La Teoria dell’Arte
Nel concetto di cultura vanno ricompresi complessivamente i vari settori dell’attività umana, come l’economia, l’educazione, la religione, la scienza e l’arte: tra tutti l’arte, in posizione centrale, è l’essenza stessa della cultura. Essa peraltro oggi mostra una tendenza decadente, su scala globale, sia nei paesi democratici che in quelli comunisti, tanto nelle nazioni più sviluppate che in quelle meno avanzate. La decadenza dell’arte comporta un regresso nella cultura: è chiaro allora che, per creare una nuova cultura di respiro mondiale, bisogna por mano al rinnovamento dell’arte, partendo da un’indagine sulla natura della vera arte, fondata su una nuova teoria dell’arte stessa.
Nel passato, l’alba di ogni nuova era è sempre stata preceduta da un nuovo spirito nell’arte. Ad esempio, gli artisti ebbero un ruolo preminente durante il periodo rinascimentale, e anche nelle rivoluzioni comuniste fu importante il contributo di artisti come Maksim Gorkij (1868-1936) nella rivoluzione russa e Lu Hsün (1881-1936) in quella cinese. Perciò, per creare una nuova cultura, deve essere prima sviluppata una nuova arte.
Consideriamo, ad esempio, il ruolo che l’arte ha svolto nello sviluppo del comunismo. L’arte comunista è conosciuta come “realismo socialista” e mira a mettere in rilievo le contraddizioni della società capitalista e incitare il popolo alla rivoluzione. Con la caduta del comunismo, il realismo socialista va scomparendo. Tuttavia, esso si fonda sulle teorie della dialettica materialista e del materialismo storico ed è in grado di prevalere agevolmente sulle teorie dell’arte delle società libere, i cui fondamenti filosofici sono indecisi. Così, anche sotto questo profilo, emerge la necessità di una nuova teoria dell’arte, capace di andare oltre il realismo socialista.
In questo contesto, presenteremo una nuova concezione, che è la teoria dell’arte del Pensiero dell’Unificazione, ovvero la teoria dell’arte dell’Unificazione. Essa si propone di invertire l’attuale tendenza decadentista e si presenta come una critica e una controproposta al realismo socialista, basata su solidi principi filosofici e teologici. La teoria dell’arte dell’Unificazione si prefigge di contribuire alla creazione e al consolidamento di una nuova cultura mondiale.
I. IL PRINCIPIO DIVINO NELLA NUOVA TEORIA DELL’ARTE
Il Principio Divino offre alla nuova teoria dell’arte tre temi principali: lo scopo di Dio nella creazione e la creatività; la gioia e la creazione a somiglianza; l’azione di dare e ricevere.
A. LO SCOPO DI DIO NELLA CREAZIONE E LA CREATIVITÀ
Nel creare l’universo, Dio si proponeva di concretizzare la gioia attraverso l’amore. Dio creò l’universo come l’oggetto della Sua gioia: così, possiamo considerare Dio un grande artista, e l’universo la Sua opera d’arte. Dio creò l’universo per la gioia Sua e, nello stesso tempo, dell’uomo. Inoltre, Dio cercò di trarre la Sua gioia dalla felicità degli esseri umani.
Dal punto di vista umano, lo scopo di Dio nella creazione consiste dello scopo per l’insieme (dare gioia agli insiemi costituiti dall’umanità, la nazione, la tribù, etc.) e dello scopo individuale (procurare gioia a sé stessi). È naturale che ogni persona trovi la propria gioia procurando la felicità di Dio e dell’insieme. L’attività artistica ha origine dalla creazione dell’universo da parte di Dio: essa parte dallo scopo per l’insieme, che è l’intento di dare piacere agli altri. L’apprezzamento dell’arte, invece, parte dallo scopo dell’individuo, che è il desiderio di ottenere gioia per sé stessi.
La creatività di Dio è il risultato dalla Sua capacità di formare una struttura in due stadi, consistente di una base delle quattro posizioni interiore e una base delle quattro posizioni esteriore. (1) Per stabilire una base delle quattro posizioni interiore occorre comporre un Logos (un progetto) mentre per stabilire una base delle quattro posizioni esteriore bisogna creare oggetti esterni tramite il Logos e lo hiongsang (la materia). Così, nell’attività artistica dell’uomo si manifesta la struttura in due stadi della creazione. Prima viene lo stadio dell’elaborazione del progetto, successivamente c’è quello della produzione dell’opera d’arte, in cui viene concretizzato il progetto utilizzando il materiale adatto. Le diversità nei metodi della creazione e le distinzioni tra gli stili creativi si spiegano sulla base delle varianti nelle caratteristiche della struttura in due stadi della creazione.
B. LA GIOIA E LA CREAZIONE A SOMIGLIANZA
Nella speranza di attingere gioia, Dio creò l’umanità e tutte le cose come Suoi oggetti. Il soggetto ricava gioia dallo stimolo che proviene da un oggetto, i cui songsang e hiongsang somigliano a quelli del soggetto. (2) È per questo motivo che Dio creò gli esseri umani in modo che rispecchiassero in immagine le Sue caratteristiche duali, (3) e creò tutte le altre cose in modo che le riflettessero simbolicamente. Con riferimento alla teoria dell’arte, ciò significa che ogni artista produce le proprie opere a somiglianza dei propri songsang e hiongsang. Allo stesso tempo, anche il cultore dell’arte prova gioia cogliendo il proprio songsang e hiongsang attraverso l’opera d’arte.
C. L’AZIONE DI DARE E RICEVERE
In Dio, songsang e hiongsang intraprendono un’azione di dare e ricevere e formano un’unione oppure creano un corpo moltiplicato. (4) Produrre un corpo moltiplicato significa generare delle creature. Applicando la legge dell’azione di dare e ricevere alla teoria dell’arte, ci rendiamo conto che l’attività della creazione artistica si sviluppa attraverso l’azione di dare e ricevere tra il soggetto (l’artista) e l’oggetto (la materia), e la valorizzazione dell’opera d’arte avviene con l’azione di dare e ricevere tra il soggetto (l’estimatore dell’opera) e l’oggetto (la stessa opera). Evidentemente, tanto nella creazione che nella critica dell’arte, soggetto e oggetto devono possedere requisiti specifici.
II. L’ARTE E LA BELLEZZA
A. COS’È L’ARTE?
L’arte è l’attività di creazione e apprezzamento della bellezza. La mente dell’uomo ha le tre facoltà dell’intelligenza, del sentimento e della volontà, cui corrispondono tre diversi campi di attività culturale. Tra gli esercizi intellettuali individuiamo la filosofia e la scienza, in quelli volitivi comprendiamo la morale e l’etica, mentre l’attività emotiva per eccellenza è l’arte. Così, possiamo definire l’arte come “l’attività emotiva che crea e apprezza la bellezza”. Qual è poi lo scopo dell’arte? Dio creò l’uomo e l’universo per ottenere gioia dall’amore per un oggetto. Analogamente, è per provare gioia che l’uomo crea e apprezza l’opera d’arte come suo oggetto. Perciò, l’arte può essere definita anche come “azione che produce gioia attraverso la creazione o l’apprezzamento”.
Il critico d’arte britannico Herbert Read (1893-1968), in assonanza con la definizione dell’arte nel Pensiero dell’Unificazione, spiegò che tutti gli artisti hanno il desiderio di compiacere, e l’arte si caratterizza come il tentativo di creare forme gradevoli. (5)
B. COS’È LA BELLEZZA?
Secondo il Principio Divino, l’amore è la forza emotiva che il soggetto dà all’oggetto, mentre la bellezza è la forza emotiva che l’oggetto trasmette in risposta al soggetto. (6) Quando l’oggetto è un minerale o una pianta, da esso viene uno stimolo materiale, che tuttavia il soggetto (l’uomo) riceve come sollecitazione emotiva. Peraltro, ci sono situazioni in cui l’oggetto stimola il soggetto, ma questo non reagisce emotivamente: lo stimolo, in questo caso, non diventa una sollecitazione emotiva. Il punto decisivo è quindi la risposta, emotiva o meno, del soggetto rispetto allo stimolo. A questa stregua, la bellezza può essere descritta come “sollecitazione emotiva che l’oggetto fornisce al soggetto”. Poiché la bellezza è un valore, al pari della verità o della bontà, essa può essere espressa anche, in altro modo, come il valore di un oggetto inteso come sollecitazione emotiva.
Abbiamo già descritto come amore la forza emotiva trasmessa dal soggetto all’oggetto e come bellezza la forza emotiva restituita dall’oggetto al soggetto. Ma in realtà, nelle relazioni umane, soggetto e oggetto si scambiano entrambi amore e bellezza. In altre parole, l’oggetto dà al soggetto anche amore e il soggetto dà all’oggetto anche bellezza, poiché, quando il soggetto e l’oggetto raggiungono la completa unità, viene a crearsi un amore latente anche nella bellezza e una bellezza latente nell’amore. Ogni forza emotiva scambiata, vuoi dal soggetto all’oggetto, vuoi dall’oggetto al soggetto, è trasmessa come amore ed è ricevuta come sollecitazione emotiva, ovvero bellezza.
Abbiamo così formulato la definizione della bellezza nell’opinione del Pensiero dell’Unificazione. I filosofi del passato hanno illustrato la bellezza in vari modi. Platone ne spiegò l’essenza, facendo riferimento all’idea della bellezza stessa esistente in un oggetto, in termini di piacevolezza visuale e uditiva. Kant riconobbe la bellezza come la finalità soggettiva di un oggetto oppure la forma della finalità di un oggetto. (7) In questo caso, la finalità soggettiva prescinde da qualsiasi scopo. Così, anche se l’oggetto non ha alcuna intenzionalità (oggettiva o soggettiva), consideriamo finalizzata e qualifichiamo come bella la sua forma, quando da essa ricaviamo un senso di unità e armonia.
