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La Metodologia

La metodologia studia come si possa giungere alla verità obiettiva. In effetti, il termine italiano metodo deriva dalle locuzioni greche meta (secondo) e hodos (la via). Così, il metodo implica che, per ottenere uno scopo, occorre seguire un certo percorso. Dai tempi dell’antica Grecia e fino ad oggi, molti filosofi hanno sviluppato le loro particolari metodologie. Esamineremo qui dapprima le più note metodologie tradizionali, per poi presentare la metodologia del Pensiero dell’Unificazione, cioè la metodologia dell’Unificazione. A seguire, analizzeremo le metodologie tradizionali dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione.

I. RASSEGNA STORICA

In questo capitolo, compiremo una breve digressione attraverso le metodologie più importanti della storia della filosofia. Ci occuperemo prima di quelle relative all’antichità, poi di quelle moderne e contemporanee.

A. LE METODOLOGIE DELL’ANTICHITÀ

1. La Dialettica di Eraclito: un Metodo Dinamico

Eraclito (c. 535-475 a.C.), fu considerato da Hegel il fondatore della dialettica. Eraclito ritenne che la materia fondamentale dell’universo fosse il fuoco, col suo carattere di costante mutamento. Rilevato che “tutto scorre”, egli affermò che nulla è eterno; al contrario, ogni cosa vive un processo di generazione e movimento. Ancora, Eraclito dichiarò che il conflitto è il padre e il re di tutti, per cui tutto si genera e muta tramite la lotta tra gli opposti. Tuttavia, Eraclito reputò che qualcosa d’immutabile – una legge ch’egli chiamò Logos – fosse sotteso alla generazione e al cambiamento e che in tutte le cose l’armonia sia il prodotto del conflitto. La metodologia di Eraclito si occupa del modo di essere e dello sviluppo della natura. La sua dialettica, che cerca di cogliere l’aspetto dinamico delle cose, può essere definita come un metodo dinamico.

2. La Dialettica di Zenone: un Metodo Statico

Al contrario di Eraclito, Parmenide (c. 510 a.C.) della scuola eleatica ritenne che non vi sia generazione né distruzione, che non vi sia movimento né mutamento.

Zenone di Elea (c. 490-430 a.C.), erede del pensiero di Parmenide rinnegò il movimento, e cercò di dimostrare che esiste soltanto un unico essere immobile. Egli formulò quattro prove a sostegno della sua tesi, secondo cui i corpi fisici, pur se paiono muoversi, sono in effetti del tutto immobili.

In una di queste prove si sostiene che Achille, il velocissimo corridore ed eroe distintosi nella guerra di Troia, non riuscirà mai a raggiungere una tartaruga. Supponiamo che la tartaruga sia partita per prima; quando essa già si è spostata un po’ in avanti, Achille parte alla sua rincorsa. Ma quando Achille arriva nel luogo da dove la tartaruga è partita, quest’ultima si è già mossa in avanti di un certo tratto. Quando poi Achille arriva al punto successivo, la tartaruga si è mossa ancora per una certa distanza. Di conseguenza, la tartaruga rimarrà sempre davanti ad Achille.

Un’altra prova suggerita da Zenone descrive una freccia in volo, che però rimane sempre ferma. Supponiamo che la freccia sia stata scoccata dal punto a verso il punto c. In un determinato momento, la freccia attraversa il punto b, che si trova tra a e c. Attraversare il punto b significa fermarsi in quel punto per un istante. Tuttavia, poiché la distanza tra a e c è un continuo, fatto di un numero infinito di punti, la freccia è perennemente ferma.

Il metodo di Zenone si basa sull’arte della polemica, fatta di domande e risposte attraverso le quali si mira a screditare l’avversario, spingendolo a contraddire le sue stesse affermazioni. Aristotele riconobbe in Zenone il maestro della dialettica. In definitiva, la dialettica di Zenone, che negò il movimento per affermare che vi sia soltanto un unico essere immobile, può essere definita come un metodo statico.

3. La Dialettica di Socrate: un Metodo Basato sul Dialogo

Nella seconda metà del V secolo a.C., si sviluppò in Atene la democrazia. In quel tempo i giovani, per assicurarsi il successo nell’agone politico, si esercitavano nella retorica della suasione. Emersero così dei professionisti, specializzati nell’insegnamento dell’arte della retorica, che presero il nome di sofisti.

