L’Epistemologia
L’epistemologia è la teoria che studia come si possa acquisire la cognizione di un oggetto e ottenere una conoscenza corretta. Il suo scopo è portare alla luce l’origine, il metodo e lo sviluppo della cognizione. Il termine “epistemologia” è la combinazione delle parole greche episteme, che significa “conoscenza”, e logia, che vuol dire “teoria”. Si dice sia stata usata per la prima volta da James Frederick Ferrier (1808-1864), mentre la parola tedesca Erkenntnistheorie sarebbe stata coniata da Karl Leonhard Reinhold (1758-1823). L’epistemologia esisteva già nelle filosofie antiche e medievali, ma è nel periodo moderno che essa è emersa come tema centrale della filosofia, nell’ambito della ricerca mirata alla restaurazione della natura umana e del dominio dell’umanità sulla natura. L’epistemologia e l’ontologia sono divenute i due rami principali della filosofia.
L’epistemologia è anche legata al problema fondamentale dell’ontologia, cioè il conflitto tra idealismo e materialismo. Inoltre, la cognizione è strettamente connessa alle attività pratiche e quindi, senza stabilire una visione epistemologica corretta, non potremo risolvere efficacemente i problemi concreti. Di conseguenza, abbiamo bisogno di una nuova teoria dell’epistemologia, che sia in grado di risolvere i problemi lasciati aperti dalle teorie epistemologiche tradizionali. In risposta a questa esigenza, cercheremo di presentare l’epistemologia dell’Unificazione, basata sul Pensiero dell’Unificazione. Cominceremo col descrivere le epistemologie tradizionali, mettendone a fuoco i limiti, per poi presentare l’epistemologia dell’Unificazione, chiarendo che, in primo luogo, che essa è capace di risolvere i problemi rimasti irrisolti nelle epistemologie tradizionali e, in secondo luogo, è letteralmente l’epistemologia dell’Unificazione, nel senso che può unificare i nuclei di tutte le epistemologie.
I. LE EPISTEMOLOGIE TRADIZIONALI
I primi studi epistemologici risalgono ai tempi antichi. Solo in epoca moderna, peraltro, l’epistemologia è diventata un argomento rilevante della filosofia. Il primo pensatore che elaborò un’illustrazione sistematica dell’epistemologia fu John Locke, il cui Essay concerning Human Understanding segnò una svolta epocale.
Le domande più importanti sulla cognizione di un oggetto riguardano l’origine, l’oggetto e il metodo. Per quanto attiene all’origine, sono sorte due scuole di pensiero contrapposte: secondo l’empirismo, la cognizione proviene dalle sensazioni, mentre il razionalismo sostiene che alla base della cognizione stanno le idee innate. Anche sul tema dell’oggetto della cognizione si sono confrontate due visioni: secondo il realismo, l’oggetto della cognizione esiste obiettivamente; per l’idealismo soggettivo, invece, oggetto di cognizione sono meramente le idee o le rappresentazioni del soggetto. Per quanto riguarda il metodo, ne sono stati suggeriti due: il trascendentale e il dialettico.
Come risultato del conflitto delle idee, l’empirismo cadde nello scetticismo, mentre il razionalismo scivolò nel dogmatismo. Kant si pose il traguardo di sintetizzare le due posizioni opposte con il suo metodo critico o trascendentale, (1) fondato sulla teoria del “giudizio sintetico a priori”, in cui l’oggetto è sintetizzato dal soggetto. Più tardi Marx, plagiando in chiave materialista la dialettica di Hegel, presentò la sua epistemologia, basata sulla dialettica materialista, fondata sulla teoria della copia, ovvero della riflessione, la quale afferma che il contenuto e la forma della cognizione sono in realtà il riflesso delle cose del mondo esterno.
A. L’ORIGINE DELLA COGNIZIONE
L’empirismo sostiene che tutta la conoscenza proviene dall’esperienza, mentre il razionalismo afferma che la vera cognizione si può ricavare soltanto con l’impiego della ragione, indipendentemente dall’esperienza. Durante il XVII e il XVIII secolo, l’empirismo prevalse in Inghilterra, il razionalismo nell’Europa continentale.
1. L’Empirismo
(a) Bacon
Francis Bacon (1561-1626) stabilì la fondazione per l’empirismo. Egli trattò il sapere tradizionale come una mera ripetizione di parole inutili, vuote di contenuto; la vera cognizione è frutto dell’osservazione della natura e della sperimentazione. Prima di ricercare la cognizione, bisogna per prima cosa abbandonare i propri pregiudizi. Bacon individuò quattro tipi di idola (preconcetti).
Al primo tipo appartengono gli idola tribus, i pregiudizi in cui le persone in generale tendono a cadere: la natura reale delle cose è riflessa in modo distorto, poiché l’intelletto umano è come uno specchio deformato. Ad esempio, la visione della natura tende a essere personalizzata. Nel secondo ci sono gli idola specus, sono dovuti al carattere, alle abitudini, alle ristrette superstizioni di ciascun individuo, che guarda il mondo come dall’interno di una caverna. Nel terzo troviamo gli idola fori, che riguardano il tipo di pregiudizio prodotto dall’influenza delle parole sull’intelletto. Ad esempio, possono essere create parole per cose che non esistono, e così generate discussioni vuote. Infine, nel quarto si individuano gli idola theatri, preconcetti che provengono dall’accettazione acritica delle teorie di differenti filosofi che, sebbene non siano altro che commedie recitate sul palco, finiscono per essere accettate dalla gente, troppo facilmente abbagliata dal prestigio dei loro autori. Bacon raccomandò di eliminare immediatamente i quattro idola, e poi osservare la natura per trovare l’essenza in ciascun singolo fenomeno. In quest’ottica, egli propose il metodo induttivo.
(b) Locke
John Locke (1632-1704) sistematizzò l’empirismo, confutando quelle che Descartes aveva chiamato “idee innate”. Per Locke, la mente dell’uomo deve essere come un foglio di carta in bianco (tabula rasa), e tutte le idee devono venire dall’esperienza. (2) L’esperienza, in questo caso, consiste dell’esperienza esterna o “sensazione” e di quella interna o “riflessione”. La mente dell’uomo può essere paragonata a una stanza buia, e la finestra da cui entra la luce corrisponde alla sensazione e alla riflessione. La sensazione è basata sulla capacità di percepire gli oggetti esterni tramite gli organi sensoriali; la riflessione (o senso interno) riguarda la percezione delle attività della nostra mente quali il volere, il ragionare, il pensare.
Le idee poi consistono di “idee semplici” e “idee complesse”. Le prime sono ricavate singolarmente e separatamente dalla sensazione e dalla riflessione. Le idee semplici elaborate attraverso la combinazione, il paragone e l’astrazione, per mezzo dell’attività della comprensione, diventano idee complesse. Secondo Locke, le idee semplici includono quelle qualità che hanno valore obiettivo, come la solidità, l’estensione, la figura, il movimento, la quiete, il numero, e così via; inoltre, le idee semplici comprendono le qualità che hanno valore soltanto soggettivo, come il colore, l’odore, il gusto, il suono, etc. le prime sono chiamate “qualità primarie”, le seconde “qualità secondarie”.
Locke indicò tre tipi di idee complesse: il modo, la sostanza e la relazione. La prima è l’idea che esprime la situazione e la qualità delle cose, cioè i loro attributi, come il modo dello spazio, il modo del tempo, il modo del pensiero e il modo della forza. La seconda è l’idea attinente al sostrato che porta le varie qualità. E la terza è l’idea che viene a esistere confrontando due idee, come la causa e l’effetto.
Locke definì la conoscenza come la percezione del legame e dell’assonanza, ovvero del disaccordo e della repulsione di ciascuna delle nostre idee. La verità è l’annotazione in parole dell’accordo o della discordia delle idee così com’è. Locke cercò anche di risolvere la questione dell’origine della cognizione analizzando le idee. Egli considerò certe sia resistenza dello spirito, che si riconosce intuitivamente, sia resistenza di Dio, che si riscontra con la prova logica. Non può, al contrario, esservi certezza sull’esistenza delle cose materiali del mondo esterno poiché, pur non potendosi negarle, esse possono essere percepite solo attraverso la sensazione.
(c) Berkeley
George Berkeley (1685-1753) rifiutò la distinzione di Locke tra le qualità primarie e quelle secondarie, che qualificò entrambe come soggettive. Ad esempio, noi non vediamo la distanza qual essa è. L’idea della distanza è il risultato del processo in cui noi vediamo un certo oggetto coi nostri occhi, ci avviciniamo e lo tocchiamo con la mano. Nella ripetizione di questo processo, certe sensazioni visuali ci portano a presagire che esse saranno accompagnate da determinate sensazioni tattili. Da qui nasce l’idea della distanza: in altre parole, noi non vediamo la distanza come estensione. Inoltre, Berkeley negò la sostanza come portatrice di qualità, quale Locke l’aveva vista, e descrisse le cose come mere raccolte di idee. Egli affermo che “esse est percipi” (essere corrisponde a essere percepito). In definitiva, Berkeley contestò l’esistenza della sostanza degli oggetti materiali, ma non ebbe dubbi quanto all’esistenza dello spirito come la sostanza che percepisce.
(d) Hume
David Hume (1711-1776) spinse l’empirismo al suo ultimo stadio, affermando che la nostra conoscenza è basata su impressioni e idee. L’impressione è una rappresentazione diretta basata sulla sensazione e la riflessione, mentre l’idea è una rappresentazione che si forma nella mente tramite la memoria o l’immaginazione, una volta che l’impressione è scomparsa. Impressioni e idee costituiscono ciò che chiamiamo “percezioni”.
Hume presentò la somiglianza, la contiguità, e causa ed effetto come le tre leggi delle idee associative. La cognizione della somiglianza e della contiguità è certa e non pone alcun problema, ma ci sono delle questioni su causa ed effetto. Al riguardo, Hume diede un esempio: quando si sente il tuono dopo aver visto il fulmine, si pensa normalmente che il fulmine sia la causa e il tuono, l’effetto. Tuttavia, non c’è alcuna ragione di collegarli come causa ed effetto, perché si tratta di mere impressioni; l’idea di causa ed effetto è stabilita sulla base delle credenze e degli usi soggettivi delle persone. Un altro esempio è quello, empiricamente ben noto, del sole che sorge poco dopo il canto del gallo: non si può certo dire che il gallo che canta sia la causa e il sorgere del sole l’effetto. Concludendo, la conoscenza accettata come causa ed effetto è basata sulle credenze e gli usi soggettivi umani. È su questa strada che l’empirismo, dopo Hume, pervenne allo scetticismo.
Per quanto invece attiene all’idea della sostanza Hume, come Berkeley, dubitò dell’esistenza di una sostanza negli oggetti materiali e si spinse ancora più in là, mettendo in discussione l’esistenza della sostanza spirituale e considerando la alla stregua di un fascio di percezioni.
2. Il Razionalismo
In contrapposizione all’empirismo sviluppato in Inghilterra, di cui abbiamo appena trattato, nell’Europa continentale si espanse il razionalismo, rappresentato da Descartes, Spinoza, Leibniz, Wolff e altri. Secondo i razionalisti, dall’esperienza non può trarsi l’esatta cognizione, che invece può essere ottenuta soltanto tramite il ragionamento logico deduttivo.
(a) Descartes
René Descartes (1596-1650), considerato il fondatore del razionalismo, iniziò col dubitare di tutto, e stabilì la tecnica del “dubbio metodico” come metodo per attingere la vera cognizione. Ritenendo le sensazioni potenzialmente ingannevoli, egli dubitò di tutto quanto fosse ad esse collegato. Osservando peraltro che, per chi dubita di tutto, il fatto che egli dubiti (o pensi) risulta indiscutibile, Descartes elaborò l’assioma “cogito, ergo sum” (io penso, perciò esisto). Anche se uno spirito malefico dovesse ingannarmi, io, che pur vengo ingannato, devo esistere. Sulla base di questo assioma, Descartes garantì l’esistenza dello spirito, la cui natura è il pensare.
Per Descartes, l’affermazione “cogito, ergo sum” è il primo principio della filosofia. (3) Essa è certa perché la percezione di essa è chiara e distinta. Da ciò, Descartes derivò la regola generale che le cose che percepiamo molto chiaramente e distintamente sono tutte vere. Assumendo come esatta questa regola, l’esistenza della sostanza materiale, il cui attributo è l’estensione, può essere reputata certa; e lo stesso vale per la sostanza spirituale, il cui attributo è il pensiero. “Chiaro” implica che la cosa è presente e ovvia per lo spirito, e “distinto” implica che essa è distinguibile da altri oggetti. Il contrario di “chiaro” è “oscuro”, mentre il contrario di “distinto” è “confuso”. (4) Per assicurarsi una cognizione chiara e distinta, bisogna impedire agli spiriti malvagi d’ingannare nascostamente le persone e, per prevenire ciò, bisogna credere nell’esistenza di Dio. Se Dio esiste, nella mia cognizione non potrà generarsi alcun errore, giacché mai un Dio onesto potrebbe ingannarmi.
Descartes s’impegnò a dimostrare in vari modi l’esistenza di Dio: innanzitutto, l’idea di Dio è innata in noi. Perché quest’idea esista, deve esisterne la causa. In secondo luogo, il fatto che noi, esseri imperfetti, abbiamo l’idea di un essere perfetto (Dio) attesta l’esistenza di Dio. In terzo luogo, dal momento che l’idea dell’essere assolutamente perfetto (Dio) necessariamente include l’esistenza come sua essenza, l’esistenza di Dio è provata. Accertata l’esistenza di Dio, diventano chiare le Sue essenze, cioè l’infinitezza, l’onniscienza e l’onnipotenza, ed è confermata anche la veracitas (sincerità), come attributo di Dio. Così, la cognizione chiara e distinta è assicurata.
Descartes fu certo dell’esistenza di Dio e della sostanza spirituale e corporea, ovvero della mente e del corpo; ma l’unico essere autenticamente indipendente è Dio, perché mente e corpo dipendono da Dio. Descartes ritenne altresì che mente e corpo – con gli attributi del pensiero e dell’estensione rispettivamente – fossero sostanze reciprocamente indipendenti e così abbracciò l’opinione dualista. Conclusivamente, Descartes dimostrò la certezza di una cognizione chiara e distinta, affermando così la sicurezza della cognizione razionale basata sul metodo matematico.
