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La Teoria della Natura Originale dell’Uomo

La Teoria della Natura Originale dell’uomo verte sull’immagine di quello che sarebbe stato l’essere umano originale, se non fosse intervenuta la Caduta. A causa di quest’ultima, gli esseri umani hanno perduto la loro condizione originale, compromettendo non solo la loro identità, ma anche il loro mondo originale, e da allora hanno sempre cercato, come cercano tuttora, a volte anche inconsciamente, di restaurare l’uomo e il mondo originali. Ciò implica che, per tutta la sua vita, l’uomo accarezza l’ideale di migliorare sé stesso e la speranza di vivere in un mondo migliore. E tuttavia, la storia è andata avanti, fino ai nostri tempi, senza che questi ideali venissero realizzati.

I pesci nuotano liberamente nell’acqua; gli uccelli volano nel cielo a loro piacimento. Ma cosa accadrebbe una volta che venissero tolti dal loro ambiente naturale? Un pesce tratto dall’acqua e gettato sulla terra soffrirebbe tremendamente e vorrebbe ritornare all’acqua, il suo habitat naturale. Analogamente, un uccello catturato e rinchiuso in una gabbia si sentirebbe prigioniero e anelerebbe a solcare ancora il cielo aperto.

Allo stesso modo, gli uomini desiderano ardentemente la realizzazione dell’ideale, e nello stesso tempo sono insoddisfatti del mondo qual esso è. In effetti, gli esseri umani hanno perduto la loro identità originale e il mondo ideale. Poiché fino ad oggi quell’ideale non ha potuto essere realizzato, tante persone hanno sperimentato continue delusioni, tra aspre difficoltà; ma non avendo altra scelta, hanno dovuto rassegnarsi a questo mondo. Tuttavia alcuni, specialmente uomini di religione e filosofi, non hanno smesso di cercare lo stile di vita originale, ponendosi seriamente la questione, “cos’è l’essere umano?” e hanno cercato tutte le strade per recuperare lo stile di vita originale.

Buddha, ad esempio, trascorse sei anni della sua vita nel più stretto ascetismo monastico, immergendosi in profonde meditazioni. In quel modo, egli arrivò a comprendere che l’uomo era stato in origine illuminato, ma era poi diventato ignorante, si era arreso ai desideri mondani ed era precipitato nella sofferenza. Buddha insegnò che la strada per ritrovare la propria natura originale passa attraverso la disciplina spirituale.

Anche Gesù investigò in profondità i problemi della vita umana e visitò tanti diversi luoghi, prima d’intraprendere il suo ministero pubblico all’età di trent’anni. Gesù predicò che tutti gli uomini sono peccatori, generati dalla linea di sangue satanica, prodotta dalla Caduta, e devono rinascere credendo nel Figlio di Dio, cioè Gesù stesso.

Socrate disse che la via della vita consiste nell’amore per la vera conoscenza. Secondo Platone, l’ideale supremo sta nel riconoscere l’idea del Bene. Per Aristotele, è la ragione a fare la persona umana: l’uomo è un animale sociale e può realizzare la forma più elevata di virtù nella vita comunitaria della polis (la città-stato). I filosofi greci, in generale, considerarono la ragione l’essenza della natura umana, e ritennero che l’essere ideale si sarebbe personificato in quell’uomo, la cui ragione fosse in condizione di operare nel pieno delle sue facoltà.

Nel Medioevo, la teologia cristiana regnò al di sopra della filosofia; secondo il punto di vista cristiano, gli esseri umani sono peccatori e possono essere salvati solo dalla grazia di Dio. In questa prospettiva, la ragione risulta inconcludente.

In controtendenza, nell’età moderna, riemersero le istanze filosofiche fondate sulla ragione umana. Descartes raffigurò l’uomo come un essere razionale, che tuttavia cade in errore o incorre nella confusione perché non sa fare buon uso della propria ragione. Perciò, Descartes approfondì il metodo per il buon uso della ragione. Kant affermò che l’uomo è un essere personale che ascolta la voce dell’obbligazione morale, insegnata dalla ragion pratica, e deve vivere secondo la ragione, evitando di soccombere alle tentazioni o ai desideri. Anche Hegel descrisse l’uomo come un essere razionale. La ragione si sarebbe auto-realizzata nel mondo e la libertà, che è l’essenza della ragione, si sarebbe sviluppata parallelamente al progresso della storia. Secondo la teoria di Hegel, gli uomini e il mondo sarebbero diventati veramente razionali con la fondazione dello stato moderno (lo stato nazionale). Nella realtà, invece, gli uomini sono rimasti distanti dalla loro natura umana, come sempre erano stati, e il mondo ha continuato a essere contraddittorio come prima.

Kierkegaard rifiutò le idee razionaliste, quali quelle presentate da Hegel, non credendo che l’umanità sarebbe diventata sempre più razionale, via via che il mondo progrediva, come Hegel aveva preconizzato. Secondo Kierkegaard, gli esseri umani non sono altro che figure mediocri, la cui vera natura è andata perduta. Di conseguenza, soltanto chi ritaglia il proprio spazio d’indipendenza come individuo, separatamente dal grande pubblico, può riottenere la propria vera natura umana. Da qui viene lo sviluppo dei parametri concettuali, con cui relazionarsi, nella società reale, con altri individui che hanno smarrito la loro natura originale, e cercare di restaurare indipendentemente la propria essenza umana. Sono le basi del pensiero esistenzialista, che sarà illustrato in maggior dettaglio più avanti.

Feuerbach, ripudiando il razionalismo di Hegel, raffigurò l’uomo come un essere sensuale. Secondo Feuerbach, gli esseri umani alienarono da sé la loro essenza di specie, la oggettivizzarono e finirono col venerarla come loro dio: in questo processo c’è la perdita della natura umana. Feuerbach sostenne che l’uomo deve recuperare il proprio valore originale, e a tanto può giungere solo rinnegando la religione.

Marx contestò l’idea hegeliana della realizzazione della libertà, e invocò la vera liberazione dell’uomo. Nella società di quel tempo, la vita dell’operaio era davvero miserabile: doveva osservare lunghi turni di lavoro, e riceveva un salario a malapena sufficiente a rimanere in vita. Le malattie e la criminalità erano dilaganti nel ceto operaio, spogliato della sua dignità umana. Al contrario, il capitalista viveva nell’abbondanza, prodotta dallo sfruttamento e dall’oppressione spietata nei confronti dei lavoratori. Nondimeno, dal punto di vista di Marx, anche lo stesso capitalista era privato della sua dignità umana originale.

Determinato nel suo progetto di liberazione, Marx dapprima individuò la strada per la restaurazione della natura umana nell’umanesimo di Feuerbach, ma più avanti, convintosi che gli uomini sono esseri impegnati nell’attività produttiva, pervenne ad individuare come scopo essenziale della storia la liberazione dei lavoratori, oppressi nella società capitalista, che li derubava del frutto del loro lavoro e li costringeva a lavorare non di propria spontanea volontà, ma sotto il potere dei capitalisti. Precisamente in questo consisteva, secondo Marx, la privazione del valore umano per la classe operaia.

Partendo da queste premesse, Marx argomentò che la liberazione del proletariato doveva avvenire attraverso il rovesciamento della società capitalista, nella quale i lavoratori erano sfruttati e, in questo processo di liberazione, i capitalisti stessi si sarebbero visti restituire il loro valore umano. Sulla base della sua visione materialista, Marx spiegò che la coscienza umana era determinata dai rapporti di produzione (che sono la base della società) e il sistema economico doveva essere modificato con la forza. Si deve peraltro notare che tutte le nazioni comuniste, nelle quali si sono avute rivoluzioni ispirate alle teorie di Marx, sono rette da regimi dittatoriali, che reprimono le libertà fondamentali, oltre a prevaricare e denigrare la dignità umana: sono società in cui le persone hanno perduto ancora di più la loro natura originale. Marx ha sbagliato sia nell’individuazione della causa dell’alienazione umana che nel metodo per la soluzione dei problemi da essa derivanti.

Ma l’alienazione dell’individuo non è un problema esclusivo del modello comunista. Anche nella società capitalista, in cui dilagano individualismo e materialismo, ha preso piede un modo di pensare egocentrico, che fa credere alla gente di essere autorizzata a fare tutto ciò che desidera. Così, anche nella società capitalista, la natura umana non è valorizzata.

In questa situazione, tanti uomini di religione e pensatori hanno sviluppato le proprie teorie, profondendo il loro impegno per riscoprire la natura originale dell’uomo, ma non sono riusciti davvero a liberare l’umanità. Il problema più difficile, che tutti hanno incontrato, è stato quello di determinare cosa sia l’essere umano.

Il Reverendo Sun Myung Moon, che ha speso tutta la vita cercando le soluzioni fondamentali ai problemi irrisolti della storia, ha proclamato che, in origine, ogni uomo è un figlio di Dio, anche se la perdita della natura originale lo ha reso così miserabile. Gli uomini furono creati a immagine di Dio, ma furono separati dalla loro Origine a causa della Caduta dei primi progenitori. Gli uomini possono restaurare la loro natura originale osservando la parola di Dio e venendo così a ricevere il Suo amore. In questo capitolo, non esamineremo i problemi della Caduta e della strada per restaurare la natura originale dell’uomo (questi argomenti sono trattati dal Principio Divino); il nostro obiettivo sarà la descrizione della natura originale stessa dell’uomo.

Dal punto di vista originale, ognuno di noi è un essere dotato di un’immagine divina, che riflette l’Immagine di Dio, e un carattere divino, che somiglia al Carattere di Dio. Noi abbiamo anche una posizione, che rispecchia l’aspetto della posizione nell’Immagine Originale. Ciascuno di questi caratteri sarà discusso qui di seguito.

I. UN ESSERE CON UN’IMMAGINE DIVINA

L’essere umano è dotato di un’Immagine Divina, che riflette l’Immagine di Dio. L’Immagine Divina consiste di songsang e hiongsang, yang e yin, e dell’Immagine Individuale. Rassomigliando all’Immagine Divina, ciascuno di noi deve diventare un essere in cui songsang e hiongsang sono uniti, in cui yang e yin sono in armonia, e che possiede un’individualità.

A. UN ESSERE IN CUI SONGSANG E HIONGSANG SONO UNITI

Ci sono quattro tipi di songsang e hiongsang nella natura umana. Primo, ogni essere umano è un’immagine sostanziale che integra tutte le cose. Nel nostro songsang e hiongsang, noi conteniamo non solo gli elementi songsanghiongsang del regno animale, del regno vegetale e del regno minerale, ma anche gli elementi songsanghiongsang esclusivi dell’uomo, e cioè la mente spirituale e il corpo spirituale. Secondo, ogni persona è un essere duplice composto di una persona spirituale e una persona fisica. Terzo, ogni uomo è un essere in cui mente e corpo sono uniti. Quarto, ciascun essere umano ha una mente duplice, che consiste di una mente spirituale e una mente fisica. Ora, considerando l’uomo che ha perduto la sua natura originale, notiamo che la relazione tra la sua mente spirituale e la sua mente fisica (il quarto tipo di songsang e hiongsang citato sopra) è particolarmente importante. Esaminiamola con più attenzione. La funzione della mente spirituale è quella di indirizzare la vita umana alla verità, alla bontà, alla bellezza e all’amore ovvero, in altre parole, ai valori. L’amore è la fondazione per la verità, la bontà e la bellezza. Perciò, una vita impostata sui valori è una vita di verità, bontà e bellezza, centrata sull’amore. Sicuramente, in una vita di valori è inclusa la ricerca dei valori spirituali per la propria stessa gioia; tuttavia, ne costituisce fattore ancor più essenziale l’impegno speso per rendere felici gli altri, attraverso la realizzazione di quei valori. Così, una vita fondata sui valori è orientata verso gli altri: il singolo individuo vive per la sua famiglia, tribù e nazione, per l’umanità e, in definitiva, per Dio. La funzione della mente fisica, invece, è la ricerca del cibo, di abiti, di un alloggio e del sesso – cioè la vita materiale, centrata sull’individuo.