C. LA DETERMINAZIONE DELLA BELLEZZA
Come si determina il prodursi della bellezza? Secondo il Principio Divino, il valore originale di un corpo individuale non è ad esso inerente in assoluto, ma è determinato dalla relazione reciproca tra lo scopo del corpo individuale (visto come un tipo particolare di oggetto centrato sull’ideale di creazione di Dio) e il desiderio dell’uomo (come soggetto) di attingere al valore originale dell’oggetto. Ad esempio, la bellezza originale di un fiore è determinata dalla concordanza tra lo scopo di Dio nel creare il fiore e il desiderio spontaneo dell’uomo di coglierne la bellezza, quando il desiderio dell’uomo di scoprire la bellezza del fiore, centrato su Dio, si realizza tramite la sollecitazione emotiva che proviene dal fiore. Qui sta la perfetta gioia dell’uomo e, in questo modo, si determina la bellezza originale. (8) La bellezza non esiste oggettivamente, ma è determinata dall’azione di dare e ricevere tra il soggetto, alla ricerca del valore, e l’oggetto. In altre parole, la bellezza si determina quando il soggetto prova gioia attraverso la sollecitazione, percepita emotivamente, che riceve dall’oggetto.
D. GLI ELEMENTI DELLA BELLEZZA
La bellezza non “esiste” oggettivamente ma “è percepita”. È un elemento esistente nell’oggetto che dà al soggetto la sollecitazione emotiva, che il soggetto stesso recepisce come bellezza. Qual è allora questo elemento che stimola il soggetto, qual è l’elemento della bellezza? È la combinazione dello scopo per cui l’oggetto è stato creato (lo scopo di creazione) e l’armonia degli elementi fisici in esso contenuti. Quando gli elementi fisici, quali le linee, le forme, i suoni, i colori, gli spazi, sono armoniosamente combinati, centrati sullo scopo della creazione, il soggetto ne riceve una sollecitazione emotiva che, una volta che sia stata riconosciuta come tale dal soggetto, viene sentita come vera bellezza.
Il concetto di armonia va analizzato sotto entrambi i profili dello spazio e del tempo. L’armonia spaziale riguarda la disposizione negli spazi, mentre quella temporale è prodotta dal decorso del tempo. Le forme artistiche basate sull’armonia spaziale sono la pittura, l’architettura, la scultura, e così via, mentre tra quelle basate sull’armonia temporale abbiamo la letteratura e la musica. Chiameremo queste due categorie, rispettivamente, arti spaziali e arti temporali. Il teatro e la danza sono arti al tempo stesso spaziali e temporali. In ogni caso, è l’armonia che genera il sentimento della bellezza.
Aristotele disse che le forme principali della bellezza sono l’ordine, la simmetria e l’esattezza. (9) Secondo Read, l’opera d’arte ha un punto di riferimento immaginario (paragonabile a un centro di gravità) attorno al quale le linee, le superfici e le masse sono distribuite in modo da rimanere in perfetto equilibrio. Il fine strutturale di tutte le metodologie è l’armonia, che soddisfa il nostro senso della bellezza. (10) Sia Aristotele che Read sono d’accordo che l’elemento qualificante della bellezza sia l’armonia.
III. IL DUPLICE SCOPO DELL’ATTIVITÀ ARTISTICA: CREAZIONE E CRITICA
L’attività artistica consiste dei due aspetti della creazione e dell’apprezzamento. Non si tratta di azioni separate: l’artista intento alla creazione è contemporaneamente impegnato anche nell’apprezzamento; d’altra parte, l’estimatore dell’opera d’arte applica creativamente ad essa la propria prospettiva personale (l’azione soggettiva, di cui parleremo più avanti).
Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, la creazione e l’apprezzamento coesistono, una accanto all’altro, poiché sono attività pratiche condotte sulla base del duplice desiderio di realizzare e ricercare il valore. Più specificamente, la creazione si compie sulla base del desiderio di realizzare il valore, mentre l’apprezzamento si espleta intorno al desiderio di ricercare il valore. Questi due desideri provengono dal duplice scopo: il primo deriva dallo scopo per l’insieme, il secondo dallo scopo individuale.
Lo scopo per l’insieme è latente, anche quando non è consapevole, nel subconscio della persona. Per questo motivo tutti, con maggiore o minor contezza, tendono a servire un insieme più ampio – la nazione, l’umanità, Dio – e s’impegnano a vivere secondo verità, a compiere buone azioni e a creare bellezza. Di conseguenza, l’attività creativa soddisfa lo scopo dell’insieme. D’altronde, gli esseri umani devono anche badare alla propria vita: tutti, perciò, cercano la gioia che viene dal trovare valore in un oggetto. In questo si manifesta l’apprezzamento; di conseguenza, l’attività estimativa dell’arte realizza lo scopo individuale.
Lo scopo dell’insieme e quello individuale discendono dallo scopo di creazione di Dio, che creò gli esseri umani per provare gioia. Questo è lo scopo della creazione, dal punto di vista di Dio; il fine, invece, per cui l’uomo è stato creato, consiste, dal punto di vista di quest’ultimo, sia nel compiacere Dio che nel procurare gioia a sé stesso. Questi sono appunto, visti in collegamento tra loro, lo scopo per l’insieme e lo scopo individuale.
Riassuntivamente, la creazione artistica è l’attività con cui un artista, nella posizione di oggetto, manifesta valore per Dio e l’umanità, mentre l’apprezzamento è l’atto di un estimatore che, nella posizione di soggetto, trova valore in un’opera d’arte. Entrambe le azioni derivano dallo scopo di creazione di Dio. Oggi, peraltro, capita di frequente che taluni artisti si allontanino dalla giusta posizione originale e indulgano in deplorabili espressioni egocentriche. Quando sarà chiarito il vero significato della creazione e dell’apprezzamento, gli artisti guarderanno la loro attività come una missione e si dedicheranno alla loro opera col senso chiaro dell’ideale originale.
IV. I REQUISITI DELLA CREAZIONE
Nella creazione artistica esistono dei requisiti per il soggetto (l’artista) e dei requisiti per l’oggetto (l’opera d’arte). Anche le tecniche, i materiali e gli stili sono requisiti importanti della creazione. In questo paragrafo discuteremo di tutti questi punti.
A. I REQUISITI DEL SOGGETTO NELLA CREAZIONE
1. La Motivazione, il Tema, la Concezione
Nella creazione di un’opera d’arte, c’è innanzitutto una motivazione, su cui si basa lo scopo della realizzazione di un’opera specifica. Successivamente vengono il tema e la concezione. Il tema è e il contenuto centrale che sarà sviluppato nell’opera, la concezione è il progetto dei significati e delle forme, che saranno creati conformemente al tema.
Immaginiamo ad esempio un pittore che, osservato un paesaggio autunnale, è mosso dalla sua bellezza e decide di raffigurarlo in un dipinto. Con l’emozione provata come motivazione, l’artista si pone lo scopo di produrre il dipinto di una scena autunnale. Supponiamo poi, ad esempio, che il pittore sia stato specialmente impressionato dai platani. In questo caso, deciderà di esprimere la sua motivazione centrata sui platani, e sceglierà un tema come “platani in autunno”. Una volta scelto il tema, l’artista elaborerà la concreta concezione circa la disposizione di montagne, alberi, fiumi, cielo e nuvole, la scelta dei colori e così via.
La creazione dell’universo da parte di Dio può essere descritta in modo analogo. Prima di tutto c’era una motivazione, costituita dall’impulso sentimentale di provare gioia attraverso l’amore, espressione del Cuore di Dio. Poi Dio stabilì lo scopo della creazione: creare un oggetto d’amore che Gli rassomigliasse. Sulla base di questo scopo, Egli determinò il tema degli esseri umani “Adamo ed Eva” e poi stabilì la concreta concezione dell’uomo e di tutte le cose, cioè il Logos. In questo modo possiamo spiegare la creazione dell’universo da parte di Dio.
Nell’atto creativo di Dio, il Suo Songsang Interno (intelligenza, sentimento e volontà) e il Suo Hiongsang Interno (idee, concetti e leggi) stabilirono un’azione di dare e ricevere nel songsang di Dio, centrato sul Suo Cuore (scopo), e si formò la Concezione (il Logos). La configurazione di questa base delle quattro posizioni può essere applicata direttamente all’attività artistica: l’artista crea la concezione concentrando la propria intelligenza, il proprio sentimento e la propria volontà sull’obiettivo di concretizzare il tema. In altre parole, l’artista crea la concezione attraverso un’azione di dare e ricevere tra il Songsang Interno e lo Hiongsang Interno, centrati sullo scopo della creazione di un’opera d’arte. Si tratta cioè della formazione di una base delle quattro posizioni nell’attività artistica.
Fig. 7.1 – La fondazione della base delle quattro posizioni interna nell’attività artistica
Prendiamo ad esempio Il Pensatore di Auguste Rodin (1841-1917), che raffigura la statua di un poeta seduto sul bordo dell’entrata dell’inferno, e fu concepito avendo in mente la prima Cantica della Divina Commedia di Dante. La statua rappresenta un poeta assorto nella meditazione, mentre osserva i dannati dell’inferno che soffrono nella paura, nell’ansia, nella sofferenza. La motivazione di Rodin nel creare Il Pensatore deve essere stata dettata dal desiderio di scoprire la verità sulla vita dell’uomo. Il tema è stato appunto Il Pensatore, e la concezione la posa di un uomo chino, intento a meditare.
Il Pensatore di Rodin e la statua del Maitreya-Bodhisattva pensante risalente alla dinastia Silla, conservata in Corea, sono opere d’arte decisamente differenti, sebbene entrambe abbiano come tema un uomo occupato a riflettere. La seconda ha come motivazione il cuore dei fedeli che attendono il Maitreya, il più eccellente dei discepoli di Buddha, che deve ritornare per salvare tutta l’umanità.
Per quanto riguarda l’espressione del Songsang Interno, la statua di Rodin denota un forte aspetto intellettuale, mentre quella del Maitreya è giocata su emozioni purificate ed è molto nobile e sacra.
