Privacy Policy

4 - EMOTO RYUMEI

Il viaggio da Seul a Pusan durò sette ore.(1) Nel pomeriggio il treno viaggiò per i campi ed i monti delle province del sud attraversando i disordinati villaggi i cui abitanti lo osservavano passare con indifferenza. I campi puzzavano di feci umane, sparse come fertilizzante.

Sun-myung Moon si era diplomato presso la scuola media di Seul e, dopo aver ottenuto il permesso della polizia per studiare in Giappone, stava andando a Tokyo per iscriversi alla Scuola tecnica affiliata all’Università di Waseda.(2) Era il 31 marzo 1941 e Sun-myung lasciava la Corea per la prima volta, diretto verso la terra dell’oppressore.

Dal momento che il Giappone stava preparando la guerra contro l’Occidente, i coreani venivano sia arruolati nelle forze armate, sia obbligati a lavorare in Giappone e nelle sue colonie.(3) Migliaia di ragazze adolescenti venivano rastrellate e spedite nei bordelli destinati ai soldati giapponesi in guerra. I cristiani venivano imprigionati a centinaia perché si rifiutavano di praticare il culto obbligatorio presso i templi scintoisti. Secondo il mito scintoista i giapponesi, in particolare gli imperatori, discendono dalla dea del sole Amaterasu; sono quindi divini. Negli anni ’30 i militaristi avevano ridato vigore alla vecchia religione per giustificare i loro obiettivi imperialisti. Gli abitanti delle colonie, in Corea ed in Cina, erano obbligati a partecipare alle cerimonie che si tenevano nei templi costruiti nelle città e nei villaggi occupati. Nel 1941 i preparativi per la guerra erano sempre più intensi ed i missionari venivano forzati ad abbandonare la Corea. Nel 1942 le denominazioni religiose furono vietate e le chiese protestanti furono obbligate ad unirsi, sotto il nome di Divisione Coreana della Chiesa Cristiana Giapponese. I pastori che si opponevano a questo provvedimento ed al culto forzato presso i templi scintoisti venivano imprigionati, rimossi dalla loro posizione, messi agli arresti domiciliari o costretti alla clandestinità.(4) La Corea veniva soffocata; la sua cultura, ed anche la sua lingua, venivano oppresse. Nel 1944 i coreani venivano arrestati nella loro propria nazione per il semplice fatto di parlare coreano invece che giapponese. Con un’ultima azione volta a schiacciare l’identità dei loro infelici sudditi, le autorità giapponesi obbligarono i coreani ad assumere nomi e cognomi giapponesi.

Nel suo viaggio verso Tokyo, Sun-myung aveva già una nuova identità giapponese. Si chiamava Emoto Ryumei.(5) Sul suo stesso treno viaggiavano alcuni uomini d’affari e dirigenti giapponesi con le loro famiglie. I loro modi denotavano un atteggiamento di superiorità al quale alcuni coreani aspiravano, ma che la stragrande maggioranza detestava. Nonostante il suo amor di patria Moon non odiava i giapponesi. Sotto questo aspetto era molto diverso dalla maggioranza, della quale non facevano parte solo i collaborazionisti e coloro che non si interessavano alle cose terrene.(6) La sua lotta, per come la vedeva lui, era contro il male, ed il male era ben più inafferrabile e sottile, impossibile da associare semplicemente ad una nazionalità. Ad un certo punto, durante il viaggio, il significato della propria missione e la consapevolezza del ruolo che la Corea avrebbe avuto in futuro, lo travolsero.

Pregò Dio di proteggere la Corea. Mise la giacca sul volto in modo che gli altri passeggeri non vedessero che stava piangendo. Quando il treno giunse a Pusan era sera. Il giorno dopo lasciò Pusan su una nave giapponese, la Shokei Maru.

A Tokyo si iscrisse al dipartimento di elettrotecnica della Scuola Tecnica Superiore. Trovò alloggio presso la famiglia di un membro del Consiglio comunale della città, Mitsuhashi Kozo.(7) Altri due studenti coreani alloggiavano presso la stessa famiglia, ciascuno in una stanza singola al secondo piano. I coreani erano abituati ad essere trattati come cittadini di seconda categoria, ma i Mitsuhashi, che avevano cinque figli, erano molto gentili con i loro pensionanti. Il padrone di casa aveva come hobby la calligrafia, un interesse che poteva condividere con Sun-myung. Era molto gentile, «come un coreano», secondo il ricordo di uno dei compagni di pensione di Sun-myung.