Nell’ordine originale, la mente spirituale e quella fisica si trovano in un rapporto di soggetto e oggetto, e la mente fisica deve obbedire alla mente spirituale. L’unione delle due menti costituisce la “mente umana”. La mente umana in cui la mente spirituale è il soggetto e la mente fisica è l’oggetto è una “mente originale”. Il giusto ordine delle due menti comporta che la vita dei valori è prioritaria rispetto alla vita materiale. In altri termini, la vita orientata alla verità, alla bontà, alla bellezza e all’amore è lo scopo (la meta), mentre quella rivolta al cibo, al vestiario, all’alloggio e al sesso è il mezzo per attingere quello scopo. Questo è il modo in cui gli esseri umani, in origine, avrebbero dovuto vivere.

Per costruire questa relazione tra la mente spirituale e quella fisica, l’uomo avrebbe dovuto crescere nell’osservanza della parola di Dio. Allora, l’uomo avrebbe unito in sé songsang e hiongsang, con la forza dell’azione di dare e ricevere, proprio come in Dio il Songsang Originale e lo Hiongsang Originale si mantengono uniti, centrati sul Cuore.

A causa della Caduta, invece, l’uomo non ha costruito la giusta relazione tra la mente spirituale e la mente fisica. In conseguenza di ciò, la mente fisica, che avrebbe dovuto prendere la posizione di oggetto, assunse quella di soggetto, e viceversa la mente spirituale, che avrebbe dovuto prendere la posizione di soggetto, assunse quella di oggetto. Il cibo, gli abiti, la casa e il sesso divennero l’obiettivo principale degli esseri umani, mentre la verità, la bontà, la bellezza e l’amore divennero un mero strumento per quei fini. L’amore altruistico e la pratica della verità, della bontà e della bellezza furono rivolte a scopi quali l’accumulo di ricchezze e la conquista di posizioni privilegiate. Ciò non vuol dire che nel mondo caduto non esistano valori: ve ne sono ma, nella maggior parte dei casi, rimangono finalizzati a una vita egocentrica e materialista. La chiave sta nel fatto che la mente fisica è diventata il soggetto e la mente spirituale l’oggetto.

In questo modo, il rapporto originale tra la mente spirituale e la mente fisica è stato rovesciato. Per ritornare allo stato originale dell’esistenza umana, questa relazione innanzitutto deve essere ricondotta alle condizioni originali. Per questo motivo, lungo il corso della storia, le varie religioni del mondo hanno educato le persone a combattere e vincere sé stessi. Confucio, ad esempio, parlò del ritorno all’osservanza dei riti tramite il superamento di sé stessi. (1) Gesù disse: “Se uno vuol venire dietro a me, …, prenda la sua croce e mi segua”, (2) e “non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio”. (3) Per ottenere la vittoria su sé stessi, gli uomini hanno spesso scelto lo stile di vita monastico, basato sull’ascesi, il digiuno e la preghiera.

Fino ad oggi, un gran numero di monaci, suore, santi e uomini giusti hanno effettivamente soggiogato sé stessi, ma pur dopo essere arrivati a tanto, non hanno poi saputo come comportarsi col mondo del peccato. La società reale è rimasta sotto il dominio dei desideri centrati sulla mente fisica e monaci, suore e altre persone di buona volontà hanno dovuto condurre la loro vita di santità separati dal resto della società.

B. UN ESSERE IN CUI YANG E YIN SONO IN ARMONIA

Yang e yin sono gli attributi del songsang e dello hiongsang. Discuteremo ora dell’armonia tra yang e yin come armonia tra un’entità yang e una yin. L’armonia di yang e yin nel genere umano è quella tra uomo e donna ovvero, più precisamente, tra marito e moglie.

I temi attinenti alle qualità del marito e della moglie e al carattere della famiglia hanno avuto importanti implicazioni sin dall’antichità. Animali, piante e minerali esistono e si moltiplicano tutti grazie all’unione tra yang e yin. Tuttavia, considerare l’unione tra yang e yin nell’umanità semplicemente in termini di uomo e donna equivarrebbe a individuare nel rapporto di marito e moglie soltanto una connotazione biologica. Oggi, nelle nazioni più progredite, uomini e donne contraggono matrimonio e poi divorziano con facilità; il matrimonio ha perduto il suo carattere sacro e perenne. Non è certo questo il modello originale della relazione tra marito e moglie. Finora non è stata data alcuna risposta soddisfacente a questioni quali il perché dell’esistenza di uomini e donne, e lo scopo per cui essi si uniscano. Molti preferiscono non sposarsi affatto. Su questi temi, il Pensiero dell’Unificazione offre risposte molto chiare.

Primo, sia il marito che la moglie rappresentano ciascuno, originalmente, una delle caratteristiche duali di Dio: così, l’unione coniugale è la manifestazione di Dio. Quando marito e moglie si amano centrati su Dio, con l’amore di Dio come asse verticale, il loro amore si sviluppa orizzontalmente e compie un movimento circolare centrato su quell’asse. Quando ciò avviene, l’amore di Dio abita in quella coppia.

Secondo, marito e moglie rappresentano ciascuno, originalmente, metà dell’universo; perciò, l’unità tra marito e moglie è la consumazione della creazione dell’universo. Se Adamo ed Eva non fossero caduti, allontanandosi da Dio, la creazione dell’universo si sarebbe completata con la perfezione di Adamo ed Eva, giacché la perfezione del genere umano, che doveva governare la creazione, era lo scopo ultimo della creazione dell’universo. Così, la perfezione del marito e della moglie costituisce la pagina conclusiva della creazione dell’universo. Tuttavia, dal momento che nessuna coppia è mai arrivata alla perfezione, il processo creativo non è ancora finito. Dio ha dovuto condurre la provvidenza di ricreazione degli uomini caduti, che consiste nel guidarli alla perfezione prima come individui, e poi come coppie di mariti e mogli. Gli esseri umani furono creati per esercitare il dominio su tutte le cose, ma né l’uomo né la donna possono assurgere a quella posizione da soli: essi possono governare ogni creatura solo diventando una perfetta coppia come coniugi, e soltanto allora la creazione dell’universo sarà ultimata.

Terzo, poiché marito e moglie rappresentano ciascuno, originalmente, metà dell’umanità, l’unità tra marito e moglie significa l’unità dell’umanità. Il marito rappresenta tutti gli uomini e la moglie rappresenta tutte le donne dell’umanità. La popolazione del mondo conta oggi approssimativamente sei miliardi d’individui. Perciò, marito e moglie hanno ciascuno il valore di rappresentare tre miliardi di persone.

Quarto, marito e moglie rappresentano ciascuno, originalmente, metà della famiglia, e l’unione tra marito e moglie è la base della perfezione familiare. Il marito rappresenta tutti i maschi e la moglie tutte le femmine della famiglia. Da questo punto di vista, l’amore tra marito e moglie li pone al centro dell’universo, implicando che essi, tramite la famiglia, hanno perfezionato il loro amore per l’intera umanità. Così, quella tra marito e moglie è effettivamente un’unione sacra e preziosa. (4)

Ma, a causa della Caduta, Adamo ed Eva non sono potuti diventare il marito e la moglie che originalmente sarebbero dovuti essere. Nell’umanità caduta, nessuna coppia ha potuto unirsi con l’amore di Dio al suo centro, e tutti hanno perso Dio. La creazione dell’universo è rimasta incompleta, l’umanità è divisa, e la discordia prevale spesso nella famiglia.

Dovunque, oggi, i problemi familiari e sociali abbondano, proprio a causa dell’impropria relazione tra mariti e mogli. Le famiglie si spaccano, la società è in confusione, le nazioni sono preda del disordine e il mondo è caotico. Il raggiungimento dell’unità armoniosa tra marito e moglie equivale all’unificazione del mondo. In altre parole, l’unità tra marito e moglie è la chiave per risolvere i problemi della società e del mondo.

C. UN ESSERE CON UN’INDIVIDUALITÀ

Nel creare l’universo, Dio pensò le immagini individuali dei vari esseri che intendeva creare. Egli concepì l’immagine di ciascun essere umano, di ciascun animale e di ciascuna pianta. L’immagine individuale di un uomo è particolarmente dettagliata; per quanto riguarda invece gli altri esseri, quanto più la loro classe è bassa, tanto meno la loro individualità è distinta. Ad esempio, è difficile distinguere un individuo dall’altro, tra i batteri o le amebe. Al contrario, la fisionomia e il carattere di un essere umano sono chiaramente distinguibili da quelli dei suoi simili. Dio ha conferito agli uomini un’immagine individuale così particolareggiata, in modo da poter ottenere, da ciascuno di essi, una gioia unica e stimolante. Perciò, l’uomo è un essere di valore superiore, capace di dare a Dio la gioia suprema, attraverso una personalità unica: l’immagine individuale è un altro aspetto della natura originale umana.

La prima manifestazione dell’individualità di una persona è il suo aspetto; tra cinque miliardi di persone che vivono nel mondo, non ci sono due individui con lo stesso viso. La seconda manifestazione è il comportamento, che è anch’esso diverso da persona a persona. Possiamo considerare l’aspetto somatico come l’elemento caratteristico unico dello hiongsang di un uomo, e il suo comportamento come l’elemento caratteristico unico del songsang, poiché il comportamento è una manifestazione diretta della mente. La terza manifestazione dell’individualità di una persona è l’espressione creativa, che non è limitata alla creazione artistica, ma si estende a qualsiasi attività, cui quella persona si dedichi per manifestare la propria creatività, e differisce da persona a persona.

Così, Dio è compiaciuto nell’osservare il viso, il comportamento e l’attività creativa, che esprimono la natura originale umana di ogni uomo. In altre parole, gli esseri umani mostrano a Dio la loro bellezza esclusiva, attraverso l’aspetto, il comportamento e l’impegno creativo. La bellezza dell’individualità di una persona include appunto la bellezza delle sembianze, la bellezza del comportamento e la bellezza dell’attività creativa.

Ai genitori che li osservano, i figli appaiono belli e amabili. Allo stesso modo Dio, quando guarda gli esseri umani, trova che i loro aspetti, comportamenti e gesti creativi sono belli e pregevoli – e ne prova piacere.

Per contro, a causa della Caduta dell’uomo, le individualità delle persone sono state il più delle volte represse o ignorate, come è accaduto soprattutto nei regimi dittatoriali. L’esempio più estremo è dato dalle società assoggettate alle regole comuniste, proprio perché il comunismo denigra l’individualità dell’uomo e, nella sua visione ispirata al materialismo, la considera un mero prodotto dell’ambiente. Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, invece, l’individualità umana non è un dato accidentale né un risultato dell’ambiente; al contrario, essa deriva dall’Immagine Individuale di Dio; provenendo da Dio, essa è molto preziosa.

II. UN ESSERE CON UN CARATTERE DIVINO

A. UN ESSERE DI CUORE

Il Cuore (o Shimjung) (5) è l’impulso emotivo che cerca la gioia attraverso l’amore; è la sorgente dell’amore e l’essenza del carattere di Dio. Perciò, il Cuore è anche l’essenza della natura originale degli esseri umani, i quali sono esseri di Cuore.

L’uomo che arriva ad ereditare il Cuore di Dio sente un gran desiderio di amare tutti e tutto, e l’impossibilità di soddisfare questo desiderio gli causa il dolore più estremo. L’uomo caduto ha difficoltà ad amare gli altri, ma l’uomo che si unisce completamente al Cuore di Dio vede la sua stessa vita trasformata in amore. Inoltre, quando c’è l’amore, chi ha di più non può fare a meno di dividere con chi ha di meno: in questo modo, la distanza tra ricchi e poveri – in altre parole, la realtà dello sfruttamento nel mondo – scompare in modo naturale. Questo sarebbe il risultato della funzione equilibratrice dell’amore. Il fatto che gli esseri umani abbiano il Cuore significa che essi vivono un’esistenza d’amore. Si può concludere che l’essere umano è un homo amans, cioè una persona d’amore.

Il Cuore è l’essenza della personalità umana. Perciò, il fatto che gli esseri umani abbiano il Cuore significa che hanno una personalità. La mente spirituale e la mente fisica di una persona di questo tipo instaurano un’azione armoniosa di dare e ricevere centrata sul Cuore; le sue facoltà intellettuali, emotive e volitive si sviluppano tutte in uguale misura e in modo equilibrato, centrate sul Cuore.