(b) Spinoza
Baruch de Spinoza (1632-1677), come Descartes, pensando che la verità possa raggiungersi attraverso prove rigorose, cercò di sviluppare un pensiero logico applicando alla filosofia il metodo geometrico. La premessa della filosofia di Spinoza è che tutta la verità può essere conosciuta con la ragione. La vera cognizione è raggiunta quando si percepiscono le cose nel loro aspetto eterno, tramite la ragione, e le si coglie anche, interamente e intuitivamente, nella loro relazione necessaria con Dio.
Spinoza divise la cognizione in tre tipi: immaginazione, conoscenza scientifica (sul livello della ragione) e conoscenza intuitiva. L’immaginazione è imperfetta, fintantoché non è adeguatamente regolata dalla ragione. La vera cognizione si ottiene con la conoscenza scientifica e la conoscenza intuitiva. Per Spinoza, l’intuizione è basata sulla ragione, non ne è separata.
Descartes aveva sostenuto che la mente, con il pensiero come suo attributo, e il corpo, con l’estensione come suo attributo, fossero sostanze indipendenti una dall’altra. Per Spinoza, al contrario, solo Dio è sostanza, ed estensione e pensiero sono attributi di Dio. Spinoza disse che Dio e la natura sono nella relazione di natura naturans (origine di tutte le cose) e natura naturata (tutto ciò che prosegue, per necessità, dalla natura di Dio) e sono inseparabili. Così, egli elaborò una teoria panteista, sostenendo che “Dio è natura”.
(c) Leibniz
Gottlieb Wilhelm von Leibniz (1646-1716) attribuì grande importanza al metodo matematico e reputò ottimale derivare ogni proposizione da pochi principi fondamentali. Leibniz classificò la verità in due specie: la prima, che egli definì verità eterna (o verità della ragione), può essere trovata logicamente attraverso la ragione; la seconda, che si trae dall’esperienza, è la verità contingente (o verità dei fatti). A garantire la verità della ragione stanno il principio d’identità e il principio di non contraddizione, mentre ad assicurare la verità di fatto sta il principio della ragione sufficiente, senza la quale nulla può esistere. Peraltro, questa dicotomia della verità si applica soltanto all’intelletto umano; infatti Dio può conoscere come verità logica anche ciò che gli uomini considerano verità di fatto. Comunque, in definitiva, la verità della ragione deve essere considerata la verità ideale.
Leibniz teorizzò che la vera sostanza sia la “monade”, uno specchio vivente dell’universo. La monade è una sostanza non spaziale che ha percezione e appetito, da cui nasce l’appercezione come raccolta di percezioni minute e inconsapevoli. Le monadi possono trovarsi in una delle tre fasi di “monade dormiente” (o nuda) allo stadio materiale; “anima” (o monade sognante) allo stadio animale, che possiede sensazione e memoria; “spirito” (o anima razionale) allo stadio umano, dotato di cognizione universale. Infine, più oltre, c’è la monade allo stadio più alto, che è Dio.
(d) Wolff
Christian Wolff (1679-1754), elaborò ulteriormente le tesi razionaliste, sulla base della filosofia di Leibniz. La vera conoscenza è la verità della ragione, estrapolata logicamente dai principi fondamentali. Tutte le verità possono essere fondate semplicemente sui principi d’identità e di non contraddizione. Wolff postulò l’esistenza di verità di fatto empiriche, con le quali tuttavia la verità della ragione nulla ha a che fare. Le verità empiriche non sono necessariamente vere, e comunque possono essere vere solo occasionalmente. In questo modo, il razionalismo sminuì l’importanza della cognizione dei fatti e pretese di conoscere razionalmente ogni cosa. Da qui al dogmatismo il passo fu breve. (5)
B. L’ESSENZA DELL’OGGETTO DELLA COGNIZIONE
La questione successiva riguarda l’oggetto della cognizione. Il realismo afferma che esso esiste obiettivamente e autonomamente dal soggetto, mentre l’idealismo soggettivo sostiene che l’oggetto della cognizione non esiste nel mondo obiettivo, ma solo come idea nella coscienza del soggetto.
1. Il Realismo
Nell’ambito del realismo c’è, per cominciare, il cosiddetto realismo naturale, quello più semplicistico, basato sull’opinione di buon senso che l’oggetto è composto di materia ed esiste indipendentemente dal soggetto, proprio nel modo in cui lo vediamo. In altre parole, la nostra percezione è una copia fedele dell’oggetto. Poi c’è il realismo scientifico. L’oggetto esiste indipendentemente dal soggetto, ma la cognizione sensoriale di per sé non è necessariamente vera. La vera esistenza può essere conosciuta correttamente solo applicando, ai fatti empirici ricavati dall’oggetto, la riflessione scientifica, come avviene tramite la funzione della comprensione, che trascende la cognizione sensoriale.
Ancora, c’è il realismo idealista, o idealismo oggettivo. L’essenza dell’oggetto, spirituale e obiettiva, trascende la coscienza umana. Lo spirito, lungi dall’essere un tratto esclusivo degli esseri umani, è esistito sin dall’origine del mondo, ancor prima della comparsa dell’umanità. Tale spirito originale è la vera realtà del mondo e il prototipo dell’universo. Secondo questa teoria, tutte le cose costituiscono espressioni diverse dello spirito. Ad esempio, Platone considerò vera realtà le idee che sono l’essenza delle cose, e affermò che questo mondo non è altro che l’ombra del mondo delle idee. Hegel, da parte sua, sostenne che il mondo è l’auto-esplicazione dello Spirito Assoluto.
Infine, nel materialismo dialettico, l’oggetto esiste indipendentemente dalla coscienza umana, e costituisce una realtà obiettiva che è riflessa nella coscienza. Anche il materialismo dialettico è realista, ma non ritiene, come i più semplicisti, che gli oggetti esistano come il soggetto li vede; la vera realtà può essere conosciuta tramite la verifica nella pratica.
2. L’Idealismo soggettivo
Per il realista, come abbiamo detto, l’oggetto della cognizione, sia esso un essere materiale o un’idea, esiste autonomamente rispetto al soggetto. L’idealismo soggettivo, invece, ritiene che l’oggetto non esista al di fuori della mente dell’uomo e che la sua esistenza possa essere riconosciuta solo nella misura in cui esso appaia nella mente.
Berkeley ne fu l’esponente più convinto, e la sua proposizione “esse est percipi” chiarisce eloquentemente questa posizione. Simili tesi furono svolte da Johann Gottlieb Fichte (1762-1814), il quale spiegò che nessuno può mai essere certo dell’esistenza di un non-ego (oggetto) al di fuori della funzione dell’ego, e Arthur Schopenhauer (1788-1860), che affermò “die Welt ist meine Vorstellung” (il mondo è la mia rappresentazione).
C. IL METODO DELL’EPISTEMOLOGIA
L’empirismo che, come abbiamo visto, indicò l’esperienza come origine della cognizione e cadde nello scetticismo, e il razionalismo, che pose la ragione all’origine della cognizione ma degenerò nel dogmatismo, non esaminarono alcune importanti questioni. Come fa l’esperienza a diventare verità? Come si compie la cognizione attraverso la ragione? Sono le questioni sul metodo della cognizione, di cui si occuparono approfonditamente Hegel, Kant e Marx. Ora presenteremo i punti salienti dei metodi degli ultimi due.
1. Il Metodo Trascendente di Kant
Immanuel Kant (1724-1804) sintetizzò le due posizioni dell’empirismo inglese e del razionalismo continentale e stabilì una nuova visione. L’empirismo aveva sbagliato ad ascrivere la cognizione all’esperienza, sottovalutando la funzione della ragione mentre, dall’altro lato, il razionalismo aveva peccato nel reputare la ragione onnipotente. Così, Kant spiegò che, per ottenere la vera conoscenza, bisogna cominciare con l’analizzare come l’esperienza possa diventare conoscenza. Per questo, occorre esaminare, o criticare, la funzione della ragione.
Kant scrisse tre libri sulla critica, e precisamente la Critica dalla Ragion Pura, la Critica della Ragion Pratica e la Critica del Giudizio, che trattano rispettivamente di come siano possibili la verità, la bontà e il giudizio del gusto. Conseguentemente, Kant discusse della realizzazione dei valori di verità, bontà e bellezza. Quella tra le sue opere che riguarda l’epistemologia è la Critica della Ragion Pura.
(a) Note sulla Critica della Ragion Pura
Kant cercò di unificare empirismo e razionalismo sulla base di due considerazioni: la conoscenza migliora attraverso l’esperienza, e l’esatta conoscenza deve avere validità universale. È evidente che la cognizione parte dall’esperienza, e Kant indicò l’esistenza di una forma di cognizione a priori (i concetti), all’interno del soggetto della cognizione. In altre parole, l’oggetto della cognizione è stabilito quando il contenuto sensoriale (chiamato anche materiale, sensazione, svolgimento di sensazioni, o materia di sensazioni) proveniente dall’oggetto è ordinato secondo le forme a priori del soggetto. Tutte le filosofie precedenti avevano ritenuto che l’oggetto fosse compreso come esso è; secondo Kant, invece, l’oggetto di cognizione viene sintetizzato dal soggetto. L’epistemologia di Kant, il quale sentì di aver portato, con questa idea, una rivoluzione copernicana nella filosofia, non mirò ad ottenere la conoscenza del soggetto stesso, ma piuttosto a chiarire come possa ottenersi la verità oggettiva. Kant la chiamò “metodo trascendente”.
Per Kant, la cognizione è un giudizio. Il giudizio è formulato come una proposizione, in cui troviamo un soggetto e un predicato. La conoscenza progredisce con un giudizio (una proposizione), in cui un nuovo concetto, non contenuto nel soggetto, appare nel predicato. Kant chiamò questa proposizione “giudizio sintetico”. Al contrario, un giudizio in cui il concetto del predicato è già contenuto nel concetto del soggetto è un “giudizio analitico”. Alla fine, la nuova conoscenza può venire solo dal giudizio sintetico.
Kant diede alcuni esempi di giudizi analitici e sintetici: “tutti i corpi sono estesi” è un giudizio analitico, poiché il concetto di corpo ha già come significato il senso della sua estensione. Il giudizio, invece, “il percorso più breve tra due punti è la linea retta” è sintetico, giacché il concetto di linea retta indica soltanto la qualità (diritta), senza contenere la quantità della lunghezza, e il concetto di linea più breve è un’aggiunta completamente nuova.
Peraltro, la nuova conoscenza conseguita tramite il giudizio sintetico non può diventare corretta conoscenza se non ha validità universale. Per avere validità universale essa, invece che essere meramente empirica, deve possedere qualche elemento indipendente di esperienza a priori. Così, un giudizio sintetico, per avere validità universale, deve essere una cognizione a priori, cioè un giudizio sintetico a priori. A questo punto, Kant dovette occuparsi della questione di come sia possibile un giudizio sintetico a priori. (6)
(b) Contenuto e Forma
Kant cercò di compiere la sintesi di empirismo e razionalismo attraverso l’unità di contenuto e forma. Il contenuto è la rappresentazione data ai nostri sensi dallo stimolo proveniente dalle cose presenti nel mondo esterno, cioè il contenuto della nostra mente. Poiché il contenuto è la materia della sensazione proveniente dal di fuori, esso è un elemento empirico a posteriori. Dall’altra parte, la forma è la cornice che unifica il materiale o lo svolgimento delle sensazioni. Kant affermò che in noi esistono forme di cognizione a priori, attraverso le quali si rende possibile un giudizio sintetico di validità universale.
Per prima cosa, nella sensazione esistono forme a priori, che sono le forme dell’intuizione dello spazio e del tempo, cioè una cornice che percepisce lo sviluppo della sensazione nello spazio e nel tempo. La cognizione, tuttavia, non avviene esclusivamente tramite l’intuizione: occorre che l’oggetto sia pensato tramite la comprensione. Kant affermò che nella comprensione esistono i concetti a priori, le forme del pensiero. In altri termini, la cognizione ha luogo quando si combinano il contenuto, che è percepito intuitivamente, e le forme del pensiero. Kant spiegò che “i pensieri senza contenuto sono vuoti; le intuizioni senza concetti sono cieche”. (7)
Kant chiamò i concetti a priori nella comprensione “puri concetti di comprensione” o “categorie”. Sulla base delle forme del giudizio (forme della comprensione) usate nella logica generale sin dai tempi di Aristotele, Kant elaborò dodici categorie.
1. Quantità: | Unità; Pluralità; Totalità |
3. Relazione: | Sostanza; Causalità; Reciprocità |
2. Qualità: | Realtà; Negazione; Limitazione |
4. Modalità: | Possibilità; Effettività; Necessità |
In questo modo, Kant affermò che la cognizione diventa possibile quando i contenuti sensoriali dell’oggetto sono percepiti tramite le forme dell’intuizione e sono pensati tramite le forme del pensiero (categorie). La coscienza, al momento della cognizione, non deve essere empirica o frammentaria; deve esserci invece un’unità della coscienza, a sostegno della coscienza empirica, che egli definì “coscienza in generale”, “appercezione pura” o “appercezione trascendente”. Sul legame tra le funzioni della sensazione e della comprensione, Kant disse che la forza dell’immaginazione fa da mediatrice tra esse.
(c) La Negazione della Metafisica e della Cosa in sé
In questo modo, Kant illustrò come sia possibile la conoscenza sicura del mondo fenomenico, in ambito scientifico e matematico, e poi passò a esaminare se sia possibile la metafisica, la quale, non avendo contenuto sensoriale, non può essere oggetto di percezione. Dal momento che, comunque, la funzione della nostra ragione è rapportata alla sola comprensione e non direttamente alla sensazione, ci sono casi in cui si produce un’illusione, per cui sembra esistere una cosa che, nella realtà, non esiste. Kant definì quest’apparenza “illusione trascendente” e ne individuò tre tipi: l’idea dell’anima, l’idea del mondo e l’idea di Dio.
Tra queste, egli disse, l’idea del mondo, cioè l’illusione cosmologica, è l’antinomia della ragione pura. La ragione, quando cerca l’essere infinito (l’universo), parte dallo stesso argomento ma giunge a conclusioni diametralmente opposte quali, ad esempio, le due proposizioni contraddittorie: “il mondo ha un inizio nel tempo ed è limitato per quanto riguarda lo spazio” (la tesi) e ” il mondo non ha un inizio nel tempo né limiti nello spazio” (l’antitesi). Secondo Kant, questo errore deriva dal tentativo di afferrare il contenuto della sensazione come il mondo stesso.