Se la filosofia greca più antica aveva scelto la natura come proprio oggetto di studio, i sofisti si discostarono dalla filosofia della natura per approfondire le problematiche umane. Ben presto si accorsero che, mentre nella natura troviamo obiettività e necessità, il comportamento dell’uomo è relativo; per questo motivo, i sofisti rinunciarono a occuparsi delle problematiche umane e lasciarono prevalere lo scetticismo e il relativismo. Taluni di essi si spinsero ad affermare che, per quanto riguarda l’uomo stesso, non può esistere alcuna verità. L’arte della suasione insegnata dai sofisti si preoccupò solo di individuare le tecniche oratorie più acconce per prevalere sugli avversari politici, utilizzando a tale scopo, appunto, la sofisticheria.

Socrate (470-399 a.C.) deplorò che i sofisti confondessero il popolo e riaffermò l’importanza della virtù, espressa nella vita, al di sopra delle capacità tecniche, mirate al successo politico. Per Socrate, solo la vera conoscenza può indicare la strada della virtù. Innanzitutto, per raggiungere la verità, occorre riconoscere la propria ignoranza e osservare la regola “conosci te stesso”. Inoltre, accostandoci in atteggiamento di umiltà al dialogo con le altre persone, compiamo un percorso che, iniziando dal particolare, ci guida alle conclusioni della verità universale.

Scoprire la verità, che dorme nella mente dell’uomo, significa risvegliarla e farla emergere, ponendo domande appropriate, in un processo che Socrate definì maieutico. In definitiva, il suo metodo di ricerca della verità è quello della discussione.

4. La Dialettica di Platone: un Metodo Basato sulla Classificazione

Platone (427-347 a.C.), discepolo di Socrate, si propose di spiegare come pervenire alla vera conoscenza della virtù, descritta da Socrate. Platone sostenne l’esistenza di un essere immateriale, come essenza delle cose, che chiamò Idea, o Forma (eidos). Tra le varie idee, quella del Bene è la suprema, e solo coloro che intuiscono l’idea del Bene possono attingere al livello di vita più alto. Ciò che esiste davvero è l’idea, mente il mondo fenomenico non è altro che la copia del mondo delle idee. La conoscenza delle idee è la vera conoscenza, e il metodo di Platone per la cognizione delle idee è dialettico.

La dialettica di Platone fu tesa a determinare le relazioni tra le diverse idee e interpretarne la struttura, con l’idea del Bene all’apice. Nella cognizione delle idee, si possono prendere due direzioni: la prima procede dall’alto verso il basso, attraverso la distribuzione dei concetti generici in concetti specifici; la seconda dal basso verso l’alto, attraverso la sintesi dei concetti delle singole cose, nella direzione del concetto supremo. Dei due metodi, quello basato sulla sintesi corrisponde alla dialettica di Socrate, mentre quello della suddivisione è più tipicamente platonico, così che, riferendoci alla dialettica di Platone, intendiamo di solito parlare del metodo della ripartizione. Contrariamente a Socrate, il quale ritenne che la conoscenza si ricavasse dal dialogo tra persona e persona, Platone organizzò la sua dialettica come metodo di classificazione dei concetti e di auto-domanda e auto-risposta, ovvero domanda e risposta nella propria mente.

5. Il Metodo Deduttivo di Aristotele

La teoria della conquista della vera conoscenza fu elaborata da Aristotele (384-322 a.C.) come scienza della logica. Quest’ultima, esposta sistematicamente nell’Organon, fu considerata lo strumento per raggiungere la verità attraverso un ragionamento appropriato, e quindi come disciplina propedeutica alle altre varie branche della ricerca scientifica.

Secondo Aristotele, la vera conoscenza si basa sulla dimostrazione logica. Pur riconoscendo i meriti del metodo induttivo, che procede dal particolare all’universale, Aristotele lo ritenne imperfetto e preferì, come garanzia di una conoscenza più sicura, il metodo deduttivo, in cui i particolari sono dedotti dall’universale. L’elemento fondamentale di questo metodo è il sillogismo. Un tipico esempio di sillogismo è il seguente: (i) tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore), (ii) Socrate è un uomo (premessa minore) e perciò (iii) Socrate è mortale (conclusione).