2. La Consapevolezza d’Oggetto
La creazione è l’atto con cui un artista, nella posizione di oggetto, dà gioia a Dio e all’insieme (l’umanità, la nazione, la tribù, etc.), nella posizione di soggetto, manifestando il valore della bellezza. Per fare ciò, l’artista deve stabilire il senso della consapevolezza d’oggetto, che ha il suo momento culminante nel desiderio di dare gioia a Dio, il Soggetto più alto, e manifestare la Sua gloria. Esaminiamo ora il contenuto della consapevolezza d’oggetto.
Per prima cosa, l’artista deve preoccuparsi di confortare Dio, che è stato tormentato dalla sofferenza per tutta la storia. Dio ha creato l’uomo e l’universo per ottenere gioia, e ha dotato l’uomo di capacità creativa. Perciò, lo scopo originale della vita dell’uomo è, innanzitutto, quello di dare gioia a Dio, e l’attività creativa dell’uomo deve essere intesa soprattutto alla felicità di Dio. Tuttavia, l’uomo si è separato da Dio e ha perduto la coscienza del desiderio di vivere per la gioia di Dio. Questa è, ancor oggi, la sofferenza di Dio: così, l’artista deve soprattutto consolare Dio per il Suo dolore storico.
In seconda istanza, l’artista deve esprimere il desiderio di confortare i tanti saggi e uomini di buona volontà del passato, e in particolare Gesù, che hanno percorso il cammino della restaurazione insieme a Dio. Confortare queste persone equivale a confortare Dio, che con loro ha condiviso dolore e sofferenza.
Come terzo aspetto, l’artista deve coltivare il desiderio di celebrare le azioni delle persone buone e giuste del passato e del presente, e collaborare alla provvidenza di Dio raccontando le gesta di coloro che sono stati, o ancora sono, perseguitati dal mondo del male.
Il quarto punto è la responsabilità, da parte dell’artista, di annunciare l’avvento del mondo ideale, producendo opere capaci di esprimere speranza e infondere fiducia per il futuro, attraverso le quali si manifesti la gloria di Dio.
In quinto luogo, l’artista deve incarnare il desiderio di lodare Dio, il Creatore, ritraendo la bellezza e il mistero della natura. Dio ha creato la natura per la gioia dell’umanità ma, a causa della Caduta, gli uomini hanno finito per compiacersi ben poco della bellezza del creato. Così l’artista, provando un senso di trepidazione nei confronti della natura, che è la manifestazione degli attributi di Dio, deve scoprirne la bellezza, lodare Dio e dare gioia agli altri.
Gli artisti che vivono la consapevolezza d’oggetto e investono tutte le loro energie nell’attività creativa possono ricevere la benedizione di Dio e l’assistenza del mondo spirituale. È questo il modo in cui viene prodotta una vera opera d’arte: essa può essere considerata il frutto del concorso creativo tra Dio e l’artista.
Molti maestri del Rinascimento, come Leonardo da Vinci (1452-1519), Raffaello Sanzio (1483-1520) e Michelangelo Buonarroti (1475-1564), crearono i loro capolavori con la consapevolezza d’oggetto. Anche Ludwig Beethoven (1770-1827), che portò a livello di perfezione la musica classica, compose le sue opere con la consapevolezza d’oggetto. (11) È per questo che le opere di questi artisti sono diventate capolavori immortali.
3. L’Individualità
Ogni persona è un essere dotato di un’individualità, che somiglia a una delle immagini individuali presenti in Dio e si esprime come opera d’arte nell’atto creativo. La produzione artistica è un’espressione dell’individualità dell’artista, che è un’immagine individuale di origine divina. L’artista dà gioia a Dio e agli altri manifestando l’individualità nel modo più completo nei grandi capolavori. Così accade che il nome dell’artista è usualmente collegato a quello dell’opera (come la Sesta Sinfonia di Beethoven o la Sinfonia incompiuta di Schubert).
B. I REQUISITI DELL’OGGETTO NELLA CREAZIONE
L’opera d’arte deve riflettere le condizioni songsang dell’artista, come la motivazione (lo scopo), il tema e la concezione (il piano). L’artista, per realizzare il suo progetto, deve usare i materiali più appropriati a rispecchiare quelle condizioni songsang. Inoltre, gli elementi fisici (i componenti) devono essere combinati in modo da esprimere completa armonia: essi costituiscono le condizioni hiongsang.
L’armonia degli elementi fisici riguarda il ritmo delle linee e l’armonia delle forme, degli spazi, dei chiaro scuri, dei colori, delle tonalità, delle masse nella pittura, l’armonia dei movimenti nella danza, l’armonia dei segmenti in una linea e così via.
A questo proposito, va ricordata la cosiddetta sezione aurea. Essa, secondo un principio enunciato fin dall’antichità, si ricava dividendo una linea in due parti, in modo che il rapporto tra il segmento più breve e quello più lungo sia pari a quello tra quest’ultimo e l’intera linea, cioè nella proporzione approssimativa di 5 a 8. Applicando questo quoziente, si ottiene un risultato finale di forma stabile e gradevole. Ad esempio, si dice che un dipinto è armonioso quando il rapporto tra lo spazio al di sopra e quello al di sotto della linea dell’orizzonte corrisponde appunto alla sezione aurea. Gli esperti sostengono anche che la sezione aurea sia stata alla base della costruzione delle piramidi e delle cattedrali gotiche.
C. LE TECNICHE E I MATERIALI
Nella struttura in due stadi dell’Immagine Originale dapprima il Songsang Interno e lo Hiongsang Interno avviano un’azione di dare e ricevere, centrata sullo scopo, per formare il Logos; successivamente, il Logos e lo hiongsang stabiliscono un’azione di dare e ricevere, centrata sullo scopo, per dar vita a un essere creato. Tutte le attività creative dell’uomo seguono questo percorso. Ad esempio, l’industria manifatturiera, la coltivazione dei campi, la ricerca scientifica pura e quella applicata all’industria, si svolgono secondo questa struttura in due stadi della creazione.
La stessa cosa accade nella creazione delle opere d’arte. Abbiamo già illustrato il processo di formazione della base delle quattro posizioni interna, in relazione ai requisiti del soggetto: centrati sulla motivazione (lo scopo), il Songsang Interno (intelligenza, sentimento e volontà) e lo Hiongsang Interno (il tema) intraprendono un’azione di dare e ricevere e producono una concezione.
Dopo si forma, tramite l’azione di dare e ricevere, una base delle quattro posizioni esterna, centrata sulla motivazione (lo scopo), tra il songsang (la concezione) e lo hiongsang (i materiali). Per la realizzazione della base delle quattro posizioni esterna possono essere richieste speciali tecniche o competenze. In ciò consiste la tecnica della creazione.
I materiali necessari alla creazione dell’opera d’arte possono essere distinti in materiali songsang (ad esempio, l’oggetto dell’espressione) e materiali hiongsang (i mezzi dell’espressione). I materiali songsang sono definiti come la “materia-soggetto”. Nella composizione letteraria, gli avvenimenti, le azioni e gli oggetti descritti sono la materia-soggetto. Nella pittura, le persone, il paesaggio e le altre immagini sono la materia-soggetto. La materia-soggetto equivale al tema, nella formazione della base delle quattro posizioni interna per la creazione artistica.
I materiali hiongsang (materiali fisici) sono invece il “mezzo”. Nella scultura, vengono utilizzati materiali come lo scalpello, il marmo, il legno e il bronzo. Nella pittura, sono necessari i colori, le tele, etc. Per produrre un’opera d’arte, l’artista decide la qualità e quantità di tali materiali fisici e li utilizza nella concreta creazione.
Riassumendo, l’artista produce dapprima una concezione e poi completa l’opera usando specifici materiali, in un processo che definiamo come la struttura in due stadi della creazione. (12)
Fig. 7.2 – La struttura in due stadi della creazione artistica
D. STILI E SCUOLE DELLA CREAZIONE ARTISTICA
Lo stile creativo è il metodo dell’espressione artistica, ovvero il modo particolare in cui si forma la struttura in due stadi della creazione. Qui è importante la maniera in cui si forma la base delle quattro posizioni interna, cioè lo stile della concezione. La base delle quattro posizioni interna deriva dall’azione di dare e ricevere tra il Songsang Interno (intelligenza, sentimento e volontà) e lo Hiongsang Interno (il tema), centrati sulla motivazione (lo scopo). Perciò, alle differenze della motivazione corrispondono anche differenze nell’opera finita, così come risultano diverse opere che hanno la stessa motivazione, ma divergenze nel Songsang Interno o nello Hiongsang Interno. Le variabili di ciascuno di questi tre elementi comportano differenti concezioni, oltre che opere diverse. Da ciò traggono origine i vari stili della creazione, sulla base dei quali sono emerse varie scuole artistiche. Qui di seguito descriveremo brevemente alcune delle principali correnti artistiche dell’Occidente.
1. L’Idealismo
L’idealismo mira ad esprimere la bellezza ideale, idealizzando gli esseri umani e il mondo. Erano idealisti molti artisti del Rinascimento, attivi durante il XVI secolo, e Raffaello Sanzio può essere indicato come uno dei principali esponenti di questa scuola.
2. Il Classicismo
Il classicismo proviene dalla tendenza, manifestatasi nei secoli XVII e XVIII, a seguire le forme espressive dell’arte greco-romana. Esso attribuisce importanza fondamentale alla forma e cerca di ottenere unità ed equilibrio. Un’opera letteraria tipica di questo periodo è il Faust di Wolfgang Johann Goethe (1749-1832), mentre fra i pittori possiamo ricordare Jacques-Louis David (1748-1825) e Jean Auguste Dominique Ingres (1780-1867).
3. Il Romanticismo
In contrapposizione all’enfasi formale del classicismo, i romantici (XVIII e XIX secolo) vollero sottolineare l’intensità delle passioni. Tra essi possiamo menzionare lo scrittore Victor-Marie Hugo (1802-1885), il poeta George Gordon Byron (1788-1824) e il pittore Eugène Delacroix (1798-1863).