Secondo Kant, la cognizione si compie solo con la sintesi, attraverso le forme a priori del soggetto, del contenuto sensoriale proveniente dall’oggetto, mentre l’oggetto stesso, cioè le “cose in sé”, non possono mai essere conosciute. Qui incontriamo l’agnosticismo di Kant. Il mondo delle “cose in sé” è la realtà che sta dietro il fenomeno, che Kant definì “noumeno” e che, peraltro, non rinnegò completamente. Nella Critica della Ragion Pratica, Kant spiegò che la realtà noumenale deve essere postulata al fine di stabilire la moralità. Analogamente, perché possa esistere la realtà noumenale, si devono postulare la libertà, l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio.
2. L’Epistemologia Marxista
Esamineremo ora l’epistemologia basata sulla dialettica materialista, cioè l’epistemologia marxista o teoria della conoscenza del materialismo dialettico.
(a) La Teoria della Riflessione (Teoria della Copia)
Secondo la dialettica materialista, lo spirito (coscienza) è un prodotto o una funzione del cervello, (8) e la cognizione ha luogo quando la realtà obiettiva è riflessa (copiata) nella coscienza. Questa teoria è chiamata perciò “teoria della riflessione” o “teoria della copia”. Engels spiegò al riguardo che noi comprendiamo i concetti nella nostra testa come Abbilder (immagini) delle cose reali. (9) Lenin affermò che, dal punto di vista di Engels, l’unica immutabilità è la riflessione, da parte della mente umana (quando c’è una mente umana) di un mondo esterno che esiste e si sviluppa indipendentemente dalla mente. (10) Nell’epistemologia marxista, la riflessione del mondo obiettivo nella coscienza non è solo quello che Kant aveva definito come contenuto sensoriale, ma anche la forma del pensiero; è la riflessione delle forme dell’esistenza.
(b) Cognizione Sensoriale, Cognizione Razionale e Pratica
La cognizione, che non è una mera riflessione del mondo obiettivo, deve essere verificata attraverso la pratica, secondo l’epistemologia marxista. Secondo Lenin, il percorso dialettico della cognizione della verità e della realtà obiettiva va dalle percezioni viventi al pensiero astratto, e da questo alla pratica. (11)
Mao Tse Tung spiegò più concretamente il processo della cognizione dialettico-materialista, che si sviluppa basata sulla pratica e procede dal più lieve al più profondo. Il marxismo-leninismo sostiene che ciascuno dei due stadi del processo della cognizione ha le proprie caratteristiche, con la conoscenza che si manifesta come percettiva allo stadio più basso e logica a quello più alto, ma entrambi costituiscono un processo integrato di cognizione. Il percettivo e il razionale sono diversi qualitativamente, ma non sono disgiunti tra loro; sono unificati sulla base della pratica.
Il primo passo nel processo di cognizione è il contatto con gli oggetti del mondo esterno, che appartiene allo stadio della percezione (lo stadio della cognizione sensoriale). Il secondo passo consiste nel sintetizzare i dati della percezione sistemandoli e ricostruendoli, e porta allo stadio della concezione, del giudizio e della deduzione (lo stadio della cognizione razionale). In questo modo, la cognizione procede dalla cognizione sensoriale a quella razionale (o logica), e dalla cognizione razionale alla pratica. Ora, cognizione e pratica non sono qualcosa che si verifica soltanto una volta. Pratica, conoscenza, di nuovo pratica e ancora conoscenza. Questo modello si ripete in cicli infiniti, e con ciascuno di essi il contenuto della pratica e della conoscenza s’innalza a un livello più alto. (12)
Per Kant, la cognizione progredisce allorquando il soggetto sintetizza l’oggetto, ed è impossibile conoscere le “cose in sé” che stanno dietro i fenomeni. In opposizione all’agnosticismo kantiano, il marxismo reputa che l’essenza delle cose può essere conosciuta solo attraverso i fenomeni, e le cose possono essere pienamente conosciute con la pratica, mentre nega l’esistenza delle “cose in sé” separate dai fenomeni.
Engels spiegò che, al tempo di Kant, la conoscenza degli oggetti naturali era in effetti così frammentaria, che comprensibilmente egli può aver supposto ci fosse, dietro il poco che si sapeva di ciascuno di essi, una misteriosa “cosa in sé”. Ma tutte le cose che si ritenevano inafferrabili, una dopo l’altra, sono state tutte afferrate, analizzate e, soprattutto, riprodotte dal progresso gigantesco della scienza; e certamente non possiamo considerare inconoscibile ciò che possiamo produrre. (13)
Comunque, nel processo di cognizione e pratica, quest’ultima è considerata la più importante. Secondo Mao, la teoria della conoscenza dialetttico-materialista pone la pratica nella posizione primaria, giacché la conoscenza umana non può in alcun modo essere separata dalla pratica. (14) La pratica, di norma, è l’azione dell’uomo sulla natura e l’attività sociale ma, nel marxismo, la rivoluzione è ritenuta la forma suprema fra tutte le pratiche. Così, si può dire che lo scopo ultimo della cognizione è la rivoluzione. Mao disse che la funzione attiva della conoscenza si manifesta non solo nel salto dalla conoscenza percettiva a quella razionale, ma (e questa è la cosa più importante) deve manifestarsi nel salto tra la conoscenza razionale e la pratica rivoluzionaria. (15)
Ora, ci occuperemo delle forme del pensiero nella cognizione logica (razionale), che riguarda pensieri quali il giudizio e la deduzione, mediati da concetti, in cui le forme del pensiero svolgono un ruolo importante. Il marxismo, che si basa sulla teoria della copia, considera le forme del pensiero come riflessioni dei processi del mondo obiettivo nella coscienza, cioè come riflessioni sulle forme esistenti. Ecco quindi il quadro delle categorie (forme dell’esistenza, forme del pensiero) contemplate dal marxismo. (16)
Materia | proporzione |
Movimento | contraddizione |
Spazio | individuale, particolare, universale |
Tempo | causa ed effetto |
Finito e infinito | necessità e casualità |
Consapevolezza | possibilità e realtà |
Quantità | contenuto e forma |
Qualità | essenza e apparenza |
3. Verità Assoluta e Verità Relativa
La conoscenza si accresce con la ripetizione di cognizione e pratica. L’aumento della conoscenza implica l’arricchimento del suo contenuto e il miglioramento della sua accuratezza. Così, il punto focale è la relatività o l’assolutezza della conoscenza. Il marxismo insegna che la verità è ciò che riflette correttamente la realtà obiettiva. Se le nostre teorie su sensazioni, percezioni, nozioni, concetti e proporzioni, contraddizioni, individuale, particolare e universale, causa ed effetto, necessità e opportunità, possibilità e realtà, contenuto e forma, essenza e apparenza, corrispondono alla realtà obiettiva, se la riflettono fedelmente, allora diciamo che sono vere, e chiamiamo verità le affermazioni, i giudizi o le teorie veri. (17)
Inoltre, il marxismo sostiene che la pratica (in definitiva, la rivoluzione) è il modello della verità. Per confermare se una certa cognizione sia vera, tutto quello che occorre fare è paragonarla con la realtà ed accertarsi che concordi con essa. In proposito, Marx disse che l’uomo deve provare la verità e la forza delle linee del suo pensiero calate nel mondo nella pratica, (18) e Mao spiegò che solo la pratica sociale dell’uomo è il criterio della verità della sua conoscenza del mondo esterno. (19)
Secondo il marxismo, la conoscenza in un periodo particolare è parziale, imperfetta e relativa. Col progresso della scienza, tuttavia, la conoscenza si avvicina infinitesimamente alla verità assoluta. Il marxismo quindi ammette l’esistenza della verità assoluta: per Lenin, non c’è un confine insuperabile tra la verità relativa e quella assoluta; (20) secondo Marx, gli elementi che sono assolutamente veri sono contenuti nelle verità relative, e quando sono accumulati con costanza, diventano verità assoluta. (21)
II. L’EPISTEMOLOGIA DELL’UNIFICAZIONE
Abbiamo esaminato i lineamenti delle precedenti epistemologie; ora spiegheremo l’epistemologia del Pensiero dell’Unificazione. L’epistemologia dell’Unificazione è fondata sui concetti, riguardanti la cognizione, contenuti nel Principio Divino, nei discorsi e sermoni del Reverendo Sun Myung Moon e nelle risposte del Rev. Moon a specifiche domande dell’autore. (22)
A. LINEAMENTI DELL’EPISTEMOLOGIA DELL’UNIFICAZIONE
L’epistemologia dell’Unificazione si presenta, tra l’altro, come un’alternativa alle epistemologie tradizionali. Così, presenteremo l’epistemologia dell’Unificazione sulla falsariga dei temi affrontati dalle epistemologie tradizionali, cioè l’origine, l’oggetto e il metodo della cognizione.
1. L’Origine della Cognizione
Come abbiamo spiegato, nel XVII e nel XVIII secolo si svilupparono l’empirismo (che trovò l’origine della cognizione nell’esperienza ma, con Hume, cadde nello scetticismo) e il razionalismo (che ravvisò l’origine della cognizione nella ragione ma, con Wolff, degenerò nel dogmatismo). Kant cercò di unificare empirismo e razionalismo col metodo trascendente, ma lasciò dietro di sé, in una dimensione agnostica, le cose in sé. Su questo sfondo, presenteremo la posizione dell’epistemologia dell’Unificazione.
Le epistemologie anteriori non hanno chiarito la relazione tra il soggetto (l’uomo) e l’oggetto (tutte le cose) della cognizione. All’oscuro di questa relazione, esse hanno messo in risalto ora il soggetto, come nel razionalismo, sostenendo che la cognizione avvenga esattamente come la ragione (o comprensione) ipotizza, ora l’oggetto della cognizione, come nell’empirismo, reputando che la cognizione si compia afferrando l’oggetto qual esso è, tramite la sensazione. Secondo Kant, la cognizione si compie quando gli elementi sensoriali provenienti dall’oggetto sono sintetizzati attraverso le forme del soggetto, ed è costituita dalla sintesi tra il soggetto (l’essere umano) e l’oggetto. Kant, peraltro, non fu consapevole della relazione tra soggetto e oggetto, cosicché, per lui, la cognizione è possibile solo nel contesto delle categorie del soggetto e, alla fine, le cose in sé rimangono inconoscibili. Per Hegel l’idea, nell’auto-esplicazione dello Spirito Assoluto, diventa natura alienandosi, ma alla fine si restaura diventando spirito attraverso l’uomo. Nel suo sistema, la natura è solamente un processo che conduce all’elevazione dello spirito umano, e la sua esistenza non ha un significato positivo. Infine, nel marxismo, uomo e natura stanno in una relazione accidentale di opposizione.
Osservando il problema in questo modo, diventa importante comprendere correttamente la relazione tra il soggetto (l’uomo) e l’oggetto (tutte le cose) della cognizione. Da un punto di vista ateo, la relazione necessaria tra uomo e natura non può essere stabilita. Anche nella teoria della genesi naturale dell’universo, l’uomo e la natura sono accidentali uno rispetto all’altra. Solo chiarendo il significato della creazione, da parte di Dio, dell’uomo e di tutte le cose, se ne può spiegare la relazione.
Dalla prospettiva del Pensiero dell’Unificazione, l’uomo e le cose sono in un rapporto di soggetto e oggetto. In altri termini, l’uomo è il signore e ha il dominio su tutte le cose, e queste ultime sono oggetti di gioia, bellezza e dominio. Questa relazione inseparabile di soggetto e oggetto è paragonabile a quella tra il motore e i dispositivi di una macchina. I dispositivi separati dal motore sono inutili, come anche il motore senza i dispositivi. I due lati sono destinati a formare una relazione necessaria di soggetto e oggetto. Allo stesso modo, gli uomini e le cose sono stati creati in modo che entrambi necessitino di questa relazione.
La cognizione è il giudizio del soggetto umano sulle cose, che sono gli oggetti di gioia, bellezza e dominio. In questo collegamento, la cognizione (il giudizio) implica una “esperienza” ed è condotta tramite la funzione della “ragione”. Esperienza e ragione sono entrambe necessarie e indispensabili e la cognizione si compie per mezzo della loro attività unificata. Inoltre, giacché uomini e cose stanno in un rapporto di soggetto e oggetto, è possibile conoscere le cose perfettamente.
2. L’Oggetto della Cognizione
Il Pensiero dell’Unificazione, prima di tutto, riconosce che tutte le cose esistono al di fuori dell’uomo, cioè concorda col realismo. Come soggetto delle cose, poi, l’uomo esercita il dominio su di esse (le sviluppa, elabora e utilizza) e le conosce. Perciò, le cose devono esistere al di fuori e indipendentemente dall’essere umano, come oggetti di cognizione e dominio.
Inoltre, il Pensiero dell’Unificazione sostiene che l’uomo è l’integrazione, ovvero il microcosmo, di tutte le cose e perciò è fornito di tutte le strutture, gli elementi e le qualità delle cose. Infatti, tutte le cose sono state create a somiglianza simbolica dell’uomo, col corpo umano come modello: l’uomo e le cose si somigliano a vicenda. Anche nell’essere umano, il corpo è stato creato a somiglianza della mente.
La cognizione è sempre accompagnata dal giudizio, e quest’ultimo può essere considerato una sorta di misurazione, per la quale sono necessari dei modelli (o criteri), che sono poi le idee contenute nella mente dell’uomo. Queste idee sono i “prototipi”, ognuno dei quali è un’immagine nella mente, un oggetto interno. La cognizione si realizza con la collazione tra un’immagine nella mente (immagine interna) ed una proveniente dall’oggetto esterno (immagine esterna).
Fino a oggi, i realisti (e soprattutto i marxisti, con la teoria della copia) hanno insistito sull’esistenza del solo mondo esterno, ignorando le idee innate nell’essere umano. L’idealismo soggettivo, invece, ha affermato (in particolare con Berkeley) che l’oggetto della cognizione può essere ritenuto esistente solo quando appare nella coscienza dell’uomo. Nell’epistemologia dell’Unificazione, realismo e idealismo sono finalmente unificati.
3. Il Metodo della Cognizione
Il metodo dell’epistemologia dell’Unificazione, diverso sia dal metodo trascendente di Kant che da quello dialettico di Marx, è basato sul principio dell’azione di dare e ricevere tra soggetto e oggetto. Di conseguenza, dal punto di vista del metodo, l’epistemologia dell’Unificazione è denominata epistemologia del dare e ricevere.