Nell’uomo caduto, l’azione della mente spirituale è spesso indebolita e la mente fisica ha il sopravvento. Ad esempio, c’è chi ha una razionalità sviluppata ma manca della maturità emotiva o della necessaria forza di volontà per fare bene. Al contrario, in una persona che eredita il Cuore di Dio e diventa un essere di Cuore, l’intelligenza, il sentimento e la volontà si sviluppano in equilibrio e la mente spirituale controlla quella fisica nel contesto di un’azione armoniosa di dare e ricevere.

Inoltre, il Cuore è la forza propulsiva che stimola le facoltà dell’intelligenza, del sentimento e della volontà, ed è la base dei valori di verità, bellezza e bontà. L’intelligenza è la facoltà della cognizione e persegue il valore della “verità”; il sentimento è la facoltà di provare gioia, rabbia, dolore, felicità, e così via, e persegue il valore della “bellezza”; la volontà è la facoltà di prendere decisioni e persegue il valore della “bontà”. Originalmente, esse agiscono tutte sulla base delle motivazioni che provengono dal Cuore. Chi cerca la verità attraverso l’applicazione intellettuale otterrà la conoscenza scientifica o filosofica; chi ambisce alla bellezza tramite l’esaltazione emotiva, creerà l’arte; chi persegue la bontà con l’azione volitiva, costruirà la moralità e l’etica. La politica, l’economia, la legge, l’informazione, lo sport, etc. sono tutti prodotti delle attività intellettuali, emotive e volitive, il cui complesso costituisce la cultura.

Così, il Cuore è la forza propulsiva delle attività culturali e la cultura, nel suo significato originale, deve essere la cultura del Cuore. La vera cultura non è altro che questo: è la cultura del Cuore, che Dio in origine voleva realizzare tramite Adamo, è cioè “la cultura di Adamo”. Tuttavia, a causa della Caduta di Adamo ed Eva, la cultura del Cuore non fu stabilita e, al contrario, sorsero culture basate su posizioni egocentriche, nelle quali l’intelligenza, il sentimento e la volontà rimangono scollegati tra loro.

Ad esempio, lo scopo supremo delle attività economiche, fino ad oggi, è stato quello di accumulare denaro. Nel mondo originale, invece, chi dovesse trovarsi a vivere un’opulenza solitaria, con gli altri intorno afflitti dalla povertà, non potrebbe non provare una sofferenza insopportabile nel cuore. Chiunque guadagnasse tanto denaro, desidererebbe naturalmente offrirne una parte ai propri prossimi o alla società. In altre parole, le persone s’impegnerebbero a concretizzare l’amore di Dio attraverso le proprie attività economiche. In tutti i campi, non soltanto nell’economia, le persone vorrebbero concretizzare l’amore di Dio: in questo modo si stabilirebbe la cultura del Cuore.

fig.3.1

Fig. 3.1 – La relazione tra mente, valori e cultura, centrati sul Cuore

Finora, l’umanità ha provato in tanti modi di stabilire la vera cultura, ma tutti i tentativi sono falliti, perché nessuno sapeva quale essa dovesse essere. Un esempio è la grande Rivoluzione Culturale proletaria in Cina. I promotori di quella rivoluzione hanno cercato di costruire una cultura basata sul lavoro, modellata sul materialismo dialettico, ma il loro progetto ha dato luogo soltanto a prevaricazioni dei diritti umani e ritardi nella modernizzazione. La vera cultura deve essere centrata sul Cuore. La nuova rivoluzione culturale proposta dal Reverendo Sun Myung Moon mira precisamente a stabilire la cultura del Cuore.

A questo punto, occorre elaborare i concetti di cultura e civiltà. La sommatoria totale dei risultati delle attività intellettuali, emotive e volitive è “civiltà” quando la valutiamo sulla scorta degli aspetti materiali di quei risultati, e invece è “cultura” nell’ottica degli aspetti spirituali di quegli stessi risultati (religione, arte, etc.). È difficile però distinguere chiaramente gli aspetti spirituali da quelli materiali, e i due termini sono usati generalmente con lo stesso significato. Così, anche nel Pensiero dell’Unificazione, useremo indifferentemente “cultura” e “civiltà” nella medesima accezione.

B. UN ESSERE DI LOGOS

L’universo fu creato tramite il Logos e si muove secondo il Logos. Anche gli esseri umani furono creati tramite il Logos, e la loro vita deve svolgersi secondo il Logos. Così, l’uomo è un essere di Logos.

Il Logos è un corpo moltiplicato, venuto a esistere attraverso l’azione di dare e ricevere tra il Songsang Interno e lo Hiongsang Interno di Dio, centrati sullo scopo. Dal momento che la “ragione” svolge un ruolo particolarmente importante nel Songsang Interno e la “legge” ne svolge uno altrettanto importante nello Hiongsang Interno, il Logos è l’unità di ragione e legge, e per questo si usa il termine “ragione-legge”. Così, un essere di Logos è un essere di ragione-legge. La libertà è l’aspetto caratterizzante della ragione, e la necessità lo è per la legge: l’essere di Logos è quello in cui sono contemperate libertà e necessità. Ciò significa che gli uomini sono esseri normativi, che vivono secondo le leggi (o norme), ma anche esseri razionali, che si comportano secondo la propria libera volontà.

Oggi si ritiene comunemente che gli esseri umani debbano vivere liberi, senza sentirsi limitati da leggi o norme. Ma la vera libertà consiste nell’osservare volontariamente le leggi, poiché una libertà che ignorasse le leggi non sarebbe altro che licenza e produrrebbe solo distruzione. Ad esempio, un treno che rimane sui suoi binari può correre veloce o lento, andare avanti o indietro, mentre un treno che deraglia non può più muoversi. Il treno è libero solamente finché resta sui binari, e se li abbandona si distruggerà, causando gravi danni a persone e cose.

Analogamente, gli uomini sono liberi solo quando vivono nell’osservanza delle norme. All’età di settant’anni, Confucio disse: “Ho seguito i desideri del mio cuore senza oltrepassare la linea”. (6) Questa è proprio una descrizione dell’uomo come essere di Logos in cui libertà e legge sono unite.

Poiché l’uomo è un essere di Logos, la sua natura originale tende a seguire la legge. La legge che dobbiamo seguire è quella che opera in tutto l’universo, cioè quella dell’azione di dare e ricevere. Quando si formò nell’Immagine Originale, il Logos fu motivato dal Cuore, che è la radice dell’amore. Così, la legge universale, in origine, è motivata dall’amore e il suo scopo è la realizzazione dell’amore.

Nell’Ontologia abbiamo spiegato che la famiglia raffigura in miniatura il sistema ordinato del cosmo. Proprio come l’universo, anche la famiglia ha un ordine verticale e un ordine orizzontale. Le norme che corrispondono a questi due tipi di ordini sono la norma verticale e la norma orizzontale. Nella famiglia, la norma verticale è quella che regola la relazione tra genitori e figli, mentre la norma orizzontale è quella che regola le relazioni tra fratelli e sorelle e tra marito e moglie. Ci sono inoltre norme individuali, cioè norme che devono essere osservate dai singoli individui, intese a perfezionare la personalità di ciascuno di essi. La norma verticale, la norma orizzontale e le norme individuali saranno illustrate dettagliatamente nei capitoli di “Assiologia” ed “Etica”.

Le norme della famiglia, di cui abbiamo appena parlato, possono essere estese direttamente alla società e alla nazione. In ultima analisi, le norme della famiglia costituiscono la fondazione per le norme da osservare a livello di società e nazione. A causa della Caduta, le persone non sono più esseri di Logos. Di conseguenza, oggi si assiste sempre più alla disintegrazione delle famiglie, mentre la società e la nazione sono in uno stato caotico. Quando gli uomini restaureranno la loro natura originale come esseri di Logos, le famiglie, la società, e la nazione potranno tornare alla loro condizione di ordine originale.

C. UN ESSERE DI CREATIVITÀ

Dio creò l’universo esprimendo la Sua creatività e diede agli esseri umani la capacità di creare. Usando la creatività, gli uomini hanno sviluppato le scienze e le arti.

La creatività di Dio è basata sul Cuore. Nel creare l’universo, il Songsang Interno e lo Hiongsang Interno di Dio avviarono un’azione di dare e ricevere centrata sullo scopo stabilito dal Cuore, e formarono il Logos. A loro volta, il Logos e lo Hiongsang Originale intrapresero un’azione di dare e ricevere centrata sullo scopo, e formarono gli esseri creati. La creatività di Dio è la capacità di formare questi due stadi di basi delle quattro posizioni per lo sviluppo, e precisamente la base delle quattro posizioni per lo sviluppo interna e la base delle quattro posizioni per lo sviluppo esterna.

Gli uomini, allo stesso modo, prima stabiliscono uno scopo, poi elaborano un progetto o preparano un programma, intesi a realizzare quello scopo. Successivamente, sulla base di quel progetto o programma, producono delle cose. Dio ha dotato gli uomini di creatività affinché potessero dominare la creazione con il Cuore e l’amore. Nel dominio, sono inclusi i significati di governo, amministrazione, produzione, protezione e così via. Le attività di vari tipi che riguardano la materia, cioè l’industria primaria, secondaria e terziaria, così come le attività che regolano la società, incluse la politica, l’arte e la scienza, sono tutte estrinsecazioni del dominio sulla creazione. Se avessero ereditato completamente la creatività di Dio, gli uomini avrebbero condotto tutte queste attività mantenendo al centro il Cuore e l’amore di Dio.

Secondo il suo significato originale, il dominio su una cosa può essere esercitato solo da colui che la ha fatta; così, noi non possiamo, per nostra decisione, esercitare il dominio su una cosa fatta da altri. L’uomo non può, di sua iniziativa, assumere il dominio sulle cose dell’universo, perché esse sono state create da Dio; per la stessa ragione, Dio non può dare incondizionatamente le cose dell’universo all’umanità, non importa quanto desideri farlo. Per essere in grado di esercitare il dominio sulle cose dell’universo, gli uomini devono stabilire la condizione di aver collaborato a creare l’universo, cioè di aver partecipato alla creazione. Quando Dio creò l’universo, gli esseri umani non esistevano ancora; così, non era loro possibile partecipare effettivamente alla creazione. In luogo di questo, Dio programmò che gli esseri umani dessero il loro contributo alla creazione dell’universo creando sé stessi: in vista di questo obiettivo, Dio voleva che gli uomini crescessero e divenissero perfetti applicando la propria responsabilità. Gli esseri umani sono l’integrazione di tutte le cose, un microcosmo; il valore di un solo uomo è equivalente a quello dell’intero universo. Così, se l’uomo realizza la propria perfezione, Dio è pronto ad accettare questo risultato come una condizione, paragonabile per valore all’aver creato l’universo stesso.

È questo il motivo per cui Dio chiese agli esseri umani di perfezionare sé stessi, ovvero raggiungere la perfezione della personalità e maturare la propria persona spirituale. Infatti, nel processo della crescita di Adamo ed Eva, Dio diede loro il solo comandamento di non mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male: Adamo ed Eva non dovevano provare l’amore sessuale prima che venisse il giusto momento. Dio non sarebbe intervenuto, quale che fosse il loro comportamento, perché, se fosse intervenuto, Adamo ed Eva non avrebbero mai potuto raggiungere la posizione dalla quale dominare le cose.

Accadde invece che Adamo ed Eva non osservarono il comandamento, e l’umanità non fu in grado di ottenere le qualifiche necessarie per esercitare il dominio sulle cose. Di conseguenza, gli uomini non hanno potuto ereditare la creatività di Dio e hanno finito per occuparsi di attività creative basate su una ragione che era diventata egocentrica. Così, nelle relazioni individuali, le persone danno la priorità agli interessi personali; nelle relazioni tra famiglie, ciascuna famiglia dà la precedenza ai propri interessi familiari; nelle relazioni tra nazioni, ogni nazione si preoccupa innanzi tutto dei propri interessi nazionali. Le attività creative sono diventate fondamentalmente egoistiche e l’uomo rimane indifferente alle sorti della natura. Da questo derivano vari tipi di problemi, come il depauperamento delle risorse naturali, l’inquinamento e lo sviluppo di armamenti sempre più distruttivi.

Per risolvere questi problemi, gli uomini devono stabilire la creatività originale centrata sul Cuore. Il Cuore deve diventare il centro della creatività, e quindi le attività creative devono essere motivate dall’amore e sviluppate sulla base di giusti valori.

