sociali, come causati fondamentalmente dall’ignoranza o dal rifiuto di principi universali, offra una speranza per promuovere la pace. Questo messaggio forma la base delle presentazioni della IEF.

Attraverso queste presentazioni, il pubblico di tutto il mondo ha scoperto un modo profondo di capire le cause dei conflitti e di come può contribuire a risolverli. Spero che anche voi troverete nuova ispirazione sulla vostra potenzialità di risolvere i conflitti e aiutare a espandere un mondo di pace.

Dr. Joon Ho Seuk.

Introduzione

Se si pensa alla devastazione delle guerre moderne e alla persistenza della violenza etnica, è molto ambizioso affrontare l’argomento delle cause e della risoluzione dei conflitti. Nell’uomo c’è un’aspirazione fondamentale alla felicità che deriva dal vivere in accordo a principi universali. Tuttavia, quando le lotte continuano a sorgere dentro di noi, nelle nostre famiglie e nel nostro ambiente più vasto, la felicità duratura sembra un sogno lontano. In questa presentazione esamineremo il tema del conflitto dal punto di vista dell’importanza delle norme etiche e del carattere. È nostra preoccupazione sia prevenire che risolvere il conflitto.

La portata del conflitto varia. Vogliamo essere in pace con noi stessi, ma lottiamo con desideri contradditori e cerchiamo di far fronte alle nostre paure, ansietà, risentimenti, sensi di colpa, rabbia e dipendenze. Siamo dolorosamente divisi tra i nostri ideali e la realtà che ci circonda.

Incontriamo conflitti fra i membri della famiglia, tra gli amici e i vicini, a scuola e sul lavoro. Quelli che dovrebbero essere i nostri partner d’amore a volte possono essere un peso e un ostacolo nella nostra ricerca di soddisfazione emotiva. Alcune dispute sorgono dall’invidia, dal risentimento, dalla gelosia o persino dall’irritazione causata dalle comuni differenze fra le persone. I conflitti variano d’intensità, da sentimenti di antipatia, all’aggressione verbale, alla violenza fisica.

I conflitti nella società assumono forme diverse, dalle dispute politiche, economiche e ideologiche, alle lotte etniche e religiose. Queste possono portare all’abuso, all’ingiustizia, all’aggressione e persino alla guerra. In tante parti del mondo si sperimenta un conflitto continuo.

Tuttavia, persone dotate di un carattere superiore sono state capaci di elevarsi al di sopra dei modelli tradizionali di ingiustizia e di conflitto e di portare riconciliazione. Ad esempio, il Sud Africa si trovò di fronte ad un conflitto razziale potenzialmente esplosivo quando i neri sollevarono violente proteste contro il regime oppressore dell’apartheid. Il famoso leader nero Nelson Mandela era stato imprigionato per 28 anni dal governo bianco e la gente del suo paese e di tutto il mondo faceva pressioni per il suo rilascio. Il Presidente F. W. De Klerk sapeva che, se avesse liberato Mandela, questo avrebbe voluto dire la fine del suo governo e della sua posizione. Contro il consiglio del suo partito nel 1990 De Klerk liberò Mandela dalla prigione. L’appello di Mandela a porre fine alla violenza aprì la via per una transizione pacifica al dominio dei neri. Fu evitato un conflitto su vasta scala grazie alla coraggiosa leadership di questi due uomini, che alla fine ricevettero insieme il Premio Nobel per la Pace per i loro sforzi. La guerra razziale fu scongiurata ma le radici dell’ingiustizia rimangono profonde nella società sudafricana. Il compito di realizzare la riconciliazione a tutti i livelli non è ancora terminato.

I conflitti ad ogni livello derivano da cause fondamentali simili e il processo di risoluzione è simile. Esamineremo queste cause di conflitto e il processo di risoluzione. Questa presentazione conclude con esempi di come la risoluzione del conflitto può operare su un livello interpersonale. L’appendice contiene esempi di risoluzione del conflitto a livello etnico e nazionale.

PARTE 1

Le Cause Fondamentali del Conflitto

Per risolvere i conflitti che sorgono nella vita quotidiana, abbiamo bisogno di identificare le cause che sono alla loro base.

Osservando il mondo della natura e l’esperienza umana, le persone hanno discusso se la natura umana è fondamentalmente buona o malvagia. Nel 19° secolo i Darwinisti sociali, guidati da Herbert Spencer, sostennero che il conflitto nella società umana è naturale ed è un esempio del processo di selezione naturale e della “sopravivenza del più adatto”, che avviene nel mondo della natura. Uomini in posizioni di potere hanno usato questa teoria per giustificare lo sfruttamento delle altre persone.

Il campo emergente della biologia evolutiva, tuttavia, intende la sopravvivenza del più adatto come un concetto molto più sottile. Studiando la vasta gamma dei comportamenti animali, i biologi riscontrano che gli animali adottano la cooperazione, l’altruismo e persino il sacrificio di se stessi come strategie efficienti per sopravvivere, attirare il compagno per accoppiarsi e allevare la prole. Anche fra le società umane c’è il principio comune che le persone più forti aiutano quelle più deboli, e le comunità prospere promuovono l’altruismo1.

Se è vero che le persone traggono suggerimenti dal loro ambiente, pare che rispondano ad elementi del mondo naturale che sono in risonanza con la loro natura interiore. Le persone che allevano galli da combattimento, ad esempio, agiscono da una realtà interiore diversa da quelle che salvano e riabilitano gli animali feriti. Così, non possiamo semplicemente liquidare il conflitto umano dicendo che è qualcosa dettato dalla legge naturale. Invece, siamo sfidati ad investigarne le cause fondamentali.

Alcuni filosofi hanno cercato di razionalizzare il conflitto sostenendo che gli esseri umani sono contradditori per natura, divisi fra la mente e il corpo o fra gli impulsi razionali e gli istinti. Abbiamo due tipi di desideri. Il desiderio di soddisfare i nostri bisogni e appetiti fisici è collegato ai valori materiali. Cerchiamo cibo, vestiti e una casa per soddisfare questi bisogni. Il desiderio di soddisfare le nostre necessità spirituali e le nostre aspirazioni è collegato ai valori spirituali. Così cerchiamo la verità, la bellezza e la bontà. La completa felicità ed armonia saranno sperimentate attraverso l’unione armoniosa fra il benessere fisico, che deriva dalla soddisfazione dei nostri desideri fisici, e il benessere spirituale che viene dalla realizzazione dei nostri desideri spirituali.

La natura umana è fondamentalmente buona, perché alla base del nostro essere c’è questa capacità di profonda realizzazione e il cuore che cerca di sperimentare la gioia amando ed essendo amato. Questo enorme potenziale del cuore distingue gli esseri umani dagli animali. La presentazione intitolata “Principi Universali e Scopi della Vita” dimostra che l’armonia è il risultato dell’applicazione dei principi universali. Da questa prospettiva possiamo concludere che il conflitto deriva dall’ignoranza o dalla violazione dei principi universali.

Le Differenze Possono Essere Complementari

L’universo è pieno di esempi di attrazione e di armonia fra aspetti complementari. L’antico concetto cinese di yang e yin abbraccia la dualità di positività e negatività o di mascolinità e femminilità. Un dualismo più fondamentale esiste fra la natura interiore e la forma esteriore. La natura interiore invisibile di qualunque essere esistente dà ad esso scopo e direzione, che si manifestano nella forma esteriore visibile.

I conflitti sorgono quando le persone si concentrano sulle differenze come se le separassero dagli altri, anziché come aspetti complementari che possono portare all’armonia. Ad esempio, alcuni conflitti tipici del matrimonio nascono dalle differenze naturali fra le donne e gli uomini. Le stesse differenze che inizialmente attraggono l’uomo e la donna l’uno all’altra e arricchiscono la loro partnership, possono in seguito diventare motivi di irritazione e frustrazione.

Gli uomini tendono ad essere più orientati sullo scopo, mentre le donne tendono ad essere più orientate sul processo. Durante una gita, quando sta guidando, il marito si può irritare se deve fare una sosta lungo la strada in modo che la famiglia possa andare in bagno. Gli altri autisti sulla strada sono dei competitori, così lui vorrà guidare più velocemente per recuperare il tempo perduto e non rimanere indietro. La moglie, d’altro canto, può aver voglia di fermarsi per osservare più attentamente il panorama o cercare l’artigianato locale. Se si perdono, il marito può non volere chiedere indicazioni a qualcuno perché il suo ruolo è guidare la famiglia, mentre la moglie non solo può chiedere indicazioni alle persone ma intrattenere lunghe conversazioni con loro. Nel promuovere il benessere della famiglia, la concentrazione del marito sullo scopo e le strategie della moglie per realizzarlo si fanno da complemento.

A. Interruzione dell’Interazione

L’universo è un sistema finemente bilanciato di esseri interconnessi che interagiscono in un modo ordinato. Per produrre l’energia affinché qualunque cosa esista, agisca e si riproduca, devono esserci dei partner complementari. Un partner dà inizio al rapporto, l’altro risponde. Chi inizia è il partner soggettivo e chi risponde è il partner oggettivo. Il rapporto di coppia più fondamentale è quello fra la mente e il corpo. La mente è il partner soggettivo e il corpo il partner oggettivo. L’egoismo che è la radice del conflitto all’interno dell’individuo, deriva da un’interruzione dell’interazione, ad esempio quando lasciamo che i nostri desideri fisici prendano il sopravvento sui desideri di verità, bellezza, bontà e vero amore della nostra mente.

Anche il conflitto interpersonale è causato da un’interruzione dell’interazione. L’interazione fluisce tranquillamente quando le persone nel ruolo soggettivo guidano quelle nel ruolo oggettivo sulla base, non del loro punto di vista individuale, ma di valori condivisi. L’interazione si interrompe quando un partner assume il ruolo dell’altro, quando nessuno dei due partner è disposto a dare per primo o quando nessuno dei due partner vuole rispondere all’altro.

L’egoismo è la causa fondamentale del conflitto. Quando siamo sopraffatti dai desideri egoistici, tendiamo a distruggere noi stessi e gli altri. Tuttavia, questo egoismo non è il nostro destino perché può essere cambiato. Nessuno è completamente egoista e nessuno è completamente altruista. Siamo una combinazione di tutte e due le nature. L’equilibrio fra queste tendenze contraddittorie può variare di giorno in giorno. Una parte di noi vuole fare il bene, curarsi degli altri e donare se stessa. Ma a volte ci ritroviamo a non preoccuparci di nulla e a fare tutto ciò che ci piace. Questo conflitto interiore ha afflitto l’umanità nel corso di tutta la storia.

È interessante notare, tuttavia, che anche se tante persone mostrano queste caratteristiche, a nessuno piace essere considerato egoista o malvagio. Le persone egoiste possono inventare le scuse più elaborate per giustificare le loro cattive azioni e dare la parvenza di essere buone. Questo suggerisce che nella nostra natura il nostro lato altruista ha radici più profonde del lato egoista. Riconosciamo che l’altruismo è la norma a cui aspiriamo.

Il Conflitto fra Bambini

Una sfida difficile per i bambini è condividere e fare a turno. I conflitti che sorgono naturalmente offrono l’opportunità per imparare i principi dell’interazione, sotto la guida dei genitori e degli insegnanti. La gelosia fra fratelli può condurre a una violenza terribile.