Tra le centinaia di coreani che studiavano nelle università e nelle scuole tecniche di Tokyo, alcuni si spacciavano per giapponesi: era questo il corso normale per la scalata sociale. Ma la gran parte di loro, consapevoli del loro ruolo di studenti che, sin dalla manifestazione del 1919, li aveva visti all’avanguardia della resistenza, desideravano profondamente l’indipendenza della loro nazione. Due volte all’anno organizzavano un incontro, definito «Incontro Yupchon» (dal nome della moneta coreana in ottone con un foro al centro), dove una cinquantina di studenti si incontravano per mangiare, parlare, cantare e conoscersi. In genere veniva messo a presidiare quegli incontri un poliziotto giapponese in borghese che parlava un po’ di coreano; questa presenza impediva agli studenti di discutere l’argomento che più stava loro a cuore: l’indipendenza.

Nel primo incontro al quale partecipò, Sun-myung si alzò, si presentò e cominciò a cantare una canzone coreana in stile «pansori». Per metà cantava e per metà urlava, in modo tale che il poliziotto non potesse comprenderne il significato. «Il popolo coreano ha una grande missione. Aiutiamo la nostra nazione e diventiamo gli infaticabili leader del nostro popolo», cantava. Il sentimento patriottico ed il rischio affrontato per esprimerlo elettrizzarono il pubblico.(8)

Sun-myung Moon divenne un leader degli studenti cristiani in Tokyo ed appoggiò il governo in esilio a Shanghai guidato da Kim Ku.(9) Tuttavia, i suoi due amici più cari erano comunisti. Kim Chang-soon, che viveva nella sua stessa pensione, e Chang Bong-hee, che viveva lì vicino, studiavano entrambi economia all’Università di Waseda. Kim era il leader delle attività coreane clandestine in Giappone. Chang qualche tempo dopo dovette nascondersi per sfuggire alla polizia. Si travestì da mendicante e si fece infestare dalle pulci per rendere convincente il travestimento. L’amicizia tra i tre era profonda. Discutevano a lungo animatamente, ma finivano con l’abbracciarsi. In pochi anni, le differenze ideologiche che questi ragazzi rappresentavano avrebbero spaccato profondamente la loro nazione, ma al momento il nemico comune era il Giappone.

Anche se l’ateismo dei suoi amici lo faceva soffrire, Sun-myung si rendeva conto del fatto che il marxismo dava loro un obiettivo utopistico, uno scopo, un ruolo storico da giocare, una struttura di pensiero che spiegava ogni cosa ed un conseguente fervore volto a migliorare il mondo: un fervore che sembrava mancare ai cristiani. Aum Duk-moon, uno studente di architettura presso la Scuola Tecnica di Waseda, ricorda che Sun-myung difendeva i suoi amici comunisti: «Mi diceva che erano brave persone. Non cercava di farmi diventare anticomunista o di farmi diventare cristiano. Spiegava che i coreani si sarebbero dovuti unire e lavorare insieme».(10)

A questo punto della sua vita, mentre stava ancora formulando la sua teologia, Sun-myung non discuteva con i suoi amici delle sue più profonde convinzioni sulla vita e su Dio. Il suo comportamento inspiegabile li rendeva diffidenti nei suoi confronti. A volte, durante le lezioni, continuava a fare domande finché il professore restava senza risposte. Il disagio dell’insegnante imbarazzava gli altri studenti. Una volta i suoi amici lo videro parlare in strada ai passanti, criticando la situazione del momento e spingendo i giovani a prendere responsabilità.(11)

Nella sua stanza teneva tre Bibbie, una in coreano, una in giapponese ed una in inglese, e le studiava in continuazione. La domenica andava in chiesa. Cominciò a studiare le proprie capacità e ad addestrarsi a pensare che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. A volte mangiava un boccone di cibo e poi gettava via il resto, dicendo a se stesso che doveva dimenticare la propria fame ed amare Dio più del cibo.(12)

Un giorno riunì i suoi amici e disse loro che voleva vedere quante tazze di riso sarebbe riuscito a mangiare.

«Credo che potresti mangiarne dieci tazze», disse uno di loro.

«D’accordo. Dal momento che è il tuo compleanno, mangiane quanto ne vuoi, pago io», scherzò un altro. Andarono in via Takadanobaba, dove c’era una serie di ristoranti. Riuscì a mangiare sette tazze di riso con pollo ed uova. Era così pieno che poteva appena muoversi. Scoprì così che l’essere troppo pieni di cibo era peggio che essere affamati.(13)

Si disciplinò anche per quanto riguardava l’evitare le tentazioni sessuali. In particolare resistette al comportamento sottomesso delle donne giapponesi, considerate dai coreani le migliori mogli del mondo. A volte camminava per strada con gli occhi volti verso il basso per evitare di guardare verso le donne. Nello sforzo consapevole di lottare contro la tentazione, faceva di tutto per rendersi non attraente. Indossava abiti economici di seconda mano e non metteva la brillantina sui capelli come facevano i suoi amici.(14)

Tutto ciò non bastò per scoraggiare una delle figlie dei proprietari della pensione, che si era infatuata di lui. Egli fingeva di non accorgersi dei suoi sentimenti e la ignorava per quanto poteva.