Per svolgere razione di dare e ricevere tra soggetto (l’uomo) e oggetto (le cose) nella cognizione, l’uno e l’altro devono avere certi requisiti: il soggetto deve avere dei prototipi e interesse per l’oggetto; quest’ultimo deve avere un contenuto (attributi) e una forma. Inoltre, razione di dare e ricevere nella cognizione consiste delle azioni di dare e ricevere interna ed esterna. La cognizione si realizza come azione di dare e ricevere prima esterna, poi interna: prima il contenuto e la forma dell’oggetto sono riflessi nella mente del soggetto (questa è razione di dare e ricevere esterna), formando il contenuto sensoriale e la forma sensoriale. Successivamente, contenuto e forma sensoriali vengono collazionati con i prototipi posseduti dal soggetto (che hanno anch’essi contenuto e forma), realizzando l’azione di dare e ricevere interna. Solo a questo punto la cognizione è completa.
In Kant, il contenuto è dato da tutti gli elementi provenienti dal mondo esterno, mentre la forma è posseduta inerentemente dal soggetto: vale a dire, il contenuto appartiene all’oggetto, la forma al soggetto. Nel marxismo, invece, sia contenuto che forma appartengono all’oggetto del mondo esterno, e la coscienza del soggetto si limita a rifletterli. Nell’epistemologia dell’Unificazione, c’è qualcosa della teoria della copia nell’azione di dare e ricevere esterna, e qualcosa del metodo trascendente nell’azione di dare e ricevere interna: essa unifica il metodo dialettico (la teoria della copia) e quello trascendente (kantiano).
B. CONTENUTO E FORMA NELLA COGNIZIONE
Di solito, parlando di contenuto e forma, intendiamo per contenuto ciò che è racchiuso internamente, e per forma l’apparenza esterna. Nell’epistemologia, invece, il contenuto è dato dagli attributi di una cosa, e la forma è la cornice nella quale tali attributi si manifestano.
1. Contenuto dell’Oggetto e Contenuto del Soggetto
Poiché l’oggetto della cognizione è costituito dalle cose, il contenuto dell’oggetto consiste dei vari attributi, come forma, peso, lunghezza, moto, colore, suono, odore, gusto, etc. Il soggetto della cognizione è invece l’uomo; perciò, il contenuto del soggetto è dato dai vari attributi dell’essere umano, che sono gli stessi di tutte le cose, cioè forma, peso, lunghezza, moto, colore, suono, odore, gusto, etc.
Parlando normalmente degli attributi umani, ci riferiamo alla ragione, libertà, spiritualità, etc., ma nell’epistemologia, trattando della somiglianza dei contenuti, ci concentriamo sugli attributi in comune con l’oggetto (le cose). Come integrazione (microcosmo) dell’universo, l’uomo possiede in miniatura tutte le strutture, gli elementi, le qualità di tutte le cose. È per questo motivo che l’uomo è fornito degli stessi attributi che tutte le cose possiedono.
Peraltro, nella cognizione, l’azione di dare e ricevere non ha luogo soltanto perché il soggetto (l’uomo) e l’oggetto (le cose) possiedono gli stessi attributi. Dal momento che la cognizione è un fenomeno del pensiero, anche la mente del soggetto deve avere un contenuto, che è il prototipo, o più precisamente quella parte del prototipo che corrisponde al contenuto. Si tratta della “protoimmagine” che appare nella protocoscienza (la subcoscienza nel corpo vivente, come spiegheremo più avanti). La protoimmagine è un’immagine mentale che ha corrispondenza sia con gli attributi del corpo umano, che con quelli delle cose del mondo esterno. Ciò rende possibile l’azione di dare e ricevere tra il contenuto del soggetto (la protoimmagine) e il contenuto dell’oggetto (il contenuto sensoriale).
2. Forma dell’Oggetto e Forma del Soggetto
Gli attributi di tutte le cose, che sono l’oggetto della cognizione, appaiono sempre in una certa cornice, che è la forma dell’esistenza. La forma dell’esistenza è la forma della relazione tra gli attributi di queste cose e diventa la forma dell’oggetto nella cognizione.
Il corpo umano è una miniatura dell’universo (microcosmo) e l’integrazione di tutte le cose; perciò, il corpo umano ha la stessa forma dell’esistenza di tutte le cose. Nella cognizione, la forma è quella che troviamo nella mente, cioè la forma del pensiero. Quest’ultima è una riflessione della forma dell’esistenza del corpo umano nella protocoscienza, ovvero l’immagine della forma (l’immagine della relazione), che è parte del prototipo.
3. Gli Elementi di un Prototipo
Chiamiamo prototipo l’immagine mentale nel soggetto, che diventa il modello del giudizio nella cognizione. Esso è composto di due elementi. Il primo è la protoimmagine, che è l’immagine degli attributi delle cellule e dei tessuti (gli elementi che formano il corpo umano) riflessa nella protocoscienza. In altre parole, la protoimmagine è l’immagine degli attributi delle cellule e dei tessuti riflessa nello “specchio” della protocoscienza. Il secondo è l’immagine della relazione, cioè la forma del pensiero. Non solo gli attributi delle cellule e dei tessuti del corpo umano, ma anche le forme dell’esistenza (della relazione) di questi attributi sono riflesse nella protocoscienza, formando l’immagine della relazione, che pone certe delimitazioni all’azione del pensiero, dando luogo alla forma del pensiero.
La protoimmagine e l’immagine della relazione (la forma del pensiero) sono idee che non hanno nulla a che fare con l’esperienza, cioè sono idee a priori; ma vi sono anche, nei prototipi, idee acquisite tramite le esperienze passate e presenti. Le idee tratte dall’esperienza (precedenti all’attuale cognizione) sono idee empiriche e arricchiscono i prototipi nella cognizione successiva. Così, quando incontriamo cose simili a quelle che abbiamo appreso precedentemente, possiamo agevolmente valutarle.
Definiamo “prototipi originali” quelli fatti di idee a priori, e “prototipi empirici” quelli fatti di idee acquisite attraverso le esperienze. Quelli che invece riuniscono entrambi i caratteri, e vengono effettivamente impiegati nella nostra cognizione sono i “prototipi complessi”,
4. La Preesistenza dei Prototipi e il loro Sviluppo
Come abbiamo spiegato, i prototipi hanno un elemento a priori e uno empirico. In qualsiasi tipo di cognizione, i prototipi formati prima, cioè i prototipi complessi, fungono da riferimento per il giudizio. Questo significa che, in ogni cognizione, esiste già un modello di giudizio (un prototipo). In questo consiste la “preesistenza dei prototipi”. Per Kant, le forme possedute dal soggetto della cognizione sono a priori, mentre l’epistemologia unificazionista afferma la preesistenza dei prototipi posseduti dal soggetto.
Nel caso di un neonato, i suoi prototipi (protoimmagini e immagini delle relazioni) sono imperfetti, poiché le cellule, i tessuti, gli organi, i nervi, gli organi sensoriali, il cervello, etc. non sono ancora ben sviluppati; perciò, la cognizione del neonato non può che essere vaga. Peraltro, con lo sviluppo e la crescita del suo corpo, le protoimmagini e le immagini delle relazioni diventano sempre più chiare. Inoltre, si aggiungono una alla volta le nuove idee acquisite con l’esperienza. In questo modo, il prototipo cresce sia in qualità che in quantità, e quindi c’è un ampliamento della memoria insieme all’incremento delle nuove conoscenze.
C. LA PROTOCOSCIENZA, L’IMMAGINE DELLA PROTOCOSCIENZA E LE CATEGORIE
1. La Protocoscienza
Il Principio Divino afferma che “tutte le creature crescono in virtù della autonomia e del dominio forniti dal Principio Divino”. (23) Il dominio e l’autonomia sono le caratteristiche della forza della vita. La vita è la subcoscienza che esiste nelle cellule e nei tessuti degli esseri viventi. La vita ha le qualità della sensibilità, della percettività, della ricerca dello scopo. In altre parole, essa è la subcoscienza con le qualità della sensibilità, della percettività, della ricerca dello scopo. La sensibilità è la capacità di percepire qualcosa intuitivamente; la percettività è l’attenzione a mantenere lo stato di percezione; la ricerca dello scopo è la forza di volontà coerentemente tesa all’attuazione di un certo scopo.
La “protocoscienza” è la coscienza fondamentale, la stilla della coscienza cosmica racchiusa in una cellula o un tessuto. Dalla prospettiva della funzione della mente, la protocoscienza è una mente minore; (24) può essere intesa anche come una mente cosmica in una dimensione più bassa o la mente di Dio a un livello inferiore.
La protocoscienza è anche vita. La coscienza cosmica che penetra le cellule e i tessuti, si individualizza e diventa protocoscienza o vita. In altri termini, la vita è la coscienza cosmica che è entrata nelle cellule o nei tessuti. Proprio come un’onda elettromagnetica entra nella radio e produce un suono, la coscienza cosmica entra nelle cellule e nei tessuti e dà loro vita. (25) In parole povere, la protocoscienza è vita, ed è una subcoscienza dotata di sensibilità, percettività, ricerca dello scopo.
Nel pensiero dell’Unificazione riteniamo che Dio, nel creare l’universo attraverso il Logos, abbia scritto tutte le informazioni pertinenti a ciascun essere vivente (appunto il Logos) nelle cellule di quell’essere in una forma codificata, poiché voleva che ciascun essere vivente fosse in grado di moltiplicarsi e conservare la specie di generazione in generazione. Si tratta del codice genetico del DNA (acido deossiribonucleico), che è una specifica combinazione di quattro tipi di basi: adenina, guanina, timina e citosina.
Nella Bibbia è scritto che “l’Eterno Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra e gli soffiò nelle narici un alito vitale”. (26) Per quanto riguarda le cose della natura, si può anche dire che Dio formò le cellule dalla polvere della terra e soffiò in esse un alito vitale. La coscienza cosmica che fu instillata nelle cellule è la protocoscienza, cioè la vita. Gli esseri viventi iniziano a vivere quando la coscienza cosmica viene riversata nelle cellule, nei tessuti e negli organi.
2. La Funzione della Protocoscienza
Ora illustreremo la funzione della protocoscienza. Per prima cosa, entrando in una cellula, la coscienza cosmica legge il codice genetico della cellula stessa. Dopo aver decifrato il DNA, la protocoscienza induce le cellule e i tessuti ad agire in conformità alle istruzioni codificate. Inoltre, nel corpo umano, le informazioni provenienti da ogni cellula o tessuto sono trasmesse al centro per mezzo dei nervi periferici, e questi stessi rimandano gli ordini originati dal centro. In queste situazioni, è la protocoscienza che dà e riceve le informazioni scambiate tra il centro e le cellule o i tessuti.
3. La Formazione dell’Immagine della Protocoscienza
La subcoscienza degli esseri viventi, cioè la protocoscienza, è dotata di sensibilità: essa sente intuitivamente la struttura, i componenti, le qualità, etc. delle cellule e dei tessuti, e anche i cambiamenti delle situazioni interne ad essi. In questo caso, il contenuto sentito dalla protocoscienza, cioè l’immagine riflessa nella protocoscienza, è la “protoimmagine”. La produzione di una protoimmagine nella protocoscienza può essere paragonata alla riflessione in uno specchio, o alla ripresa, eseguita esponendo una pellicola, di un oggetto materiale.
La protocoscienza è dotata della percettività, che è l’attenzione a mantenere lo stato di percezione, ovvero a mantenere la protoimmagine. Così, anche la percettività può essere considerata una forma di memoria.
I vari elementi del corpo umano, come le cellule, i tessuti e gli organi, esistono, funzionano e crescono stabilendo azioni di dare e ricevere interne ed esterne come corpi individuali di verità e corpi correlati. Ad esempio, nel caso di una cellula, l’azione di dare e ricevere tra i suoi vari elementi (nucleo e citoplasma) è un’azione di dare e ricevere interna, mentre l’azione di dare e ricevere tra quella cellula e le altre è un’azione di dare e ricevere esterna. La forma dell’azione di dare e ricevere, in questo caso, è data dalla forma della relazione e dalla forma dell’esistenza. Quest’ultima si riflette nella protocoscienza, e vi produce un’immagine, che chiamiamo “immagine della relazione” o “immagine della forma”. La protocoscienza ha la protoimmagine e l’immagine della relazione (o della forma), che insieme definiamo “immagine della protocoscienza.”
4. La Produzione della Forma del Pensiero
Come abbiamo già spiegato, il contenuto pertinente al soggetto della cognizione (l’uomo) comprende un contenuto materiale (hiongsang) e uno mentale (songsang). Il contenuto materiale equivale agli attributi dell’oggetto (le cose), quello mentale è dato dalle protoimmagini. In questa relazione, il contenuto materiale è correlato al contenuto mentale.
Analogamente, la forma posseduta dal soggetto comprende una forma materiale (hiongsang) e una mentale (songsang). La forma materiale equivale alla forma dell’esistenza dell’oggetto (le cose), quella mentale è costituita dall’immagine della relazione (o immagine della forma). Quest’ultima serve come forma del pensiero, che dà una certa cornice al pensiero al momento della cognizione. In questo caso, la forma dell’esistenza è correlata alla forma del pensiero.
Come abbiamo già spiegato, la forma della relazione (forma dell’esistenza) nelle cellule e nei tessuti è riflessa nella protocoscienza e forma l’immagine della relazione, che viene trasmessa dai nervi periferici ai centri inferiori come elemento d’informazione e poi raccolta con le altre nel centro superiore (la corteccia). In questo processo, le immagini di relazione vengono sintetizzate e organizzate per determinare la forma del pensiero. In altri termini, la forma del pensiero viene creata come una forma mentale corrispondente alla forma dell’esistenza nel mondo esterno e determina il nostro pensiero. Le forme del pensiero equivalgono a categorie, riferite ai concetti più basilari, generali e fondamentali.
5. Forma dell’Esistenza e Forma del Pensiero
Giacché l’origine della forma del pensiero è la forma dell’esistenza, per comprendere la prima dobbiamo innanzitutto capire la seconda. Per l’esistenza di una cosa, deve esserci una relazione reciproca tra entità (o elementi) individuali, così che la forma della relazione sia la forma dell’esistenza. Nel Pensiero dell’Unificazione, ci sono dieci forme basilari di esistenza.
(a) Esistenza e Forza
L’esistenza di ogni essere è sempre accompagnata dall’azione della forza. Non può esserci forza senza esistenza, né esistenza senza forza. Infatti, la Forza Primaria di Dio fa esistere tutte le cose imprimendovi la sua energia.
(b) Songsang e Hiongsang
Ogni essere consiste di un elemento interno, invisibile, funzionale e di una forma, una struttura, una massa esterne.
(c) Yang e Yin
Ogni essere ha le caratteristiche di Yang e Yin come attributi del songsang e dello hiongsang. Yang e Yin operano sia nello spazio che nel tempo. La bellezza si manifesta nell’armonia di Yang e Yin.