Fare dei giochi, insegna ai bambini il ritmo di prendere l’iniziativa e di rispondere agli altri. I partecipanti devono osservare attentamente cosa fanno gli altri giocatori, reagire in modo appropriato e seguire le regole. I genitori, gli insegnanti e gli allenatori sportivi, possono aiutare i bambini a imparare il valore del lavoro di squadra e ad essere guidati da persone con più esperienza. Queste lezioni aiutano a preparare i bambini per le sfide della vita adulta. Molti esempi di conflitti attualmente in corso, come quello fra i cattolici e i protestanti nell’Irlanda del Nord, e fra gli Arabi e gli Ebrei in Medio Oriente, sono come conflitti fra fratelli, l’eredità di opportunità di unirsi andate perse.

B. Ignorare lo scopo più alto

Un’altra causa di conflitto è l’ignoranza di uno scopo più alto attorno a cui le persone si possono unire. È un principio universale che ogni cosa ha uno scopo individuale con cui mantiene la propria esistenza. Tuttavia questo non è il suo scopo finale, perché ogni essere è destinato ad esistere per uno scopo più grande di se stesso. Ad esempio, abbiamo bisogno di mantenere la nostra salute per il nostro benessere personale così come per il bene delle persone che amiamo. Ma lo scopo individuale e lo scopo dell’insieme sono vitali e dovrebbero essere complementari e sostenersi a vicenda. Parte della sfida della vita è imparare a sviluppare il giusto rapporto fra lo scopo individuale e lo scopo dell’insieme.

Prendere cura di noi stessi ci consente di contribuire allo scopo dell’insieme e lo scopo dell’insieme deve sostenere ciascun individuo. Aver cura di noi stessi non è sbagliato, a meno che non sia in conflitto con lo scopo della famiglia. Provvedere al benessere della nostra famiglia non è sbagliato a meno che non sia in conflitto con lo scopo della società.

Per essere una persona matura è necessario imparare a dare la priorità allo scopo dell’insieme. A volte dobbiamo sacrificare il nostro scopo o desiderio personale. Ciò vuol dire imparare un modo di vita in cui ci preoccupiamo degli altri e cerchiamo di contribuire ad un insieme più grande. Questo si chiama altruismo. I problemi sorgono quando anteponiamo lo scopo individuale a quello dell’insieme. Una persona che fa costantemente questo è egoista. Quando il nostro tornaconto personale va a scapito del benessere altrui, ci troviamo rapidamente in conflitto. Così l’egoismo è l’essenza o il punto d’inizio del conflitto.

Altruismo significa vivere per gli altri. Questa è la base della bontà. Qualità del carattere come l’umiltà, l’autocontrollo e l’imparzialità, portano frutto nella generosità, nel perdono e nel servizio verso gli altri. Tutte queste cose esprimono l’attitudine fondamentale a vivere per gli altri e a mettere lo scopo dell’insieme al di sopra di quello individuale. Le persone che incarnano queste qualità altruiste sono riconosciute ed onorate in tutte le culture. Queste qualità sono il fondamento di rapporti duraturi e armoniosi e pongono le basi per la pace.

L’egoismo è esattamente l’opposto dell’altruismo ed è la base del conflitto. Significa vivere per se stessi a scapito degli altri. Certi vizi come l’arroganza, il pregiudizio, l’avidità, la lussuria, lo sfruttamento e la vendetta sono condannati universalmente. Hanno una caratteristica in comune: mettono l’io al centro di tutti i pensieri, i sentimenti e le azioni. La violenza, l’assassinio e la guerra sono i frutti di questi vizi.

Il Conflitto come Tentativi Male Indirizzati di Realizzare gli Scopi della Vita

Generalmente noi agiamo spinti dal desiderio di sviluppare noi stessi, i nostri rapporti con gli altri o il nostro rapporto con il nostro ambiente. Quando agiamo in accordo ai principi universali, realizziamo i nostri scopi di vita e proviamo felicità e pace. Agire nell’ignoranza o noncuranza di questi principi può provocare tanta sofferenza. Come è stato spiegato nella presentazione “Principi Universali e Scopi della Vita”, ci sono tre scopi fondamentali nella nostra esistenza:

1) Sviluppare un carattere maturo. Focalizzarsi sul proprio punto di vista e interesse a scapito degli altri può farci sentire invidiosi, pieni di risentimento e di rabbia. Questo genera accusa, sfida, inganno e ribellione. A questi sentimenti si può dare una direzione diversa trasformandoli in virtù quali la gratitudine, il rispetto, l’onestà e l’umiltà.

2) Stabilire rapporti d’amore e la famiglia. Quando il perseguimento di questo scopo è indirizzato male, lasciamo la nostra giusta posizione di responsabilità nei confronti degli altri o assumiamo un ruolo soggettivo con la forza, senza la giusta autorità. Questo ci può portare a sentirci irresponsabili, pigri, lussuriosi, arroganti, intolleranti, odiosi e pieni di rabbia. E questo porta all’intimidazione, al tradimento, allo sfruttamento, alla violenza, alla vendetta e all’assassinio. Questi sentimenti possono essere trasformati in virtù come il rispetto, la pazienza, la gentilezza, la tolleranza, la fedeltà, la pietà filiale, la compassione e la comprensione.

3) Dare un contributo alla società attraverso la creatività e la professionalità. Quando il perseguimento di questo scopo è indirizzato male, moltiplichiamo il conflitto negli affari umani e danneggiamo l’ambiente. Questo può portarci a provare sentimenti di avidità e bramosia, che conducono ad atti di negligenza, abuso, vandalismo, cospirazione, furto ed estorsione. Questi sentimenti negativi possono essere trasformati in virtù quali il rispetto, la rettitudine, la buona amministrazione, la modestia, la sensibilità e la generosità.

A volte il conflitto può essere trasformato, identificando lo scopo che sta alla base dell’azione, dando così alle persone la guida appropriata e indirizzandole nella giusta direzione.

L’esempio di Lian Po e Lin Xian Ru –

Mettere l’interesse dell’insieme al di sopra delle rivalità personali

Le persone che lottano tanto fra loro alla fine possono diventare buoni amici, quando capiscono che sono gioiscono delle stesse cose e hanno degli scopi in comune. Nell’antica Cina c’è la famosa storia di due nemici che divennero amici.

Durante il “Periodo della Primavera e dell’Autunno”, circa 2500 anni fa, un uomo di nome Lin Xian Ru salì alla carica suprema di consigliere del re, grazie alla sua dedizione e intelligenza. Allora Lian Po, il generale supremo del paese, si offese. Si rifiutò di riconoscere la posizione di Lin e di sottomettersi a lui. Cercava ogni opportunità per offendere questa persona che considerava suo rivale. Tuttavia, quando la cosa fu riferita a Lin, questi si rifiutò di usare il potere contro il generale e continuò a lodarlo con gli altri. Le posizioni del consigliere del re e del generale supremo erano sullo stesso livello come importanza.

Lin si rese conto che se c’era conflitto ai massimi vertici della leadership nazionale, un paese nemico avrebbe potuto avvertire la debolezza della nazione e invaderla. Alla fine le parole di lode di Lin furono riferite al generale dai suoi amici. Quando il generale capì che tipo di attitudine Lin aveva nei suoi confronti, provò una profonda vergogna e portò un fascio di spine a Lin come simbolo di pentimento. Si tolse la camicia, si inginocchiò davanti a lui e gli offrì il fascio di spine come un invito a colpirlo. Il cuore di Lin fu commosso dall’offerta simbolica del generale. La frase “portare le spine per chiedere perdono” è diventata un’espressione tradizionale cinese per indicare un profondo pentimento. Grazie alla loro comune devozione verso il proprio paese i due uomini si riconciliarono e divennero amici intimi al servizio della loro nazione.

C. Accumulo del conflitto

Quando le persone lavorano insieme in uno scambio armonioso di dare e ricevere, il risultato è un’unità più grande e un nuovo sviluppo. Questa è la base che permette ad ogni cosa di esistere, agire e svilupparsi. Attraverso l’interazione, la natura essenziale di un essere si sviluppa. Se il centro è l’altruismo, l’espansione è armoniosa. Se il centro è l’egoismo, l’espansione è il conflitto. Quando nell’individuo prevale l’egoismo, allora inizierà il conflitto nella famiglia.

In un matrimonio i conflitti sorgono quando un coniuge mette la sua felicità al di sopra di quella dell’altro. L’amore egocentrico si focalizza sulla soddisfazione dei propri bisogni. Marito e moglie possono avere delle discussioni sui soldi, sui figli, sui suoceri, sul tempo libero, sulla dedizione alla carriera, ecc. Le persone possono essere tentate a mettere da parte i loro voti matrimoniali e gli obblighi di genitore per soddisfare i propri desideri egocentrici. Quando nella famiglia prevale l’egoismo, comincerà il conflitto nella società.

I conflitti nella società avvengono quando un gruppo o una nazione persegue i propri interessi al di sopra del bene più grande. I conflitti sociali possono avere tutta una serie di cause, esistenziali, emotive, politiche, economiche ed ideologiche – o semplicemente essere dovute a degli interessi antagonisti. Ad esempio, le potenze coloniali investirono moltissimo nelle loro colonie ma lo fecero principalmente per il proprio interesse e questo causò conflitto e risentimento fra le popolazioni colonizzate. Questi risentimenti sussistono ancora oggi.

Le nostre contraddizioni interiori non iniziano necessariamente in noi stessi. Alcune le ereditiamo da quelli che sono venuti prima di noi. Non siamo semplicemente delle entità individuali, siamo il prodotto della storia e dei nostri antenati. Ereditiamo naturalmente alcune caratteristiche dei nostri antenati, sia fisicamente che psicologicamente. Alcune delle loro realizzazioni e alcuni dei loro pesi ricadono su di noi e ci influenzano. È risaputo che certe tendenze familiari sono ereditate. Dipendenze come l’alcolismo, l’abuso fisico e l’incesto sembrano essere trasmesse da una generazione all’altra e causare modelli ripetitivi di conflitto.

Il nostro ambiente culturale ed etnico ha un impatto anche su di noi. Le situazioni sociali o culturali in cui nasciamo influenzeranno lo sviluppo del nostro carattere. Noi raccogliamo certe attitudini, credi e abitudini attraverso la nostra cultura. Ereditiamo anche le limitazioni culturali e il peso dei crimini commessi dal nostro gruppo etnico, dalla nostra razza o nazione.

Le ingiustizie rivisitano chi ha commesso gli abusi, in una sorta di effetto boomerang. Gli Stati Uniti, ad esempio, furono fondati sui principi di libertà ed eguaglianza ma questi principi non furono applicati ai neri che erano stati portati in America come schiavi. Nel secolo successivo alla loro indipendenza, il popolo americano dovette pagare un grande prezzo per l’esistenza della schiavitù attraverso la guerra civile, in cui tanti americani da entrambi i lati persero la vita. La schiavitù fu abolita ma le tensioni razziali sono rimaste. Un bianco e un nero che si incontrano per la prima volta possono avvertire immediatamente una certa tensione, senza alcun motivo apparente. I bianchi i cui antenati possono non essere stati proprietari di schiavi o mercanti di schiavi, portano lo stesso la responsabilità del maltrattamento storico dei neri e dovrebbero fare di tutto per trattarli da eguali. Se le persone non accettano la responsabilità di riparare le conseguenze degli abusi passati, il conflitto razziale non sarà superato.

In modo simile i bianchi che vogliono creare un’amicizia profonda e duratura con le persone in tanti paesi asiatici, africani e latino americani, devono riconoscere il maltrattamento di quelle popolazioni da parte delle nazioni bianche durante il periodo coloniale. Se non riconoscono la loro responsabilità storica, il rapporto non andrà oltre un certo livello.

L’esempio di Martin Luther King, Jr.- Amare il nemico

Martin Luther King Jr. faceva parte di un gruppo che aveva ragione di cercare la vendetta. Tuttavia si dedicò ai valori spirituali e fu ispirato dall’esempio di Mahatma Gandhi che aveva conquistato la libertà dell’India dalla Gran Bretagna. Egli applicò il principio della resistenza non violenta per combattere le ingiustizie razziali negli Stati Uniti.