Nel Medioevo, si riconobbe grande importanza alla logica di Aristotele, come strumento di verifica deduttiva delle proposizioni della teologia e della filosofia. In effetti, lo schema del sillogismo aristotelico rimase inconfutato per circa duemila anni.

B. LE METODOLOGIE MODERNE

1. Il Metodo Induttivo di Bacon

Se la trascendenza Dio fu un dato condiviso per tutto il Medioevo, nel periodo rinascimentale la percezione del carattere trascendente di Dio, in ambito filosofico, perse gradualmente credito. Si sviluppò così una filosofia della natura panteista, che vide Dio inerente nella natura. Intanto, la filosofia si concentrava sulla metodologia dello studio della natura. L’esponente di maggior spicco di questo periodo fu Francis Bacon (1561-1626).

Per Bacon, i precedenti sistemi basati sulla metafisica erano sterili e, come vergini consacrate a Dio, incapaci di produrre alcunché. Essi si basavano sul metodo di Aristotele, che si poneva come obiettivo il raggiungimento di una prova logica, da utilizzare per l’altrui persuasione. Attraverso quel metodo, peraltro, non si potevano svelare le verità della natura. Bacon, invece, scelse il metodo induttivo, come strumento logico più idoneo a scoprire nuove verità, e battezzò la propria dissertazione sulla logica New Organon, in dichiarata contrapposizione all’Organon di Aristotele.

Convinto che le teorie tradizionali non fossero altro che vuote diatribe, fatte di parole assolutamente inutili, Bacon affermò che, per ottenere la vera conoscenza, occorre dapprima eliminare i pregiudizi che ci condizionano, per poi esplorare la natura direttamente. Dopo aver espunto i pregiudizi, costituiti dai quattro idola, (1) possiamo osservare la natura e compiere su di essa vari esperimenti, che c’introdurranno alle essenze universali racchiuse nei singoli fenomeni.

I metodi induttivi tradizionali avevano mirato a ricavare leggi universali da un numero limitato di osservazioni ed esperimenti; Bacon, invece, si propose di elaborare un vero metodo induttivo, per arrivare a una conoscenza attendibile, basata sulla raccolta del maggior numero possibile di casi, in cui si riconosceva importanza anche agli esempi negativi.

2. Il Dubbio Metodico di Descartes

A seguito dei cospicui progressi delle scienze, registrati a partire dal periodo rinascimentale, la filosofia del XVII secolo assunse a verità assoluta la visione meccanicista della natura, e curò di non contrastarla. Il razionalismo si cimentò a elaborare i presupposti del meccanicismo da una posizione più fondamentale. Il suo capo scuola, René Descartes (1596-1650), vide nel metodo matematico l’unico vero metodo. Da matematico, quindi, egli ricercò prima una verità intuitiva che risultasse ovvia per tutti, per poi sviluppare deduttivamente, sulla base di essa, una verità nuova e certa.

Postosi così il problema dell’individuazione di una verità intuitiva da adottare come punto di partenza della filosofia, Descartes scelse di dubitare, quanto più fosse possibile, per arrivare a una verità assolutamente credibile, da assumere a principio di tutta la conoscenza. Proprio dubitando d’ogni cosa, egli osservò come il fatto dell’esistenza del suo essere dubitante rimanesse indubitabile. Descartes formulò la famosa proposizione “penso, perciò esisto” (cogito ergo sum) e domandatosi perché tale proposizione non avesse bisogno di prova, rispose che essa era chiara e distinta. Di qui egli trasse la regola generale, secondo cui le cose che concepiamo molto chiaramente e distintamente sono tutte vere.

Il dubbio cartesiano, lungi dall’esser fine a sé stesso, è diretto invece alla scoperta della verità, ed è quindi metodico. Descartes puntò alla certezza della conoscenza seguendo il metodo matematico, a partire da assiomi intuitivamente chiari e distinti, per dimostrare varie proposizioni.

3. L’Empirismo di Hume

Al contrario del razionalismo, rappresentato da Descartes, l’empirismo, sviluppatosi in Gran Bretagna, scelse di spiegare le realtà spirituali sulla base delle leggi della natura verificate empiricamente.