4. Il Realismo e il Naturalismo
Il realismo si prefigge di raffigurare la realtà qual essa è: è uno stile emerso come reazione al romanticismo, durante la seconda metà del XIX secolo. Esponenti di questa scuola furono i pittori Jean Baptiste Camille Corot (1796-1875), Jean-François Millet (1814-1875), e Gustave Courbet (1819-1877), e lo scrittore Gustave Flaubert (1821-1880). Lo stile realista incoraggiò la tendenza al positivismo e, successivamente, al naturalismo, che trovò un autorevole rappresentante in Emile Zola (1840-1902). Nel campo delle belle arti, è difficile tracciare una netta demarcazione tra il realismo e il naturalismo.
5. Il Simbolismo
Il simbolismo si diffuse tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX in contrapposizione al realismo. Come scuola letteraria, si esercitò a esprimere i sentimenti in simboli, e abbandonò le tradizioni e le forme del passato. Figura rappresentativa di questa corrente è il poeta Jean Nicholas Arthur Rimbaud (1854-1891).
6. L’Impressionismo
La scuola impressionista considera l’immagine catturata in un istante come la vera immagine delle cose, e cerca di esprimere le impressioni momentanee delle forme e dei colori. Il movimento impressionista si sviluppò in Francia nel tardo XIX secolo. Édouard Manet (1832-1883) e Claude Monet (1840-1926) sono i maestri più celebri di questa scuola.
7. L’Espressionismo
Al contrario dell’impressionismo, che raffigura le impressioni provenienti dall’esterno, l’espressionismo punta a mostrare il lato interiore della percezione. L’espressionismo si è affermato come reazione all’impressionismo, all’inizio del XX secolo. I pittori Vasilij Vasilevich Kandinskij (1866-1944) e Franz Marc (1880-1916) e lo scrittore Franz Werfel (1890-1945) appartengono a questo filone.
8. Il Cubismo
Il cubismo è un movimento artistico dell’inizio del XX secolo, inteso a scomporre mentalmente gli oggetti in forme semplici, per poi riaggregarle secondo la soggettività dell’artista. Esempio di questa corrente è il pittore Pablo Picasso (1881-1973).
9. L’Unificazionismo
Lo stile della teoria dell’arte dell’Unificazione è l’unificazionismo, che unisce idealismo e realismo, con al centro lo scopo della creazione.
Fig. 7.3 – Lo stile artistico dell’Unificazionismo
Esso vuole contribuire a realizzare il Regno dei Cieli sulla terra, perciò annette importanza alla realtà e, conseguentemente, si rifà al realismo. Nello stesso tempo, tuttavia, esso coltiva, pur immerso nella realtà, l’ideale del ritorno al mondo originale e attinge anche all’idealismo. Questo atteggiamento creativo basato sull’unificazione tra realtà e ideale è coerente con i Principi. Ad esempio, l’unificazionismo raffigurerebbe l’immagine di un uomo pieno di speranza, che s’impegna a superare le difficoltà del mondo del peccato, anelando al mondo ideale originale. L’unificazionismo è il “Cuorismo”, cioè una teoria centrata sul Cuore di Dio, ed esprime l’amore ideale, con Dio al centro, che naturalmente contiene anche elementi romantici. Vi è però qualche differenza rispetto al romanticismo del passato: l’unificazionismo tratta l’amore tra uomo e donna come il sentimento ideale e realistico imperniato sull’amore di Dio.
I vari stili e le diverse scuole d’arte citati sopra possono essere raggruppati, in senso ampio, nelle due correnti del realismo e dell’idealismo; il primo non è inteso come lo stile che rappresenta la realtà così com’è, ma nel senso dello stile che è reputato più rispondente al gusto corrente di uno specifico periodo; il secondo non è inteso come lo stile che rappresenta gli esseri umani e la realtà ideali, bensì come quello che tenta di dar vita a qualcosa di nuovo, orientato al futuro, in contrapposizione con le mode dominanti di uno specifico periodo.
In questo senso, ognuno degli stili del passato è stato ideato in partenza come “idealismo” ma è poi diventato “realismo”. Dell’unificazionismo si può quindi dire che è lo stile artistico che, anche in questo senso, unisce realismo e idealismo.
Nell’unificazionismo, che è uno stile modellato sull’atto creativo di Dio centrato sul Cuore e lo scopo della creazione, lo stile fondamentale è immutabile ed eterno, anche se possono esserci diversità dovute alle personalità dei diversi autori.
V. I REQUISITI DELL’APPREZZAMENTO
L’apprezzamento di un lavoro artistico è una forma di azione di dare e ricevere; di conseguenza, anche nell’apprezzamento, vengono in rilievo certi requisiti del soggetto e dell’oggetto, che descriveremo qui di seguito.
A. I REQUISITI DEL SOGGETTO NELL’APPREZZAMENTO
Per prima cosa, come requisito songsang, l’estimatore deve assumere un atteggiamento corretto, nel gustare la bellezza dell’opera d’arte, basato sull’intuizione e la contemplazione. In altre parole, l’estimatore deve osservare l’opera con mente lucida, liberandosi da pensieri mondani o impuri. Per fare ciò, è necessario armonizzare la mente spirituale e quella fisica, in modo che tra esse si stabilisca una relazione di soggetto e oggetto centrata sul Cuore: l’estimatore deve quindi ricercare primariamente i valori di verità, bontà e bellezza, e secondariamente i valori fisici.
Inoltre, l’estimatore deve possedere un certo grado di cultura, gusto, filosofia, personalità, etc., per essere in grado di capire l’aspetto songsang dell’autore dell’opera, e segnatamente la motivazione (lo scopo), il tema, la concezione, la filosofia, le circostanze storiche e sociali, e così via. Comprendere un’opera d’arte è il risultato di un processo in cui il songsang dell’estimatore si accosta al songsang dell’opera, evidenziando le affinità tra l’estimatore e l’opera d’arte: da qui si produce la gioia dell’apprezzamento.
Ad esempio, per apprezzare le opere di Millet, bisogna comprendere anche il suo modo di pensare. All’epoca della rivoluzione del febbraio 1847, sulla Francia gravava la pesante atmosfera delle riforme socialiste. Si dice che Millet, non amando quell’atmosfera, fosse attratto dalla vita semplice della campagna. In effetti, abitando tra i contadini, egli era ispirato a ritrarre il loro stile di vita. (13) Comprendendo lo stato d’animo di Millet, è più facile riconoscere la bellezza dei suoi dipinti.
L’estimatore, per esaltare le proprie affinità con l’oggetto d’arte, intraprende anch’egli un’attività creativa. Con la sua “azione soggettiva”, l’estimatore aggiunge all’oggetto elementi soggettivi, apportando così nuovo valore a quello già infuso dall’artista. L’estimatore così può godere dell’accresciuto valore dell’oggetto. L’azione soggettiva corrisponde alla “empatia”, così com’è stata definita da Theodor Lipps (1851-1914). (14) Ad esempio, in una rappresentazione teatrale o in un pezzo cinematografico, quando l’attore scoppia in lacrime, anche il pubblico piange con l’attore, come se quest’ultimo fosse davvero triste. Il pubblico, cioè, proietta i suoi sentimenti sull’attore, valutando l’oggetto soggettivamente. Questo è un esempio di azione soggettiva, o empatia. Tramite l’azione soggettiva, l’estimatore si unisce strettamente all’opera d’arte e ne riceve la gioia più intensa.
Inoltre, l’estimatore sintetizza i vari elementi fisici, scoperti attraverso la contemplazione, e compone la loro complessiva armonia e unità nel songsang (la concezione) dell’artista, espresso nell’opera. In altre parole, l’estimatore riscontra l’armonia tra il songsang e lo hiongsang nell’opera.
I requisiti hiongsang dell’estimatore sono dati dal suo stato fisico: gli organi visivi e uditivi devono essere in buone condizioni e il cervello e i nervi efficienti. Poiché l’uomo è un essere in cui songsang e hiongsang sono uniti, la salute corporea è imprescindibile per l’apprezzamento della bellezza, che è un’attività esplicata dal songsang.
B. I REQUISITI DELL’OGGETTO NELL’APPREZZAMENTO
Per prima cosa, per quanto riguarda i requisiti dell’oggetto (l’opera d’arte), gli elementi fisici devono essere in armonia, centrati sullo scopo della creazione. In secondo luogo, il songsang (la motivazione, lo scopo, il tema, la concezione) e lo hiongsang (gli elementi fisici) dell’opera devono anch’essi essere armonizzati.
Va considerato che, nell’apprezzamento, l’opera d’arte è un oggetto finito, posto davanti all’estimatore, di cui quest’ultimo non può cambiare a piacimento le caratteristiche. Tuttavia, come abbiamo notato in precedenza, le affinità tra l’estimatore e l’opera possono essere esaltate con l’apporto della soggettività dell’estimatore stesso (tramite l’azione soggettiva).
È anche importante, nell’esposizione delle opere d’arte, preparare l’ambiente in termini di disposizione, sfondo e illuminazione, in modo da creare un’atmosfera consona all’apprezzamento.
C. IL GIUDIZIO DELLA BELLEZZA
Sulla base del principio per cui il valore si determina attraverso la relazione correlativa tra il soggetto e l’oggetto (la relazione dell’azione di dare e ricevere), la bellezza si determina tramite l’azione di dare e ricevere tra l’estimatore (un soggetto dotato dei requisiti che abbiamo trattato sopra) e un’opera d’arte (un oggetto fornito dei requisiti dei quali anche abbiamo discusso poc’anzi). Ciò significa che il giudizio concernente la bellezza ha luogo quando il desiderio che induce l’estimatore a ricercare la bellezza stessa è esaudito dallo stimolo emotivo proveniente dall’opera d’arte, costituito appunto da elementi di bellezza che infiammano i sentimenti del soggetto. In questo modo, la bellezza stessa non esiste oggettivamente; gli elementi di bellezza presenti nell’opera d’arte si convertono in effettiva bellezza quando l’estimatore li apprezza come tali.