King si appellò alla coscienza sia dei bianchi che dei neri. La sete di vendetta violenta era espressa attraverso un altro preminente leader nero, Malcom X. King disse a lui e ad altri come lui che se diventavano come i bianchi oppressori, sarebbero stati già sconfitti. King era anche convinto che la violenza razziale avrebbe distrutto l’integrità sia dei bianchi che dei neri e si fece promotore della resistenza non violenta come strategia per restaurare la base per la civiltà e alla fine la bontà. Per lui, la fede nei valori comuni era più importante del colore della pelle. Attraverso la sua leadership e il suo esempio di perdono e di amore incondizionato, King poté muovere il cuore e la coscienza di tanti americani bianchi a riconoscere il valore innato di ogni essere umano e a riparare i torti che avevano commesso contro i neri. Il movimento dei diritti civili capeggiato da King riuscì a conquistare tanti diritti che erano stati negati ai neri americani per secoli. Come egli disse: “Noi non ci liberiamo mai di un nemico rispondendo all’odio con l’odio; ci liberiamo di un nemico liberandoci dell’inimicizia”. King diede l’esempio di amare i bianchi che erano nella posizione di nemici. Questo aiutò a colmare il divario fra le razze e aprì la strada per una risoluzione più pacifica dei rapporti razziali. Nell’accettare il Premio Nobel per la Pace, King affermò: “L’uomo deve sviluppare per tutti i conflitti umani un metodo che respinge la vendetta, l’aggressione e la rappresaglia. La base di questo metodo è l’amore”*

*Martin Luther King, Jr. “Messaggio rivolto in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace”, 10 dicembre 1964.

Noi abbiamo la libertà di scegliere di sviluppare il nostro potenziale per essere pienamente umani. Nel profondo del nostro cuore, desideriamo essere liberati dai conflitti interiori. Il segreto di tale libertà è vivere in accordo ai principi universali. Noi siamo dominati dai conflitti passati. Abbiamo l’opportunità o di trasmettere i problemi o di trasmettere la loro soluzione. Capire ed applicare i principi della risoluzione del conflitto ci aiuterà a rompere i modelli di conflitto.

1 Per una recensione della ricerca sulla biologia evolutiva e la psicologia evolutiva, vedi Eliott Sober e David Sloan Wilson, Unto Others: The Evolution of the Psychology of Unselfish Behavior (Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 1998)

PARTE 2

Risoluzione Restauratrice del Conflitto

Coltivare il nostro cuore e il nostro carattere vivendo in accordo ai principi universali è la chiave per l’armonia. Il cuore dell’uomo si spezza quando vengono violati i principi universali. Per riparare i cuori spezzati sono necessari degli sforzi concreti, consentendo così ai principi universali di operare per restaurare l’armonia e creare la pace.

Soluzioni Temporanee o Parziali

Il modo in cui affrontiamo la risoluzione del conflitto merita notevole considerazione. Il nostro primo impulso, quando ci troviamo di fronte a un problema, può essere quello di colpire il nostro avversario. A volte combattere diventa necessario. Le persone possono sentire la responsabilità di combattere in difesa della loro famiglia, della loro nazione o di se stesse, ma la lotta in sé non pone termine al conflitto perché non risolve le questioni fondamentali. Persino se il lato giusto vince, la causa della lotta rimane di solito irrisolta e la vittoria di un lato può suscitare la vendetta da parte dell’altro.

A volte per porre fine a un conflitto si negoziano degli accordi. Due nazioni, stanche della guerra, possono concludere un trattato di pace. Un accordo, tuttavia, non significa necessariamente la risoluzione del conflitto, specialmente quando una delle parti si sottomette sotto pressione. In seguito possono riemergere conflitti anche più lunghi e profondi.

Ad esempio, dopo la prima guerra mondiale, le nazioni Alleate vincitrici pretesero riparazioni da parte della Germania come pagamento per la distruzione materiale che aveva causato agli Alleati. Queste richieste generarono così tante difficoltà economiche in Germania che Adolf Hitler fu in grado di salire al potere e giocare sui risentimenti dell’orgoglio ferito del popolo tedesco per costruire il fascismo. Questo condusse alla seconda guerra mondiale.

Nel conflitto fra coniugi, il marito e la moglie possono essere d’accordo a risolvere differenze di lunga data. Tuttavia, se il marito costringe la moglie a sottomettersi con la sua autorità maschile o il suo potere economico, di fatto può perdere il cuore della consorte, e questo in futuro porterà a problemi coniugali più seri.

In generale, comunque, i negoziati, la mediazione, l’arbitrato e le sentenze dei tribunali forniscono solo delle soluzioni temporanee o parziali ai conflitti.

A. Tre passi per risolvere il conflitto

Lo scopo finale della risoluzione del conflitto è restaurare uno stato di armonia perduto. Nei casi dove prima non c’era nessun rapporto armonioso, la riconciliazione può creare un ponte fra le immense distanze fra diversi gruppi sociali, economici, razziali ed etnici. Questo pone la base per un’armonia più vasta e più profonda nella comunità, nella nazione e nel mondo. Il conflitto inizia con un atteggiamento egocentrico che produce azioni dannose e porta allo spezzarsi dei rapporti. La risoluzione del conflitto, pertanto, ha tre aspetti: cambiare le nostre attitudini, le nostre emozioni e le nostre azioni. Nel migliore dei casi nella risoluzione di un conflitto entrambe le parti possono accettare una meta comune, cambiare il loro sentimento di ostilità reciproca e sciogliere i torti del passato.

Il processo di invertire i passi con cui si è sviluppato il conflitto per restaurare l’armonia si chiama indennizzo. L’indennizzo comporta studiare il problema, trovare dei modi per rovesciare le circostanze e intraprendere dei passi per sanare il rapporto. Questo significa che l’egoismo cede il posto all’altruismo, i torti sono riparati, l’armonia spezzata è restaurata o si crea la pace.

Passo n. 1: Riflessione e Riorientamento

La risoluzione di un conflitto inizia esaminando le nostre convinzioni e attitudini di fondo. Il primo stadio è diventare umili, ascoltare profondamente le persone che abbiamo offeso, trascendere il nostro punto di vista e sviluppare empatia. Abbiamo bisogno di un saldo nucleo di principi morali ed etici per guidarci in questo processo.

Forse la nostra sfida più grande è ascoltare profondamente le persone che sono state offese mentre descrivono la loro sofferenza. Questo ascolto ci aiuta a diventare consapevoli di come abbiamo contribuito personalmente al problema. Dal nostro punto di vista, meschino ed egocentrico, di solito crediamo che le nostre azioni erano giustificate. L’ignoranza, le incomprensioni, gli errori, le illusioni e le bugie possono rendere le persone avide e violente. Nella foga del conflitto, persino le persone dalle migliori intenzioni possono abbandonare i loro principi e fare delle cose che non intendevano fare. Ci vuole coraggio a riconoscere i nostri errori, imparare dai nostri sbagli e decidere di non ripeterli. [Nei conflitti di lunga data, di solito entrambe le parti hanno contribuito allo sviluppo della situazione. Vedere la Sezione B per la chiarificazione delle responsabilità dell’offeso e dell’offensore].

La comunicazione è importante per entrambi i lati. Ascoltare profondamente le persone dall’altra parte del conflitto aiuta a sviluppare empatia e rispetto. L’esperienza di essere ascoltati e capiti è una parte importante del processo di guarigione. Una volta che capiamo la parte che abbiamo avuto nel contribuire al conflitto, possiamo aprire la strada per aiutare a risolverlo.

Passo n. 2: Inversione e Restituzione

Per invertire il processo attraverso il quale è stata perduta l’armonia originale, uno o entrambi i lati hanno bisogno di fare degli sforzi speciali e concreti che si chiamano “condizioni di indennizzo”. Delle analogie possono aiutarci a comprendere questo concetto. Se perdiamo la salute, seguiamo una terapia per recuperarla. Se danneggiamo la proprietà di qualcuno, ci scusiamo e la ripariamo, oppure paghiamo il costo delle riparazioni.

Poiché le condizioni di indennizzo dovrebbero corrispondere al modo in cui si è sviluppato il conflitto, abbiamo bisogno di individuare dove abbiamo fallito nella nostra responsabilità. Per riconciliare un rapporto spezzato è necessario un sincero investimento di cuore. La prima azione è esprimere rincrescimento per avere causato sofferenza. Le scuse permettono agli offensori di mantenere il proprio onore mentre riconoscono la dignità della vittima come essere umano1.

Spesso si sta molto attenti a trovare le parole per porgere le scuse e il luogo e il tempo appropriato per farlo. Quando c’è una base di buona volontà, una scusa pronta e sincera può dissipare la rabbia e risolvere il rapporto.

Se una scusa non risolve la situazione, abbiamo bisogno di fare restituzione per il nostro ruolo nel rapporto spezzato. Ad esempio, se perdiamo la nostra buona reputazione, bisogna che smettiamo di comportarci in modo sbagliato, facciamo ammenda quando è possibile e dimostriamo uno standard più alto di integrità per un periodo di tempo considerevole. Se l’amore e la fiducia tra marito e moglie sono spezzati a causa dell’infedeltà, l’indennizzo comporta un lungo processo di attendibilità, altruismo e devozione sincera finché la fiducia non è riconquistata.

In assenza di buoni rapporti precedenti, il processo di indennizzo è più impegnativo. Nel caso di una proprietà danneggiata possiamo pagare le riparazioni, ma questo compensa solo i danni esteriori. Può essere necessaria una restituzione maggiore. Inoltre, il lato che ha subito l’offesa può non essere pronto a ricevere restituzione la prima volta che gli viene offerta, così bisogna che cerchiamo il momento e le circostanze migliori. In qualunque caso il processo per restaurare l’armonia perduta o costruire la pace può essere allungato o abbreviato a seconda dell’investimento di cuore.

Passo N. 3: Riconciliazione e Rinnovamento

Non importa chi ha torto o chi ha ragione, la pace duratura può essere raggiunta solo quando la desiderano entrambi i lati. Lasciar perdere la rabbia, il risentimento e il desiderio di vendetta, apre la via alla riconciliazione. Il risentimento avvelena la persona che lo nutre. Anche se è diretto verso l’esterno, il danno si riflette all’interno, ferendo la persona che lo prova molto più di quella contro cui è rivolto. Quando le persone che sono state offese sanno superare la rabbia e il desiderio di vendetta, l’offensore può passare più facilmente attraverso il processo di indennizzo. L’arroganza può cedere il posto all’umiltà, l’avidità alla generosità, lo sfruttamento al servizio e l’inimicizia all’amore e al perdono. Il perdono non è un segno di debolezza ma un atto di forza e di coraggio. Come disse il Dott. Martin Luther King Jr., “L’oscurità non può cacciare l’oscurità, solo la luce può farlo. L’odio on può cacciare l’odio; solo l’amore può farlo”.

Il conflitto e la violenza possono disintegrare le persone fin nel midollo e la riconciliazione le reintegra. Proprio come la disintegrazione di un atomo sprigiona un’energia distruttiva attraverso una reazione a catena, le persone che perdono la loro integrità sprigionano una violenza che può moltiplicarsi rapidamente. L’energia dell’amore e del perdono procede esattamente nel modo inverso e porta rinnovamento.

Riassumendo, ci sono tre passi essenziali per una risoluzione fondamentale e duratura del conflitto, o “risoluzione restauratrice del conflitto”.