Una notte, uno degli amici di Sun-myung lo stava aspettando nella stanza di lui. Alle due di notte Sun-myung non era ancora tornato, e l’amico decise di andarsene. Scendendo, notò una ragazza in una stanza al piano terra. Entrò nella stanza, chiuse la porta e nell’oscurità cominciò a toccarla sotto la camicia da notte. Pensando fosse Sun-myung, la ragazza non oppose resistenza.

Il giorno dopo salì nella stanza di lui per continuare quello che lei pensava fosse l’inizio del loro nuovo rapporto. Quando lui la respinse, lei si sentì distrutta. Nel 1945, due anni dopo il ritorno di Sun-myung in Corea, si ammalò e morì all’età di diciannove anni.(15)

Il giovane Moon non oziava né socializzava molto con altri studenti, non frequentava i caffè e non faceva escursioni in campagna nei fine settimana con gli altri. Le lezioni della sua scuola si svolgevano la sera, tra le 18 e le 21,30, cosa che gli lasciava molto tempo libero durante il giorno.(16) Era molto rigido con se stesso nell’uso del tempo e faceva solo ciò che sentiva Dio desiderava che facesse.

Spesso andava nella vicina città industriale di Kawasaki per lavorare. Non lo faceva per i soldi, che spesso donava agli amici, ma per fare uno sforzo consapevole per amare il Giappone.(17) Inoltre il lavoro gli permetteva di avere esperienze molto più ampie di quelle permesse dalla semplice vita da studente.

Quando nevicava, o c’era un tifone, non andavo a lezione. Andavo alla mensa degli operai per lavorare. Mi sentivo benissimo allora. Correvo e saltavo, le mani si annerivano di sporco e le mettevo sotto la pioggia per vedere lo sporco che veniva lavato via dall’acqua. Lavoravo e sudavo. Una volta, sul traghetto Kawasaki-Yokohama, c’era un tipo davvero cattivo. Estorceva agli operai una percentuale del loro guadagno, ma io rifiutai di pagargliela. Smise di chiedermi i soldi solo dopo che lo picchiai.(18)

A volte faceva dei lavori come trasportare il carbone. In genere chiedeva, a chi svolgeva abitualmente quel lavoro, quanto tempo ci sarebbe voluto per farlo; poi cercava di portarlo a termine in tre quarti o in metà del tempo. Si spingeva in quel modo per dominare il proprio ambiente e la propria situazione di lavoratore, piuttosto che esserne dominato. Una volta, dopo aver faticosamente trasportato un carico di carbone in una casa, la proprietaria gli diede una mancia. Quel semplice gesto lo commosse fino alle lacrime.

In un’altra occasione risparmiò dei soldi e soggiornò all’Hotel Imperial, a quei tempi uno dei più lussuosi alberghi di Tokyo. Un’altra volta incontrò una prostituta e le chiese di parlarle della sua vita.(19) Insomma, desiderava capire come vivevano sia i ricchi che i poveri, ciò che li rendeva felici e ciò che li spingeva a peccare.(20) Decise di sperimentare la condizione di sentirsi affamato: «…non perché non avessi del riso, ma se si è sempre pieni di cibo si perde il rapporto con Dio e non si capisce più la situazione delle persone».(21)

In quel tempo il Giappone era ormai in guerra contro gli Stati Uniti e gli Alleati. Gli studenti coreani in Giappone programmavano delle proteste contro l’arruolamento forzato dei coreani nell’esercito giapponese, con il fine di provocare un’insurrezione in patria.

La polizia riuscì però a soffocare la protesta, mentre era ancora in fase organizzativa, e non si fu in grado di organizzare nessuna dimostrazione di rilievo. Sun-myung era sotto sorveglianza da parte della polizia giapponese e, una volta al mese, doveva presentarsi alla stazione di polizia in via Takadanobaba. Quando, dopo un certo tempo, decise di far ritorno in patria, la polizia telegrafò alle autorità in Corea per segnalarne il rientro.

Nel 1943 anche gli studenti cominciarono ad essere arruolati nelle forze armate. Il suo corso di studi fu abbreviato di sei mesi e si diplomò quindi il 18 settembre del 1943. Il suo amico Aum Duk-moon, che si era diplomato contemporaneamente a Sun-myung, passò la propria ultima notte in Giappone assieme a lui.