Per edificare un sistema scientifico completo, David Hume (1711-1776) analizzò obiettivamente i processi della mente umana con un nuovo metodo. Tramite la ricerca delle invariabili leggi naturali nella mente dell’uomo, Hume tentò di chiarire la fondazione di tutte le scienze, cui la mente umana s’interessa. Hume analizzò le idee, che costituiscono gli elementi della mente: quelle più semplici sono legate le une alle altre secondo tre principi di associazione: rassomiglianza, contiguità nel tempo e nello spazio, causa ed effetto. Dei tre principi, i primi due fondano una conoscenza sicura, mentre il terzo produce un’opinione meramente soggettiva.

Alla fine, l’empirismo di Hume degradò nello scetticismo: la conoscenza obiettiva non sarebbe ricavabile neppure dall’inferenza induttiva, basata sull’esperienza e l’osservazione. Hume arrivò a rinnegare ogni forma di metafisica e mise in dubbio anche il valore delle scienze naturali.

4. Il Metodo Trascendentale di Kant

Immanuel Kant (1724-1804) partì dalle posizioni del razionalismo e delle scienze naturali. Egli ringraziò Hume per averlo destato dal “sonno dogmatico”: (2) infatti, la critica portata da Hume alla causalità lo aveva obbligato ad affrontare la questione del valore obiettivo della causalità. (3) Se la causalità rimane un’opinione soggettiva, come aveva ritenuto Hume, la legge di causa ed effetto smarrisce la sua universalità, e le scienze, stabilite sulla base di quella legge, non costituiscono più un sistema di verità di valore obiettivo. Così, Kant s’interrogò su come l’esperienza in generale sia possibile e come possa ottenersi la verità obiettiva, e cercò di risolvere il problema con il suo metodo trascendente.

Kant argomentò che, come aveva detto Hume, la cognizione dipende interamente dall’esperienza. Mai potremo giungere alla verità obiettiva. Così, esaminando criticamente la ragione umana, Kant scoprì l’esistenza di elementi a priori, o forme, insiti nel soggetto. In altre parole, Kant affermò l’esistenza di forme di cognizione a priori, comuni ad ogni uomo, precedenti all’esperienza: si tratta delle forme intuitive del tempo e dello spazio e dei puri concetti della comprensione (le categorie). Secondo Kant, la cognizione non sta nel cogliere l’oggetto per ciò che esso è; piuttosto, l’oggetto della cognizione è sintetizzato attraverso le forme a priori del soggetto.

5. L’Idealismo Dialettico di Hegel

Se il metodo di Kant si era concentrato su come fosse possibile la verità obiettiva, quello di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) si fondò sulla logica del pensiero, la dialettica, identificabile con la logica della realtà. Kant aveva proposto i concetti a priori per garantire l’obiettività della verità. Hegel, invece, osservò che il concetto, pur essendo a priori, continua a trascendere sé stesso. Partendo dalla posizione di affermare sé stesso, il concetto viene a sapere che esiste una determinazione con esso incompatibile, e quindi trascende queste due determinazioni contraddittorie per sviluppare una posizione che le sintetizzi entrambe.

Hegel chiamò questi tre stadi “in sé“, ”per sé” e “in e per sé“. Essi sono anche indicati come affermazione, negazione e negazione della negazione, ovvero tesi, antitesi e sintesi.

Hegel individuò nella contraddizione la forza motrice dello sviluppo del concetto. Per Hegel, la contraddizione è la radice di ogni moto e vitalità; solo nella misura in cui una cosa ha in sé una contraddizione, essa si muove, ha un impulso e un’attività. (4) In questo modo, la logica dell’auto-sviluppo attraverso la contraddizione è alla base della dialettica di Hegel.

Hegel sostenne che il concetto si sviluppa autonomamente per diventare idea; il concetto (l’idea) nega sé stesso, si aliena per emergere come natura, e poi si sviluppa nell’essere umano come spirito. La dialettica di Hegel è quindi il metodo dello sviluppo del concetto, e nello stesso tempo il metodo dello sviluppo del mondo obiettivo.