Prima di essere scienziati, bisogna innanzitutto diventare persone di valori, o persone di carattere. In altre parole, l’etica deve costituire la base delle scienze naturali. Nell’epoca moderna, tuttavia, gli scienziati si sono limitati a ricercare dati obiettivi, ignorando ogni tipo di valori, col risultato miserabile che ci sta davanti agli occhi. Per porvi rimedio, il Reverendo Sun Myung Moon ha promosso la Conferenza Internazionale sull’Unità delle Scienze (ICUS), che si propone d’ispirare gli scienziati a indirizzarsi verso l’approfondimento di quei valori, con l’ausilio dei quali potranno restaurare la vera creatività. Come punto di partenza, gli scienziati dovranno “amare la natura, riconsiderare la dignità dell’essere umano, cercare l’amore tra tutti gli uomini, e rivolgersi a Dio come l’origine dell’amore”. (7)

III. UN ESSERE CON UNA POSIZIONE

A somiglianza della relazione di soggetto e oggetto presente nell’Immagine Originale, gli uomini occupano posizioni di soggetto e oggetto. Alla nascita, ognuno parte dalla posizione di oggetto, in particolare rispetto ai propri genitori. Dopo essere cresciuto, l’essere umano diventa a sua volta genitore e prende la posizione di soggetto verso i propri figli. Anche nella vita sociale, le persone partono da una posizione più bassa e progressivamente s’innalzano a una più elevata: in generale, l’essere umano sta dapprima nella posizione di oggetto, poi gradualmente cresce fino a porsi nella posizione di soggetto.

A. LA POSIZIONE DI OGGETTO

Dio creò gli esseri umani come gli oggetti del Suo amore, per poter trarre gioia dal Suo rapporto con loro. Perciò, il significato precipuo della vita umana è la gioia di Dio, e gli uomini sono nella posizione di oggetto di fronte di Dio.

Posto così che, per prima cosa, gli esseri umani stanno nella posizione di oggetti di Dio, notiamo che essi sono oggetti, nei confronti di vari soggetti, anche nella società. Ad esempio, il popolo di una nazione è nella posizione di oggetto per il governo della nazione stessa; i figli sono oggetto rispetto ai genitori, gli allievi rispetto ai maestri e i subordinati rispetto ai loro superiori. Ancora, i singoli individui hanno il ruolo di oggetti, con riferimento alle entità collettive costituite dalle organizzazioni o dai gruppi cui appartengono, oltre che alle nazioni, agli stati e all’umanità stessa.

L’oggetto deve avere la “coscienza d’oggetto” come proprio atteggiamento mentale davanti al soggetto. La coscienza d’oggetto verso Dio è un cuore di dedizione e lealtà. La coscienza d’oggetto nei riguardi del sovrano o del capo di stato è la lealtà. La coscienza d’oggetto dei figli di fronte ai loro genitori è la devozione filiale. La coscienza d’oggetto dei subordinati verso l’organizzazione è un cuore di servizio. Queste diverse espressioni della coscienza d’oggetto hanno in comune l’orientamento a vivere per gli altri e un atteggiamento docile e umile.

Nel mondo caduto, la storia ha visto passare molti dittatori che, approfittando della coscienza d’oggetto del popolo, hanno preteso di comportarsi da veri soggetti e hanno carpito il rispetto e il favore del popolo. Hitler e Stalin furono caratteristici esempi di questo tipo. I falsi soggetti, comunque, possono anche avere successo per qualche tempo, ma alla fine è inevitabile che perdano l’appoggio del popolo: la storia ne dà ampia prova. Perché accadono questi fenomeni storici? Essendo stati creati da Dio come Suoi figli, gli uomini hanno nel profondo del cuore la coscienza d’oggetto, diretta a onorare e rendere felice Dio. Quando il popolo incontra un leader che sembra essere un rappresentante di Dio, la coscienza d’oggetto latente si atteggia a seguire quel leader, fino al punto del sacrificio della vita. Ma tante persone, ingannandosi facilmente sulle qualità di un vero soggetto, sono state spesso irretite da falsi soggetti, come i dittatori, e li hanno seguiti ciecamente. Perciò, è molto importante trovare il proprio vero soggetto.

La coscienza d’oggetto è un elemento essenziale dell’etica. Nella società di oggi, tuttavia, la coscienza d’oggetto è quasi del tutto scomparsa e si è diffusa la tendenza a ignorare l’autorità del soggetto: come conseguenza, i rapporti sociali sono diventati molto confusi. Per stabilire una società etica, la prima cosa da fare è stabilire la vera coscienza d’oggetto.

B. LA POSIZIONE DI SOGGETTO

Nel corso della loro crescita, gli esseri umani vengono ad assumere la posizione di soggetto. Nella famiglia, ad esempio, i genitori sono i soggetti per i loro figli; a scuola, i maestri sono i soggetti per gli studenti; nel luogo di lavoro, i dirigenti sono i soggetti per i loro subordinati; in una nazione, il governo è il soggetto per il popolo. Inoltre, l’insieme (l’umanità, lo stato, la nazione) è il soggetto per l’individuo.

Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, il soggetto è nella posizione di rappresentante di Dio davanti all’oggetto, e deve esercitare il dominio sull’oggetto al posto di Dio. Il contegno spirituale che il soggetto deve tenere nei confronti dell’oggetto è la “coscienza di soggetto” la quale richiede attenzione, amore e autorevolezza nei riguardi dell’oggetto. Esaminiamo distintamente ciascuno di questi caratteri.

In primo luogo, il soggetto deve avere attenzione per l’oggetto. L’alienazione, che costituisce un serio problema del nostro tempo, deriva dalla mancanza di attenzione del soggetto per i suoi oggetti, ovvero dal fatto che il soggetto non assume responsabilità per l’oggetto. Quando ciò si verifica, l’oggetto finisce per diffidare del soggetto e disobbedirgli. Perciò, il soggetto non deve assolutamente trascurare il suo oggetto.

Secondo, il soggetto deve amare il suo oggetto. Di solito, si pensa che la coscienza di soggetto si esprima nel comandare e impartire ordini, ma in realtà non è così. Essere soggetto significa amare l’oggetto. Ogni soggetto deve amare il suo oggetto, così come Dio ama l’umanità, che è il Suo oggetto. Abbiamo detto che la coscienza d’oggetto fa sì che l’oggetto ascolti e serva il soggetto, ma perché quella coscienza si stabilisca, è necessario prima che il soggetto ami l’oggetto.

Terzo, il soggetto deve avere autorevolezza. È vero che il soggetto deve amare l’oggetto, ma un capo sempre indulgente coi suoi subordinati non può stabilire la sua autorità e, senza di essa, non può essere preso sul serio dai subordinati stessi. Perciò, bisogna che il soggetto mantenga la sua autorità, mentre ama l’oggetto. L’amore non ha soltanto un aspetto caldo, come la primavera, ma anche uno rigido come l’inverno. L’amore si può esprimere in modi diversi, secondo il tempo e le circostanze, e il soggetto deve essere autorevole, ma non autoritario. Se la sua autorità è troppo forte, i sottoposti finiscono per tirarsi indietro e smarriscono la loro creatività. La vera autorevolezza è motivo di gratitudine per i sottoposti, anche quando si esprime in un rimprovero. Questo è certamente vero per Dio. Dio è un essere d’amore, ma allo stesso tempo è un essere d’autorevolezza. Ad esempio, dopo che Abramo aveva omesso di completare l’offerta della giovenca, del montone e della capra e degli uccelli, Dio gli ordinò di offrire in sacrificio suo figlio Isacco. Ma poi, quando Abramo si dimostrò pronto a offrire Isacco e obbedire all’ordine di Dio, Egli lo fermò e disse: “Ora so che tu temi Iddio”. (8) Così, Dio chiarì come Egli desideri essere temuto e intenda quindi essere un Dio d’autorevolezza.

Come punto conclusivo, esaminiamo la posizione di soggetto dell’uomo nei confronti di tutte le cose. Come abbiamo già detto, l’uomo che avrà ereditato il Cuore di Dio governerà le cose esprimendo la propria creatività basata sull’amore. Quando ciò accadrà, gli uomini saranno nella posizione di soggetto, nel vero senso, di fronte a tutte le cose. Anche nella visione della dottrina marxista, quando i mezzi di produzione sono nazionalizzati e vige l’economia pianificata, allora “l’uomo … diventa il reale, consapevole signore della natura”. (9) Ma il comunismo non riesce affatto a dominare le cose, come si può constatare dalle fallimentari politiche agricole, dalla stagnazione industriale e dagli altri problemi economici, caratteristici dell’Unione Sovietica, della Cina e degli altri paesi comunisti. Sulla base della visione della natura umana marxista, gli uomini non possono davvero stare nella posizione di soggetto nei confronti della creazione.

C. LA COSCIENZA DI CORPO CORRELATO E LA DEMOCRAZIA

Nella vita sociale, ogni uomo è un corpo correlato; ognuno è allo stesso tempo soggetto e oggetto: in altre parole, gli uomini sono esseri che hanno una duplice posizione. Questo concetto può essere spiegato ricordando che gli esseri umani sono corpi correlati.

Ad esempio, in una ditta, una persona può essere il soggetto nei confronti dei suoi subordinati e, nello stesso tempo, in quella di oggetto verso i superiori. Anche chi si trovasse nel ruolo più elevato possibile, rimane comunque nella posizione di oggetto davanti a Dio. Perciò, gli uomini sono sempre nella posizione di corpo correlato. Il contegno spirituale appropriato a un corpo correlato consiste nel mantenere sia la coscienza d’oggetto che quella di soggetto: questa è appunto la coscienza di corpo correlato.

Come abbiamo già chiarito, l’uomo sta dapprima nella posizione di oggetto e solo successivamente in quella di soggetto: perciò, nella coscienza di corpo correlato, occorre dare la precedenza alla coscienza d’oggetto, ed è su quest’ultima che deve fondarsi la coscienza di soggetto.

D’altra parte, è tipico dell’uomo caduto, quando si trova ad essere soggetto, dimenticare la coscienza d’oggetto e mettere davanti la coscienza di soggetto. I dittatori sono il tipico esempio di questa situazione squilibrata: si considerano al di sopra di tutti e agiscono senza prendere in considerazione altro che la propria volontà. All’opposto, nella società originale, i capi devono essere sempre consapevoli della loro posizione di oggetto di fronte a Dio – anche quando siano nella posizione più alta, immaginabile per un uomo – e non devono mai dimenticare l’umiltà.

Consideriamo ora la posizione di corpo correlato nella democrazia. I principi fondamentali della democrazia sono la libertà e l’eguaglianza, che si estrinseca nella parità dei diritti.

Si tratta di principi basati sulla teoria della legge naturale, proposta da John Locke (1632-1704). In contrasto con Thomas Hobbes (1588-1679), nella cui visione lo stato naturale dell’umanità è bellum omnium contra omnes (guerra di tutti contro tutti), Locke affermò che gli uomini sono liberi e uguali tra loro, poiché la legge naturale esiste nello stato naturale. In quello stato, gli uomini hanno diritti naturali, quali i diritti alla vita, alla libertà e alla proprietà. (10)

La teoria della parità dei diritti, basati sulla legge naturale, deriva dall’idea cristiana dell’eguaglianza davanti a Dio, (11) cioè l’equiparazione di tutti come oggetti rispetto a Dio, il soggetto. Così, la teoria dell’eguaglianza di tutti gli uomini è fondata originalmente sulla coscienza d’oggetto e anche la democrazia ha il suo punto di partenza nella coscienza d’oggetto.

Nell’era moderna, tuttavia, religione e politica hanno preso strade divergenti. Il concetto di Dio è scomparso dal lessico politico e la nozione di eguaglianza, rimasta fine a sé stessa, è stata trasformata da “eguaglianza di fronte a Dio” a “eguaglianza di fronte alla legge”. Dio, il soggetto, è stato escluso dalla vita politica e il popolo è stato elevato alla posizione di soggetto. Il concetto di eguaglianza è stato inteso come parità tra gli uomini come soggetti e la coscienza d’oggetto è stata espunta dalla coscienza di corpo correlato, nella quale ha invece prevalso la coscienza di soggetto.