  • Riflettere da un punto di vista altruista sul proprio contributo e responsabilità nel conflitto:
  • Invertire, attraverso azioni altruiste, il processo con cui è iniziato il conflitto e restaurare il torto nel giusto.
  • Rinunciare all’ira e a pretendere la ritorsione, dare e ricevere il perdono e permettere alla buona volontà di entrare nel rapporto.

Approcci Innovativi per Costruire la Pace

John Paul Lederach, che ha lavorato per la riconciliazione fra gruppi etnici in guerra, analizza stadi simili in un processo che egli chiama trasformazione del conflitto: identificare e riconoscere ciò che è successo (cioè accertare la verità), fare sforzi per riparare gli sbagli (cioè portare giustizia) e perdonare i colpevoli (misericordia). Lo scopo non è solo la riconciliazione, ma la pace.* Comprendere l’indennizzo aiuta nell’analisi di come riparare gli sbagli.

Nel sistema giudiziario penale, c’è un crescente interesse in quella che viene definita la giustizia restauratrice. Questo processo riconosce che il conflitto si ripercuote non solo sugli individui direttamente interessati ma anche sulla comunità più grande. Perciò, gli offensori dovrebbero ascoltare le persone vittime dei loro torti per capire l’impatto più vasto dell’offesa arrecata. Si cerca un modo per far pagare loro un risarcimento alla comunità che è stata danneggiata dalle loro offese. La giustizia restauratrice incoraggia una risposta equilibrata al bisogno dei cittadini di sentirsi sani e salvi, degli offensori di essere riabilitati e reintegrati nella comunità e delle vittime di poter aver voce in capitolo e ricevere restituzione.**

* John Pul Lederach: Preparing for Peace: Conflict Transformation Across Cultures (Siracusa, New York: Siracusa University Press, 1995).

**Vedi Howard Zehr, Changing Lenses: A New Focus for Crime and Justice (Scottsdale Pennsylvania: Herald Press, 1990); M. Umbreit, Victim Meets Offender: The Impact of Restorative Justice and Mediation (Monsey, New York: Criminal Justice Press, 1994).

B. Responsabilità dell’offensore e dell’offeso

Perché avvenga una piena riconciliazione, tutte le persone coinvolte si assumono la responsabilità per la risoluzione del conflitto. A volte c’è un conflitto di interesse senza una chiara distinzione fra la parte che offende e la parte lesa. In varie occasioni in un conflitto una parte può essere stata sia un offensore che un offeso. A volte entrambi i lati di un conflitto reclamano di essere stati offesi. In generale sia l’offensore che l’offeso hanno certe responsabilità.

  • L’offensore deve avere il coraggio di ascoltare l’offeso, riconoscere i suoi sbagli, determinare il tipo appropriato di risarcimento, offrire condizioni di indennizzo come restituzione ed essere disposto a continuare finché non si arriva alla riconciliazione.
  • L’offeso deve riconoscere qualsiasi suo contributo al problema, liberarsi dell’ira e dei risentimenti e accettare umilmente gli sforzi dell’offensore di risolvere il problema. La piena riconciliazione comporta perdonare l’offensore.

Chi ha la Chiave per la Risoluzione del Conflitto?

Tra l’offensore e la vittima, chi ha i mezzi per accelerare il processo di risoluzione del conflitto? Certamente, quando l’offensore si assume la responsabilità per il conflitto e fa piena restituzione all’offeso, la risoluzione fa presto a venire. Tuttavia questo succede raramente, perché gli offensori cercano dei modi per giustificare le loro azioni. Perciò, paradossalmente, anche la vittima ha la chiave per accelerare la risoluzione del conflitto. Alcune vittime sembrano compiaciute del loro ruolo, sguazzano nell’accusa e nell’autocommiserazione. Il lato che inizia il processo di risoluzione generalmente è quello che ha un amore e una dedizione più profonda allo scopo più grande, come il benessere della famiglia, della comunità o della nazione. Quando le vittime rinunciano alla vendetta e alla violenza e cercano invece di andare incontro all’offensore, condividendo così parte del peso della restituzione, offrono all’offensore un processo di indennizzo più breve.

Là dove le leggi sono state violate, può ancora essere necessario sottoporre l’offensore a giudizio: Tuttavia questo tipo di processo ha maggiori probabilità di invertire i vecchi modelli di aggressione e ritorsione che non il sistema giudiziario penale.

Per prendere l’iniziativa nella risoluzione del conflitto occorre una straordinaria magnanimità da parte della vittima. È necessaria una grande maturità di carattere per liberarsi di risentimenti giustificabili e trovare nel proprio cuore lo spazio per perdonare l’offensore in nome di uno scopo più alto. Quelli che sono capaci di perdonare invece di vendicarsi impediscono l’intensificazione del conflitto e liberano il proprio cuore. Così la vittima può essere in una posizione moralmente superiore e aiutare a risvegliare la coscienza dell’offeso in modo che possa riconoscere i propri sbagli. I casi esaminati nell’Appendice offrono esempi di questo processo.

1Stephen Goldberg, ed altri, “Saying You’re Sorry“. In Negotiation Theory and Practice, ed. J. William Breslin & Jeffrey Z. Ruben (Cambridge, Massachusetts: The Program on Negotiation at Harvard Law School, 1991), pp. 141-146.

PARTE 3

Risolvere i Conflitti Interpersonali

Alcuni conflitti interpersonali possono essere risolti dalle parti interessate, mentre altri possono aver bisogno di un mediatore. Per prima cosa esamineremo le strategie per risolvere il conflitto fra i bambini e il conflitto fra marito e moglie. Concluderemo esaminando il ruolo del mediatore.

A. La Risoluzione dei conflitti nelle scuole

Fra i bambini tante volte i conflitti sorgono semplicemente a causa della loro immaturità, perché sono ancora nel processo di imparare a sviluppare le loro capacità sociali. Aiutare i giovani a risolvere i conflitti dovrebbe far parte del processo di crescita. I giovani possono imparare a risolvere le cose in modo pacifico e costruttivo come parte della loro educazione morale generale. Insegnare ai bambini le virtù dell’umiltà, della generosità e del servizio verso gli altri li può sicuramente aiutare a prevenire molti conflitti. Le scuole dovrebbero stabilire un’aspettativa alta per il comportamento dei loro studenti. Devono far loro capire che determinati tipi di comportamenti non sono tollerati.

Nello stesso tempo gli insegnanti hanno bisogno di dare ai loro alunni delle opzioni in modo che possano risolvere le cose da soli. Gli insegnanti possono sfidare gli studenti ad analizzare e suggerire soluzioni alle situazioni di conflitto. I bambini devono imparare a prendere responsabilità andando oltre la tendenza di accusare semplicemente l’altra parte. Gli insegnanti possono aiutarli ad espandere il loro repertorio di risposte alla provocazione, anziché reagire solo in modo difensivo.

Gli studenti hanno anche bisogno di essere guidati su come comunicare i loro sentimenti in un modo costruttivo e pacifico. Tante volte la violenza è il risultato dell’incapacità di comunicare in modo efficace i propri sentimenti e pensieri. Si può chiedere agli studenti di parlare del conflitto spiegando quali effetti ha su di loro, anziché accusare o incolpare l’altra parte. Si può chiedere agli studenti di esternare reciprocamente il proprio punto di vista per promuovere l’empatia e la comprensione reciproca.

Le persone imparano più dall’esempio che dalle parole. È importante che l’insegnante dimostri rispetto ed empatia in classe. Questo dà agli studenti un modello con cui gestire le dispute in modo rispettoso. Inoltre si può insegnare agli studenti che le persone possono essere ferite più quando sono colpite da parole di disprezzo che da un oggetto.

Le riunioni di classe possono diventare un forum per cercare di risolvere i disaccordi. Gli insegnanti possono aiutare gli studenti a recitare un ruolo in situazioni di conflitto e tentare vari approcci per risolverlo. In questo tipo di ambiente, sicuro e controllato, gli studenti possono apprendere valide tecniche su come andare pacificamente d’accordo con le altre persone.

È molto utile allenare gli studenti a fare da mediatori fra i compagni. Questi mediatori imparano preziose lezioni di vita attraverso le quali possono aiutare gli altri a trovare soluzioni ai conflitti. Se la mediazione fra compagni non risolve la situazione, può essere necessario che l’insegnante intervenga e faccia da mediatore. Alla fine, lo scopo dell’insegnante è mettere gli studenti in condizione di risolvere i conflitti da soli.

Le strategie summenzionate sono definite in relazione all’ambiente scolastico, ma possono essere adottate efficacemente anche a casa e nella comunità. Nella terminologia della presentazione “La Famiglia Scuola d’Amore”, gli esempi precedenti si applicano alla seconda dimensione del cuore, l’amore fraterno. La sessione che esamineremo ora si applica alla terza dimensione del cuore, l’amore coniugale.

B. Risoluzione dei conflitti nel matrimonio

Nella società contemporanea le persone si trovano ad affrontare un numero sempre maggiore di sfide per costruire un matrimonio d’amore duraturo. Le percentuali di divorzi continuano a crescere in tutto il mondo e la violenza domestica sta aumentando. I passi della risoluzione restauratrice del conflitto sono utili per superare il conflitto coniugale e portare marito e moglie a riavvicinarsi.

A volte le coppie sposate sembrano essere i peggiori nemici. Come possono delle persone che si conoscono così bene diventare nemiche? L’intimità della vita matrimoniale crea maggiori aspettative ed esige una fiducia più grande. Se questa fiducia è violata, allora il sentimento di essere stati feriti e traditi può essere molto più forte che con gli amici e i conoscenti. L’intimità stessa del rapporto coniugale rende gli sposi estremamente vulnerabili. A causa di questo, gli abusi di fiducia possono essere i più difficili da perdonare.

Queste coppie possono sentirsi intrappolate e considerare il matrimonio una prigione. Anziché cercare una soluzione costruttiva, uno o tutti e due i partner possono sentire la tentazione di fuggire cercando l’amore da un’altra parte, chiudendosi emotivamente o cercando il divorzio.

Chi farà da pacificatore? Chi sarà disposto, per amore, a fare il primo passo verso la riconciliazione? Che sia l’offeso o l’offensore, sarà quello che è più maturo e altruista, più capace di andare oltre il desiderio di vendetta, più capace di superare i sentimenti di ferita personale e più consapevole delle cause fondamentali del conflitto.

Per risolvere i conflitti coniugali, tuttavia, occorre molto più che il semplice desiderio da parte di uno dei due lati. Come per qualunque conflitto, bisogna passare attraverso i passi della riflessione, della restituzione e della riconciliazione. Di solito è necessaria qualche strategia. Ecco alcuni suggerimenti:

Chiunque decida di iniziare la risoluzione del conflitto dovrebbe creare un contesto sicuro per la comunicazione. Il tempo e il luogo devono essere scelti saggiamente, un momento in cui sia il marito che la moglie possono concentrarsi a risolvere il loro disaccordo in un’atmosfera pacifica. È bene che la coppia stabilisca prima di tutto certe regole di base, come ad esempio non interrompere chi parla finché non ha finito di esprimere il suo pensiero.

Il primo passo comprende sempre la riflessione e il riorientamento. L’attenzione dovrebbe focalizzarsi su cambiare se stessi, non il partner. Ciascuna persona deve riconoscere il proprio contributo al problema e assumersene la responsabilità. Ad esempio, un marito che si lamenta dei brontolii della moglie, riflettendo potrebbe scoprire che questi sono iniziati dopo che lui ha cominciato a trascurarla per concentrarsi di più sulla sua carriera.