6. Il Materialismo Dialettico di Marx

Il metodo dialettico fu sviluppato in epoca moderna dagli idealisti tedeschi, con Hegel come capostipite. A parere di Marx, tuttavia, gli idealisti avevano distorto la dialettica hegeliana, che doveva quindi essere rivista e ristabilita da una prospettiva materialista. Nelle parole di Engels, la dialettica di Marx non è altro che la scienza delle leggi generali del moto e dello sviluppo della natura, della società umana e del pensiero, (5) nella quale lo sviluppo della natura e della società è assunto come origine, da cui dipende lo sviluppo del pensiero. Entrambe le dialettiche, quella idealista di Hegel e quella materialista di Marx, si basano sulla contraddizione – intesa come il procedimento di sviluppo nei tre stadi di tesi, antitesi e sintesi è cioè lo stato in cui un elemento rifiuta (nega) l’altro elemento, ma contemporaneamente mantiene con esso una relazione di scambio. Nel caso della dialettica di Hegel, è sottolineata maggiormente la sintesi (l’unità), mentre in quella di Marx il senso della lotta, in cui una parte schiaccia e annienta l’altra, sovrasta il tema della contraddizione.

Secondo Engels, le leggi fondamentali della dialettica materialista sono tre: (i) la legge della trasformazione della quantità in qualità, (ii) la legge dell’unità e della lotta tra gli opposti (ovvero dell’interpenetrazione degli opposti) e (iii) la legge della negazione della negazione. La prima legge afferma che il mutamento qualitativo avviene solo a seguito di un cambiamento quantitativo, e quando quest’ultimo raggiunge un certo livello, si produce un improvviso salto nella qualità. La seconda asserisce che ogni cosa contiene elementi inseparabilmente correlati gli uni agli altri, che però si respingono, essendo tra loro opposti, e quindi ogni cosa si sviluppa attraverso l’unità e la lotta degli opposti. La terza legge spiega che lo sviluppo avviene quando lo stadio antecedente si trasfonde in quello successivo con la sua negazione, e ancora prosegue, nel terzo stadio, con una nuova negazione. Il passaggio al terzo stadio è visto come un ritorno allo stato iniziale, ma in una dimensione più ampia (è uno sviluppo a spirale). Nella spiegazione di queste tre leggi, Engels fece riferimento alla Wissenschaft der Logik di Hegel, ragguagliando la prima alla dottrina dell’essere, la seconda alla dottrina dell’essenza e la terza alla dottrina della nozione.

Delle tre leggi, la fondamentale è la seconda: si è già detto che unità e lotta tra gli opposti sono l’essenza della contraddizione, ma, in effetti, i marxisti attribuiscono molta più importanza alla lotta che all’unità. Lenin, infatti, disse che l’unità (la coincidenza, l’identità, l’azione conforme) degli opposti è condizionale, temporanea, transitoria, relativa, mentre il conflitto tra opposti che si escludono a vicenda è assoluto, proprio come assoluti sono lo sviluppo e il movimento. (6) Alla fine, egli giunse ad affermare esplicitamente che lo sviluppo viene solamente dalla lotta tra elementi opposti. (7)

7. Il Metodo Fenomenologico di Husserl

Edmund Husserl (1859-1938) teorizzò la fenomenologia come principio della filosofia e scienza universale, capace di dare fondamento a tutte le altre scienze. La fenomenologia tratta della coscienza, dalla quale si generano le teorie delle scienze e con la quale conosciamo gli oggetti. Partendo dalla certezza assoluta del cogito cartesiano, ed escludendo i dogmi metafisici sottesi dalle filosofie tradizionali, Husserl studiò la coscienza come scienza in senso stretto e si dedicò a descrivere la pura coscienza intuitivamente, rifiutando qualsiasi preconcetto.

In tale impegno, egli si pose come meta le cose stesse. Il termine “cose”, in questo caso, non deve far pensare a fatti empirici, quanto invece a puri fenomeni, che si manifestano nell’ambito della coscienza pura, e che Husserl s’impegnò a descrivere intuitivamente, proprio com’essi sono.

L’atteggiamento quotidiano, che considera la natura che ci sta davanti come evidente in sé, si chiama “atteggiamento naturale”. In esso, peraltro, operano abitudini e preconcetti radicati. Perciò, il mondo che conosciamo in questo modo non può essere quello vero: l’atteggiamento naturale deve trasformarsi in “atteggiamento fenomenologico”, passando attraverso i due stadi rispettivamente della “riduzione eidetica” e della “riduzione trascendentale”.