Nella critica situazione della società odierna, la coscienza di soggetto si è fatta troppo forte. Le persone tengono in minimo conto i diritti degli altri e, tutte intente ad affermare in toni estremi i propri diritti, sono inevitabilmente in costante lotta tra loro. La critica aperta, polemica e distruttiva dell’azione del governo è una pratica quotidiana, e la società democratica è diventata molto confusa. Per ricondurre all’ordine la situazione, spesso emergono dittatori che stabiliscono regimi oppressivi, specialmente nelle nazioni in via di sviluppo. Come si può rimediare a questi problemi?

La democrazia, prima di dare adito a questo genere di confusione, aveva raggiunto un apprezzabile sviluppo, almeno fin quando gli uomini, grazie allo spirito cristiano, avevano mantenuto la loro coscienza d’oggetto verso Dio. Ma oggi la Cristianità ha perduto il suo vigore. La gente ha smarrito la fede in Dio e, allo stesso tempo, ha perduto il rispetto verso i superiori. È esplosa la contraddizione inerente alla democrazia, cioè il conflitto tra soggetti, e si è prodotta una diffusa confusione sociale. Ad esempio, negli Stati Uniti, una tipica nazione di democrazia avanzata, la società ha seri problemi, quali l’alto tasso di criminalità, il degrado delle abitudini sessuali, l’aumento dei divorzi, la crisi della famiglia, il traffico di sostanze stupefacenti e la loro assunzione, la diffusione del contagio dell’AIDS, e così via. Da questo punto di vista, il mondo contemporaneo può essere considerato un deserto spirituale.

La chiave per la soluzione di questi problemi sta nel recupero della coscienza d’oggetto. Dobbiamo invitare Dio a ritornare in mezzo a noi e ritrovare lo spirito originale da cui è nata la democrazia moderna, vale a dire l’idea che tutte le persone sono uguali davanti a Dio. Il primo e più importante passo consiste nell’offrire prove razionali dell’esistenza di Dio, che siano in grado di soddisfare l’uomo moderno. Dopo essere tornate a rispettare Dio, le persone rispetteranno anche i propri superiori nella società. Inoltre, coloro che ricoprono ruoli di responsabilità, devono imparare a guidare i loro sottoposti con amore. I governanti devono amare il popolo e quest’ultimo deve essere leale al governo. Quando l’attuale democrazia, che ha perduto Dio, tornerà ad essere una democrazia centrata su Dio, i mali della società democratica del nostro tempo saranno fondamentalmente risolti. Il Pensiero dell’Unificazione vede nella democrazia centrata su Dio l’espressione della fratellanza umana, poiché in essa tutti gli esseri umani saranno fratelli e sorelle amorevoli centrati sull’amore di Dio.

IV. CONCLUSIONE

Come abbiamo illustrato fin qui, gli uomini, originalmente, sono esseri con un’immagine divina, un carattere divino e una posizione. Questa è la risposta del Pensiero dell’Unificazione alla domanda: “Cos’è un essere umano?” In conclusione, la natura umana originale può essere schematizzata nel modo seguente. Un uomo originale è:

  • Un essere in cui songsang e hiongsang sono uniti, a somiglianza dell’Immagine Divina;
  • Un essere in cui yang e yin sono in armonia, a somiglianza dell’Immagine Divina;
  • Un essere con un’individualità, che rispecchia l’Immagine Divina;
  • Un essere di Cuore, che rispecchia il Carattere Divino, una persona di carattere che pratica l’amore – in altre parole, un homo amans, una persona amorevole, una persona d’amore;
  • Un essere di Logos, che rispecchia il Carattere Divino; un essere di norme, che vive seguendo la Via del Cielo, ovvero la legge universale;
  • Un essere di creatività, che rispecchia il Carattere Divino e governa tutte le cose centrato sul Cuore;
  • Un essere con una posizione, che ha un duplice scopo e una coscienza di corpo correlato.

Questa è l’immagine originale dell’uomo, come essere prezioso e sacro, dotato di grandi qualità. Se si dovesse operare una scelta tra queste caratteristiche umane, la più essenziale risulterebbe quella di “essere di Cuore”. Tradizionalmente, l’uomo è stato descritto come homo sapiens, da chi ha ritenuto la ragione l’essenza della natura umana; come homo faber, da chi invece vede tale essenza nella capacità di servirsi di utensili; e così via. La filosofia greca e il razionalismo moderno sceglierebbero la prima definizione, mentre i marxisti e i pragmatisti aderirebbero alla seconda. Il Pensiero dell’Unificazione dissente da entrambi gli approcci e propone il concetto di homo amans, poiché riconosce nel Cuore e nell’amore l’essenza della natura umana.

V. L’OPINIONE DEL PENSIERO DELL’UNIFICAZIONE SULL’ANALISI ESISTENZIALISTA DELLA VITA UMANA

Anche se i contenuti sembrano differire tra uno e l’altro dei pensatori esistenzialisti, si può definire nel suo complesso l’esistenzialismo come una filosofia alla ricerca del sé essenziale o della condizione umana essenziale. Secondo gli esistenzialisti l’uomo, alienato dal sé essenziale nella società, rimane preda di uno stato di disperazione e paura. Gli esistenzialisti si sono seriamente domandati in che modo l’uomo possa liberarsi da questa condizione. In questo paragrafo, esamineremo brevemente il punto di vista di cinque esistenzialisti, per poi confrontarlo con la visione propria del Pensiero dell’Unificazione. Attraverso quest’analisi comparativa, speriamo di aiutare il lettore nella comprensione della teoria della natura originale dell’uomo nel Pensiero dell’Unificazione.

A. SOREN KIERKEGAARD

1. La Visione della Vita di Kierkegaard

Di fronte alla questione della natura umana, Soren Kierkegaard (1813-1855) affermò che l’uomo è spirito. Ma cos’è lo spirito? Lo spirito è il sé. E cos’è il sé? Il sé è una relazione con sé stesso. (12) Chi stabilisce dunque questa relazione? Deve essere un terzo soggetto, una realtà distinta dal proprio sé – e questa realtà non è altri che Dio stesso. Perciò, il sé originale è il sé che sta davanti a Dio.

Tuttavia, l’uomo, che pur dovrebbe vivere in relazione con Dio, si è separato da Lui. Kierkegaard spiegò la natura di questa separazione, analizzando il libro della Genesi. All’inizio, Adamo era in uno stato di pace e serenità, ma allo stesso tempo di angoscia. (13) Quando Dio gli disse: “del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare”, (14) la possibilità della libertà si risvegliò in Adamo e lo gettò nel panico più estremo. Guardando dentro l’abisso della libertà, Adamo fu preso dalla vertigine e si appigliò a sé stesso. In quel preciso momento si produsse il peccato originale, il cui risultato è la divisione nella relazione con sé stesso, e la conseguente caduta nella disperazione, che l’uomo cerca di rimuovere, sentendola come qualcosa che proviene dall’esterno. Ma è impossibile rimuovere l’angoscia in questo modo: solo attraverso la fede, riscoprendo la propria relazione con Dio, l’uomo può restaurare la relazione originale con sé stesso e sfuggire alla disperazione.

Kierkegaard criticò le folle per la loro irresponsabilità e incoscienza, dicendo che in esse c’è tutto e niente, che esse sono la forza più pericolosa e la più insignificante. Per ristabilire la vera natura umana, le persone devono separarsi dal pubblico mondano e presentarsi davanti a Dio in solitudine, individualmente.

Kierkegaard descrisse gli stadi del ritorno alla propria identità originale come tre stadi di esistenza. Il primo è quello dell’esistenza estetica. In questo stadio si seguono semplicemente i desideri sensuali esattamente per quello che sono: lo scopo di questo genere di vita è il piacere, e il modello dell’esistenza estetica è il seduttore, alla ricerca dell’amore erotico. Tuttavia, poiché il momento del piacere non può essere conservato con continuità, l’uomo che vive nello stadio estetico è oppresso dallo sforzo e dalla paura, si sente frustrato e piomba nella disperazione. A questo punto, egli può decidere di passare allo stadio successivo, il secondo, che è quello dell’esistenza etica. Chi vive in questo stadio cerca di conformarsi alla propria coscienza, avendo bene e male come parametri di giudizio, e di condursi da buon cittadino, con senso della responsabilità e del dovere. Ma per quanto possa impegnarsi, l’uomo non riesce a vivere totalmente secondo coscienza. Così, frustrazione e disperazione affiorano e, ancora, una decisione segna il passaggio allo stadio ulteriore, il terzo, che è quello dell’esistenza religiosa. Qui, ognuno è solo con la fede alla presenza di Dio: è questo il solo modo per diventare un vero essere esistenziale; per entrare in questo stadio è necessario un salto, possibile solo a chi crede in un paradosso incomprensibile intellettualmente. Si può credere, ad esempio, a un’affermazione talmente irrazionale come quella che l’eterno Dio si sia incarnato nello spettro temporale finito per diventare uomo. Solo con questo salto si può davvero recuperare la relazione con Dio. L’obbedienza di Abramo al comandamento di Dio, contrario all’etica umana, di offrire in sacrificio suo figlio Isacco è considerata il modello di questo tipo di vita religiosa.

Così, quando individui divenuti vere esistenze centrate in Dio – in altre parole, persone originali – ameranno l’un l’altro tramite la mediazione di Dio seguendo l’insegnamento di Gesù di amare il prossimo come sé stessi, solo allora, attraverso queste opere d’amore, si stabilirà la vera società.

2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Visione di Kierkegaard

Secondo Kierkegaard, quando l’uomo si separò da Dio, si produsse una frattura nella sua intima relazione con sé stesso, che lo precipitò nella disperazione. Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, questa relazione può essere intesa come quella tra mente e corpo, ovvero tra mente spirituale e mente fisica: con la separazione da Dio, mente e corpo si divisero, mentre invece avrebbero dovuto essere uniti nella persona originale, corrispondente all’essere in cui songsang e hiongsang sono uniti, cui fa riferimento la teoria della natura originale dell’uomo nel Pensiero dell’Unificazione. Per Kierkegaard, l’uomo che va davanti a Dio come individuo stabilisce una relazione assoluta con l’Essere Assoluto (Dio), e questo corrisponde all’essere con un’individualità, di cui parla il Pensiero dell’Unificazione. Ma perché questo individuo dovrebbe essere considerato assoluto? Nel Pensiero dell’Unificazione, Dio è un essere di Cuore, e cerca di ricavare da ciascun singolo essere una gioia infungibile: questa è la ragione dell’assolutezza dell’essere che ha un’individualità.

In questo modo, Kierkegaard percepì gli aspetti della natura originale propri di un essere in cui songsang e hiongsang sono uniti e dell’essere con un’individualità. D’altronde, questi aspetti non esauriscono tutta la natura umana originale, il cui carattere essenziale è quello di un essere di Cuore. Peraltro, la persona che sta davanti a Dio solo individualmente è comunque imperfetta, poiché l’essere umano giunge alla perfezione soltanto nella relazione di marito e moglie, e cioè, come essere in cui yang e yin sono in armonia. Ci sono anche le peculiarità attinenti al Logos, alla creatività e alla posizione, la quale ultima si esprime nella natura di soggetto e nella natura di oggetto. La visione dell’uomo di Kierkegaard come individuo che sta davanti a Dio è sincera, ma solitaria e lontana.

Perché l’uomo si è separato da Dio? È impossibile ritornare al sé originale, cioè alla personalità dell’ideale originale di Dio, senza aver chiarito la causa di quella separazione. Secondo Kierkegaard, Adamo sarebbe caduto nel peccato a causa della paura, causatagli dalla possibilità di essere libero. Possiamo dare credito a questa spiegazione? Secondo il Principio dell’Unificazione, non furono la libertà o la paura a produrre la Caduta. I primi progenitori, Adamo ed Eva, invece di osservare la parola di Dio, seguirono la tentazione dell’arcangelo, che fuorviò il loro amore. La forza dell’amore senza principio, che ne risultò, li precipitò lontano da Dio. Quando Adamo ed Eva furono sul punto di lasciare la retta via e violare il comandamento di Dio, la libertà della loro mente originale suscitò in loro la paura. Così, libertà e paura lavorarono proprio nella direzione di dissuaderli dal peccare. Ma con la Caduta l’umanità si separò da Dio, e così gli esseri umani furono presi da paura e disperazione, che non potranno essere rimosse finché non sarà correttamente risolto il problema della Caduta.