(d) Soggetto e Oggetto
Ogni essere si mantiene in esistenza attuando l’azione di dare e ricevere tra gli elementi correlativi in esso racchiusi, e tra sé stesso e un altro essere nella relazione di soggetto e oggetto.
(e) Posizione e Disposizione
Ogni essere esiste in una certa posizione, cioè un essere appropriato occupa ciascuna posizione.
(f) Immutabilità e Mutabilità
Ogni essere ha aspetti mutabili e immutabili, che derivano dall’unità tra la base delle quattro posizioni per il mantenimento dell’identità (statica) e la base delle quattro posizioni per lo sviluppo (dinamica).
(g) Azione ed Effetto
Ogni volta che gli elementi correlativi di soggetto e oggetto in un essere stabiliscono l’azione di dare e ricevere, si produce sempre un effetto. Tramite l’azione di dare e ricevere, quegli elementi formano un essere unificato, oppure danno origine a un essere nuovo (un corpo moltiplicato).
(h) Tempo e Spazio
Ogni essere è temporale e spaziale, poiché esiste nel tempo e nello spazio: esistere significa formare una base delle quattro posizioni (nello spazio) e attuare l’azione di origine, divisione e unione (nel tempo).
(i) Numero e Principio
Ogni essere ha una natura matematica ed è governato da leggi. In altre parole, in ogni essere si fondono numeri e leggi, o principi. (27)
(j) Finito e Infinito
Ogni essere individuale ha la caratteristica di essere finito (momentaneo) e allo stesso tempo infinito (durevole).
(k) Conclusioni
Questi dieci punti costituiscono la più elementare forma dell’esistenza e sono fondati sulla base delle quattro posizioni, l’azione di dare e ricevere e l’azione di chong-bun-hap (origine, divisione e unione) descritte nel Principio Divino. Sono le forme dell’esistenza di tutte le cose, che sono gli oggetti della cognizione, e allo stesso tempo le forme dell’esistenza delle componenti del corpo fisico dell’uomo, che è il soggetto della cognizione.
Le forme mentali corrispondenti a queste forme dell’esistenza sono le forme del pensiero. Esistenza e forza, songsang e hiongsang, Yang e Yin, soggetto e oggetto, posizione e disposizione, immutabilità e mutabilità, azione ed effetto, tempo e spazio, numero e principio, e finito e infinito sono, allo stesso modo, le forme del pensiero. Le forme dell’esistenza sono forme delle relazioni materiali, mentre le forme del pensiero sono i concetti basilari, ovvero le forme delle relazioni tra le idee.
Naturalmente, ben possono esserci altre forme dell’esistenza e forme del pensiero, in aggiunta a quelle sopra elencate, che sono quelle più rilevanti secondo il Pensiero dell’Unificazione. Le forme del pensiero non sono, come sosteneva Kant, discoste dall’esistenza; inoltre, le forme dell’esistenza del mondo esterno non si riflettono nelle forme del pensiero né danno loro origine, come afferma il marxismo. L’essere umano stesso è munito, fin dall’inizio, delle forme del pensiero corrispondenti alle forme dell’esistenza del mondo esterno. Ad esempio, l’uomo stesso ha fin dall’inizio natura spaziale e temporale e perciò ha anche le forme del pensiero del tempo e dello spazio; è un essere soggettivo e oggettivo, e perciò ha le forme del pensiero del soggetto e dell’oggetto.
D. IL METODO DELLA COGNIZIONE
1. L’Azione di dare e ricevere
Il Principio Divino afferma che “quando il soggetto e l’oggetto, tramite la Forza Prima Universale, stabiliscono un modello correlativo, si sviluppa un rapporto di dare e ricevere, dal quale si generano le forze necessarie per l’esistenza, la moltiplicazione e l’azione di quell’essere”. (28) In questo passaggio, “moltiplicazione”, nel senso più ampio del termine, significa venuta alla luce, generazione, incremento, sviluppo; “azione” vuol dire movimento, cambiamento, reazione.
Così, la cognizione, che implica l’acquisizione o l’affinamento della conoscenza, può essere inclusa nel concetto di “moltiplicazione” attraverso l’azione di dare e ricevere e, di conseguenza, si può sostenere che la cognizione si compie per mezzo dell’azione di dare e ricevere tra il soggetto e l’oggetto.
Nella cognizione, il soggetto è una persona con certe condizioni, che sono precisamente l’interesse per l’oggetto e i prototipi; mentre l’oggetto è qualsiasi cosa con un contenuto (gli attributi) e una forma (la forma dell’esistenza). La cognizione si realizza tramite l’azione di dare e ricevere tra questi due poli.
2. La Formazione della Base delle Quattro Posizioni
L’azione di dare e ricevere tra soggetto e oggetto è sempre centrata su uno scopo, e la cognizione è il risultato di un’azione di dare e ricevere. Perciò, la cognizione si realizza attraverso la formazione di una base delle quattro posizioni.
Fig. 9.1 – Formazione di una base delle quattro posizioni nella cognizione
La base delle quattro posizioni è composta, appunto, da quattro posizioni che sono il centro, il soggetto, l’oggetto e il risultato. Spiegheremo ora ciascuna di esse.
(a) Il Centro
Lo scopo è il centro dell’azione di dare e ricevere. In esso distinguiamo lo scopo del principio e lo scopo quotidiano o ordinario. Lo scopo del principio è lo scopo della creazione, per cui Dio creò il genere umano e tutte le cose, ovvero, dal punto di vista degli esseri creati, lo scopo per cui essi esistono. Nello scopo della creazione di Dio, la motivazione è stata il Cuore (l’amore). Perciò, anche per l’uomo, la strada originale della cognizione consiste nel conoscere le cose con l’amore come motivazione.
Lo scopo della creazione (ovvero lo scopo per cui un essere è stato creato) consiste dello scopo dell’insieme e dello scopo individuale. Per l’uomo, lo scopo dell’insieme nella cognizione è acquisire conoscenze per porsi al servizio del prossimo, della società, della nazione e del mondo. Lo scopo individuale, invece, è acquisire conoscenze per le esigenze della vita materiale (cibo, abiti e casa) e culturale.
Dall’altra parte, lo scopo dell’insieme di tutti gli esseri creati, che sono gli oggetti della cognizione, è dare conoscenza e bellezza all’uomo e fargli provare gioia, ricevendone il dominio. Lo scopo individuale delle cose è quello di essere riconosciute e amate dall’uomo, oltre che conservare la propria esistenza e crescere. Tuttavia, a causa della caduta, le cose non hanno potuto realizzare pienamente lo scopo per cui furono create e “gemono insieme e sono in travaglio”. (29)
Lo scopo quotidiano (o scopo effettivo) è lo scopo individuale basato sullo scopo dell’insieme, cioè lo scopo di ciascuna persona nella propria vita quotidiana. Ad esempio, un studioso di botanica che osserva la natura otterrà la sua conoscenza dalla posizione del botanico; un pittore che osserva la stessa natura acquisirà la sua conoscenza dalla prospettiva della ricerca della bellezza. Un economista cercherà di conseguire la conoscenza della natura dal punto di vista della condotta degli affari, in relazione allo sfruttamento delle risorse della natura. In questo modo ciascun individuo, pur avendo il medesimo scopo del principio, consistente nell’ottenere gioia, persegue uno scopo quotidiano diverso.
(b) Il Soggetto
Nella cognizione, uno dei requisiti del soggetto è il suo interesse per l’oggetto. Senza interesse, non si può stabilire un modello correlativo né si può attuare alcuna azione di dare e ricevere. Consideriamo, ad esempio, il caso di una persona che passeggiando per strada incontra un amico, ma è talmente assorta nei suoi pensieri da non notarlo affatto. Oppure quello del guardiano del faro, che dorme tranquillamente nonostante il rumore delle onde, ma si sveglia appena ode il pianto di un bambino, che è molto più sommesso della voce del mare. Possiamo dedurre che il guardiano del faro non fa caso alle onde perché non vi è interessato; al contrario, se ha con sé un bambino, ha l’attenzione concentrata, per sentirne il pianto.
D’altra parte, spesso ci capita di conoscere delle cose per caso. Un ovvio esempio è quello del fulmine che vediamo all’improvviso, anche se non lo stavamo aspettando: sebbene possa sembrare che non ci sia interesse da parte del soggetto, l’interesse stesso opera comunque, magari soltanto inconsciamente (o nel subconscio). Tutti ricordiamo l’età della fanciullezza, quando andavamo incontro a tutte le esperienze con un fresco senso di meraviglia e curiosità. Meraviglia e curiosità derivano dall’interesse.
Per fare un altro esempio, se ci capita di visitare un posto per la prima volta, guardiamo ogni cosa con interesse. Ma con l’andar del tempo ci abituiamo e il nostro interesse retrocede nel subconscio. Anche allora, però, l’interesse non scompare completamente, ma continua ad operare in sottofondo.
L’altro requisito del soggetto è quello di possedere dei prototipi. A dispetto del più vivo interesse che un uomo possa avere per un certo oggetto, la cognizione non può avvenire se non abbiamo appropriati prototipi, come succede, ad esempio, quando ascoltiamo una lingua straniera sconosciuta e non comprendiamo cosa viene detto, oppure quando incontriamo un uomo mai visto prima e questi ci risulta “estraneo” in mezzo alle altre persone che conosciamo già. Così, affinché possa avvenire la cognizione, il soggetto deve sempre essere fornito di prototipi, che possano servire da modelli di giudizio.
(c) L’Oggetto
Oggetti della cognizione sono tutte le cose della natura, come pure le cose, gli avvenimenti e le persone nella società umana. Secondo il Principio dell’Unificazione, le cose sono state create come oggetti per l’uomo, e l’uomo è stato create come soggetto delle cose. L’uomo, che è il soggetto, esercita il dominio con l’amore sulle cose, i suoi oggetti, applicandosi nell’apprezzamento e nella cognizione di esse. Perciò, tutte le cose sono dotate di determinati elementi che le rendono idonee ad essere oggetti di bellezza e di cognizione, costituiti dagli attributi (dati dal loro contenuto) e dalle forme dell’esistenza (che ne costituiscono la forma). Contenuto e forma sono i requisiti che tutte le cose devono avere; non li hanno acquisiti, ma ne sono state dotate da Dio. L’uomo è l’integrazione di tutte le cose e la miniatura (microcosmo) dell’universo; perciò, come microcosmo, l’uomo è munito degli elementi corrispondenti al contenuto e alla forma di tutte le cose.
(d) Il Risultato
Quando il soggetto e l’oggetto stabiliscono un’azione di dare e ricevere, centrata su uno scopo, si produce un risultato. Per comprendere la natura del risultato, dobbiamo avere chiara la natura della base delle quattro posizioni. Come già abbiamo spiegato parlando della teoria dell’Immagine Originale, le basi delle quattro posizioni possono essere classificate in quattro tipi: la base delle quattro posizioni interna per il mantenimento dell’identità, la base delle quattro posizioni esterna per il mantenimento dell’identità, la base delle quattro posizioni interna per lo sviluppo e la base delle quattro posizioni esterna per lo sviluppo.
La cognizione è fondamentalmente un processo di collazione e unificazione, condotta tramite l’azione di dare e ricevere, del contenuto e della forma del soggetto con il contenuto e la forma dell’oggetto, e perciò è una specie di base delle quattro posizioni per il mantenimento dell’identità. D’altra parte, con l’azione del dominio umano, si forma una base delle quattro posizioni per lo sviluppo.
Cognizione e dominio formano circuiti reciproci di azioni di dare e ricevere tra gli esseri umani e le cose: il processo della cognizione è un circuito, quello del dominio è l’altro. Esaminiamo ora la relazione tra la base delle quattro posizioni per lo sviluppo nel dominio e la base delle quattro posizioni per il mantenimento dell’identità nella cognizione. In questo caso, il dominio è l’esplicazione della creatività dell’uomo; perciò, la base delle quattro posizioni nel dominio è uguale alla base delle quattro posizioni nella creazione, che è una base delle quattro posizioni per lo sviluppo.
Dio creò tutte le cose in due stadi di creazione: per la precisione, prima venne la formazione della base delle quattro posizioni interna per lo sviluppo (la formazione del Logos), successivamente venne la formazione della base delle quattro posizioni esterna per lo sviluppo. In quel processo, l’ordine procedette dalla base delle quattro posizioni interna a quella esterna. Al contrario, nella formazione della base delle quattro posizioni per il mantenimento dell’identità nella cognizione, viene dapprima formata la base delle quattro posizioni esterna per il mantenimento dell’identità, e poi la base delle quattro posizioni interna per il mantenimento dell’identità. Così, l’ordine procede questa volta dalla base delle quattro posizioni esterna a quella interna.
Cos’è allora, più concretamente, la cognizione? Lo chiariremo nella spiegazione, che segue, del processo della cognizione.
E. IL PROCESSO DELLA COGNIZIONE
1. Lo Stadio Sensoriale nella Cognizione
Nella cognizione, si forma prima la base delle quattro posizioni esterna per il mantenimento dell’identità. L’azione di dare e ricevere tra il soggetto (l’uomo) e l’oggetto (una cosa) si compie centrata su uno scopo consapevole o inconsapevole, in modo che il contenuto e la forma dell’oggetto, riflessi nei centri sensoriali del soggetto, formino un’immagine o un’idea. Si tratta del contenuto sensoriale e della forma sensoriale, che insieme costituiscono l’immagine sensoriale. Anche se il soggetto ha interesse e prototipi, questi ultimi non intervengono attivamente nello stadio sensoriale della cognizione. Il contenuto sensoriale e la forma sensoriale elaborati nello stadio sensoriale della cognizione sono solo immagini frammentarie, che non sono ancora diventate una cognizione unificata dell’oggetto.
Fig. 9.2 – Formazione della base delle quattro posizioni esterna per il mantenimento dell’identità
2. Lo Stadio della Comprensione nella Cognizione
Nello stadio della comprensione della cognizione, si forma la base delle quattro posizioni interna per il mantenimento dell’identità, tramite l’azione di dare e ricevere interna per il mantenimento dell’identità, e le immagini frammentarie trasmesse nello stadio sensoriale della cognizione diventano un’immagine unificata dell’oggetto.