Questo aiuta a spersonalizzare il problema. I problemi coniugali possono avere origine nelle differenze fondamentali proprie del sesso o in esperienze che uno o entrambi i partner hanno avuto prima del matrimonio. Il marito e la moglie a poco a poco imparano che gli uomini e le donne si esprimono in modo diverso. Provando, sbagliando e riprovando, alla fine imparano a soddisfare i bisogni emotivi reciproci. Mentre alcuni atteggiamenti e modelli di comportamento hanno origine nelle esperienze di abbandono, abuso o tradimento avute da bambini, altri hanno la loro origine molto più addietro, nei conflitti ancestrali. La famiglia è un posto unico per risolvere i conflitti del passato. Grazie all’intimità esclusiva del rapporto coniugale, è possibile al marito e alla moglie superare conflitti etnici o razziali profondamente radicati. Perciò possiamo dire che la pace nella famiglia è la chiave per la pace nel mondo.

Quando le persone si concentrano sui difetti del coniuge, possono tenere l’amore in sospeso aspettando che l’altro cambi secondo le loro aspettative. Invece, accettando reciprocamente quello che non possiamo cambiare nell’altra persona, possiamo concentrarci sulla nostra responsabilità di fare restituzione per gli errori passati e continuare ad investire l’uno nell’altro.

A un livello più profondo, marito e moglie possono imparare ad apprezzare le loro differenze anziché cercare di far diventare il coniuge più simile a loro. Una volta che le persone si sentono accettate ed amate incondizionatamente, diventano più disposte a cambiare per far piacere al loro sposo.

Infine, se tutto il resto fallisce, la coppia può cercare la mediazione di una persona di fiducia più anziana che ha a cuore veramente entrambi. Un buon mediatore ha la saggezza e l’esperienza per aiutare le persone a pensare in modo più chiaro, comunicare meglio e vedere il punto di vista dell’altro. Il mediatore non toglie alla coppia la responsabilità della risoluzione del conflitto, funge solo da guida, in posizione di genitore, ricordando ad entrambi i partner i loro valori comuni e incoraggiandoli ad offrire restituzione per i conflitti passati.

C. Il ruolo del mediatore

Un mediatore può essere necessario quando le parti di una disputa hanno bisogno di iniziare il processo di risoluzione del conflitto. Il mediatore generalmente è una persona neutrale che non è coinvolta nel conflitto e tuttavia gode la fiducia di entrambe le parti. Il mediatore aiuta i due lati ad ascoltarsi a vicenda, attraverso i passi della riflessione e del riorientamento, e a cercare un modo per invertire i modelli del conflitto. Il mediatore non risolve il conflitto, ma facilita semplicemente il processo della sua risoluzione.

In una situazione complessa, le sfide iniziali del mediatore sono: neutralizzare temporaneamente il conflitto, riunire tutti nella stessa stanza, raccogliere informazioni da tutte le parti e assicurare che ogni lato sarà ascoltato. Un mediatore efficiente afferma il valore di tutti i lati. Questo dà ad ognuno la fiducia che sarà trattato equamente e aiuta a ridurre le probabilità che il conflitto si acuisca.

Il mediatore guida il processo di risoluzione aiutando tutti i lati ad ascoltarsi reciprocamente, chiarendo i fatti della situazione. Parafrasando i sentimenti e le preoccupazioni di ogni partecipante, il mediatore opera per definire la situazione in termini costruttivi, in un modo che sia soddisfacente per tutti. A volte la chiarificazione dei fatti è sufficiente a risolvere il conflitto. Altrimenti il mediatore suggerisce possibili procedure per arrivare alla soluzione, e queste sono discusse finché tutti sono d’accordo su un processo decisionale giusto. Di solito le persone sono incoraggiate a proporre una varietà di soluzioni possibili ed ogni soluzione viene discussa a lungo. A volte una combinazione di proposte porta ad una buona soluzione.

Il mediatore ha un ruolo importante per aiutare entrambi i lati. Il mediatore aiuta l’offensore ad accettare la sua responsabilità e ad ammettere i propri sbagli. Il mediatore può aiutare l’offensore a formulare le scuse e a decidere una restituzione appropriata. È importante che il mediatore eviti di accusare. Passi costruttivi nella direzione giusta possono essere incoraggiati e lodati. Il mediatore offre all’offensore un nuovo inizio, un’opportunità di costruire il senso di comunità perduto o di creare nuove relazioni pacifiche.

La sfida principale del mediatore nei confronti dell’offeso, è aiutarlo a liberarsi del suo risentimento, accettare le scuse e andare incontro al perdono. Se l’offeso ha contribuito al conflitto, il mediatore lo aiuta a riconoscerlo e a cambiare. Lo scopo è un risultato di collaborazione, che soddisfa entrambi i lati. Si può stabilire un processo per monitorare l’impiego della soluzione. Quando è possibile, il mediatore incoraggia l’armonia e l’amicizia fra offensore e offeso.

L’approccio trasformativo alla mediazione aiuta gli individui a imparare a risolvere i conflitti interpersonali. Non cerca di risolvere immediatamente il problema, ma piuttosto di mettere le parti in conflitto in condizione di definire le loro problematiche e cercare una soluzione da soli. Mira a dare alle parti la possibilità di riconoscere ognuna il punto di vista dell’altra – a vedere e capire come definiscono il problema e perché cercano determinate soluzioni. (Questo non vuol dire che devono essere d’accordo con le idee dell’altra persona). Questo approccio spesso apre la strada per una soluzione su cui si è reciprocamente d’accordo.1

Dilemmi Fondamentali

Molti conflitti di lunga data avvengono fra persone di origine simile, che hanno perso un’opportunità storica per realizzare l’unità. Tra questi esempi di conflitti fra fratelli abbiamo gli ebrei e gli arabi in Medio Oriente, i cattolici e i protestanti nell’Irlanda del Nord e i cattolici, gli ortodossi orientali e i mussulmani nell’ex Yugoslavia.* I rivali più agguerriti sono come fratelli che hanno un’origine comune e usano la loro conoscenza reciproca per infliggere il dolore più grande. A volte in un conflitto una parte può essere capace di elevarsi prendendo il punto di vista di un genitore e conquistare il cuore dell’altra, trasformando il nemico in un amico.

Tuttavia, persino a livello familiare, genitori dal cuore buono possono non essere capaci di risolvere le lotte persistenti fra i loro figli o conquistare un figlio che si ribella contro il loro amore e la loro guida. D’altro canto, quando i genitori trascurano i figli che dipendono da loro per nutrimento e protezione, abusano di loro o li molestano, questo viola la loro fiducia di fondo e può lasciare delle ferite che durano tutta la vita. Ci vuole un addestramento speciale e un cuore straordinario per aiutare le vittime di tale abuso e negligenza. Ancora più impegnativo è il compito di riuscire a far sì che chi ha commesso l’abuso riconosca il dolore terribile che ha causato ai suoi figli, passi attraverso il processo di chiedere scusa, offra condizioni di indennizzo, e faccia un nuovo inizio.

Le persone che hanno pensato profondamente alla risoluzione dei conflitti riconoscono certi dilemmi persistenti. Ad esempio, cosa fa sì che due persone di buon carattere, buone intenzioni e buon cuore persistano in un conflitto? Come si affrontano dei valori che sono in conflitto, quali un’espressione di pietà filiale che viola altri insegnamenti morali, o la lealtà verso una nazione che viola altri principi? È possibile trascendere il nazionalismo?

*Vedi International Online Training Program on Intractable Conflict at colorado.edu/conflict/peace.

1Baruch Bush e Joe Folger, The Promise of Mediation: Responding to Conflict Through Empowerment and Recognition: The Jossey-Bass Conflict Resolution Series (New York: Jossey-Bass Publishers, 1994).

Conclusione

Oggi tanti conflitti fra nazioni o gruppi etnici sono il risultato di pesi storici di crimini e maltrattamenti accumulati nel tempo, che vengono trasmessi di generazione in generazione a causa dell’ignoranza o del rifiuto di assumersi la responsabilità. Come individui, siamo collegati al passato, al presente e al futuro attraverso la nostra famiglia, la nostra società e il mondo. Sta a noi riconoscere la nostra responsabilità per i conflitti in ciascuno di questi livelli e fare dei passi per risolverli. Prendendo responsabilità per i confitti presenti e passati, noi aiutiamo ad alleviare il peso delle generazioni future e le rendiamo libere di sperimentare un progresso e un’armonia più grandi.

Fortunatamente ogni nuova generazione ci offre nuove possibilità per il futuro. I nostri figli non sono destinati a ripetere gli errori del passato. Se i nostri giovani possono imparare a rapportarsi agli altri con rispetto, giustizia, tolleranza e amore, ci può essere la speranza di creare una nuova cultura mondiale di pace e di prosperità.

Partecipare alla risoluzione dei conflitti fa bene alla crescita del carattere. Se cerchiamo sempre di giustificare noi stessi, non possiamo mai maturare. Assumendoci la responsabilità per i nostri errori, possiamo liberarci dall’orgoglio egoista e dal senso di colpa. Possiamo affrontare noi stessi e i nostri difetti più onestamente. Cercando di superare le nostre lotte, sviluppiamo compassione per gli altri. Quando sappiamo perdonare chi ci ha fatto del male dalla posizione dell’offeso, trascendiamo le comuni limitazioni umane. Facendo ed accettando restituzione, essendo perdonati e perdonando, il nostro cuore è curato e liberato. Pensate che potenziale creativo ci sarebbe se così tante risorse del mondo non venissero usate nei conflitti. Queste persone straordinarie, che aprono la strada per trasformare il conflitto in pace, possono essere considerate dei tesori mondiali viventi. L’appendice contiene la storia di alcune persone che sono state un esempio di questo grandissimo potenziale umano.

APPENDICE

Esempi storici di soluzione dei conflitti

“Le storie buone hanno il potere di salvarci”, osserva la terapeuta Mary Pipher. “La risorsa migliore contro la stupidità, la cattiveria e la disperazione del mondo è semplicemente raccontare la verità con tutte le sue ambiguità e complessità. Abbiamo bisogno di storie che ci offrano la possibilità di riconciliazione… come agire e come essere”.1 Le storie che seguono mostrano come persone dal carattere straordinario hanno lavorato per risolvere conflitti etnici e nazionali profondamente radicati.

I primi due casi, oltre a quello su Martin Luther King Jr. menzionato nella 1^ Parte, riguardano una lunga storia di ingiustizie ed oppressioni di un gruppo etnico da parte di un altro. I leader dei gruppi oppressi hanno capito bene gli oppressori e hanno trovato dei modi per fare pressione su di loro e risvegliare la loro coscienza. Alla fine sono riusciti a liberare il loro popolo senza una guerra su vasta scala. Sono stati riconosciuti ed ammirati in tutto il mondo come persone dal cuore e dal carattere straordinari.

A. Mahatma Gandhi

La storia di Mahatma Gandhi (1869-1948) offre uno spettacolare esempio di come una persona dal carattere eccezionale, rappresentante i popoli oppressi, può muovere la coscienza degli oppressori portandoli a riflettere, a prendere una nuova direzione e a fare dei passi per riparare le ingiustizie. Attraverso il suo movimento di resistenza non violenta, Gandhi fu in grado di conquistare l’indipendenza dell’India dal governo britannico.