Analizziamo ora la differenza tra un giudizio di bellezza e un giudizio cognitivo. Il giudizio di cognizione è fondato sulla collazione tra il soggetto (gli elementi interiori o i prototipi) e l’oggetto (gli elementi esteriori o il contenuto sensoriale). Anche il giudizio estetico si basa sulla collazione tra il soggetto e l’oggetto. Qual è la differenza?
Quando nella collazione la facoltà dell’intelligenza è più attiva delle altre facoltà, viene elaborato un giudizio cognitivo; se invece è più attiva la facoltà del sentimento, si produce un giudizio estetico. In altre parole, nel giudizio cognitivo gli elementi fisici dell’oggetto sono compresi intellettualmente, mentre in quello estetico quegli stessi elementi sono percepiti emotivamente.
Fig. 7.4 – Giudizio estetico e giudizio cognitivo
Tuttavia, dal momento che è impossibile scindere completamente le due facoltà dell’intelligenza e del sentimento, la valutazione estetica è sempre accompagnata dalla cognizione: ad esempio, il giudizio estetico per cui “questo fiore è bello” è accompagnato dalla nozione che “questo è un fiore” ovvero “questo fiore è una rosa”.
VI. L’UNITÀ NELL’ARTE
Le attività artistiche coinvolgono varie coppie di aspetti (elementi) correlativi, quali la creazione e l’apprezzamento, il contenuto e la forma, l’universalità e l’individualità, l’eternità e la temporaneità. Originalmente, questi aspetti (elementi) correlativi erano uniti, non separati. Tuttavia, fino a oggi nelle attività artistiche c’è stata una tendenza a separarli o a far prevalere un elemento sull’altro. È per questo che la teoria dell’arte dell’Unificazione intende chiarire la natura dell’unità di questi aspetti correlativi.
A. L’UNITÀ TRA CREAZIONE E APPREZZAMENTO
Comunemente si ritiene che la creazione sia compito dell’artista, mentre l’apprezzamento sia riservato alla generalità del pubblico; dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, invece) questi due aspetti sono semplicemente due momenti diversi nell’azione del dominio. Per esercitare il dominio sopra una cosa, sono necessari gli aspetti correlativi della cognizione e della pratica che, quando si esprimono con al centro il sentimento, costituiscono esattamente l’apprezzamento e la creazione in ambito artistico. La cognizione e la pratica formano i due circuiti reciproci dell’azione di dare e ricevere tra il soggetto (l’uomo) e l’oggetto (tutte le cose). Perciò, non può esserci pratica senza cognizione né cognizione senza pratica e, in particolare nella relazione tra creazione e apprezzamento nell’arte, non può esserci apprezzamento senza creazione né creazione senza apprezzamento. L’artista, proprio mentre è impegnato nella creazione, apprezza il suo stesso lavoro; ma anche l’estimatore, nell’apprezzare un’opera d’arte, compie un gesto creativo, un’azione soggettiva, che consiste nella creazione additiva, di cui abbiamo parlato in precedenza.
B. L’UNITÀ TRA CONTENUTI E FORMA
Talune scuole d’arte, come il classicismo, danno più importanza alla forma, mentre altre scuole si disinteressano della forma per privilegiare i contenuti. Forma e contenuti, tuttavia, sono in rapporto tra loro come songsang e hiongsang e perciò, originalmente, devono essere uniti: in altre parole, occorre stabilire armonia tra i contenuti songsang (come la motivazione, il tema e la concezione) e la forma in cui essi sono espressi materialmente (lo hiongsang). Il critico d’arte giapponese Tsutomu Jima, affermando che “la forma è in effetti la forma dei contenuti, e il contenuto non è altro che il contenuto della forma”, (15) ci conferma che contenuti e forma devono essere uniti.
C. L’UNITÀ TRA UNIVERSALITÀ E INDIVIDUALITÀ
Proprio come l’immagine universale e l’immagine individuale sono unite in tutti gli esseri creati, così nell’arte sono unite universalità e individualità. Prima c’è l’unità di universalità e individualità nell’artista. Ogni artista ha la propria unica personalità, ma nello stesso tempo fa riferimento a una certa scuola o segue un particolare metodo creativo comune ad altri artisti della stessa regione o della stessa epoca. Il primo aspetto è l’individualità, il secondo l’universalità. Dal momento che gli artisti denotano universalità e individualità in questo modo, necessariamente le loro opere manifestano l’unità dell’universalità e dell’individualità, in maniera che la bellezza individuale e quella universale siano espresse unitariamente.
Anche nella cultura c’è unità tra l’universalità e l’individualità: la cultura di una certa regione ha caratteristiche specifiche riconducibili a quella regione, ma possiede anche tratti comuni alla cultura dell’area più grande cui appartiene. Ad esempio, la statua di Buddha nella cripta di Seoggul-am in Corea è espressione della cultura Silla. È risaputo, peraltro, che questa scultura risente dell’influenza dello stile di Gandhara, che fuse l’arte greca e la cultura buddista. Così, nel Buddha di Seoggul-am troviamo uniti sia elementi nazionali (la cultura Silla) che elementi internazionali (l’arte di Gandhara).
A questo punto sorge spontanea una domanda. Cosa accadrà alla cultura tradizionale delle varie nazioni quando, nel futuro, si formerà la cultura dell’Unificazione? Al riguardo, esaminiamo prima quale sia la posizione comunista. Secondo la teoria della base e delle sovrastrutture, illustrata nel materialismo storico, l’arte è una componente della sovrastruttura; perciò, con lo sviluppo dell’economia (la base) anche l’arte deve attraversare una trasformazione. In questa prospettiva, è inutile conservare le culture tradizionali. D’altronde, è facile osservare che quando se ne presenta la necessità, i comunisti mantengono le culture tradizionali soltanto in funzione tattica, quando esse si dimostrano utili veicoli per la propaganda comunista. Ma non è così per l’unificazionismo, che mira a formare una cultura unificata conservando nel contempo le culture nazionali. Questo significa che la cultura dell’Unificazione verrà dalla riunione delle essenze delle diverse culture nazionali che, ciascuna con le sue speciali peculiarità, saranno tutte elevate a una dimensione più alta.
D. L’UNITÀ TRA ETERNITÀ E ATTUALITÀ
Ogni essere creato unisce in sé la base delle quattro posizioni statica per il mantenimento dell’identità e la base delle quattro posizioni dinamica per lo sviluppo, e perciò esiste come unità dell’immutabilità e del mutamento – cioè unità dell’eternità e dell’attualità. Analogamente, in un’opera d’arte, l’elemento eterno e quello attuale sono uniti. Ad esempio, l’Angelus di Millet raffigura una chiesa, un contadino e sua moglie in preghiera e un paesaggio di campagna: vi si può vedere l’unità tra eternità e temporalità, dal momento che la chiesa e le persone assorte nella preghiera trascendono le epoche e sono eterne, mentre l’ambiente agreste e l’abbigliamento della coppia sono precari e pertinenti a una particolare collocazione temporale. Come ulteriore esempio, possiamo pensare a una composizione di fiori in un vaso. I fiori, in particolare, rappresentano qualcosa di eterno, che esiste da lunghissimo tempo, ma il modo di disporli nel vaso, in cui sono contenuti, è caratteristico di un dato periodo. Di conseguenza, anche qui troviamo espressa l’unità di eternità e attualità. La bellezza di un ‘opera d’arte è ancor più toccante, quando riusciamo a cogliere e apprezzare “il momento nell’eternità” o “l’eternità nel momento”, che abbiamo appena descritto.
VII. L’ARTE E L’ETICA
L’arte è una forma del dominio sulla creazione che, dal punto di vista originale, può essere esercitato soltanto da colui che ha raggiunto la perfezione, dopo essere passato attraverso il processo dello sviluppo nei suoi tre stadi di formazione, crescita e completezza. La perfezione consiste di perfezione dell’amore e perfezione della personalità. Perciò, un uomo deve, per prima cosa, diventare una persona etica, e poi, su questa fondazione, avere il dominio su tutte le cose. Un artista deve quindi necessariamente essere una persona etica.
Riflettiamo sulla relazione tra l’etica e l’arte dalla prospettiva della relazione tra amore e bellezza. L’amore è una forza emotiva che il soggetto dà all’oggetto, e la bellezza è uno stimolo emotivo che il soggetto riceve dall’oggetto. Amore e bellezza sono così strettamente correlati da essere come le due facce della stessa medaglia: da ciò possiamo comprendere come l’etica, che si occupa dell’amore, e l’arte, che s’interessa alla bellezza, siano inseparabilmente legate. Considerando l’arte e l’etica a questa stregua, arriviamo a concludere che la vera bellezza si fonda sul vero amore. Fino a oggi, a dire il vero, non è stato proprio così, perché è mancata una ferma presa di posizione filosofica sul fatto che l’artista debba essere una persona morale. Di conseguenza, molti artisti, soprattutto scrittori, hanno scelto l’amore come loro tema, ma si è trattato dell’amore senza principi del mondo caduto.
La storia è piena di esempi. Oscar Wilde (1854-1900), un fautore dell’estetismo (l’arte fine a sé stessa), fu accusato di omosessualità e morì nella disillusione e nella miseria. Il poeta romantico Lord Byron, lungo tutto il corso della sua attività letteraria, intrattenne relazioni illegittime con molte donne e condusse una vita dissipata. Le opere di simili artisti ne esprimono l’amore caduto e l’agonia.
All’opposto, ci sono scrittori che hanno celebrato il vero amore, come Lev Nicolaevich Tolstoj (1828-1910). In parallelo con la denuncia della corruzione della nobiltà, nella società russa del suo tempo, Tolstoj descrisse il vero amore: egli usò lo stile realista per raffigurare la realtà, e simultaneamente impiegò lo stile dell’idealismo, nella ricerca dell’ideale. Ben pochi, purtroppo, sono stati gli artisti che, come Tolstoj, hanno sviluppato la loro creatività nella direzione del vero amore.