Lo scopo che sta al centro della base delle quattro posizioni interna per il mantenimento dell’identità è uguale allo scopo della base delle quattro posizioni esterna per il mantenimento dell’identità nello stadio sensoriale, con uno scopo del principio e uno effettivo quotidiano. Nella posizione di soggetto c’è il Songsang Interno, cioè la parte funzionale della mente, che, nella cognizione, è l’unità dell’intelligenza, del sentimento e della volontà. La mente, in questo caso, è l’unione della mente spirituale e di quella fisica, cioè la “mente originale” dell’uomo, che sta in una dimensione diversa rispetto all’istinto degli animali. Useremo quindi, per riferirci alla parte funzionale della mente nella cognizione, il termine speciale “appercezione spirituale”, che indica la funzione complessiva della sensazione e della percezione della mente unita della persona spirituale e della persona fisica. (30) In questo modo, il Songsang Interno funziona come appercezione spirituale nella cognizione e come potere di formare il giudizio ma, in pratica, funziona anche come soggettività e come potere di realizzare i valori.
Fig. 9.3 – Formazione della base delle quattro posizioni interna per il mantenimento dell’identità
Cosa c’è poi nella posizione dell’oggetto nella base delle quattro posizioni interna? Prima l’immagine sensoriale, cioè il contenuto sensoriale e la forma sensoriale formatisi nella base delle quattro posizioni esterna nello stadio sensoriale della cognizione, viene trasmessa alla posizione dell’oggetto nella base delle quattro posizioni interna, ovvero allo Hiongsang Interno. Poi l’appercezione spirituale estrapola dall’interno della memoria la protoimmagine e la forma del pensiero (cioè, il prototipo) corrispondenti al contenuto sensoriale e alla forma sensoriale. Questi due elementi, cioè l’immagine sensoriale e il prototipo, formano lo Hiongsang Interno.
In questo contesto si svolge l’azione di dare e ricevere di tipo comparativo: l’appercezione spirituale, che è il soggetto, paragona (collaziona) i due elementi (il prototipo e l’immagine sensoriale) e formula un giudizio circa la loro coincidenza o divergenza. La cognizione si realizza tramite questo giudizio, che nell’epistemologia dell’Unificazione chiamiamo “collazione”, Giungiamo così alla conclusione che la cognizione avviene attraverso la collazione: l’epistemologia dell’Unificazione diventa, in termini di metodo, una teoria della collazione, mentre l’epistemologia marxista è una teoria della riflessione e quella di Kant una teoria della sintesi.
A volte tuttavia la cognizione, alla fine del solo processo cognitivo (azione di dare e ricevere interna) nello stadio della comprensione, può risultare incerta. (31) In tal caso, l’azione di dare e ricevere interna continua, insieme alla pratica (esperimenti, osservazioni, esperienze, etc.) finché non si ottiene una cognizione nuova e sufficientemente chiara.
3. Lo Stadio Razionale nella Cognizione
Lo stadio successivo della cognizione è quello razionale. La ragione è la capacità di pensare per mezzo di concetti e idee: essa opera anche nello stadio della comprensione, in funzione del giudizio e della concettualizzazione, ma in quello razionale si giunge a una nuova conoscenza, tramite il ragionamento basato sulla conoscenza ottenuta nello stadio anteriore, In effetti, la cognizione nello stadio razionale non è altro che pensiero.
Fig. 9.4 – Formazione della base delle quattro posizioni interna per lo sviluppo
In simmetria con la formazione del Logos tramite la base delle quattro posizioni interna per lo sviluppo nell’Immagine Originale, il pensiero si produce tramite l’azione di dare e ricevere di tipo comparativo nella mente. In parole povere, si scelgono gli elementi necessari tra i vari concetti, idee, principi matematici, leggi, etc., che già esistono nello Hiongsang Interno, e si compiono su questi elementi varie operazioni mentali di associazione, separazione, sintesi e analisi, eseguite sulla base dell’azione di dare e ricevere di tipo comparativo, cioè il raffronto tra idea e idea, concetto e concetto e così via.
La conoscenza aumenta con la ripetizione di queste operazioni. Anche in quest’azione di dare e ricevere interna, il Songsang Interno funziona come appercezione spirituale. La cognizione nello stadio razionale è la formazione di una base delle quattro posizioni interna per lo sviluppo. In questo stadio, l’acquisizione di nuove conoscenze procede man mano che viene completato ciascuno stadio di giudizio. In altre parole, ogni nuovo dato di conoscenza ottenuto (ogni giudizio completato) è oggetto di un pensiero trasmesso allo Hiongsang Interno ed è utilizzato per la formazione di nuova conoscenza nella fase seguente. Così la conoscenza si sviluppa ripetendo la formazione della base delle quattro posizioni interna.
Fig. 9.5 – Formazione di basi delle quattro posizioni interne ripetitive tramite il ragionamento
Lo sviluppo di questo tipo di base delle quattro posizioni interna si accompagna con la pratica. Il risultato (il nuovo corpo) ottenuto attraverso la pratica viene usato dalla base delle quattro posizioni interna (lo Hiongsang Interno nel Songsang), per l’acquisizione di nuova conoscenza che, non appena conseguita, viene verificata attraverso un altro ciclo di pratica. Così facendo, con lo sviluppo delle basi delle quattro posizioni interne per la cognizione si hanno anche ripetuti cicli di pratica, cioè, la formazione di basi delle quattro posizioni esterne ripetitive.
Fig. 9.6 – Formazione di basi delle quattro posizioni esterne ripetitive tramite la pratica
F. IL PROCESSO DELLA COGNIZIONE E LE CONDIZIONI FISICHE
L’epistemologia dell’Unificazione è una teoria basata sul Principio dell’Unificazione e sul Pensiero dell’Unificazione. È per questo che essa contiene punti e termini differenti da quelli delle epistemologie tradizionali. Peraltro l’epistemologia dell’Unificazione, ove dovesse contenere anche una sola affermazione contrastante con le teorie scientifiche consolidate, non sarebbe altro che una dottrina pretenziosa e infondata, proprio come molte delle epistemologie del passato, e non si potrebbe affatto attribuirle validità universale.
Le epistemologie tradizionali, e più precisamente l’empirica, la razionale, la trascendente (kantiana) e la materialista (marxista), si sono dimostrate inconciliabili con le conoscenze scientifiche acquisite da tempo con certezza. Di conseguenza, a fronte del grande sviluppo della scienza moderna, esse risultano ben poco convincenti. Questa sezione si propone di fornire le prove, per dimostrare che l’epistemologia dell’Unificazione è una teoria corroborata anche dai responsi della ricerca scientifica.
1. Il Parallelismo tra il Processo Psicologico e quello Fisiologico
Il Pensiero dell’Unificazione afferma, sulla base della sua teoria delle caratteristiche duali dell’Immagine Originale, che tutti gli esseri hanno le caratteristiche duali di songsang e hiongsang.
L’uomo è un essere duale composto di mente e corpo e anche le cellule, i tessuti e gli organi che formano il corpo umano sono composti di elementi mentali e fisici. Inoltre, tutte le azioni e le opere dell’uomo sono duali, cioè si svolgono in parallelo sui due piani psicologico e fisiologico. Così anche nella cognizione, dalla prospettiva del Pensiero dell’Unificazione, i processi psicologici e fisiologici operano sempre parallelamente. Ciò significa che l’attività mentale si svolge tramite l’azione di dare e ricevere tra la mente e il cervello, laddove per mente intendiamo l’unione della mente spirituale (della persona spirituale) e di quella fisica (della persona fisica).
Fig. 9.7 – L’azione mentale tramite l’azione di dare e ricevere tra mente e cervello
Wilder Penfield (1891-1976), un’autorità mondiale nel campo dello studio del cervello, ha paragonato il cervello a un computer, con la mente come programmatore. (32) Un altro rinomato ricercatore, John C. Eccles (1903-1997), ha detto che la mente e il cervello sono due cose diverse, e per comprendere l’interazione tra esse bisogna chiarire il rapporto tra mente e corpo. (33) Le affermazioni di questi scienziati concordano con il punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, secondo cui le attività mentali sono il prodotto dell’azione di dare e ricevere tra la mente e il cervello.
2. Le Fonti Corrispondenti alla Protocoscienza e alla Protoimmagine
Ora citeremo alcune opinioni scientifiche consonanti coi concetti di protocoscienza e protoimmagine, peculiari dell’epistemologia unificazionista. Come abbiamo già illustrato, la protocoscienza è la coscienza cosmica che permea le cellule e i tessuti degli esseri viventi, vale a dire la vita; mentre la protoimmagine è l’immagine riflessa nella protocoscienza, che è una specie di film della coscienza. La protocoscienza è una coscienza alla ricerca dello scopo, e la protoimmagine non è altro che una raccolta d’informazioni. Le cellule quindi hanno una coscienza alla ricerca dello scopo e svolgono certe funzioni sulla base delle informazioni in esse contenute.
Verifichiamo allora la protocoscienza e la protoimmagine dal punto di vista della teoria cibernetica, la scienza che studia la trasmissione e il controllo delle informazioni negli esseri viventi e nelle macchine. Nei primi, i dati informativi sono trasmessi dagli organi sensoriali ai centri che li integrano ed elaborano, e poi inviano appropriate istruzioni agli attuatori (i muscoli). Osservando una singola cellula, possiamo notare che in essa si producono fenomeni cibernetici, aventi a oggetto uno scambio d’informazioni, ripetuto continuamente, dal citoplasma al nucleo e viceversa, ed è grazie a questo scambio che la cellula esiste e si moltiplica. Così, possiamo trovare anche nella singola cellula una forma di autonomia, che poi non è altro che la vita e la protocoscienza.
Il fisiologo francese André Goudet-Perrot ha spiegato che il nucleo della cellula, nel quale si trova la fonte delle informazioni della cellula stessa, dà agli organuli citoplasmici (mitocondrio, complesso di Golgi, etc.) le istruzioni concernenti le reazioni chimiche necessarie per la vita della cellula. Le informazioni della cellula riguardano tutte le forme anatomiche e le funzioni essenziali degli esseri viventi. (34)
A questo punto, sorgono alcune domande. Qual è il soggetto che provvede a decodificare e memorizzare il codice delle informazioni? Per trasmettere le istruzioni che avviano le reazioni chimiche necessarie alla vita della cellula, il nucleo deve essere puntualmente aggiornato sulla situazione all’interno della cellula. Come avviene ciò?
Queste questioni non possono essere oggetto soltanto dell’analisi scientifica (fisiologia), giacché la scienza si occupa solo degli aspetti fenomenologici. Il Pensiero dell’Unificazione, invece, con la sua teoria delle caratteristiche duali, può chiaramente confermare che vi è un elemento del songsang, cioè la coscienza, che persegue uno scopo e opera all’interno della cellula. La coscienza nella cellula è la protocoscienza (Songsang Interno), e le informazioni sono la protoimmagine (Hiongsang Interno).
3. Corrispondenza tra Processi Psicologici e Fisiologici nei Tre Stadi della Cognizione
Ricordiamo che nella cognizione si riconoscono i tre stadi sensoriale, della comprensione e razionale. Ora, secondo la fisiologia cerebrale, vi sono processi fisiologici corrispondenti ai tre stadi della cognizione. La corteccia cerebrale può essere divisa approssimativamente in tre aree: quella sensoriale che riceve i segnali provenienti dagli organi del senso; quella motoria che invia i segnali relativi ai movimenti volontari; e quella dell’associazione, a sua volta suddivisa nelle sezioni frontale, parietale e temporale. Si ritiene comunemente che la area dell’associazione frontale s’interessi delle funzioni della volontà, della creazione, del pensiero e del sentimento; quella parietale governi le funzioni della percezione, del giudizio e della comprensione; quella temporale sia collegata col meccanismo della memoria.
Dapprima, l’informazione della visione, dell’udito, del gusto, dell’odorato o del tatto viene trasmessa, attraverso i nervi periferici, all’area sensoriale (somatica) deputata rispettivamente alla visione, all’udito, al gusto, all’odorato o al tatto. I processi fisiologici che si svolgono nell’area sensoriale corrispondono allo stadio sensoriale della cognizione. Successivamente, l’informazione viene inoltrata dall’area sensoriale a quella dell’associazione parietale, dove viene compresa e giudicata. Questo passaggio corrisponde alla cognizione nello stadio della comprensione. Infine, nell’area dell’associazione frontale viene elaborato il pensiero, sulla cui base si compiono le attività creative. Siamo così arrivati allo stadio razionale della cognizione. In questo modo, risulta confermato che i tre stadi della cognizione hanno corrispondenza con i processi fisiologici all’interno del cervello. (35)
Fig. 9.8 – Le aree funzionali nella corteccia cerebrale e i tre stadi della cognizione
4. Corrispondenza tra Processi Psicologici e Fisiologici nella Trasmissione delle Informazioni
Nel corpo umano, si compiono continuamente funzioni che ricevono informazioni di vario genere dall’esterno e dall’interno del corpo, le elaborano e reagiscono. La stimolazione ricevuta da un ricettore (un organo di senso) si trasforma in un impulso che attraverso un percorso di transito nella fibra nervosa, raggiunge il sistema centrale. I nervi centrali elaborano quell’informazione e spediscono un’istruzione, che viene trasmessa come impulso lungo il percorso in uscita, lungo la fibra nervosa, fino all’attuatore deputato alla risposta.
Fig. 9.9 – I percorsi per la trasmissione delle informazioni nel corpo umano
Chiamiamo riflesso la risposta a uno stimolo, prodotta senza interessare la coscienza al livello più alto. Il midollo spinale, il midollo allungato e il cervello medio sono centri del riflesso, che diramano gli ordini appropriati in risposta alle stimolazioni.
Fig. 9.10 – La trasmissione di un impulso nervoso
Come avviene la trasmissione di un’informazione, una volta che essa è entrata nel corpo attraverso un ricettore? L’informazione diventa un impulso nervoso, ciò un impulso elettrico: l’impulso è infatti una variazione di potenziale elettrico delle membrane interposte tra i diversi segmenti della fibra nervosa, lungo la quale l’impulso nervoso si muove, che definiamo “potenziale d’azione”.
L’interno della membrana della fibra di un nervo, nella condizione di riposo, è caricata negativamente, ma quando vi passa un impulso la carica s’inverte, e l’interno si carica positivamente. Questo fenomeno si verifica quando gli ioni di sodio (Na+) penetrano dall’esterno la membrana. Successivamente, quando gli ioni di potassio (K+) escono dall’interno della membrana, si ripristina il precedente equilibrio delle cariche (la carica negativa). In questo modo, il cambiamento di potenziale elettrico delle membrane si muove lungo la fibra nervosa.
Fig. 9.11 – Il meccanismo per la trasmissione delle informazioni tra i neuroni (36)
Come si trasmette l’impulso nervoso attraverso la giunzione tra i neuroni, cioè la sinapsi? In quel punto l’impulso elettrico si converte in una scarica di sostanze chimiche trasmettitrici, che supera la soluzione di continuo nella sinapsi. Non appena raggiunto il neurone successivo, il processo chimico si converte nuovamente in processo elettrico. La sostanza trasmettitrice nella sinapsi è l’acetilcolina, per quanto riguarda i nervi motori e parasimpatici, e la noradrenalina per i nervi simpatici.