Gandhi ricevette dalla sua famiglia le basi della saggezza indiana e studiò legge in Inghilterra. Lavorando per 21 anni in Sud Africa, si fece difensore dei diritti degli indiani che vivevano lì. Tra le influenze che lo formarono ci fu la lettura del Discorso sulla Montagna di Gesù, del Bhagavad Gita e di altri scritti di Leone Tolstoy e Henry David Thoreau. Gandhi costruì la nazione del satyagraha (il potere della verità, tradotto nelle lingue occidentali come non-violenza) basato sull’antico concetto dell’ahimsa (il rifiuto di fare del male). Gandhi credeva che esiste una verità comune a tutta l’umanità, che è velata o nascosta quando c’è conflitto, e che la nonviolenza è il modo per ripristinare questa verità. Secondo lui, il campo di battaglia della nonviolenza è nel cuore dell’uomo, e lo scopo non è sconfiggere gli uomini ma il male che corrompe la loro mente. Gandhi arrivò a capire che “La nonviolenza è la legge della nostra specie, come la violenza è la legge del bruto”. Gandhi insegnò alle persone che dobbiamo liberare noi stessi prima di poter liberare gli altri, perciò mise l’accento sull’autocontrollo e l’autodisciplina quotidiana.

In India, Gandhi sviluppò strategie per affrontare quattro tipi di conflitto: politico, sociale economico e religioso. Iniziò combattendo l’ingiustizia sociale e l’oppressione politica in quel paese attraverso mezzi non violenti. Credeva che l’India sarebbe stata libera dagli inglesi solo attraverso il ritorno alle sue radici morali e alle sue tradizioni. Formò un’alleanza tattica con i musulmani indiani e lanciò un programma di non-cooperazione che includeva il boicottaggio economico e la disobbedienza civile. Si fece promotore dei diritti degli “intoccabili” e spronò il popolo indiano a sviluppare la sua fondazione economica attraverso attività fondamentali come filare, tessere la stoffa e raffinare il sale. Guadagnandosi il sostegno delle masse, facendo lunghi scioperi della fame e usando la pura forza del carattere, Gandhi fece riconoscere agli inglesi l’immoralità della loro posizione di oppressori, ed essi si ritirarono volontariamente.

Gandhi considerava il conflitto come un’opportunità per gli oppressi di acquistare autorità e identità. Sceglieva attentamente i leader e li addestrava nei principi dell’azione non-violenta. Si impegnava a scoprire la verità e a mantenere un flusso aperto di informazioni. Gandhi cercò sempre di sviluppare rapporti personali con i suoi oppositori, perché li considerava dei potenziali partner alla ricerca di soluzioni eque e vere. L’obiettivo di Gandhi era far avanzare il processo di auto-realizzazione sia per gli inglesi che per gli indiani.2

Gandhi fu un santo fra i leader politici e un leader politico fra i santi perché lavorò per risolvere conflitti politici, sociali, economici e religiosi profondamente radicati. Gandhi insegnava che se le persone continuassero ad esigere una compensazione eguale per le offese ricevute, come nella legge “occhio per occhio, dente per dente”, il mondo intero diverrebbe cieco e senza denti. Tuttavia, non fu in grado di prevenire la sanguinosa divisione fra l’India e il Pakistan e fu assassinato da un fanatico indù.

B. Il Sud Africa

Il Sud Africa offre un’opportunità unica per studiare il processo di inversione, restituzione e riconciliazione a livello interpersonale.

Dopo che Nelson Mandela salì alla presidenza al posto di F. W. De Klerk, i bianchi dovettero iniziare il processo di restituzione rinunciando al loro potere politico e a un po’ del loro potere economico. Durante i suoi 28 anni di prigione, Mandela cercò di capire cosa motivava le persone, sia i prigionieri che le guardie. Imparò la lingua dei bianchi Boeri per leggere i loro libri, ascoltare le storie di vita dei guardiani della prigione e aiutarli a farsi un’educazione. Da ragazzo Mandela aveva vissuto con il nonno, un capo tribù, e aveva assistito direttamente ai processi tradizionali della risoluzione dei conflitti. Attraverso lunghe discussioni di gruppo sugli scopi fra i suoi compagni di prigione, tra cui c’erano rivoluzionari di convinzioni diverse, Mandela imparò a creare il consenso. Cercando di educare tutti ed elevarli ad un livello morale più alto, Mandela sviluppò la sua visione per costruire una nazione multirazziale. Divenne famoso come l’uomo che perdonava i suoi nemici che lo avevano messo in prigione, stabilendo un esempio per i suoi concittadini.3

I neri in Sud Africa avevano sofferto per tanto tempo subendo segregazioni e maltrattamenti e con l’arrivo del governo nero tanti bianchi temevano per la loro vita e le loro proprietà. Era necessario che la restituzione avvenisse a livello individuale e familiare, in modo che la riconciliazione potesse aver effetto nella vita di ogni persona. Riconoscendo che il conflitto può essere sradicato solo se entrambi i lati si assumono la responsabilità per il passato e contribuiscono alla riconciliazione, nel 1996 Mandela stabilì una “Commissione di Verità e di Riconciliazione”. La commissione investigò i crimini commessi sia dai neri che dai bianchi durante il periodo dell’apartheid. Questa commissione era sotto la supervisione di leader come Desmond Tutu, riconosciuti perché sostenevano i valori morali. I bianchi furono sfidati a riflettere sulla loro responsabilità per le conseguenze devastanti dell’apartheid e a offrire restituzione per questo al proprio livello. I neri furono sfidati a superare il loro desiderio di vendetta e a cogliere questa opportunità storica per trascendere i modelli di ritorsione. La commissione offrì un’amnistia civile e penale alle persone in cambio di una piena confessione della verità. Lo scopo era raggiungere la comprensione senza vendetta e la riparazione senza rappresaglia. La commissione fornì alle vittime aiuto medico, educativo ed altre forme concrete di assistenza.

Alle vittime di sofferenze straordinarie fu offerta una restituzione simbolica come ad esempio fondare una clinica col loro nome o creare una borsa di studio in loro onore. Questi passi miravano a restaurare un senso di comunità e ad aiutare le vittime a diventare capaci di perdonare.4

Oggi Nelson Mandela è conosciuto in tutto il mondo e sarà ricordato come un vero statista. I neri lo ammirano con orgoglio e i bianchi lo considerano con rispetto. Questo non è semplicemente perché ha trascorso 28 anni nelle prigioni dell’apartheid ma perché ha stabilito un sistema unico per scoprire la verità sulle ingiustizie e portare la riconciliazione a livello interpersonale. Quando salì al potere, si rifiutò di permettere ai neri di esercitare la vendetta contro i bianchi. Al contrario, chiese ai bianchi di rimanere nel paese, di mantenere la loro proprietà e di unirsi allo sviluppo del Sud Africa come una società multirazziale. La via della riconciliazione è ancora dura, ma è stato fatto un notevole progresso.

Ora la sfida è che le persone comuni creino collegamenti fra loro al di là delle differenze razziali. Charles VillaVicencio, direttore esecutivo dell’Istituto per la Giustizia e la Riconciliazione di Città del Capo, ha detto: “Siamo nel processo di imparare il processo della coesistenza. Se i comuni sud-africani non si assumono la responsabilità di conoscersi a vicenda e di riunire insieme differenti gruppi razziali, allora non succederà.”5

Le razze vivono ancora in mondi diversi che fondamentalmente non si incontrano. Uno studente bianco di 21 anni, che ha vissuto in una cittadina nera per circa un mese, ha lanciato il Masazane. La parola in lingua Xhosa significa “Andiamo a conoscerci l’un l’altro”. Trova famiglie che offrono ospitalità nelle città dei neri e le collega con dei possibili ospiti. Altre iniziative a livello popolare sono riunire gruppi di persone di razze diverse a sedersi insieme per mangiare, invitare i bianchi a fare un giro nelle città dei neri e incoraggiare i bianchi a donare il loro tempo, denaro e capacità per progetti di sviluppo. Un nero che ha passato cinque anni in prigione e un anno in esilio ha detto riguardo il processo di riconciliazione: “Se viene dal cuore, avrà successo”.6

C. Douglas MacArthur

Gli Stati Uniti e il Giappone hanno un rapporto complesso da quando il Commodoro Matthew Perry nel 1854 negoziò con la forza un trattato, che diede inizio a una relazione commerciale tra gli Stati Uniti e il Giappone. Negli anni 1920 il Giappone si concentrò ad espandere la sua influenza in Asia. Alcuni leader puntarono all’aggressione e allo sfruttamento economico, altri si concentrarono sul modo di collaborare con i loro vicini. Entrambi credevano nella superiorità della civiltà giapponese. I militaristi assunsero il controllo che portò alla guerra in tutto il Pacifico, ma dopo la resa del Giappone nel 1945 emerse l’elemento più pacifico.

Il Generale statunitense Douglas MacArthur (1880-1964), comandante delle forze Alleate nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale, divenne un appassionato mediatore di pace, tormentato alla vista delle sofferenze causate dalla guerra. Quando la guerra finì, mostrò una profonda comprensione della mente giapponese. Fu commosso dal fatto che i giapponesi avevano preparato le bistecche migliori per il suo staff e disse: “Queste persone non hanno nulla da mangiare eppure ci danno il meglio. Da ora in poi, i soldati degli Stati Uniti devono magiare solo il loro cibo. Non dovremmo lasciare che i giapponesi muoiano di fame”. Accolse anche con clemenza l’imperatore giapponese, che era andato a visitarlo in un gesto di scusa che non ha precedenti. MacArthur credeva che se le forze d’occupazione univano alla loro forza uno spirito di generosità, si sarebbero conquistate l’amicizia e la cooperazione dei giapponesi. Così compì uno spettacolare rovesciamento di ruoli, passando da comandante militare a mediatore di pace e aprì la strada per una cooperazione duratura fra gli Stati Uniti e il Giappone.

Il giorno dopo che il Giappone si era arreso, MacArthur diede un messaggio alla radio che dimostrava una notevole riflessione e si appellò ad un fondamentale cambiamento di direzione da entrambe le parti: “Sin dall’inizio dei tempi gli uomini hanno cercato la pace”, disse, “ma le alleanze militari, gli equilibri di potere, le leghe delle nazioni, di volta in volta sono tutti falliti, lasciando come unica strada la via della guerra.” Ora “abbiamo avuto la nostra ultima occasione… Il problema è fondamentalmente teologico e comporta un risveglio spirituale e il miglioramento del carattere umano”. Fece riferimento al Commodoro Perry che era andato in Giappone “per portare al Giappone un’era di illuminazione e di progresso sollevando il velo dell’isolamento per aprire le porte all’amicizia, al commercio e allo scambio con il mondo. Purtroppo, però, la conoscenza della scienza occidentale così acquisita, è stata trasformata in uno strumento di oppressione e di asservimento umano… Noi ci impegniamo a far sì che i giapponesi siano liberati dalla condizione di schiavitù… L’energia della razza giapponese, se indirizzata nel modo giusto, permetterà l’espansione in senso verticale anziché orizzontale. Se i talenti della razza sono trasformati in canali costruttivi, il paese si può sollevare dall’attuale stato di miseria ad una posizione di dignità. Nel bacino del Pacifico è giunta la visione di un nuovo mondo emancipato”.7

D. Eroi di tutti i giorni

Gli esempi di risoluzione dei conflitti che abbiamo citato si riferiscono a persone in alte posizioni di leadership. Ci sono tante storie di persone comuni che fanno cose straordinarie per sanare le aree di conflitto. Ecco alcuni esempi.