VIII. I TIPI DELLA BELLEZZA
A. TIPI DI AMORE E BELLEZZA DAL PUNTO DI VISTA DEL PENSIERO DELL’UNIFICAZIONE
Quando soggetto e oggetto intraprendono un’azione di dare e ricevere centrata sullo scopo, si determina la bellezza. Di conseguenza, la bellezza varia a seconda dell’osservatore (il soggetto), ma anche del tipo di oggetto (un’opera d’arte, una manifestazione della natura). Nella bellezza c’è un’infinita varietà; tuttavia, i tipi di bellezza possono essere determinati raggruppando generi di bellezza simili. Gli studiosi hanno provato a rappresentare i tipi principali di bellezza e individuarne i caratteri distintivi.
Come abbiamo già detto, dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, amore e bellezza sono inseparabili, e la bellezza non può esistere senza l’amore. Quanto più i genitori amano i loro figli, tanto più questi paiono belli. Allo stesso modo, quando la quantità dell’amore aumenta, si avverte anche l’intensificarsi della bellezza. Amore e bellezza formano un circolo reciproco nell’azione di dare e ricevere tra soggetto e oggetto: in altri termini, il soggetto dà amore all’oggetto, e quest’ultimo restituisce bellezza all’altro. In questo modo, amore e bellezza sono come le due facce di una medaglia e perciò, nell’immaginare i tipi di bellezza, la prima cosa da fare è denominare i diversi tipi d’amore.
L’amore di Dio si manifesta distributivamente nella famiglia, in cui lo schema fondamentale dell’amore si articola nelle tre forme dell’amore distributivo: amore genitoriale, amore coniugale e amore filiale. Questi tre tipi principali possono essere ulteriormente suddivisi in “a” amore paterno e materno, “b” amore del marito e della moglie, “c” amore del figlio e della figlia, “d” amore del fratello (amore del fratello maggiore e del fratello minore), “e” amore della sorella (amore della sorella maggiore e della sorella minore) e “f” amore adulto, amore dell’adolescente.
L’amore paterno e materno, oppure l’amore del marito e della moglie, riguardano una relazione di corrispondenza; ciascuno di essi può essere definito come amore “da un lato” rispetto all’altro.
L’amore paterno ha caratteri di severità, magnanimità, ampiezza, solennità, profondità, autorevolezza, e così via. Conseguentemente, l’amore paterno si manifesta nelle forme dell’amore severo, magnanimo, ampio, solenne, profondo, autorevole, e così via. Dall’altra parte, l’amore materno è pacato e quieto, e si manifesta come amore armonioso, nobile, caldo, delicato, gentile, appassionato, e così via.
C’è poi l’amore coniugale. L’amore del marito è maschile e si manifesta alla moglie come amore attivo, affidabile, coraggioso, risoluto, e così via. L’amore della moglie è femminile e appare al marito come amore passivo, solidale, sommesso, riservato, e così via.
L’amore dei figli si mostra ai genitori come amore devoto, obbediente, dipendente, giovane, divertente, grazioso, e così via. Inoltre, l’amore del fratello maggiore, così come quello della sorella maggiore, nei confronti dei fratelli e delle sorelle minori, ma anche l’amore del fratello o della sorella più giovane verso i fratelli e le sorelle più grandi – ciascuno di questi tipi d’amore ha proprie caratteristiche speciali. Le tre forme principali d’amore sono in tal modo diversificate, e si rivelano in amori d’innumerevoli colori.
In coincidenza con le tre forme principali dell’amore, si stabiliscono tre forme principali di bellezza, e precisamente la bellezza dei genitori, la bellezza coniugale e la bellezza dei figli, che a loro volta si diversificano in “a” bellezza paterna e materna, “b” bellezza del marito e della moglie, “c” bellezza del figlio e della figlia, “d” bellezza del fratello (bellezza del fratello maggiore e del fratello minore), “e” bellezza della sorella (bellezza della sorella maggiore e della sorella minore), “f” bellezza adulta, bellezza dell’adolescente, e così via.
Quale ulteriore suddivisione, si possono identificare le bellezze che accompagnano le diverse caratteristiche. Ad esempio, la bellezza paterna è severa, magnanima, vasta, solenne, profonda, formidabile; la bellezza materna è aggraziata, nobile, accorata, delicata, gentile, appassionata; la bellezza del marito è mascolina, attiva, affidabile, coraggiosa, risoluta, intrepida; la bellezza della moglie è femminile, passiva, solidale, sommessa, riservata, tenera; la bellezza dei figli è devota, obbediente, dipendente, giovane, divertente, graziosa.
L’amore che un padre dà ai suoi figli non è sempre quieto e caldo. Quando i bimbi non obbediscono alle sue istruzioni, il padre li rimprovererà con severità. In queste occasioni, i figli possono anche star male, ma più tardi si sentiranno grati. Non c’è solo l’amore primaverile e caloroso, ma anche quello invernale e rigido. Quest’ultimo sarà inteso dai figli come una bellezza, che potremo definire rigida.
Supponiamo che un ragazzo abbia commesso un grosso sbaglio e torni a casa preparato a essere duramente sgridato dal padre, ma quest’ultimo inaspettatamente lo perdoni e gli dica: “Va tutto bene”. In un’occasione simile, il figlio riceverebbe dal padre una sensazione di bellezza vasta come l’oceano: è la bellezza magnanima. Così, i figli che ricevono vari tipi d’amore dal padre sperimentano una bellezza con tante sfumature. L’amore della madre è differente da quello del padre: è sempre delicato e sereno, e i figli lo sentono come un’espressione di bellezza aggraziata e gentile.
L’amore del marito è sentito dalla moglie come mascolino e rude: è la bellezza mascolina. Di converso, l’amore che la moglie restituisce al marito è sentito da questo come femmineo e tenero: è la bellezza femminile.
Fa parte della natura originale dei figli cercare di compiacere i loro genitori, disegnando, danzando o facendo altre cose: è l’amore dei figli, e i genitori percepiscono le azioni dei figli come aggraziate e belle oppure, a volte, assai comiche. C’è quindi anche una bellezza comica. Man mano che i figli crescono, i genitori assaporano la bellezza corrispondente alla loro età. Tra i figli si manifestano aspetti di bellezza unici, specialmente quelli tra fratelli e sorelle, che corrispondono all’amore fraterno.
I tipi di bellezza di cui abbiamo parlato finora sono ulteriormente composti e trasformati, di modo che si generano innumerevoli specie di bellezza: quando poi queste sono trasferite nella natura o nella dimensione artistica, appare l’incanto della natura e dell’opera d’arte. I vari aspetti della bellezza, generata nelle relazioni umane basate sulla famiglia, si trasfondono nel rapporto tra l’uomo e la natura e tra l’uomo e l’opera d’arte.
Ad esempio, chi osserva un’imponente montagna o una cascata che si lancia da un’alta rupe, avverte una bellezza solenne, che è l’estensione e la trasformazione della bellezza paterna. Chi invece ammira la quiete di un lago o la calma di un prato, percepisce l’estensione e la trasformazione della bellezza materna. I cuccioli d’animali o le piante in germoglio sono amabili come l’estensione e la trasformazione della bellezza fanciullesca.
Lo stesso può dirsi delle opere d’arte. Ad esempio, le raffigurazioni pittoriche o scultoree della Madonna esprimono la bellezza materna, mentre nell’architettura gotica si può vedere tradotta la bellezza paterna.
B. TIPI DI BELLEZZA TRADIZIONALI
Nella storia dell’estetica, la grazia e la meraviglia sono state citate come esempi primari della bellezza. La grazia piace in modo affermativo e diretto, con un buon equilibrio di bellezza e armonia, mentre la meraviglia dà un’impressione di stupore e un senso di sgomento, quale si può provare davanti a un’alta montagna o un’onda potente.
Secondo Kant, nella bellezza sono insite le componenti della bellezza libera (freie Schönheit) a della bellezza dipendente (abhängige Schönheit). La prima è percepita e condivisa da tutti, e non è limitata da alcun particolare concetto. La seconda, invece, è correlata a un certo scopo (o concetto) e si caratterizzata per essere appropriata (per esempio, un capo di abbigliamento o un posto in cui vivere).
Anche la bellezza pura, quella tragica, quella comica, generalmente citate, insieme ad altri tipi, nelle teorie dell’arte, sono state individuate attraverso l’esperienza umana e i criteri posti a base della loro classificazione sono ambigui. Al contrario, i tipi di bellezza descritti nella teoria dell’Arte dell’Unificazione sono basati su chiari principi.
IX. CRITICA DEL REALISMO SOCIALISTA
A. IL REALISMO SOCIALISTA
La produzione artistica, conosciuta come realismo socialista, ha svolto un ruolo assai importante nell’ambito della rivoluzione comunista. Ma cos’è esattamente il realismo socialista? Secondo Lenin, l’arte deve schierarsi dalla parte del proletariato. L’arte appartiene al popolo. La fonte più profonda dell’arte va scoperta nella vastità della classe lavoratrice. L’arte deve essere fondata sui loro sentimenti, pensieri e bisogni, e deve crescere con loro. (16) La letteratura deve diventare letteratura di partito. Banditi gli scrittori disimpegnati e i superuomini letterari, la letteratura deve partecipare alla causa comune del proletariato e divenire la “ruota dentata” di un unico grande meccanismo socialdemocratico messo in movimento dall’intera avanguardia, politicamente consapevole, della classe lavoratrice. (17)
Il capostipite degli scrittori del realismo socialista, Gorkij, affermò che per i letterati è necessario tenere alto il proprio punto di vista, nella vita e nell’opera creativa, così da vedere chiaramente i sordidi crimini del capitalismo, dagl’intenti malevoli e sanguinari, e la grandezza dell’azione eroica del proletariato. (18) Nell’età contemporanea, secondo Gorkij, gli scrittori hanno la missione di svolgere due ruoli contemporaneamente, quello di una levatrice (per il socialismo) e di un necroforo (per il capitalismo). Lo scopo principale del realismo socialista consiste nell’ispirare una visione, o un senso, del mondo socialista e rivoluzionario. In altri termini, scrivere poesie e novelle, dipingere, e tutto il resto, deve puntare all’obiettivo di denunciare i crimini del capitalismo e esaltare il socialismo, e le opere d’arte devono ispirare lettori e osservatori a mobilitarsi per la rivoluzione con la mente infiammata dalla giustizia.