Quello descritto sopra è il processo fisiologico della trasmissione delle informazioni ma, dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, dietro ogni processo fisiologico c’è sempre un processo cosciente. In altre parole, dietro la corrente che si muove lungo la fibra nervosa o la sostanza trasmettitrice nella sinapsi, opera sempre la protocoscienza, che percepisce il contenuto dell’informazione e lo trasmette al centro. La corrente nella fibra nervosa e il materiale chimico della sinapsi sono accompagnati dalla protocoscienza, che è il vettore dell’informazione.
5. Aspetti Corrispondenti nella Formazione dei Prototipi
Abbiamo già spiegato che l’origine della protoimmagine e dell’immagine della relazione sta nei contenuti delle cellule e dei tessuti e nella relazione reciproca tra essi, che chiamiamo rispettivamente “protoimmagine terminale” e “immagine della relazione terminale”. Nel contempo, definiamo la protoimmagine e l’immagine della relazione che emergono nello stadio della comprensione “protoimmagine centrale” e “immagine della relazione centrale”. Lungo il percorso afferente, che raggiunge il centro superiore attraverso le linee nervose, le protoimmagini terminali vengono sottoposte, a ciascun livello del sistema nervoso centrale, a un processo di selezione, combinazione, associazione e sistemazione, fino a formare protoimmagini centrali. Anche le immagini delle relazioni terminali seguono il medesimo processo e formano immagini delle relazioni centrali che, quando raggiungono la corteccia cerebrale, diventano forme del pensiero. Ogni livello del sistema nervoso centrale conserva le protoimmagini e le immagini delle relazioni relative al proprio livello.
Tra gli elementi di cui sono composti i prototipi, oltre le protoimmagini centrali e le forme del pensiero, vi sono anche le immagini empiriche, costituite dalla cognizione (conoscenza) ottenuta attraverso le esperienze e conservata nel centro della memoria. Esse sono parte dei prototipi, e possono essere utilizzate per la cognizione futura.
Con il procedere delle informazioni dai livelli inferiori a quelli superiori, aumenta la quantità sia delle informazioni ricevute nel sistema nervoso centrale (input), sia di quelle restituite (output). Simultaneamente, il modo di elaborare le informazioni diventa più inclusivo e universale, proprio come avverrebbe ai livelli più alti di un’organizzazione amministrativa.
Nel centro superiore, cioè nella corteccia cerebrale, la ricezione delle informazioni non è altro che cognizione; la conservazione delle informazioni non è altro che memoria; e la restituzione delle informazioni non è altro che pensiero (concezione), creazione e pratica. L’integrazione nei centri inferiori è simile, e differisce soltanto in dimensione rispetto alla corteccia cerebrale. L’integrazione orientata allo scopo dalla coscienza avviene in ciascun centro. In altri termini, ad ogni livello del sistema nervoso centrale, l’integrazione fisiologica è accompagnata dall’integrazione mentale: i processi fisiologici di trasmissione delle informazioni (impulsi nervosi) nei nervi centrali è sempre accompagnata dai processi psicologici del giudizio, della memoria, della concezione, e così via.
Infine, il fatto che l’elaborazione delle informazioni divenga sempre più universale, nel passaggio dai livelli inferiori a quelli superiori, implica che le specifiche immagini delle relazioni (immagini delle forme) terminali, procedendo verso l’alto del sistema, vengono gradualmente universalizzate e generalizzate finché, una volta raggiunta la corteccia cerebrale, sono del tutto concettualizzate in forme del pensiero o categorie.
6. Prototipi e Fisiologia
Possiamo chiamare anche “memoria” i prototipi, che sono le idee e i concetti che il soggetto già possiede, anteriormente alla cognizione. Abbiamo spiegato che l’uomo possiede prototipi a priori (originali) ed empirici. Prendendo a prestito i termini della fisiologia, definiamo i primi “memoria ereditaria” e i secondi, ottenuti con l’esperienza, “memoria acquisita”. (37)
Si reputa che la “memoria ereditaria”, costituita dalle informazioni concernenti le cellule e i tessuti dell’uomo come essere vivente, sia custodita nel sistema limbico – la parte della corteccia cerebrale più vecchia, ricoperta dalla corteccia nuova. Per quanto concerne invece la “memoria acquisita”, come e dove, in termini fisiologici, essa viene conservata?
La memoria può essere classificata come memoria di breve termine, che dura solo alcuni secondi, e di lungo termine, la cui durata va da qualche ora a diversi anni. La prima si considera basata su un circuito di riverbero elettrico; per la seconda, invece, sono state proposte due teorie. Secondo la teoria del circuito neuronico, la memoria è conservata in una particolare struttura di circuiti neuronici, le cui giunzioni (sinapsi) vengono modificate dalla ripetizione di impulsi nervosi. La teoria delle sostanze della memoria, invece, ritiene che talune sostanze, tra le quali l’RNA e il peptide, sono coinvolte nella gestione delle diverse memorie. Peraltro, il numero dei ricercatori che aderiscono alla seconda teoria sta diminuendo. (38) Si ritiene poi che la memoria sia conservata nella nuova corteccia, nel lobo temporale, per un lungo periodo, e gestita tramite una parte del sistema limbico chiamata “ippocampo”, che riveste un ruolo anche nell’elaborazione iniziale delle informazioni da memorizzare. (39) Goudet-Perrot ha spiegato che, nella cognizione, questa memoria (conoscenza conservata) viene collazionata con le informazioni relative agli oggetti del mondo esterno, procurate dagli organi sensoriali, e giudicata. (40) Il Pensiero dell’Unificazione, concordando con questa visione, ritiene che le informazioni provenienti dal mondo esterno vengano confrontate con i prototipi (le immagini interne), per verificare la loro congruenza rispetto ai prototipi stessi. (41)
7. La Codificazione delle Idee e l’Ideazione dei Codici
Nel processo in cui il soggetto umano conosce un oggetto, l’informazione proveniente dall’oggetto, raggiunto l’organo del senso, si tramuta in un impulso, che è una sorta di codice, per poi essere ideato nel centro sensoriale, ubicato nella corteccia cerebrale, e riflesso nella coscienza come un’immagine (idea). Questa è la “ideazione di un codice”. Dall’altro lato, nel caso della pratica, l’uomo compie un’azione sulla base di una certa idea. In questo caso, l’idea diventa un impulso che attraversa i nervi motori e mette in moto un attuatore (muscolo). Questa è la “codificazione di un’idea”. Secondo la fisiologia cerebrale, l’idea viene a esistere tramite la cognizione ed è immagazzinata come memoria in una specifica area del cervello, codificata secondo un particolare schema di combinazioni di neuroni. Per richiamare tale memoria, la coscienza la decodifica e la comprende come idea. Così, la “codificazione delle idee” e la “ideazione dei codici” servono per la conservazione e la rievocazione della memoria. (42)
Questo tipo di mutua conversione tra idea e codice può essere visto come una specie di fenomeno d’induzione tra l’avvolgimento mentale di tipo songsang, che veicola l’idea, e quello fisico di tipo hiongsang (i neuroni), che trasporta il codice, così come accade con l’elettricità che si genera, per induzione, tra due avvolgimenti. La mutua conversione tra idea e codice avvalla l’affermazione che la cognizione si compie per mezzo dell’azione di dare e ricevere tra i processi psicologici e fisiologici.
III. LE EPISTEMOLOGIE DI KANT E MARX NELLA VISIONE DEL PENSIERO DELL’UNIFICAZIONE
A. CRITICA DELL’EPISTEMOLOGIA DI KANT
1. Critica del Metodo Trascendente
Secondo Kant, il soggetto è dotato di una forma del pensiero a priori (le categorie). Questa affermazione, ovviamente, rispecchia la posizione di Kant, che non riconosce le forme dell’esistenza nel mondo esterno.
Peraltro, a un esame più approfondito, rileviamo che ci sono forme dell’esistenza corrispondenti alle forme del pensiero. Ad esempio, tutte le cose del mondo oggettivo esistono e si muovono nella forma del tempo e dello spazio. Gli scienziati stessi possono deliberatamente produrre un certo fenomeno sulla base del tempo e dello spazio nel mondo oggettivo. Così la forma del tempo e dello spazio non è solo soggettiva, ma anche oggettiva. Lo stesso può dirsi per la forma della causalità. Gli studiosi dopo aver scoperto nei fenomeni della natura numerose relazioni di causa ed effetto, sono poi riusciti a riprodurre quei fenomeni sulla base delle relazioni di causa ed effetto, che dunque esistono anche nel mondo oggettivo.
Inoltre, secondo Kant, un oggetto di cognizione è definito dalla combinazione tra la forma del soggetto e il contenuto proveniente dall’oggetto. Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, sia il soggetto (la persona) che l’oggetto (le cose) hanno allo stesso tempo contenuto e forma. Il soggetto non possiede solamente quelle che Kant definì le “forme a priori“, ma anche i prototipi preesistenti, che hanno contenuto e forma e perciò inglobano in sé le forme descritte da Kant; e dal soggetto non arriva una caotica congerie di sensazioni, quanto piuttosto il contenuto sensoriale organizzato dalle forme dell’esistenza.
Il soggetto (la persona) e l’oggetto (le cose) stabiliscono una relazione correlativa e si assomigliano; è per questo motivo che la cognizione non è il risultato della sintesi operata dal soggetto, ma la collazione tra il contenuto e la forma (il prototipo) del soggetto e il contenuto e la forma dell’oggetto, basata sull’azione di dare e ricevere tra essi, con il conseguente giudizio.
2. Critica dell’Agnosticismo Kantiano
Kant riteneva veritiera solo la conoscenza scientifica, naturale, del mondo fenomenico, e reputava invece inconoscibile la dimensione delle cose in sé (la realtà noumenale). Perciò, Kant separò completamente la realtà fenomenica da quella noumenale, e da qui iniziò la separazione tra ragion pura e pratica, tra scienza e religione.
Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, la cosa in sé è il songsang della cosa, mentre il contenuto sensoriale è il suo hiongsang. Songsang e hiongsang sono uniti nella cosa, e poiché il primo è espresso nel secondo, possiamo conoscere il songsang della cosa attraverso il suo hiongsang. Inoltre, secondo il Pensiero dell’Unificazione, l’uomo è il signore del dominio nei confronti delle cose, cioè il signore della creazione, e le cose sono state create a somiglianza dell’uomo, come oggetti per la sua gioia. Così, l’uomo e le cose si somigliano nella struttura e negli elementi, così come nel contenuto e nella forma. Nella cognizione, il contenuto e la forma posseduti dal soggetto (l’uomo) sono simili al contenuto e alla forma posseduti dalle cose, e se ne può fare la collazione. Inoltre, poiché la cosa in sé si esprime attraverso il suo contenuto, cioè il songsang dell’oggetto, il soggetto è in grado di conoscere non solo lo hiongsang (il contenuto sensoriale e la forma) dell’oggetto, ma anche il suo songsang (la cosa in sé). Kant cadde nell’agnosticismo, perché era all’oscuro della relazione, basata sul Principio, tra l’umanità e le cose del creato.
B. CRITICA DELL’EPISTEMOLOGIA MARXISTA
1. Critica della Teoria della Riflessione
Come abbiamo già spiegato, se nel soggetto della cognizione non ci fosse, come criterio per il giudizio, alcun prototipo corrispondente alle cose del mondo esterno, la cognizione risulterebbe impossibile anche se il mondo esterno fosse riflesso nella coscienza. Inoltre, siccome la cognizione è attivata dall’azione di dare e ricevere tra soggetto e oggetto, è necessario un interesse del soggetto per l’oggetto, senza il quale la semplice riflessione dell’oggetto esterno nella coscienza del soggetto non darebbe risultato. Ciò significa che la cognizione non può esaurirsi in un procedimento materiale passivo come la riflessione, ma è possibile soltanto in virtù di un processo mentale attivo (l’interesse per l’oggetto e la funzione della collazione).
2. Critica della Cognizione Sensoriale, della Cognizione Razionale, della Pratica
Nell’epistemologia marxista, il processo della cognizione consiste di tre stadi, e precisamente la cognizione sensoriale, la cognizione razionale e la pratica. Qui, è importante domandarsi come la coscienza, che i marxisti considerano un prodotto o una funzione del cervello e una riflessione del mondo oggettivo, possa conseguire una cognizione razionale (logica), basata sull’astrazione, il giudizio, la deduzione, e successivamente ispirare la pratica (rivoluzionaria). C’è un salto inspiegabile tra il processo passivo della riflessione del mondo esterno da una parte, e la cognizione razionale e il processo attivo della pratica dall’altra. Questo implica che c’è un vuoto logico nella visione marxista.
Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, cognizione e pratica non possono fondarsi esclusivamente sui processi fisiologici del cervello, perché l’azione cognitiva si compie tramite l’azione di dare e ricevere tra la mente e il cervello. In altre parole, cognizione e pratica sono il frutto di una relazione di dare e ricevere tra la mente, che possiede le funzioni della comprensione e della ragione, e il cervello.
E qual è il ruolo della pratica nella cognizione? Secondo Lenin, la cognizione conduce alla pratica, e per Mao cognizione e pratica sono inseparabili. Sotto questo profilo, il Pensiero dell’Unificazione non ha nulla da obiettare. Le cose sono state create come oggetti per la gioia dell’uomo, che deve esercitare il dominio su di esse (con la pratica): noi conosciamo le cose proprio per esercitare il dominio. Cognizione e pratica formano un circuito correlativo di dare e ricevere tra l’uomo e le cose. Per questo, non c’è cognizione avulsa dalla pratica (dominio), e non c’è pratica (dominio) avulsa dalla cognizione.
Fig. 9.12 – Correlatività di cognizione e pratica
La pratica teorizzata dal marxismo è finalizzata, in definitiva, alla rivoluzione, mentre il Pensiero dell’Unificazione sostiene che la pratica, così come la cognizione, hanno la motivazione di realizzare lo scopo della creazione.
Lo scopo della creazione si compie quando “a” Dio esercita il dominio sugli uomini con l’amore e gli uomini rispondono a Dio con la bellezza, e “b” quando l’uomo esercita il dominio sulle cose con l’amore e le cose rispondono all’uomo con la bellezza – così che Dio e l’uomo possano provare gioia. Conclusivamente, sia la cognizione che la pratica sottendono il comune scopo di arrivare alla gioia attraverso l’amore.