  • Circa 80.000 cambogiani sono stati uccisi dalle mine terrestri in decine di anni di guerra. Tanti bambini sono morti o sono rimasti menomati raccogliendo mine attraenti a forma di giocattolo. Negli anni 1970, Aki Ra, un bambino di 12 anni, fu addestrato dai guerriglieri Khmer Rossi a piazzare le mine; in seguito le sue capacità furono usate dall’esercito di occupazione vietnamita e poi dall’esercito cambogiano. Quando agli inizi degli anni 1990 le Nazioni Unite sponsorizzarono le elezioni, Aki Ra imparò l’inglese, entrò a far parte di un’agenzia per l’eliminazione delle mine e ritornò sulla linea del fronte per cercare e rimuovere un po’ di quei 4-10 milioni di mine terrestri che, secondo le stime, rimanevano nel terreno. Aki Ra era tanto bravo nel nuovo lavoro come lo era stato nel primo e individuava, dissotterrava e disinnescava fino a 50 mine al giorno. Con i soldi guadagnati dalle Nazioni Unite comperò un pezzo di terra e piantò un giardino. Ora, per conto suo, Aki Ra va nei villaggi ad aiutare la gente a ripulire la terra per fare degli orti e creare dei canali per arrivare ai pozzi d’acqua. La sua raccolta di migliaia di mine disinnescate è diventata il Museo delle Mine Antiuomo e il Centro di Informazioni che fornisce informazioni didattiche e avvertimenti sulle mine insospettate. I suoi semplici dipinti di persone ed animali fatti a pezzi dalle mine antiuomo sono in vendita. Sette bambini mutilati dalle mine terrestri vivono con lui. Quando Aki Ra aveva cinque anni, perse entrambi i genitori a causa degli Khmer Rossi. Non ha mai avuto una famiglia e non è mai andato a scuola. Da bambino gli hanno solo insegnato a lavorare faticosamente e a uccidere. Ora che è venuta la pace si cura della sua famiglia di orfani mutilati e li educa: “Io li aiuto ad andare a scuola. Gli insegno l’inglese. Gli spiego tutto sul mondo”.8
  • Quando i giapponesi sconfitti fuggirono dalla Manciuria nel 1945, dopo 15 anni di colonizzazione, migliaia di bambini giapponesi furono lasciati in Cina. Genitori cinesi si presero cura di questi figli dei loro oppressori accogliendoli nelle loro case, anche se la loro identità doveva essere tenuta nascosta. Nel 1981, il governo giapponese stabilì un programma di ricollocamento che permetteva ai bambini, ormai adulti, di cercare i loro parenti e tornare a vivere in Giappone.9 Tanti, tuttavia, scelsero di rimanere in Cina con le famiglie che li avevano accolti aprendo il loro cuore e le loro case.

APPENDICE 2

Una Nuova Visione per le Nazioni Unite

Le Nazioni Unite furono create dopo la seconda guerra mondiale per fornire una struttura morale per la risoluzione dei conflitti mondiali. Tuttavia, programmi come le Forze delle Nazioni Unite per Mantenere la Pace e il Tribunale Internazionale hanno avuto un successo limitato nella risoluzione dei conflitti. L’UNESCO è stato stabilito per prevenire i conflitti. Come organizzazione educativa, sociale e culturale, l’UNESCO si basa sulla premessa che il conflitto nasce dall’ignoranza, dall’oppressione politica e dalla povertà. Perciò le sue priorità sono più educazione, più democrazia e più sviluppo. La debolezza della democrazia è che si basa su relazioni fraterne che non possono essere risolte facilmente in assenza del ruolo di un genitore. La debolezza dello sviluppo è che se i beni materiali sono lo scopo, non c’è nessun limite alla possibile avidità. La debolezza dell’educazione è che il centro dell’attenzione è stato soprattutto accademico e tecnico.

La International Educational Foundation si dedica all’educazione etica e morale per prevenire e risolvere i conflitti. I fondatori dell’IEF, il Dott. Sun Myung Moon e sua moglie hanno fatto diverse proposte per mettere le Nazioni Unite in grado di realizzare meglio la loro missione di risolvere e prevenire i conflitti mondiali:

  • Un Corpo Consultivo dell’ONU. L’attuale struttura delle Nazioni Unite, composta da rappresentanti nazionali, può essere considerata come un congresso dove sono rappresentati gli interessi di ciascuna nazione membro. Un’altra assemblea potrebbe essere composta da leader rispettati in campi come la religione, la cultura e l’educazione che hanno dimostrato la capacità di trascendere gli interessi limitati delle singole nazioni e parlare in difesa degli interessi dell’umanità in generale. Le due camere, lavorando insieme nel rispetto e nella cooperazione reciproca, potrebbero costruire un consenso morale per risolvere i conflitti che esistono da tanto tempo e prevenire che ne sorgano dei nuovi. La saggezza e la visione di grandi leader religiosi, culturali e accademici, farebbe da sostanziale complemento all’illuminazione politica, all’esperienza e alla competenza dei leader politici del mondo.
  • Zone di pace. Nelle aree di conflitto si potrebbero stabilire delle zone di pace. Dovunque passino i confini contesi, che sia attraverso i fiumi, le montagne, i campi o il mare, si potrebbero creare delle zone cuscinetto o zone di pace lungo questi confini. Queste zone sarebbero governate direttamente dalle Nazioni Unite e sarebbero colonizzate da persone di tutto il mondo dedite a stabilire la pace. Le Nazioni Unite avrebbero la responsabilità di fornire guida alle persone che vivono in queste aree in modo che possano incorporare gli ideali delle Nazioni Unite. Queste zone di pace sarebbero una dimora di pace, di prosperità e di riconciliazione così come un habitat ecologico e ambientale. Sarebbero libere dalle discriminazioni sessuali e razziali, dalle violazioni dei diritti umani e dalla guerra. Le nazioni interessate dovrebbero essere disposte a fornire la terra necessaria. Ad esempio, l’intera zona demilitarizzata che divide la penisola coreana potrebbe essere trasformata in una zona di pace sotto la giurisdizione delle Nazioni Unite, con luoghi educativi e parchi di pace per insegnare ai visitatori importanti lezioni sulla pace.
  • Fondo Internazionale per la Pace. Le persone religiose del mondo potrebbero aprire la strada facendo donazioni per la pace mondiale. I fondi così raccolti sarebbero usati per stabilire zone di pace e insegnare gli ideali della pace e i metodi per realizzarla. Individui, organizzazioni e leader in campi quali la filantropia, l’industria e la scienza sarebbero incoraggiati a partecipare al finanziamento e alla costruzione di queste zone di pace delle Nazioni Unite.
  • Ambasciatori di Pace Universali. Ciascuna nazione potrebbe scegliere un ambasciatore universale che ha la preparazione necessaria e la capacità di insegnare un ideale di pace universale. Anziché promuovere gli interessi ristretti di un particolare paese, essi rappresenterebbero la visione globale delle Nazioni Unite e promuoverebbero la pace per il bene di tutta l’umanità. Dovunque vanno, questi ambasciatori promuoverebbero movimenti dediti alla pace e al benessere sociale. Inoltre, servirebbero da custodi scrupolosi della giustizia, della sicurezza e della pace in ogni nazione. Questo darebbe speranza ai cittadini del mondo e incoraggerebbe i giovani a dedicarsi al vero amore e alla pace duratura. Questi ambasciatori supervisionerebbero anche i progetti sponsorizzati dall’ONU sulla salute, l’educazione, il welfare ed altri campi.
  • Celebrazione Annuale del Giorno dei Veri Genitori. La base più forte per l’unità dell’umanità è l’amore universale ed essenziale che si genera attraverso l’ideale della vera famiglia. Le Nazioni Unite potrebbero stabilire un giorno di commemorazione ufficiale per sostenere l’ideale della famiglia. Amando e prendendosi cura gli uni degli altri, gli uomini potrebbero sperimentare pienamente le loro radici umane comuni e capire il valore delle vere famiglie. Una commemorazione universale dell’unità del mondo come un’unica famiglia globale potrebbe portare l’umanità a trascendere il confronto e la lotta.10

APPENDICE 3

Una Serie di Approcci alla Riconciliazione

Porre le basi per la riconciliazione comporta diverse fasi:

  • Tracciare uno schema di come si è sviluppato il conflitto.
  • Identificare le parti che hanno una posta in gioco nel risultato
  • Identificare gli obiettivi di ciascuna parte.
  • Chiarire le questioni (queste spesso sono degli scopi contrastanti).

Johan Galtung, un professore norvegese di studi sulla pace, propone una serie di 12 approcci alla riconciliazione che possono essere usati singolarmente oppure in combinazione, a seconda delle circostanze.11 Egli si focalizza sul dare autorità a degli operatori di pace per aiutare la riconciliazione delle parti in conflitto. A volte esaminare questa lista di opzioni aiuta le persone a superare la loro visione limitata e a scoprire un modo per uscire dal conflitto. Riassumiamo qui di seguito i vari approcci alla riconciliazione:

  1. Incolpare la struttura o la cultura. X e Y identificano una struttura o un sistema di base che ha suscitato il conflitto e uniscono le loro forze per affrontare il problema comune.
  2. X ha fatto male a Y; X è consapevole della sua colpa e Y è cosciente del trauma; X offre riparazione e risarcimento a Y. A volte il rapporto è diretto, altre volte passa attraverso un’istituzione, come una compagnia di assicurazione. Questo approccio funziona solo quando il danno è reversibile o quando è accettabile un gesto simbolico.
  3. Scuse & perdono: X ha fatto del male a Y; X è consapevole della propria colpa e Y è cosciente del danno. Entrambi soffrono; X va da Y offrendo le sue scuse sincere per il male fatto e Y le accetta. Questa è una doppia trasformazione, in cui entrambi i lati fanno un taglio col passato, ma non risolve necessariamente la causa del conflitto. Quando l’unica alternativa è una punizione senza fine, a volte entrambi i lati arrivano a una presa di coscienza e diventano disposti a intraprendere questi passi.
  4. Penitenza. In un approccio religioso, X si sottomette ad un essere supremo, confessa il suo misfatto, offre atti di penitenza ed è assolto dalla colpa. Questo approccio è limitato perché può non cambiare il comportamento di X o indurlo ad offrire scuse o restituzione a Y.
  5. Processo giudiziario. La versione secolare della penitenza comprende la comparsa in tribunale, il giudizio, la punizione e il proscioglimento. Di nuovo, questo può non cambiare il comportamento di X o motivarlo ad offrire scuse o restituzione a Y.
  6. Secondo questo punto di vista tutte le azioni fanno parte di catene di cause interconnesse, così in un conflitto c’è sempre una responsabilità condivisa. Attraverso la meditazione i partecipanti al conflitto cercano di venire alle prese con le forze che sono dentro di loro. Esternamente il conflitto è trasformato attraverso una tavola rotonda fra i partecipanti. Questo approccio può essere un ottimo punto di partenza per la sua prospettiva olistica, la neutralità e l’appello al dialogo.
  7. Commissione di Verità. Tutte le parti del conflitto descrivono la situazione molto dettagliatamente, chiarendo tutti i fatti e stabilendo i rapporti di causa ed effetto. Questo si basa sulla teoria che quando capiamo le persone fino in fondo, possiamo trovare il cuore per perdonarle. Si può mettere a disposizione un libro vuoto in un località centrale e tutti sono invitati a dare un contributo alla memoria collettiva scrivendo qualcosa in questo libro. Quando i misfatti di X sono portati alla luce, questa persona può essere spinta dalla vergogna a fare dei cambiamenti. È anche utile indagare cosa sarebbe potuto succedere se le persone avessero preso altre decisioni, e come evitare la stessa situazione in futuro.
  8. Messa in scena degli avvenimenti. Tutte le parti partecipano a far rivivere l’esperienza soggettiva del conflitto, ma senza alcuna violenza. Poi le parti possono scambiarsi i ruoli, per poter capire più a fondo il punto di vista degli altri. Lo scopo è arrivare ad una comprensione più profonda ed emotiva. Quando le scene sono troppo dolorose, altre persone possono essere chiamate a prendere il posto dei veri partecipanti. A volte questo aiuta le persone a capire esattamente in che modo le cose hanno cominciato ad andare male.
  9. Dolore collettivo. Le persone di lati opposti si vestono a lutto e si siedono insieme in gruppi di 10 – 20 persone per piangere le perdite, discutere insieme su come il conflitto si sarebbe potuto evitare, esplorare idee su come evitare il conflitto in futuro e trovare atti di pace che possono riconoscere e celebrare. L’obiettivo è guarire attraverso il dolore comune, non attraverso l’asserzione delle proprie ragioni o il giudizio.
  10. Ricostruzione comune. Dopo la guerra i soldati che hanno distrutto tutto sul loro cammino, potrebbero tornare a seminare i campi e a ricostruire la terra. Civili di entrambi i lati che non hanno combattuto potrebbero aiutare alla ricostruzione. Se nel conflitto erano coinvolte numerose parti, rappresentanti di ciascuna parte potrebbero essere incoraggiati a partecipare alla ricostruzione. Questo potrebbe assumere aspetti di una ricostruzione di quanto è avvenuto.
  11. Risoluzione congiunta del conflitto. In una certa misura i diplomatici, gli uomini politici e persino il personale militare cercano di far questo. Questo procedimento aiuta a riflettere sul passato (cosa è andato storto e cosa si sarebbe potuto fare altrimenti) e immaginare il futuro (cosa succederebbe se non si potesse raggiungere nessuna pace sostenibile e come sarebbe una pace sostenibile).
  12. Ho’o ponopono. Questo è un termine hawaiano che si può trovare in varie tradizioni culturali. Tipicamente l’ho’o ponopono incorpora tanti degli approcci alla riconciliazione che abbiamo citato. Una parte, che ha il sincero desiderio di trovare una buona soluzione, invita tutte le persone coinvolte nello sviluppo del conflitto a partecipare a una riunione. Possono partecipare anche i parenti e i vicini ma il massimo numero di persone ammesso nel gruppo è di circa 20. Una persona saggia e rispettata che non è coinvolta nel conflitto presiede la riunione. Ognuno è incoraggiato a presentare la sua versione dei motivi del conflitto, di come sono andate le cose e di cosa si dovrebbe fare. All’offeso è data l’opportunità di spiegare le sue ragioni, il che può essere accettato anche se le azioni sono inaccettabili. Gli altri sono invitati a dire come le loro azioni o mancanza di azioni hanno contribuito allo sviluppo delle Si offrono e si accettano le scuse, si chiede e si concede il perdono. L’offeso acconsente a fare ammenda in qualche modo. Gli altri si impegnano a migliorare le circostanze per assicurare che il conflitto non si ripeta. Alla fine, si scrive un resoconto in un modo che sia accettabile a tutti i presenti e il foglio di carta è bruciato, simboleggiando la fine della situazione. Poi si può fare una festa per celebrare la risoluzione del conflitto.