La riduzione eidetica, per Husserl, è il passaggio dalla dimensione fattuale al mondo dell’essenza. In tale fase abbiamo l’intuizione delle essenze attraverso “libere variazioni”. In altri termini, quando cambiamo i singoli esseri esistenti con immaginazione libera e intuiamo qualcosa di universale e immutabile, al di là delle variazioni, raggiungiamo l’essenza. Ad esempio, l’essenza del fiore può essere ottenuta dall’esame di una rosa, un tulipano, un bocciolo, un fiore avvizzito, etc., estrapolando una costante invariabile da tutte queste osservazioni.

Il passo successivo è quello della riduzione trascendentale, che interviene quando ci asteniamo dal giudicare se il mondo esista oppure no. Ciò non vuol dire che si debba rinnegare o porre in dubbio l’esistenza del mondo esterno; basta semplicemente “sospendere” o “mettere fra parentesi” il nostro giudizio. Definiamo questo processo “esclusione fenomenologica”.

Ciò che rimane fuori delle parentesi (dopo l’esclusione) è la coscienza pura (coscienza trascendentale) alla quale si rivelano i puri fenomeni. Questo tipo di atteggiamento, capace di comprendere i fenomeni nella loro purezza, è appunto l’atteggiamento fenomenologico.

fig.11.1

Fig. 11.1 – Dall’atteggiamento naturale all’atteggiamento fenomenologico

Esplorando la struttura generale della coscienza pura, scopriamo che essa consiste di noesis, che è l’atto intenzionale, e noema, ovvero il contenuto obiettivo cui l’atto è riferito. La relazione tra essi equivale a quella tra il pensare e l’essere pensato. In questo modo, la fenomenologia cerca di rappresentare fedelmente la coscienza pura.

8. La Filosofia Analitica: il Metodo dell’Analisi Linguistica

La filosofia analitica è una delle correnti principali della filosofia occidentale contemporanea. Essa generalmente ritiene che il compito precipuo della filosofia sia l’analisi logica della struttura linguistica. Possono distinguersi due scuole, e precisamente il positivismo logico nel primo periodo e la scuola della lingua ordinaria in quello successivo.

Il positivismo logico fiorì con i pensatori del Circolo di Vienna Moritz Schlick (1882-1936) e Rudolf Carnap (1891-1970) e ricevette l’influsso dell’atomismo logico, proposto da Bertrand Russell (1872-1970) e Ludwig Wittgenstein (1889-1951). Secondo l’atomismo logico, il mondo è un agglomerato di fatti atomici, che sono le unità logiche finali. Nel positivismo logico, l’unica conoscenza corretta è quella verificata tramite la percezione empirica e ogni studio dei fatti deve essere demandato alla scienza. Così, compito della filosofia è condurre un’analisi logica del linguaggio, intesa a rimuovere le ambiguità delle espressioni linguistiche correnti. Con l’abbandono delle lingue convenzionali, si mira a stabilire un unico lessico ideale, artificiale, comune a tutte le scienze, ispirato a quello matematico utilizzato dai fisici, cioè il linguaggio della fisica. Desiderando unificare le scienze tramite questa lingua ideale, il positivismo logico scelse come parole d’ordine la sfida antimetafisica, l’analisi del linguaggio e la scienza.

D’altra parte, gli assertori del positivismo logico non rilevarono che la stessa conoscenza scientifica era basata su proposizioni non verificate: così, le stesse affermazioni del positivismo logico divennero una sorta di dogmi; come rimedio alle limitazioni sempre più chiare del positivismo logico, fu stabilita la scuola della lingua ordinaria, intorno a George Edward Moore (1873-1958) e Gilbert Ryle (1900-1976).

Anche quest’ultima ritenne che la filosofia dovesse dedicarsi all’analisi logica del linguaggio, ma abbandonò l’idea di formare artificialmente una sola lingua ideale, si orientò a chiarire il significato dei concetti nella lingua comune e illustrarne la struttura logica, e moderò considerevolmente l’atteggiamento antimetafisico della filosofia analitica.