3. Critica dei Concetti Comunisti della Verità Assoluta e della Verità Relativa
Lenin e Mao hanno riconosciuto l’esistenza della verità assoluta, affermando che l’uomo vi si avvicina infinitesimamente ripetendo il ciclo di cognizione e pratica. Ma il loro concetto di assoluto è ambiguo: per Lenin, la verità assoluta è la sommatoria delle verità relative. A nostro parere, invece, per quante verità relative si possano accumulare, il risultato sarà semplicemente il loro compendio e mai potrà diventare verità assoluta.
La verità assoluta è universale ed eterna e, perciò, il concetto di assoluto non può essere determinato senza assumere come riferimento l’Essere Assoluto. La verità assoluta è indissolubilmente legata all’amore assoluto di Dio, dal quale non può essere distinta, come abbiamo spiegato nell’Assiologia. Così come sono uniti e inseparabili il calore e la luce del sole, così non può esserci verità assoluta senza l’amore assoluto di Dio. Di conseguenza, l’uomo comprenderà lo scopo della creazione delle cose e ne conseguirà la vera conoscenza solo quando saprà centrarsi sull’amore di Dio. Non c’è modo di ottenere la verità assoluta partendo dalla negazione di Dio, per quanto tenace possa essere l’impegno nella pratica.
Note: L’Epistemologia
(1) La filosofia critica di Kant, che sintetizza razionalismo ed empirismo, fu stabilita come risultato di dieci anni di silenzio e studio, e nel 1781 fu pubblicata la Kritik der Reinen Vernunft (Masaaki Kosaka, Storia della Filosofia Occidentale, Tokyo 1971).
(2) Da cosa è provveduta la mente? .. Donde viene tutto il materiale della ragione e della conoscenza? A questo io rispondo, in una sola parola, dall’esperienza. In questa è fondata tutta la nostra conoscenza; e da questa, essa alla fine si origina (John Locke, An Essay Concerning Human Understanding, 1689)
(3) René Descartes, Discours de la méthode, 1637.
(4) René Descartes, Principia philosophiae, 1644.
(5) Secondo Kant, che vide in Wolff il rappresentante tipico del dogmatismo, questo è la procedura dogmatica della pura ragione, priva della previa critica dei suoi stessi poteri (Immanuel Kant, Kritik der Reinen Vemunft, 1781).
(6) Immanuel Kant, Kritik der Reinen Vernunft, op. cit.
(7) Ibid.
(8) Ma se ci si pone l’ulteriore domanda su cosa siano davvero e donde provengano pensiero e coscienza, risulta evidente che essi sono prodotti del cervello umano e l’uomo stesso è un prodotto della natura, che si è sviluppato all’interno del proprio ambiente e insieme ad esso (F. Engels, Antidühring, op. cit.). La mente non esiste indipendentemente dal corpo … la mente è secondaria, una funzione del cervello, una riflessione del mondo esterno (V. I. Lenin, Materialism and Empiriocriticism, 1909).
(9) F. Engels, Ludwig Feuerbach and the End of Classical German Philosophy, in Selected Works of Marx and Engels, Mosca, 1970.
(10) V. I. Lenin, MateriaIism and Empiriocriticism, op. cit.
(11) V. I. Lenin, Conspectus of Hegel’s Science of Logic, in Collected Works of Lenin, Mosca 1976.
(12) Mao Tse-tung, Sulla Pratica, Opere Scelte di Mao Tse-tung, Pechino 1975
(13) F. Engels, Socialìsm: Utopian and Scientific, Selected Works, op. cit.
(14) Mao Tse-tung, Sulla Pratica, op. cit.
(15) Ibid.
(16) F. V. Konstantinov, Fundamentals of Marxist-Leninist Philosophy, Progress Publishers, Mosca, 1982
(17) O. W. Kuusinen, Fundamentals of Marxism-Leninism, Mosca, 1961
(18) Karl Marx, Tesi su Feuerbach, Collected Works, op. cit.
(19) Mao Tse-tung, Sulla pratica, op. cit.
(20) V. I. Lenin, Materialism and Empiriocriticism, op. cit.
(21) Il pensiero umano è per sua natura capace di dare, ed effettivamente dà, verità assoluta, che è composta da una sommatoria di verità relative. Ogni passo avanti nello sviluppo della scienza aggiunge un altro granello alla somma della verità assoluta (V. I. Lenin, Materialism and Empiriocriticism, op. cit.).
(22) Evidenzieremo ora alcuni dei punti fondamentali del Principio dell’Unificazione, sui quali si basa l’epistemologia dell’Unificazione.
- Quando … le essenze duali di Dio stabiliscono il modello correlativo e quindi l’azione di dare e avere, si sviluppa l’energia che genera il processo della moltiplicazione, nel quale la duplice essenza si divide in due oggetti sostanziali centrati su Dio (Esposizione …, op. cit., pag. 30). La moltiplicazione avviene tramite l’azione di origine-divisione-unione conseguente all’azione di dare e avere (lbid., pago 36). Con questo principio può essere spiegato il fenomeno dell’aumento nella nuova conoscenza.
- Lo spirito può crescere soltanto quando è incarnato (lbid., pag. 50). Tutte le sensibilità di un uomo in spirito sono coltivate attraverso la relazione reciproca col sé fisico durante la vita terrena (lbid., pag. 51). La condotta, buona o cattiva, del sé fisico è il fattore principale che determina lo sviluppo, nel bene o nel male, del sé spirituale (lbid., pag. 49). Da questi punti del Principio dell’Unificazione comprendiamo che la cognizione attraverso i cinque sensi fisici corrisponde necessariamente alla cognizione attraverso i cinque sensi spirituali, e che cognizione e azione (pratica) sono intese originalmente a realizzare lo scopo della bontà.
- Nell’universo, gli uomini sono il soggetto che dà amore alla natura, mentre quest’ultima, come oggetto, risponde in bellezza (lbid., pagg.41-42). Per essere qualificato a governare tutte le cose, anche l’uomo deve avere il carattere e il potere di creatore (Ibid., pag. 75). Lo scopo per cui l’universo è stato creato è far sì che l’uomo senta gioia e pace (Explaining the Principle, versione originale coreana, pag. 50). Da questi punti del Principio possiamo comprendere che cognizione e dominio (pratica) sono in una relazione inseparabile, e che lo scopo della cognizione e del dominio è volto alla realizzazione di gioia e pace.
- L’uomo è stato creato per essere il centro dell’intera creazione, e il punto in cui Dio e l’uomo diventano un corpo unico è quello in cui troviamo il centro del macrocosmo (Esposizione …, op. cit., pag. 35). In una cellula umana, c’è vita e coscienza, e vi è contenuto il mistero dell’universo (da un sermone del Rev. Moon). Da questi punti possiamo ricavare i concetti di protocoscienza e protoimmagine come criteri attraverso i quali conoscere tutte le cose del mondo esterno.
- Ci sono vari tipi di azione di dare e ricevere, e tra essi anche quello basato sul contrasto (risposta del Rev. Moon a una domanda dell’autore). Da qui possiamo ricavare il concetto di collazione nella cognizione.
- Il corpo deve sottomettersi ai suoi [della mente] comandi (Esposizione …, op. cit., pag. 25). Anche il pensiero è un tipo di azione di dare e ricevere; c’è azione di dare e ricevere tra la mente e il corpo, e azione di dare e ricevere nella mente stessa (risposta del Rev. Moon alle domande dell’autore). Con questi spunti è possibile capire fenomeni come la corrispondenza tra la mente invisibile e il corpo visibile, cioè tra la volontà e il movimento del corpo, e la cognizione (il giudizio) della mente sulle informazioni (i codici) che le pervengono attraverso il corpo (i nervi). Dio creò gli uomini perché fossero signori dell’universo (Esposizione …, op. cit., pag. 48). Quando un uomo pienamente maturo e le diverse cose della natura, ad esso oggettive, si pongono in relazione tra loro … l’uomo eserciterà il dominio diretto su tutte le cose (Ibid., pag. 47). Dio creò il mondo sostanziale invisibile e il mondo sostanziale visibile, e creò l’uomo perché governasse entrambi (Explaining …, op. cit., pag. 44). L’universo fu creato come l’oggetto sostanziale per il songsang soggettivo dell’uomo (lbid., pag. 50). Da questi principi, possiamo capire che l’uomo è stato creato come soggetto della cognizione e del dominio (pratica) su tutte le cose, e tutte le cose sono state create come oggetto della cognizione e del dominio da parte dell’uomo. Perciò, quella tra l’uomo e tutte le cose è una relazione necessaria, simile a quella tra mente e corpo.
(23) Esposizione …, op. cit., pagg. 45-46
(24) Le funzioni della mente comprendono l’intuizione (sensibilità), la percezione, la cognizione, il pensiero, la deduzione, la concezione, la pianificazione, la memoria, la ricerca dello scopo, il ricordo e l’apprezzamento estetico. La protocoscienza possiede solo alcune di queste funzioni: la sensibilità, la percettività, la ricerca dello scopo. Di conseguenza, la protocoscienza e una mente minore. La coscienza cosmica è l’espressione della mente cosmica in una dimensione più bassa, ovvero l’espressione della mente di Dio (songsang) in una dimensione più bassa.
(25) La coscienza cosmica non è contenuta soltanto negli esseri viventi, ma anche nei minerali. In questi ultimi, peraltro, a causa del loro carattere strutturale, essa traspare solo come funzione fisico-chimica.
(26) Genesi 2:7.
(27) Tra numeri e leggi c’è una relazione inseparabile: l = assoluto; 2 = relativo; 3 = origine, divisione e unione; 4 = base delle quattro posizioni; 5 = metallo, legno, acqua, fuoco e terra; 6 = numero della creazione; 7 = perfezione, sabato; 8 = nuovo inizio; 9 = 3 volte 3; 10 = ritorno. Così, i numeri si manifestano fondamentalmente in leggi e principi, come si può vedere in tanti esempi: il numero delle vertebre, il ritmo del respiro, il battito delle pulsazioni, la temperatura del corpo dell’uomo; quattro stagioni in un anno, tre mesi in ogni stagione, trenta (o trentuno) giorni in un mese, ventiquattro ore in un giorno, sessanta minuti in un’ora, sessanta secondi in un minuto, il rapporto tra la circonferenza del cerchio e il suo diametro (p = 3,14).
(28) Esposizione …, op. cit., pag. 28.
(29) Epistola ai Romani 8:22
(30 La mente spirituale è la mente della persona spirituale e contiene elementi spirituali. Così, nell’epistemologia, chiamiamo “appercezione spirituale” la parte funzionale dell’unione della mente spirituale e della mente fisica.
(31) Quando nello stadio della comprensione, a seguito della formazione di una base delle quattro posizioni interna, non si raggiunge la cognizione, l’immagine sensoriale rimane indeterminata. In questo caso, si offrono diverse opzioni: a) creare un’immagine nuova (un nuovo prototipo) e ripetere il procedimento di collazione; b) chiedere il giudizio di un’altra persona (giudizio altrui o educativo); c) rinunciare al giudizio (in tal caso, l’immagine sensoriale sarà cancellata); d) differire il giudizio (in tal caso, l’immagine sensoriale sarà immagazzinata nella memoria).
(32) Il cervello è una sorta di computer in cui opera un meccanismo automatico acquistato separatamente. Il computer è utile soltanto dopo che vi è stato installato un programma, e questo viene gestito da qualcuno che non è il computer stesso. Le decisioni sulle nostre azioni sono la funzione della mente, che esiste separatamente dal cervello (Wilder Penfield, The Mystery of the Mind, 1978).
(33) Queste considerazioni mi portano all’ipotesi alternativa dell’interazione dualista, che è stata approfondita in The Self and Its Brain. È l’opinione di buon senso che noi siamo una combinazione di due cose o entità: il nostro cervello da una parte e il nostro sé cosciente dall’altra. Il sé è al centro di tutte le nostre esperienze consapevoli di persone in tutta la nostra vita di veglia. Noi lo fissiamo nella memoria a partire dalle nostre prime esperienze coscienti. Il sé ha un’esistenza subconscia durante il sonno, a parte i sogni, e al risveglio il sé conscio è richiamato e collegato al passato dalla continuità della memoria (J. C. Eccles e D. N. Robinson, The Wonder of Being Human, New York, 1984).
(34) A. Goudet-Perrot, Cybernitique et Biologie, 1970.
(35) Ciò non esclude, comunque, la possibilità che gli sviluppi futuri della fisiologia cerebrale possano determinare l’emergere di una nuova teoria fisiologica dell’epistemologia. Qui abbiamo soltanto dimostrato che le scienze naturali, progredendo sempre più, confermano le tesi del Pensiero dell’Unificazione.
(36) J. C. Eccles, The Understanding of the Brain, New York, 1977.
(37) La memoria può essere distinta in due tipi: a) memoria ereditaria, che si riceve con la nascita, come le informazioni contenute nei geni; b) memoria acquisita, che si ottiene dopo la nascita e costituisce la consapevolezza (A. Goudet-Perrot, Cybernitique …, op. cit.).
(38) Shigeru Kobayashi, Introduzione alla scienza del cervello, Tokyo, 1987.
(39) Masao Ito, Cervello e comportamento, Tokyo, 1990.
(40) Le informazioni ricevute dai ricettori sensoriali sono collazionate con la conoscenza che era stata acquisita dai centri sensoriali nella corteccia cerebrale ed era stata conservata nella memoria, e se ne fa un giudizio (A. Goudet-Perrot, Cybernitique …, op. cit.).
(41) Con il protrarsi del nostro contatto e della nostra interazione con l’ambiente, arriviamo a formare nella nostra mente numerosi prototipi. La struttura della nostra conoscenza è costruita intorno a questi prototipi. La conoscenza ha una struttura in cui, al centro, sono ordinati i modelli dei prototipi. Quando cerchiamo di capire le parole di una persona, le paragoniamo e collazioniamo con la conoscenza che abbiamo strutturato in questo modo. Le parti che si accordano con essa vengono integrate nella struttura della conoscenza, ma quelle che discordano non vengono comprese e, anche quando sembra che siano comprese, sono in realtà fraintese (Hisashi Oshima, La scienza della conoscenza, Tokyo, 1986).
(42) Le nostre esperienze sono in effetti variegate, ed è nostra opinione che diversi aspetti dell’esperienza siano immagazzinati separatamente nel cervello. Potremmo dover constatare che la conservazione, la codificazione e la decodificazione della memoria è un processo su vari piani presente estensivamente nel cervello (M. S. Gazzaniga e J. E. Ledoux, The Integrated Mind, New York, 1978).
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