Ad un certo punto, Aum disse a Moon: «Penso che quando tornerò a casa dovrò sposarmi, ma sono un po’ preoccupato, perché non so con chi mi fidanzeranno i miei genitori. Puoi suggerirmi qualcuno?». In qualità di leader dei giovani cristiani, Sun-myung aveva con sé le foto di molti amici cristiani coreani.

«Che ne dici di lei?» gli rispose Moon, mostrandogli una foto. Aum la prese e la mise nel portafoglio. Il giorno seguente partirono per la Corea.(22)

Note

(1) Rif.: History of the Unification Church, Vol. l, di Yu Kwang-yol, HSA-UWC, Seul, 1978, pag. 22.

(2) Il sistema scolastico giapponese era composto da: scuole elementari, medie e superiori; seguivano le scuole superiori tecniche, gli istituti parauniversitari e l’università. Le lezioni nelle scuole superiori tecniche erano tenute da professori universitari.

(3) Circa 723.000 lavoratori coreani furono obbligati a lavorare in Giappone ed a fornire manodopera ausiliaria all’esercito giapponese sia in Giappone che all’estero. Nel 1941 i coreani arruolati nell’esercito giapponese erano 3.208; nel 1945 avevano raggiunto il numero di 269.270. Vedi Korea: the Politics of the Vortex di Gregory Henderson, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1968, cap. 4.

(4) Negli anni della guerra, più di 50 operatori ecclesiastici furono uccisi, duemila pastori ed operatori ecclesiastici furono imprigionati, ed oltre duecento chiese furono chiuse. Il numero di fedeli protestanti si ridusse da 700.000 a 350.000. Vedi «A History of the Church in Korea» di Allen D. Clark, Christian Literature Society of Korea, Seul, 1971, pagg. 230-1.

(5) Emoto è un nome molto comune in Giappone. Ryumei è la pronuncia giapponese del carattere cinese del nome di Moon, Yong-myung.

(6) Il risentimento dei coreani era, ed è, profondo. Un esempio tra tanti: Cho Yong-gi, conosciutissimo pastore coreano, guida della più numerosa congregazione cristiana, la Chiesa del Completo Vangelo, in Seul, disse ad un gruppo di cristiani giapponesi in Tokyo, negli anni ’70, che aveva impiegato venticinque anni per superare l’odio che covava nel cuore, e per accettare che Dio desiderava «salvare» anche i giapponesi.

(7) L’indirizzo era 2-chome, Tosuga-cho, Yodobashi-ku.

(8) L’avvenimento è stato riportato all’autore da Aum Duk-moon, che era presente.

(9) Secondo Aum Duk-moon, il supporto di Kim Ku era ideologico e non attivo, dal momento che le pene erano molto severe. Ad esempio, se uno studente distribuiva dei volantini antigovernativi poteva aspettarsi, se catturato, una condanna a dieci anni di prigione.

(10) Al momento della redazione di questo libro Chang, che aveva cambiato il proprio nome in Chang Chol, è il Ministro della Cultura e delle Arti della Corea del Nord. Dopo la Seconda Guerra mondiale Kim andò in China, ma se ne sono perse le tracce.

(11) Sun-myung Moon, op. cit., discorso di Waseda.

(12) Ibid.

(13) Ibid.

(14) Ibid.

(15) Aum Duk-moon, che ha riportato l’avvenimento all’autore, non sa di che malattia si trattasse.

(16) Fatti riportati da Lee Hee-wook in un’intervista con l’autore. Lee frequentava architettura con Aum, ed abitò nella stessa pensione di Moon per un anno. Lee ha riferito che molti studenti coreani lavoravano negli uffici durante il giorno; potevano così guadagnare quaranta-cinquanta won al mese.

(17) Sun-myung Moon, op. cit., discorso di Waseda. Lee Hee-wook ha spiegato all’autore che Moon era proprio povero ma che una volta, per amicizia, comprò un abito per Lee.

(18) Op. cit., discorso di Waseda.

(19) The Life of Rev. Sun Myung Moon Part 1: Chronology 1920-1987, Unification Theological Seminary, Barrytown, New York, 1988, pag. 8. Quest’opera è la traduzione dal giapponese della Storia della Chiesa di Unificazione, Vol. 1, di Kachi Masayuki.

(20) Yu Kwang-yol, Unification Church History from the Early Days, discorso ristampato in «New Hope News», 7 Ott. 1974, HSA-UWC, USA.

(21) Sun-myung Moon, op. cit., discorso di Waseda: «Ecco perché, fino all’età di trent’anni, non ci fu un solo giorno in cui non fossi affamato».

(22) Aum scrisse alla ragazza e si scambiarono le foto, ma i genitori di lui erano contro il loro fidanzamento. Alla fine sposò una donna scelta per lui dai genitori.

« Indietro Avanti »
^