La lista che segue suggerisce in che modo questi 12 approcci sono in correlazione con i primi due passi della risoluzione restauratrice del conflitto: passo 1 (riflessione & riorientamento) e passo 2 (inversione & restituzione):

  • Incolpare la struttura o la cultura – passo 1
  • Restituzione – passo 2
  • Scuse e perdono – passo 2
  • Penitenza – passi 1 e 2
  • Processo giudiziario – passi 1 e 2
  • Karma – passo 1
  • Commissione di verità – passo 1
  • Messa in scena degli avvenimenti – passo 2
  • Dolore congiunto – passo 1
  • Ricostruzione comune – passo 2
  • Risoluzione congiunta del conflitto – passo 1
  • Ho’o ponopono – passi 1 e 2

È difficile predire quale o quali approcci è più probabile che conducano alla riconciliazione in una determinata situazione. La sfida dell’operatore di pace è acquisire una profonda comprensione delle persone e delle circostanze e cercare di persuadere le persone a tentare un approccio. “La riconciliazione è una questione che ha profonde radici psicologiche, sociologiche, teologiche, filosofiche e umane – e nessuno sa veramente come fare.”12 Questa è la conclusione di Galtung. Egli cita alcuni notevoli successi ottenuti presentando una visione allettante che trascende le circostanze e permette alle parti di elevarsi al di sopra del loro conflitto. Ad esempio, decine di anni di guerra fra Equador e Perù sui confini furono risolti quando egli propose di trasformare il territorio conteso in un parco naturale bi-nazionale, amministrato congiuntamente da tutte e due le nazioni.

APPENDICE 4

Promessa di Nonviolenza della Famiglia

Una delle presentazioni di questa serie si intitola La Famiglia Scuola d’Amore. In un certo senso la famiglia è la pietra angolare della pace. Quello che segue è un esempio di un impegno alla nonviolenza che i membri della famiglia possono sottoscrivere, confermando il loro impegno alla pace.

La pace deve iniziare dentro noi stessi e nella nostra famiglia. Ognuno di noi, membri della famiglia __________, promette di diventare il più possibile una persona pacifica e non violenta impegnandosi a:

Rispettare se stesso e gli altri

Rispettare me stesso, sostenere gli altri ed evitare la critica senza scrupoli, le parole d’odio, gli attacchi fisici e il comportamento autodistruttivo.

Comunicare meglio

Condividere onestamente i miei sentimenti, cercare dei modi sicuri per esprimere la mia rabbia e lavorare per risolvere i problemi in modo pacifico.

Ascoltare

Ascoltare attentamente gli altri, specialmente quelli che non sono d’accordo con me, e considerare i sentimenti e i bisogni degli altri piuttosto che insistere sul fare le cose a modo mio.

Perdonare

Chiedere scusa e fare ammenda quando ho fatto del male a un’altra persona, perdonare gli altri ed evitare di serbare rancore.

Rispettare la natura

Trattare l’ambiente e tutte le cose viventi, compresi gli animali domestici, con rispetto e cura.

Giocare in modo creativo

Scegliere i divertimenti e i giocattoli che sostengono i valori della famiglia ed evitare i divertimenti che fanno apparire la violenza divertente e accettabile.

Essere coraggioso

Sfidare la violenza in tutte le sue forme ogni volta che la incontro, che sia a casa, a scuola, al lavoro o nella comunità, e stare dalla parte delle persone che sono trattate ingiustamente.

Questa è la nostra promessa. Questi sono i nostri scopi. Faremo una verifica in noi stessi su quanto abbiamo promesso una volta al mese per i prossimi dodici mesi, in modo da poterci aiutare reciprocamente a diventare persone più pacifiche.

I membri della famiglia firmano.

__________________________

Distribuito dall’ Institute for Peace and Justice, 4144 Lindell Blvd. N.408, St. Louis, MO 63108 (315) 533-4445, ipj@ipj-ppj.org

APPENDICE 5

La Via delle Arti Marziali

Quando si spezza l’armonia nell’ordine naturale, i meccanismi all’interno del regno minerale, vegetale e animale, lavorano per restaurare l’equilibrio e il benessere dell’organismo. Ad esempio, i globuli bianchi del corpo umano lavorano per proteggere il corpo dall’invasione di germi estranei o di virus. Da queste forze naturali che proteggono l’ordine e l’armonia, possiamo imparare ad affrontare la disarmonia in noi stessi e nei confronti delle altre persone.

Attraverso le arti marziali, le persone diventano consapevoli che il campo di conflitto fra il bene e il male ha molte dimensioni: avviene sulla terra, nella dimensione spirituale e dentro il cuore di ogni essere umano. Così le persone praticano le arti marziali per imparare a resistere sia al male che viene dal di fuori, che al male che viene dal di dentro. I monaci buddisti addestrati nelle arti marziali lottano per la purezza del cuore, del pensiero e della volontà, come facevano i cavalieri cristiani del Medio Evo.

Nella filosofia delle arti marziali, a volte è necessaria una posizione molto forte contro il male. Mentre esaltano l’ideale dell’armonia, le arti marziali promuovono anche una consapevolezza realistica delle varie dimensioni dell’opposizione tra il bene e il male.

Quando i leader guidano i loro discepoli sulla strada sbagliata per motivi egoistici e distruttivi, ecco che appaiono i campioni della giustizia per indicare la strada del bene e ispirare le persone a sostenere il bene. Se le forze che sono nell’errore riconoscono di sbagliare, la riconciliazione pacifica è possibile e la storia prende una direzione armoniosa e creativa. Se invece le forze che sono nell’errore si rifiutano di cambiare prendendo la direzione buona, il bene non deve soccombere, perché la storia si muove nella direzione delle forze prevalenti. Le svolte storiche in direzione del bene dipendono dalla forza di volontà e di azione del suo campione.

Alla luce di queste realtà, le aspirazioni spirituali non sono incompatibili con un interesse nelle arti marziali. Anzi, un’autentica comprensione dello spirito umano raccomanda le pratiche che nascono dal desiderio dell’anima di respingere il male.

Così le arti marziali sono una disciplina spirituale che integra la nostra volontà di esseri umani. Questa non è un’arte fine a se stessa, ma un’arte che insegna alle persone una visione universale del bene e del male e come difendersi dal male nella dimensione sia materiale che spirituale.

L’aggressione violenta è la manifestazione più appariscente del male e una persona che pratica le arti marziali, di fronte a tale minaccia, può trovare inevitabile la difesa violenta. Per lo più, tuttavia, la vita ci pone di fronte a innumerevoli sfide che non hanno bisogno di un combattimento. È qui che l’aspetto sociale dell’addestramento nelle arti marziali diventa rilevante.

Attraverso un rigoroso addestramento fisico, gli studenti acquisiscono una consapevolezza sempre più grande della natura umana. Attraverso le esperienze pratiche imparano le limitazioni del loro carattere e le strategie per superarle. Attraverso la competizione imparano non solo il coraggio e la tenacia, ma anche l’autocontrollo, l’intuizione, l’adattabilità e la sensibilità. Infine, attraverso la filosofia delle arti marziali, gli allievi diventano disposti nel cuore, nel pensiero e nell’azione a promuovere l’armonia nella dimensione spirituale e sociale. Così le tecniche di autodifesa sono interessi ausiliari e derivano il loro valore dagli interessi centrali della vita, che sono l’armonia spirituale e sociale.

1 Mary Pipher, The Shelter of Each Other: Rebuilding Our Families (New York: Ballantine Books, 1996), p. 270

2 Paul Ernest Wehr, “Self-Limiting Conflict: The Gandhian Style.” In Conflict Regulation (Boulder Colorado: Westview Press, 1979), pp. 55-68.

3 Anthony Sampson, Mandela: The Authorized Biography (New York: Alfred A. Knopf, 1999), p. 512.

4Le sintesi esecutive degli atti della Truth and Reconciliation Commission sono disponibili online sul sito: http://www.truth.org.za/.

5 Ann M. Simmons, “S. Africans Try to Unite Two Worlds“, Los Angeles Times, 4 Dicembre 2001.

6 Ibid.

7 Da William Manchester, American Caesar (Boston, Massachusetts: Little, Brown and Company, 1978), pp. 453-54.

8 Seth Mydans, “Siem Reap Journal: A Time to Plant Mines, a Time to Make Amends”, New York Times, 28 Dicembre 2000, Foreign Desk.

9 John Walker, “Hidden, Children: Orphans of Manchuria” (Montreal, Canada: Films Transit International 2000).

10 Dott. Sun Myung Moon, “Renewing the United Nations to Build Lasting Peace” (Rinnovare le Nazioni Unite per Costruire una Pace Duratura), International and Interreligious Federation for World Peace Assembly, Nazioni Unite 18 Agosto 2000.

11 Johan Galtung, “After Violence: 3R, Reconstruction, Reconciliation, Resolution. Coping with Visible and Invisible Effects of War and Violence” (TRANSCEND, 1998), pp. 64-91 – http://www.transcend.org.

12 Ibid., p. 64.

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