Nel pensiero di Kierkegaard, per recuperare il nostro stato autentico dobbiamo combattere la falsità della folla e ritornare a Dio: qui vediamo riflesso il cammino di Kierkegaard stesso, che cercò d’incontrare Dio, subendo la persecuzione e lo scherno dei suoi contemporanei. Innamoratosi all’età di ventisette anni, Kierkegaard si fidanzò con Regina Olsen ma poi, temendo di renderla infelice col matrimonio, ruppe unilateralmente il fidanzamento e prese a cercare un amore più alto di quello meramente romantico. Anche se la società lo criticò per questo, possiamo vedere che il suo desiderio era realizzare il vero amore tra uomo e donna centrato su Dio. L’immagine originale dell’uomo agognata da Kierkegaard, in termini di direzione, collima notevolmente con le posizioni del Pensiero dell’Unificazione, ma la teoria che egli propose denota più di qualche ambiguità.

B. FRIEDRICH NIETZSCHE

1. La Visione dell’Uomo di Nietzsche

All’opposto di Kierkegaard, Friedrich Nietzsche (1844-1900) sostenne che l’uomo può realizzare il sé originale soltanto liberandosi dalla fede in Dio. Nietzsche deplorò quel che gli appariva come il livellamento e il degrado della società europea del suo tempo, che egli attribuiva alla visione cristiana della natura umana. Il Cristianesimo denigrava la vita, predicava l’ascetismo, riponeva tutto il valore dell’uomo nell’altro mondo, e inoltre proclamava l’uguaglianza di tutti davanti a Dio. Secondo Nietzsche, queste teorie minavano la vitalità degli uomini, e demolivano e appiattivano i più forti tra essi.

Per tutta risposta, Nietzsche proclamò la “morte di Dio” e contestò il Cristianesimo. La moralità cristiana reprimeva la vita e la fisicità umana con concetti come quelli di Dio e dell’anima, e sbarrava la strada dello sviluppo delle personalità più forti attraverso una visione negativa della realtà della vita. Nietzsche sentì che la dottrina cristiana sosteneva soltanto i deboli e i sofferenti, e la definì una forma di morale schiavista. Egli rifiutò il modello di vita d’amore e spiritualità dei cristiani, e promosse invece spassionatamente una vita basata sull’istinto, cioè lo stile di vita cui la vita stessa poteva anelare. Per Nietzsche, la vita è la forza di crescere e progredire. Dietro ogni azione umana esiste un Wille zur Macht (volontà di potenza), che mira ad accrescere la forza dell’individuo. (15) Nietzsche respinse la “moralità da schiavi” del Cristianesimo e promulgò invece la “moralità da padroni”, in cui la potenza è il metro del valore e il discrimine tra bene e male. (16) L’ideale dell’essere umano, secondo Nietzsche, è l’Obermensch (superuomo). Il superuomo è un essere che ha realizzato il potenziale umano nella misura più ampia, ed è la personificazione della volontà di potenza. Il corso del superuomo passa attraverso la sopportazione di qualsiasi dolore e l’affermazione assoluta della vita, realizzata tramite l’accettazione dell’idea di una ricorrenza eterna. (17) Il mondo si ripete sempre, senza scopo né significato. L’affermazione assoluta della vita implica l’accettazione di qualunque sorte, cui ci si prepara contemplando la bellezza dell’inevitabile e amando il proprio destino. Per questo, Nietzsche predicò l’amor fati (amore del fato).

2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Visione di Nietzsche

Secondo Nietzsche, l’enfasi estrema del Cristianesimo sulla vita dell’al di là impediva alle persone di apprezzare la vita terrena e le indeboliva. Lo sforzo sincero di Nietzsche, teso a restaurare la natura umana originale, merita apprezzamento. La sua visione fu una critica, e allo stesso tempo un avvertimento, al Cristianesimo, che gli appariva aver deviato dal suo spirito originale. Nietzsche vide nel Dio del Cristianesimo un essere che emetteva sentenze distaccato dal mondo, seduto in alto sul trono del cielo, promettendo la resurrezione dopo la morte a chi si fosse ben comportato e infliggendo il castigo a coloro che operavano nel male. Nietzsche peraltro attaccò non tanto gl’insegnamenti di Gesù stesso, quanto quelli di Paolo, responsabile di aver alterato il messaggio del Cristo attribuendo sproporzionata importanza alla vita ultraterrena. (18)

Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, Dio non è un essere sovrannaturale che rifiuta la realtà e rimane in alto, da qualche parte in cielo. Lo scopo di creazione di Dio è la realizzazione non soltanto del Regno dei Cieli nel mondo oltre questa vita, ma anche del Regno dei Cieli in terra. Quando quest’ultimo sarà stabilito, chi vi avrà vissuto costruirà il Regno dei Cieli nel mondo spirituale. All’inizio, la missione di Gesù era proprio la realizzazione del Regno dei Cieli in terra. Perciò, la tesi di Nietzsche, secondo cui l’insegnamento di Gesù sarebbe stato travisato da Paolo, non è senza fondamento. D’altronde, è pur vero che, dal momento che Gesù fu crocefisso, a causa della mancanza di fede del popolo scelto, la salvezza ch’egli fu in grado di portare fu quella spirituale, mentre nel mondo reale le persone rimasero soggette all’invasione di Satana, il soggetto del male. Per questo motivo, è anche giusto che il Cristianesimo dia molta importanza alla vita spirituale e, comunque, Nietzsche fece un grave sbaglio quando, dopo aver criticato Paolo, si spinse fino a rinnegare il Cristianesimo stesso e dichiarare addirittura la morte di Dio.

Esaminiamo ora l’affermazione di Nietzsche per cui tutti gli esseri viventi avrebbero “volontà di potenza”. Secondo la Bibbia, Dio diede all’uomo la benedizione di “dominare sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra”. (19) In altre parole, Dio diede agli esseri umani il governo sull’intera creazione. Ciò comporta che il desiderio di dominio è una caratteristica della natura originale, che Dio diede all’uomo, ed attiene alla “posizione di soggetto”, secondo il Pensiero dell’Unificazione. Ma a questo riguardo, come abbiamo già illustrato, il vero dominio è basato sull’amore piuttosto che sulla forza. I presupposti per l’esercizio del dominio, da parte dell’uomo, sono il perfezionamento della sua personalità, centrata sul Cuore di Dio, e la pratica dell’etica dell’amore nella vita familiare. Solo su queste basi, l’uomo può esercitare il vero dominio. Nietzsche invece le ignorò, per sottolineare la “volontà di potenza” e proprio qui sta il suo errore. Secondo Nietzsche la morale cristiana è rivolta al debole ed esclude il forte, ma questa sua opinione è falsa. Il Cristianesimo insegna il vero amore, in modo che l’uomo apprenda ad esercitare il vero dominio. L’uomo deve innanzitutto combattere le forze del male che vengono dai desideri istintivi del corpo fisico. Sebbene questi desideri non siano malvagi in sé stessi, l’uomo caduto che li asseconda, non avendo un adeguato livello spirituale e di Cuore, finisce per essere dominato dalle forze del male. Solo dopo che il livello di Cuore della persona spirituale si sia innalzato, fino al punto in cui la mente spirituale pervenga ad avere il controllo della mente fisica, le attività del corpo possono essere considerate buone nel vero senso.

Apprezzando soltanto i valori del corpo, dell’istinto e della vita, Nietzsche trascurò gli aspetti dello spirito e dell’amore e sottovalutò la persona spirituale. Ma in siffatta prospettiva, cosa rimane dell’essere umano? Nient’altro che il suo aspetto fisico e animalesco. Le persone sarebbero abbassate al livello di animali. Così, a dispetto del suo intento di richiamare gli uomini ad essere forti, Nietzsche in realtà li invitò a diventare bestie. Non è davvero questa la condizione nella quale Dio creò gli esseri umani. L’impegno di Nietzsche, teso a rivolgere gli uomini verso la loro immagine originale, era apprezzabile, ma il metodo che egli propose è totalmente sbagliato. L’uomo è un essere in cui songsang e hiongsang sono uniti, con il songsang come soggetto e lo hiongsang come oggetto. Nietzsche, invece, stimolò soltanto l’aspetto hiongsang.

C. KARL JASPERS

1. La Visione dell’Uomo di Jaspers

Per Karl Jaspers (1883-1969), l’esistenza è la condizione d’essere pienamente risvegliati a sé stessi: “L’esistenza non è mai la fonte obiettiva dei miei pensieri e delle mie azioni … è quella che si riferisce a sé stessa, e quindi al suo Trascendente”. (20) Il pensiero di Jaspers è fondamentalmente simile a quello di Kierkegaard.

Una “esistenza possibile” è quella in cammino verso il traguardo dell’esistenza originale, quella che ancora non ha incontrato il Trascendente (das Umgreifende). Di solito, gli esseri umani sono solo esistenze potenziali che si trovano in circostanze diversificate e possono vivere positivamente influendo sulle rispettive circostanze. Jaspers tuttavia mette in evidenza talune situazioni che non possiamo superare né cambiare: la morte, la sofferenza, il conflitto e la colpa. Si tratta delle “situazioni-limite”. (21) Gli esseri umani vorrebbero vivere in eterno, ma nessuno può sfuggire alla morte che, per Jaspers, è la negazione della propria esistenza. La vita dell’uomo implica vari generi di sofferenza: il dolore fisico, la malattia, la vecchiaia e la fame. Finché rimane in vita, l’uomo non può evitare il conflitto. Infine, l’uomo si sente inevitabilmente in colpa, poiché la sua esistenza non può fare a meno di basarsi sullo sfruttamento degli altri.

In queste situazioni-limite l’uomo, consapevole delle proprie restrizioni, è condannato allo sconforto e alla frustrazione. In quel momento, il modo in cui sperimentiamo la nostra frustrazione determina il nostro corso futuro. Se l’affrontiamo a testa alta, sopportando in silenzio, onestamente e senza tentare di sfuggire, arriviamo a provare la realtà che esiste originalmente e trascende il mondo dell’esistenza, (22) ovvero, in altre parole, comprendiamo che dietro la natura, la storia, la filosofia e l’arte – le quali tutte ci erano apparse sin allora insignificanti – c’è il Trascendente, o Dio, che ci abbraccia e ci parla. In quel frangente, il Trascendente non ci appare direttamente, ma attraverso messaggi in codice. In linguaggio cifrato, il Trascendente ci raggiunge attraverso la natura, la storia, la filosofia, l’arte. Chi avrà sperimentato la frustrazione delle situazioni-limite sarà in grado di decifrare i messaggi in codice. Attraverso questa Zifferndeutung (decrittazione), le persone incontrano faccia a faccia il Trascendente, ciascuno per proprio conto. Questo significa “risvegliarsi al sé autentico”.

Dopo aver incontrato Dio in questo modo, l’uomo si dedica alla pratica dell’amore nella comunicazione con gli altri. Il modo di vita originale degli uomini consiste nello stare alla pari con gli altri, amarsi e riconoscersi reciproca indipendenza. La perfezione dell’esistenza viene attraverso l’affiatamento con gli altri. Secondo Jaspers, lo scopo della filosofia, che dà una motivazione finale al significato di tutti gli scopi, vale a dire lo scopo di percepire lo scopo interiore, esprimere l’amore e perfezionare la consolazione, si ottiene soltanto nella comunicazione. La comunicazione dell’esistenza è una relazione di tensione e una lotta d’amore. (23)

2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Visione di Jaspers

Jaspers disse che l’uomo, normalmente, è un essere potenziale incapace di percepire il Trascendente, ma dopo aver attraversato situazioni limite, diventa un’esistenza che si relaziona col Trascendente, cioè un essere originale. Ma perché l’uomo normale rimane un essere potenziale separato dal Trascendente, e perché si collega a quest’ultimo quando oltrepassa il limite? Jaspers non ha fornito alcuna risposta in proposito, ma senza queste risposte non possiamo comprendere cosa sia il sé originale, né come procedere per restaurarlo.