Il realismo socialista fu teorizzato dagli artisti sovietici nel 1932, sotto l’egida di Stalin, e fu applicato a tutte le espressioni artistiche, quali la letteratura, la drammaturgia, il cinema, la pittura, la scultura, la musica e l’architettura. Esso si propone di descrivere la realtà in modo accurato, secondo un’interpretazione storica rapportata allo sviluppo rivoluzionario e abbinare la propria espressione artistica ai temi della riforma ideologica e dell’educazione dei lavoratori nello spirito socialista.
Possiamo ritrovare la base teoretica, dalla quale ha preso le mosse il realismo socialista, nella teoria marxista della base e della sovrastruttura. Per Marx, la totalità delle relazioni di produzione costituisce la struttura economica della società e la fondazione stessa, sulla quale si ergono le sovrastrutture legali e politiche e alla quale corrispondono distinte forme di consapevolezza sociale (compresa l’arte). (19)
Stalin sviluppò ulteriormente la teoria della base e della sovrastruttura. Una volta venuta ad esistenza, la sovrastruttura diventa una forza incredibilmente attiva, che aiuta dinamicamente la base a prendere forma e consolidarsi. La sovrastruttura è creata dalla base con uno scopo preciso: è il prodotto di una sola epoca, quella in cui una data base economica esiste e opera. La sovrastruttura ha perciò breve vita; viene eliminata e scompare insieme con l’eliminazione e la scomparsa di una determinata base. (20)
Riassumendo, possiamo dire che l’arte comunista deve collaborare attivamente a distruggere il sistema capitalista e la sua sovrastruttura, per poi, nella società socialista, adoperarsi alacremente per mantenere e rafforzare il sistema economico comunista, educando il popolo lavoratore. Il realismo socialista fu stabilito sulla base di questa teoria.
B. CRITICA DEL REALISMO SOCIALISTA
Come dimostrano le parole di Lenin, “la letteratura deve appartenere al partito”, di Stalin, “gli scrittori sono gl’ingegneri dello spirito umano”, e di Gorkij, “gli scrittori sono le levatrici del socialismo e i necrofori del capitalismo”, artisti e letterati devono assolutamente seguire le direttive del partito, senza alcun riguardo per la loro personalità e libertà. Di conseguenza, nell’Unione Sovietica, gl’intellettuali sono stati sorvegliati e oppressi fin dall’inizio della rivoluzione. In particolare alla fine degli anni 30, quando Stalin impose il realismo socialista, moltissimi artisti e letterati furono arrestati ed eliminati come eretici. (21)
Anche dopo la morte di Stalin, il realismo socialista continuò a regnare come l’unica teoria dell’arte accettata, e molti uomini d’arte divennero dissidenti. Nella sua analisi, Herbert Read disse che il realismo socialista non è altro che lo sforzo d’imbottire l’arte di temi intellettualoidi e dogmatici. (22) Ilja Grigorievich Erenburg (1891-1967), un giornalista e novellista sovietico cui vennero assegnati due Premi Stalin per le sue opere, ma più tardi divenne un oppositore dello stalinismo, disse che un suo libro, in cui si parlava delle tessitrici di una filanda, non descriveva esseri umani ma macchine, e non sentimenti umani ma meri processi di produzione”. Così egli deplorò l’immagine dell’uomo dipinta dal realismo socialista.
Anche il critico d’arte coreano Yohan Choe criticò questo aspetto: “I contadini e gli operai descritti dagli autori sovietici sono eroi meravigliosi che non mostrano neppure il più remoto segno d’imbarazzo. Infatti, il regime sovietico ha propagato una teoria basata sull’assenza di conflitti. Quei personaggi non sembrano avere alcun genere di ansietà: non hanno una vita che gli appartenga. È per questo motivo che la letteratura comunista non può mai esprimere la dimensione interiore di un uomo”. (23)
Nell’aprile del 1986, si verificò un gravissimo incidente nello stabilimento nucleare di Chernobyl, in Ucraina (allora una repubblica dell’URSS). Parlando dell’incidente, Mikhail Gorbachev disse che si era trattato di un enorme disastro, ma il problema più grave da affrontare era la burocrazia. Parlando a una riunione del sindacato degli scrittori, Gorbachev ricordò che, al tempo della rivoluzione, Gorkij aveva denunciato e condannato la corruzione e i crimini dei funzionari pubblici. Allo stesso di quelli, anche i funzionari sovietici erano diventati meri burocrati, e il malcostume era dilagante. Così, Gorbachev incoraggiò gli scrittori a criticare i burocrati con le loro opere. Peraltro, come un poeta subito fece presente, perché ciò potesse accadere, il governo sovietico avrebbe dovuto rinunciare alla censura: gli artisti sovietici erano sempre stati privati della loro libertà, in nome del realismo socialista.
Nella Cina comunista, Mao Tse Tung concesse per qualche tempo la libertà agl’intellettuali, con lo slogan “facciamo competere cento scuole di pensiero”. In quel tempo, gli artisti in gran parte criticarono le politiche socialiste, ma poco dopo furono soppressi dalla grande rivoluzione culturale. Molti anni più tardi, Deng Xiao Ping aveva appena adottato una linea pragmatica, concedendo un po’ alla volta spazi di libertà agl’intellettuali, quando un rinomato teorico del comunismo cinese, Wang Ruo, affermò che l’alienazione umana prodotta dal socialismo non era certamente inferiore a quella che si riscontra nel capitalismo.
Considerando questi fatti, comprendiamo che il realismo socialista, funzionale alla rivoluzione proletaria e asservito alla politica del partito, ha dimostrato di essere una totale mistificazione dell’arte.
C. LA DENUNCIA DEL COMUNISMO DA PARTE DEGLI SCRITTORI
Le dittature comuniste hanno costretto gli artisti e i letterati a elogiare il comunismo, secondo le metodiche del realismo socialista, ma coloro che hanno ricercato la vera arte si sono espressi, invece, per la condanna del comunismo e delle sue falsità.
André Gide (1869-1951), uno scrittore francese affascinato dal comunismo, partecipò al funerale di Gorkij nel 1936, e da lì iniziò un viaggio di un mese attraverso l’Unione Sovietica. Gide si era preparato a quel viaggio con questi sentimenti: “Tre anni fa avevo dichiarato la mia ammirazione e il mio amore per l’Unione Sovietica. Vi si svolgeva un esperimento senza precedenti, che riempiva i nostri cuori di speranza e da cui attendevamo un enorme progresso, uno slancio capace di coinvolgere nella sua corsa l’intero genere umano … nei nostri cuori e nelle nostre menti avevamo decisamente legato il futuro stesso della cultura col destino di gloria dell’Unione Sovietica”. Tuttavia, dopo essere venuto a contatto col popolo russo in quel mese di viaggio, egli espresse candidamente la delusione cocente che quella società gli aveva procurato: “Nell’URSS ognuno sa in anticipo, una volta per tutte, che su qualunque tema non ci può essere che una sola opinione …. e ogni volta che parli con un russo è come se tu parlassi a tutti loro”. Alla fine, Gide attaccò duramente l’Unione Sovietica: “Si desidera e si richiede soltanto l’approvazione di tutto ciò che si fa nell’URSS … dubito davvero che esista un altro paese nel mondo, includendo anche la Germania di Hitler, in cui il pensiero sia meno libero, più genuflesso, più terrorizzato, più asservito”. (24)
L’autore russo Boris Leonidovich Pasternak (1890-1960) scrisse in segreto Il Dottor Zivago, un romanzo in cui espresse il suo disappunto per la rivoluzione russa, e a questa contrappose la filosofia dell’amore. Quel libro non fu pubblicato nell’Unione Sovietica, ma soltanto all’estero, iniziando dall’Italia, e divenne un grande successo. Pasternak ricevette il Premio Nobel, ma in patria, per ritorsione, fu espulso dal sindacato degli scrittori e denunciato come un reazionario nemico del socialismo. Per bocca di Zivago, che nel libro rappresenta la coscienza stessa di Pasternak, lo scrittore dice: “il marxismo una scienza? … Il marxismo è troppo incerto delle sue basi per essere una scienza. Le scienze sono più equilibrate, più obiettive. Non conosco un altro movimento più egocentrico e distante dalla realtà del marxismo”. Parlando dell’atteggiamento assunto dai rivoluzionari nei confronti degl’intellettuali, Pasternak disse: “All’inizio tutto è splendido. Vieni con noi. Noi apprezziamo opere buone, oneste, noi apprezziamo le idee, specialmente quelle nuove. Cosa può esserci di meglio? Fa’ il tuo lavoro, lotta, vai avanti. Poi, nella pratica, scopri che per idee intendono soltanto trappole verbali, che lodano la rivoluzione e il regime … ” (25)
D. GLI ERRORI DELLA TEORIA DELL’ARTE COMUNISTA DAL PUNTO DI VISTA DEL PENSIERO DELL’UNIFICAZIONE
Le cause degli errori del realismo socialista sono varie.
Innanzitutto, esso non considera l’arte come attività rivolta alla creazione di bellezza e gioia sia per l’insieme (creazione) che per l’individuo (apprezzamento), nel rispetto della personalità dell’artista, e ne ha fatto invece uno mero strumento educativo, conformato alla politica del partito. L’artista deve esprimere nelle opere la sua personalità al livello più completo, soddisfacendo in questo modo Dio e gli altri. Il realismo socialista, invece, ha spogliato l’artista della personalità, e omologato tutte le opere d’arte. Da queste premesse, è impossibile che nasca vera arte.
In secondo luogo, il realismo socialista nega Dio; perciò, esso ha perduto il riferimento fondamentale dell’attività artistica e ha stabilito invece riferimenti arbitrari basati sulla politica del partito, cui artisti e letterati sono obbligati a conformarsi.
In terzo luogo, va osservato che, come bellezza e amore sono in stretta correlazione come le due facce di una stessa medaglia, anche arte ed etica devono procedere in sintonia; al contrario, la società comunista ha rinnegato l’etica dell’amore per trasformare l’arte in uno strumento di potere e oppressione del popolo.
In quarto luogo, l’arte non è, come sostiene il realismo socialista, una sovrastruttura, né può essere ridotta a un ruolo di mero servizio del sistema economico (la base). In realtà, l’arte non è determinata dal sistema economico, e anche Marx stesso dovette da ultimo riconoscerlo.
Marx non poté spiegare perché i capolavori dell’arte e dell’epica greca, come ad esempio l’Iliade e l’Odissea, anche al di là della questione che esse siano associate con certe forme di sviluppo sociale, diano comunque piacere estetico e siano in vario modo eternamente reputate il modello ideale irreplicabile. (26) Secondo la concezione materialista della storia, la cultura greca, che è parte della sovrastruttura, avrebbe dovuto scomparire già molto tempo fa, senza lasciare traccia, e l’uomo contemporaneo non dovrebbe nutrire alcun interesse per essa. Al contrario, l’arte greca non soltanto è apprezzata ancora oggi, ma è addirittura ritenuta il modello assoluto dell’arte.
L’uomo desidera fondamentalmente ricercare i valori di verità, bontà e bellezza. Questo è vero per tutti gli uomini, sia pure caduti, in ogni epoca e universalmente. Perciò, l’opera d’arte che esprime i valori di verità, bontà e bellezza conquista il cuore di tutti. Il fatto che l’arte greca abbia continuato ad essere apprezzata fino ai giorni nostri sta a significare che essa include i valori eterni della verità, della bontà e della bellezza. In conclusione, Marx stesso ha dovuto rendere testimonianza all’incongruenza della teoria della base e della sovrastruttura.
Per finire, consideriamo Gorkij e Tolstoj, due scrittori con stili completamente diversi, ma che entrambi deplorarono la corruzione della società russa anteriore alla rivoluzione, con pari vigore e più o meno nello stesso periodo. Aderendo al comunismo, intenzionato a rovesciare il capitalismo con la violenza, Gorkij indicò la missione dell’artista come ispiratore della rivoluzione e scrisse opere che glorificavano il movimento rivoluzionario. La Madre di Gorkij, l’acclamato capolavoro letterario del realismo socialista, narra di una madre, lavoratrice analfabeta, che un po’ alla volta, sospinta dal desiderio di proteggere il suo unico figlio, incarcerato con l’accusa di cospirazione rivoluzionaria, scopre la natura classista della società e alla fine diviene essa stessa protagonista del movimento rivoluzionario.
All’opposto sta Tolstoj che, nel criticare le ingiustizie sociali, mostrò la strada per risolverli nella direzione del recupero della vera natura umana attraverso l’amore. Uno dei capolavori di Tolstoj è Resurrezione. Un aristocratico è chiamato in Tribunale come membro della giuria che deve giudicare una giovane, degradatasi dopo esser stata da lui stesso sedotta in un errore della sua gioventù. Oppresso dal rimorso della coscienza, il protagonista si pente e decide di salvarla. Alla fine, la donna è riabilitata, e anche l’uomo inizia una nuova vita.
Gorkij scelse la strada esteriore della rivoluzione sociale, Tolstoj quella interiore della rivoluzione spirituale. Qual era la strada giusta? Non certo quella della rivoluzione violenta, prediletta da Gorkij, come dimostra la realtà degli odierni regimi socialisti, basata sull’oppressione della natura umana e la corruzione dei burocrati. La strada giusta era quella tracciata da Tolstoj, mirata al rinnovamento della natura umana – sebbene si debba notare che anch’essa mostrava i suoi limiti sul tema della salvezza della società nel suo insieme.
Il Pensiero dell’Unificazione percorre contemporaneamente la via della riforma dell’umanità e della società, per trasformarle nell’umanità e nella società originali, e questo diventa possibile comprendendo in modo esatto Dio. In altre parole, riconoscendo correttamente gli attributi di Dio, che creò il genere umano e il mondo, possiamo capire quale sia lo stato ideale che Dio aveva inteso all’inizio della creazione e procedere poi a riformare l’uomo e la società in quella direzione.
Conclusivamente, la nuova arte proposta dal Pensiero dell’Unificazione è l’unificazionismo, che ricompone in unità idealismo e realismo, con al centro il Cuore (l’amore) di Dio, e mira a cambiare la realtà nella direzione dell’ideale originale dell’uomo e della società.
Note: La Teoria dell’arte
(1) cfr. il capitolo 4, La Teoria dell’Immagine Originale.
(2) Esposizione …, op. cit., pag. 38.
(3) Il Principio Divino afferma “che Dio è la Causa Prima della creazione e che Egli esiste come il Soggetto assoluto, avente caratteristiche sia di carattere che di forma originali” (Esposizione … , op. cit., pag. 25).
(4) Herbert Read, The Meaning of Art, 1931.
(5) Esposizione …, op. cit., pag. 41.
(6) Ibid., pag. 42.
(7) Nella sua Critica del Giudizio, Kant spiegò che la valutazione di un oggetto come bello è legata al sentimento di piacere che, secondo il giudizio del gusto, è valido per tutti: ciò non può essere altro che il proposito soggettivo nella rappresentazione di un oggetto privo di qualsiasi scopo (vuoi oggettivo, vuoi soggettivo), e quindi la mera forma del proposito nella rappresentazione in cui un oggetto ci si presenta, a misura della nostra consapevolezza, e anche la soddisfazione che spassionatamente reputiamo universalmente condivisibile e, di conseguenza, il campo di definizione del giudizio del gusto (A. Hofstadter e R. Kuhns, Philosophies of Art and Beauty, Chicago, 1964).
(8) Esposizione…, op. cit., pag. 40.
(9) A. Hofstadter e R. Kuhns, Philosophies of Art and Beauty, op. cit.
(10) Herbert Read, The Meaning of Art, op. cit.
(11) Beethoven disse che nulla è più bello dell’accostarsi al Divino e diffonderne i raggi sulla razza umana. In un discorso commemorativo, Roman Rolland spiegò che Beethoven aveva ripetutamente ricordato nelle sue lettere il proprio desiderio: mettere la sua arte a disposizione degli altri. Nella sua vita, Beethoven si era posto due obiettivi: la dedizione all’arte sacra e una condotta intesa a far felice il prossimo (Romain Rolland, Vie de Beethoven, Parigi, 1903).
(12) Generalmente, nella teoria estetica, il procedimento della creazione è diviso in quattro stadi: il sentimento creativo (la fase del fermento di vaghe sensazioni), il concepimento (il periodo in cui il progetto dell’opera d’arte è delineato vagamente), la raffinazione interna (il tempo dedicato allo sviluppo di un chiaro programma) e il perfezionamento esterno, (la concreta produzione con specifici materiali, e la finitura secondo particolari tecniche, dell’opera d’arte). Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, le prime tre fasi corrispondono alla formazione della base delle quattro posizioni interna, la quarta alla formazione della base delle quattro posizioni esterna.
(13) Secondo Millet, la missione delle belle arti deve essere orientata all’amore, anziché all’odio. Anche quando descrive la sofferenza del povero, l’arte non deve suscitare la gelosia verso i ceti abbienti (E. Moreau-Nélaton, Millet raconté par lui-même, Parigi, 1922). L’obiettivo principale della fede e dell’arte di Millet è esprimere quanto più possibile la poesia e la bellezza della vita umana nella pena del lavoro.
(14) Lipps parla di Einfühlung (empatia) quando il soggetto proietta sull’oggetto i sentimenti da quest’ultimo ispirati, e li sperimenta come appartenenti all’oggetto stesso.
(15) Tsutomu Jima, Estetica, Tokyo, 1958.
(16) Clara Zetkin, Reminiscenze di Lenin, Berlino, 1950.
(17) V.I. Lenin, Collected Works, op. cit., voI. 10.
(18) Maksim Gorkij, La Madre, 1907.
(19) Karl Marx, A Contribution to the Critique of Political Economy, Mosca, 1941.
(20) J.V. Stalin, Concerning Marxism in Linguistics, in Marxism and Problems of Linguistics, Pechino, Foreign Languages Press, 1972.
(21) Roy Aleksandrovich Medvedev (n. 1925), criticando Stalin, ha ricordato come scrittori e artisti fossero oppressi nella seconda metà degli anni ’30. Medvedev ha spiegato che il realismo socialista non descriveva affatto la realtà, ma al contrario imbellettava la realtà per imbellettare il comunismo. Negli anni ’40 si arrivò al punto che l’imbellettamento della realtà divenne il tratto distintivo di molti scrittori; spesso il desiderio non era distinguibile dalla realtà. La qualità artistica non poteva che essere molto bassa: in tutti i campi della letteratura e dell’arte apparve una gran quantità di opere grigie e poco interessanti (R. A. Medvedev, Let Us Judge – Origins and Consequences of Stalinism, Londra, 1972).
(22) Herbert Read, Art and Society, 1937.
(23) Yolian Choe, La Filosofia dell’Arte, Seoul, 1974.
(24) André Gide, Retour de l’URSS, 1936.
(25) Boris Leonidovich Pasternak, Il dottor Zivago, Milano, 1957.
(26) Karl Marx, A Contribution to the Critique … , op. cit.
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