Secondo il Principio dell’Unificazione, gli esseri umani furono creati per realizzare lo scopo della creazione, che consiste nel completare le tre Grandi Benedizioni, (24) cioè la perfezione della personalità, la perfezione della famiglia e la perfezione del dominio. Accadde però che Adamo ed Eva, i progenitori dell’umanità, trasgredirono la parola di Dio durante il loro tempo di crescita, si unirono come marito e moglie, centrati su un amore senza principi, prima che la loro personalità fosse matura e diedero alla luce i figli nel peccato. Come risultato, tutta l’umanità è stata separata da Dio e, d’allora in poi, il cammino per restaurare la natura originale ha richiesto alle persone di separarsi dall’amore senza principi e quindi realizzare lo scopo della creazione centrandosi sull’amore di Dio.

La natura umana originale è destinata a manifestarsi pienamente nella realizzazione dello scopo della creazione. Come Kierkegaard, Jaspers ha affermato che l’esistenza è diventare un essere che ha una relazione col Trascendente, e allo stesso tempo una relazione con sé stesso. Jaspers evidentemente si riferiva alla perfezione della personalità, che è solo una delle tre Grandi Benedizioni, e corrisponde all’essere in cui songsang e hiongsang sono uniti, nell’ambito delle caratteristiche umane originali descritte nel Pensiero dell’Unificazione. Secondo Jaspers, l’amore è la base della nostra comunicazione con gli altri, ma il suo concetto d’amore è vago proprio come quello di Kierkegaard. Il vero amore è l’amore di Dio manifestato distintamente nell’amore per i tre oggetti (l’amore dei figli, l’amore coniugale e l’amore dei genitori). L’amore fondamentale per i tre oggetti si espande per manifestarsi come amore espresso nella comunicazione con gli altri. Jaspers ha detto anche che la comunicazione tra esistenze è un rapporto di tensione e una lotta d’amore. Nel Pensiero dell’Unificazione, invece, l’essenza dell’amore è la gioia, e perciò l’amore originale non può essere descritto come tensione o lotta.

Con la domanda successiva, ci chiediamo perché debbano esistere quelle situazioni-limite che, secondo Jaspers, l’uomo deve necessariamente affrontare a testa alta e accettare con onestà, prima d’incontrare Dio. Tra coloro che hanno in effetti affrontato la frustrazione delle situazioni-limite mantenendo l’atteggiamento raccomandato da Jaspers, possiamo riconoscere da una parte chi, come Nietzsche, si è allontanato ulteriormente da Dio, e dall’altra chi, come Kierkegaard, gli si è maggiormente avvicinato. La filosofia di Jaspers non dà conto di queste differenze di risultati, che invece il Pensiero dell’Unificazione spiega compiutamente. L’uomo si separò da Dio, disobbedendo alla Sua parola, e finì sotto il dominio di Satana, il soggetto del male. A causa di ciò, l’uomo non può ritornare a Dio incondizionatamente, ma solo stabilendo delle condizioni di compensazione, cioè delle condizioni d’indennizzo. Di conseguenza, quello che Jaspers ha descritto come la disperazione e la frustrazione delle situazioni-limite corrisponde a una condizione d’indennizzo. Completata la condizione, l’uomo si avvicina a Dio. Nell’affrontare la sofferenza di una situazione-limite, l’uomo deve mantenere un atteggiamento umile, improntato alla coscienza d’oggetto, e cercare il soggetto assoluto, come insegna la Bibbia: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto”. (25) Chi invece tiene un atteggiamento egocentrico basato sulla coscienza di soggetto, oppure continua a covare sentimenti di rancore o ripicca, non incontrerà mai Dio, neanche dopo che avrà superato analoghe situazioni-limite.

Secondo Jaspers, possiamo incontrare il Trascendente leggendo i messaggi in codice; ma il Dio che potremmo conoscere in questo modo sarebbe meramente un Dio di simboli. Non possiamo cogliere la vera immagine di Dio se non tramite la comprensione della Caduta dell’uomo e dello scopo di creazione di Dio, e adoperandoci per realizzare le tre Grandi Benedizioni attraverso una vita di fede. Così facendo, potremo davvero sperimentare il Cuore di Dio e diventare una vera esistenza.

D. MARTIN HEIDEGGER

1. La Visione dell’Uomo di Heidegger

Per Martin Heidegger (1889-1976), l’essere umano è Dasein (esserci). Il suo modo di vedere l’uomo, come essere che affronta il mondo, differenziò Heidegger dagli altri filosofi moderni. Dasein vive nel mondo, si relaziona con altri esseri, cura l’ambiente che ha intorno e si preoccupa delle altre persone. Questo è il modo d’esistere fondamentale dell’essere, che Heidegger descrisse come “essere nel mondo”: gli esseri umani sono stati scaraventati nel mondo senza essere informati della propria origine né della propria destinazione. Heidegger definì questa situazione come una “deiezione” o “essere gettato”.

Normalmente, le persone perdono la soggettività (o indipendenza) quando tentano eccessivamente di adeguarsi, nella vita quotidiana, alle circostanze esterne o alle altrui opinioni. Questa è la situazione del das Man (si dice, si fa) che ha perduto la sua identità originale. (26) Ogni das Man, secondo Heidegger, spreca la propria vita quotidiana in conversazioni oziose, distratto dalla curiosità, in una condizione di pacifica ambiguità: questa è appunto la caduta del Dasein.

Il Dasein scaraventato nel mondo senza alcuna ragione prova un senso di Angst (angoscia) che, analizzato in profondità, tradisce la paura della morte. Tuttavia, l’uomo che non aspetta inutilmente, preso dall’angoscia, un incerto futuro, ma accetta positivamente il fatto che l’uomo “vive per la morte” e si slancia con seria determinazione verso il futuro, può attingere alla propria natura originale. In questo modo, l’uomo si proietta verso il futuro, e questa è appunto la “proiezione” di un essere la cui natura è la “esistenzialità”. Qual è la spinta che determina l’uomo a proiettare sé stesso? È la “voce della coscienza”, il richiamo interiore che esorta l’uomo ad abbandonare l’identità caduta e ritornare a quella originale. Heidegger affermò con sicurezza che la voce della coscienza non viene da qualcun altro, che è in me nel mondo; essa ha origine in me ma anche da oltre di me.

Heidegger disse anche che il significato dell’esistenza dell’essere è la temporalità. L’essere può essere colto nell’atto del gettarsi, ed è allora “avanti a sé”, oppure nella condizione di essere stato già gettato, ed è quindi un essere “già qui”; infine, dal punto di vista della sua azione intenta a curare l’ambiente e occuparsi del prossimo, può essere inteso come un essere “in corso”. Nell’ottica della temporalità, questi aspetti corrispondono rispettivamente al futuro, al passato e al presente. L’uomo non procede verso una realizzazione solitaria, separato dal mondo, ma va invece incontro alla potenzialità futura ascoltando la voce della coscienza, per salvarsi dall’attuale caduta addossandosi gli oneri del passato. Questa è la visione della natura umana di Heidegger, dal punto di vista della temporalità.

2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Visione di Heidegger

Secondo Heidegger, l’uomo è un “essere nel mondo”, che ha perduto la propria identità originale; il tratto caratteristico di questa situazione è l’ansietà. Heidegger, però, non ha chiarito perché l’uomo abbia perso la sua natura originale, né che cosa quest’ultima sia. L’immagine del sé originale verso cui ci si dovrebbe proiettare non è chiara, e non c’è modo di verificare se si stia davvero procedendo nella direzione del sé originale. Per Heidegger, la voce della coscienza guida l’uomo a ritrovare il sé originale, ma non è questa la vera soluzione del problema. In effetti, qui non abbiamo altro che una trasposizione filosofica della comune nozione, sull’importanza di ascoltare la propria coscienza. In un mondo che non riconosce Dio, ci possono essere solo due modi di vivere: seguendo l’istinto, come propose Nietzsche, o secondo coscienza, come suggerito da Heidegger. Ma dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, non basta semplicemente vivere secondo coscienza, perché l’uomo deve seguire la “mente originale”. La coscienza è orientata verso il concetto personale del bene e perciò il suo modello varia da persona a persona. Non c’è garanzia, per chi vive secondo coscienza, di essere davvero diretti verso il sé originale, perché soltanto la mente originale, che ha Dio come suo riferimento, può guidarci a ritrovare la nostra natura originale.

Heidegger disse che l’uomo può essere riscattato dall’ansietà quando si determina seriamente ad accettare il futuro, invece di aspettare noncurante gli sviluppi del tempo. Ma dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, la causa dell’ansietà sta nella separazione dall’amore di Dio. Soltanto dopo essere ritornato a Dio, aver sperimentato il Suo Cuore e, nel corso di questo stesso processo, essere diventato a sua volta un essere di Cuore, l’uomo è liberato dall’ansia e può essere ripieno di pace e gioia. (27)

Per Heidegger, l’uomo trascende la paura della morte accettando anche questa come parte del suo destino: non ci sembra una soluzione convincente. Il Pensiero dell’Unificazione vede l’uomo come un essere in cui sono unite una persona spirituale e una persona fisica, cioè un essere in cui songsang e hiongsang sono uniti in modo tale che la maturazione della persona spirituale è basata sulla persona fisica. Lo spirito perfetto dell’uomo, che nel corso della vita terrena ha realizzato lo scopo per cui è stato creato, va nel mondo spirituale, dove vivrà eternamente, dopo la morte della persona fisica. Perciò, l’uomo non è un “essere verso la creazione” ma piuttosto un “essere verso la vita eterna” e la morte della persona fisica corrisponde meramente al fenomeno della metamorfosi negl’insetti. La paura della morte deriva dall’ignoranza del suo significato, nonché dal sentimento, più o meno consapevole, della propria imperfezione.

Heidegger parlò inoltre della temporalità degli uomini. Ma perché dovremmo basarci sul passato, separarci dal fallimento presente e proiettarci verso il futuro? Heidegger non ce ne dà conto. Secondo il Principio dell’Unificazione gli uomini, sin dalla caduta di Adamo ed Eva, hanno ereditato nel loro sangue non soltanto il peccato originale, ma anche i peccati commessi dai propri antenati e quelli, collettivi, per i quali l’umanità o la nazione portano la responsabilità; in aggiunta, continuano a commettere peccati personali. Per questo, gli uomini caduti hanno la missione di restaurare la loro natura originale e il mondo originale stabilendo condizioni d’indennizzo per ripagare tutti quei peccati. È un compito che non può essere esaurito in una sola generazione e viene perciò tramandato dall’una all’altra. In particolare, alla nostra generazione attuale sono assegnate le condizioni d’indennizzo che non sono state adempiute dai nostri antenati, e noi cerchiamo di stabilirle nella nostra epoca, sentendoci responsabili per il futuro dei nostri discendenti. Questo è il vero significato della temporalità dell’uomo.

E. JEAN-PAUL SARTRE

1. La Visione dell’Uomo di Sartre

Come disse Fiodor Dostoevskij, se Dio non esistesse, qualsiasi cosa sarebbe possibile. La negazione dell’esistenza di Dio è proprio il punto di partenza della filosofia di Jean-Paul Sartre (1905-80). Mentre Heidegger aveva costruito il suo esistenzialismo senza alcun riferimento a Dio, Sartre ha proposto un esistenzialismo che confuta integralmente l’esistenza di Dio, spiegando che, nell’essere umano, “l’esistenza precede l’essenza”. (28)

L’utilizzo o lo scopo di un utensile, cioè l’essenza di quell’utensile, è già determinata dal suo creatore prima ancora ch’esso sia prodotto. In questo caso, l’essenza precede l’esistenza. Allo stesso modo, se Dio esiste, e ha creato gli esseri umani in base alla Sua idea, allora si può dire che anche nel caso dell’uomo l’essenza precede l’esistenza. Ma Sartre nega l’esistenza di Dio e perciò, secondo lui, l’essenza dell’uomo non è determinata dall’inizio: gli esseri umani non sono apparsi dall’essenza, ma dal nulla.

Secondo Sartre, l’esistenza è soggettività. Gli uomini sono esseri accidentali che sono apparsi dal nulla e nessuno ha mai definito. Perciò, gli uomini stessi progettano come saranno, e scelgono sé stessi. Questo è ciò che Sartre intende per “soggettività”. In altre parole, l’uomo sceglie cosa diventare: se essere comunista o cristiano, sposarsi o restare celibe.

Il tratto fondamentale di quest’esistenza, secondo Sartre, è il “tormento”. L’uomo sceglie sé stesso, il che vuol dire che, contemporaneamente, nel fare questa scelta, sceglie anche tutti gli uomini. (29) Scegliere sé stesso significa assumersi la responsabilità per l’intero genere umano, una responsabilità che implica il tormento. Il tormento, tuttavia, non trattiene l’uomo dall’agire; al contrario, è proprio la condizione della sua azione, ed è parte dell’azione stessa.

Dal punto di vista di Sartre, l’uomo è un essere “libero”, Poiché l’esistenza precede l’essenza, l’uomo non è determinato da alcunché e tutto gli è consentito. Essere libero, peraltro, implica che tutta la responsabilità delle azioni riposa su chi le compie. In questo senso, essere libero è una sorta di peso per l’uomo, che è un “essere condannato alla libertà”. (30) In altre parole, l’uomo prova tormento perché è libero. (31)

Se diciamo che l’uomo è soggettività, allora perché l’uomo eserciti la sua soggettività, deve esistere un oggetto che possa ricevere il suo dominio. Tra i vari tipi di esseri, ci sono gli esseri-in-sé, cioè le cose; e l’essere-per-sé, l’essere che è conscio di sé, cioè l’uomo. Tutto va bene se l’uomo ha un essere-in-sé come suo oggetto, ma quando ha di fronte un altro uomo (un altro essere-per-sé), nascono difficoltà, perché in questa relazione entrambi affermano la loro soggettività. Quando l’uomo è di fronte al suo simile, l’esistenza umana diventa un essere-per-gli-altri, cioè un essere che sta di fronte all’altro. La struttura fondamentale dell’essere-per-l’altro è la relazione in cui si è l’essere-che-guarda o l’essere-che-è-guardato, cioè una relazione in cui l’altro è un oggetto-per-me oppure io un oggetto-per-l’altro. (32) In definitiva, le relazioni umane sono un conflitto continuo. (33)

2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Visione di Sartre

Secondo Sartre, l’esistenza precede l’essenza, e gli esseri umani creano sé stessi, mentre Heidegger aveva detto che l’uomo deve proiettare sé stesso verso il futuro. Per Heidegger, la pur vaga “voce della coscienza” guida le persone verso il sé originale, ma Sartre nega assolutamente il sé originale. Secondo il Pensiero dell’Unificazione, la mancanza del sé originale è una conseguenza naturale del fatto che l’uomo si è totalmente separato da Dio. Se tuttavia dovessimo accettare il punto di vista di Sartre, rimarremmo senza alcun parametro di valutazione per discernere il bene dal male. In tale situazione, qualsiasi cosa uno facesse, potrebbe sempre razionalizzarla, semplicemente dicendo di aver agito sotto la propria responsabilità. Ne verrebbe necessariamente una società senza etica.

Per Sartre, l’uomo è soggettività, mentre il Pensiero dell’Unificazione sostiene che l’uomo è a un tempo sia soggettività che oggettività: l’uomo conforme alla sua natura originale assume entrambe le posizioni di soggetto e di oggetto. Quella che Sartre definisce “soggettività” è la libertà di scegliere e oggettivare sé stesso; per contro, nel Pensiero dell’Unificazione “soggettività” è il dominio dell’uomo sul suo oggetto tramite l’amore. Per esercitare la vera soggettività, l’uomo deve prima stabilire l’oggettività, che è lo stato in cui si prova la gioia di essere amato da un soggetto, verso il quale si sente gratitudine. Solo dopo esser cresciuto nell’oggettività l’uomo è capace, come soggetto, di dominare l’oggetto con l’amore.

Per Sartre, la mutua relazione tra due esseri umani ha il carattere di un conflitto tra soggettività e soggettività, o un conflitto tra libertà e libertà. È un concetto che riecheggia l’idea di Hobbes del “tutti contro tutti”. Bisogna assolutamente superare queste teorie sbagliate sulla soggettività e la libertà, perché sia risolta la confusione che ora esiste nella società democratica. Il mondo dell’amore e della pace può essere realizzato solo quando le persone realizzano entrambi gli aspetti di soggettività e oggettività, stabilendo ovunque azioni armoniose di dare e ricevere tra soggetto e oggetto.

Infine, Sartre dice che gli esseri umani sono “condannati a essere liberi”. Secondo il Pensiero dell’Unificazione la libertà non è una condanna. La libertà non può esistere separata dal Principio, e il Principio è la norma per attuare il vero amore. La vera libertà è quella di attuare il vero amore e, nel suo significato originale, è piena di gioia e speranza.

Note: La Teoria della Natura Originale dell’Uomo

(1) Confucio, I Dialoghi.

(2) Vangelo secondo Matteo 16:24.

(3) Vangelo secondo Matteo 4:4.

(4) Il Reverendo Sun Myung Moon ha espresso così questo concetto: “Per un uomo, la moglie rappresenta la madre, la sorella maggiore, la sorella minore e, di fatto, tutte le donne del mondo. Amare una moglie con questa intenzione significa amare nella propria casa tutte le donne di ogni razza, oltre alla propria madre, sorella maggiore e sorella minore. Perciò, la famiglia è il primo centro d’addestramento, che educa la persona all’amore umano. Essere apprezzati e vivere felici nella famiglia equivale a trovarsi beatamente al centro dell’intero universo, nel mezzo della felicità e dell’amore. Il marito, da parte sua, rappresenta il padre, il fratello maggiore, il fratello minore e tutti gli uomini sulla terra. Questo è il nostro ideale di famiglia” (Sun Myung Moon, God’s Will and the World, New York, The Holy Spirit Association for the Unification of World Christianity, 1985, pag. 446).

(5) La parola italiana che meglio rende il significato di Shimjung è “Cuore”, ma in essa mancano alcuni aspetti essenziali del termine coreano. Shimjung è l’aspetto centrale della Divinità, come pure della personalità umana. Il lettore dovrà ricordare il significato di Shimjung nell’usare la parola “Cuore”.

(6) Confucio, I Dialoghi, op. cit.

(7) Sun Myung Moon, Founders Address at 14th ICUS, Absolute Values and the New Cultural Revolution, New York, The Intemational Cultural Foundation, 1986, pag. 16.

(8) Genesi 22: 12.

(9) F. Engels, Socialism: Utopian and Scentific, Selected Works of Marx and Engels, Mosca 1970.

(10) L’uomo nasce, com’è stato dimostrato, qualificato a conseguire la libertà perfetta e godere senza alcun limite di tutti i diritti e i privilegi della legge di natura, al pari di qualsiasi altro uomo. Esso ha per natura il potere non soltanto di conservare la sua proprietà, vale a dire la vita, la libertà e la terra, contro le offese e gli attacchi di altri uomini, ma anche di giudicare e punire la violazione di quella legge da parte degli altri, finanche con la morte stessa (John Locke, Two Treatises of Government, 1690).

(11) Tra gl’insegnamenti fondamentali del Cristianesimo vi è l’eguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio. Tuttavia la dottrina cristiana, nel predicare l’eguaglianza spirituale di tutti, accettò comunque l’esistenza delle diseguaglianze, presenti di fatto nella società. Il Calvinismo contestò tale atteggiamento, e insistette sull’eguaglianza nella vita concreta. Il punto di vista calvinista si sviluppò nel pensiero politico dei promotori della rivoluzione puritana, nell’Inghilterra del XVII secolo. In particolare John Lilburn (1614-1657), che fu l’ideologo e il più attivo promotore del movimento dei “livellatori”, sottolineò la parità dei diritti sulla base della “creazione di uomini uguali da parte di Dio”, e cercò di stimolare una rivoluzione democratica radicale. John Locke contribuì a stabilire le fondamenta della democrazia moderna sviluppando gli aspetti ideologici della rivoluzione puritana. Anch’egli percepì l’idea dell’eguaglianza davanti a Dio. Secondo Locke, lo stato naturale ha una legge di natura che lo governa e che obbliga tutti. La ragione, che è la legge stessa, insegna a ogni uomo che ad essa si rivolga come essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno debba danneggiare il suo prossimo nella vita, nella salute, nella libertà o nelle proprietà. Questo perché gli uomini sono il prodotto di un unico onnipotente ed infinitamente saggio Fattore (John Locke, Two Treatises …, op. cit.).

(12) Soren Kierkegaard, Sygdommen til Doeden (Malattia mortale), 1848.

(13) Soren Kierkegaard, Begrebet Angest (Il concetto dell’angoscia), 1844.

(14) Genesi 2:17.

(15) Dov’è la vita, lì c’è la volontà di potenza; e anche nella volontà del servitore, c’è la volontà di essere padrone (Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra, 1885).

(16) Cos’è il bene? Tutto ciò che innalza il senso di potenza nell’uomo, la volontà di potenza, la potenza stessa. Cos’è il male? Tutto ciò che nasce dalla debolezza. Cos’è la felicità? Il sentimento che la potenza cresce, che la resistenza è superata … i deboli e i falliti devono perire: primo principio del nostro amore per l’uomo. E nella loro fine dovranno ricevere ogni aiuto possibile. Cos’è più dannoso di qualsiasi vizio? L’attiva pietà per tutti i fallimenti e tutte le debolezze: il Cristianesimo (F. Nietzsche, Der Antichrist, 1894).

(17) Tutto va, tutto torna; la ruota dell’essere gira eternamente (F. Nietzsche, Also sprach …, op. cit.).

(18) Secondo Nietzsche, Paolo avrebbe trasformato l’evangelo in un “disangelo” e gl’insegnamenti di Gesù in una specie di teoria sull’al di là: “Io vi racconto la vera storia del Cristianesimo. La parola stessa “Cristianesimo” è un malinteso: in verità, ci fu un solo cristiano, e morì sulla croce. L’evangelo morì sulla croce. Quello che è stato chiamato “evangelo” da quel momento fu esattamente l’opposto di quello che Gesù aveva vissuto: “brutte notizie”, un “disangelo”. Paolo semplicemente spostò il centro di gravità di quell’intera esistenza oltre questa esistenza – nella menzogna del Gesù “risorto” (F. Nietzsche, Der Antichrist, op. cit.).

(19) Genesi 1:28.

(20) Karl Jaspers, Philosophie, 1932.

(21) Karl Jaspers, Philosophie, op. cit.

(22) Karl Jaspers, Was ist Philosophie?, 1976.

(23) Ibid.

(24) Genesi 1:28.

(25) Vangelo secondo Matteo 7:7.

(26) Il das Man non è questo, non è quello, non è sé stesso (man selbst), non è un gruppo di persone (einige) e non è la somma di tutti loro. Das Man è il neutro (Martin Heidegger, Sein und Zeit, 1927).

(27) Martin Heidegger, Sein und Zeit, op. cit.

(28) Cosa significa qui dire che l’esistenza precede l’essenza? Significa che, prima di tutto, l’uomo esiste, si alza, appare sulla scena, e, soltanto più tardi, definisce sé stesso. Se l’uomo, come lo concepisce l’esistenzialista, è indefinibile, è perché, all’inizio, egli è nulla. Solo successivamente egli sarà qualcosa, e lui stesso avrà fatto quel che sarà. Così, non c’è alcuna natura umana, dal momento che non c’è alcun Dio a concepirla (Jean-Paul Sartre, L’existentialisme est un humanism, 1946).

(29) Jean-Paul Sartre, L’existentialisme…, op. cit.

(30) Jean-Paul Sartre, L’être et le néant, 1943.

(31) L’uomo è libero, l’uomo è libertà. D’altra parte, se Dio non esiste, non troveremo valori o comandamenti cui rivolgerci per legittimare la nostra condotta. Così, nel mondo splendente dei valori, non abbiamo scuse dietro di noi, né giustificazione davanti a noi. Siamo soli, senza scuse. Questa è l’idea che io cerco di comunicare quando dico che l’uomo è condannato ad essere libero (Jean-Paul Sartre, L’existentialisme …, op. cit.).

(32) Jean-Paul Sartre, L’être… , op. cit.

(33) È perciò inutile per la realtà umana cercare di uscire da questo dilemma: si deve trascendere l’Altro o lasciarsi trascendere da lui. L’essenza della relazione tra coscienze non è il Mitsein (coesistenza); è conflitto (Jean-Paul Sartre, L’être…, op. cit.).

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