II. LA METODOLOGIA DELL’UNIFICAZIONE E IL METODO DEL DARE E RICEVERE

La metodologia del Pensiero dell’Unificazione è basata sul Principio dell’Unificazione, ed è chiamata Metodologia dell’Unificazione. Essa implica l’unificazione delle metodologie tradizionali. La legge fondamentale della metodologia dell’Unificazione è il metodo dell’azione di dare e ricevere, che chiameremo semplicemente “metodo del dare e ricevere”.

A. TIPOLOGIE DELL’AZIONE DI DARE E RICEVERE

L’azione di dare e ricevere è lo scambio tra soggetto e oggetto e ha un centro, che serve da motivazione per l’azione stessa. La natura dell’azione di dare e ricevere è determinata dalla natura del suo centro. Se al centro vi è il Cuore, soggetto e oggetto si uniscono, e il risultato dell’azione di dare e ricevere è un’unione. Peraltro, quando lo scopo è sancito dal Cuore e l’azione di dare e ricevere procede con quello scopo al suo centro, si produce un corpo moltiplicato, ovvero un corpo nuovo.

fig.11.2

Fig. 11.2 – La base delle quattro posizioni e l’azione di chong-bun-hap

La base delle quattro posizioni nell’Immagine Originale è una nozione che s’ispira alla struttura degli attributi di Dio, cioè la struttura delle quattro posizioni rappresentate dal Cuore (o scopo) come centro, soggetto, oggetto, e un’unione (o un corpo moltiplicato). Dal punto di vista del tempo, il Cuore (o scopo), che è il centro, esiste per primo; da tale punto di partenza, poi, soggetto e oggetto intraprendono un’azione di dare e ricevere; alla fine, si forma un’unione o un corpo moltiplicato. Il Cuore, che è il centro, costituisce l’origine (chong); soggetto e oggetto sono la divisione (bun), nel senso che sono separati e posti uno di fronte all’altro; e l’unione, che è il corpo moltiplicato, cioè il risultato, figura come l’unione (hap).

L’intero processo dell’azione di dare e ricevere è chiamato azione di origine, divisione e unione (o azione di chong-bun-hap).

La divisione, nell’azione di origine, divisione e unione, non comporta la scomposizione dell’origine in due metà: sono i due elementi che vengono separati e posti uno di fronte all’altro, centrati sull’origine.

In Dio la divisione (bun) è l’atto in cui gli attributi correlativi dell’unico Dio attuano un’azione di dare e ricevere centrata sull’origine (chong) e formano l’unione (hap).

Ci sono quattro tipologie di azione di dare e ricevere: per il mantenimento dell’identità, per lo sviluppo, interna ed esterna. Corrispondentemente, si formano quattro generi di basi delle quattro posizioni, per il mantenimento dell’identità, per lo sviluppo, interne ed esterne.

1. Azioni di Dare e Ricevere per il Mantenimento dell’Identità e per lo Sviluppo

In Dio è presente l’aspetto immutabile del mantenimento dell’identità, per cui il Suo songsang e il Suo hiongsang attuano l’azione di dare e ricevere centrata sul Cuore, ed Egli esiste eternamente come un essere unito, o un’unione; ma c’è anche l’aspetto dello sviluppo, per cui il Suo songsang e il Suo hiongsang attuano l’azione di dare e ricevere centrata sullo scopo (lo scopo della creazione) e producono un corpo moltiplicato, o un corpo nuovo, cioè un essere creato. La prima è un’azione di dare e ricevere per il mantenimento dell’identità; la seconda è un’azione di dare e ricevere per lo sviluppo. Tutte le creature conducono anch’esse azioni di dare e ricevere per il mantenimento dell’identità e per lo sviluppo, e denotano tanto aspetti immutabili, quanto aspetti variabili (in sviluppo).

Le sembianze dell’universo sono considerate relativamente e generalmente immutabili. Tutte le galassie conservano costantemente la medesima forma di lente convessa, mentre ruotano intorno al centro dell’universo. Lo stesso nostro sistema solare compie un movimento di rivoluzione attorno al centro della galassia in un ciclo di circa 250 milioni di anni, mantenendo peraltro sempre la stessa distanza dal centro. Anche la forma discoidale del sistema solare non cambia: esso ha nove pianeti, ciascuno dei quali conserva invariata la propria orbita mentre ruota intorno al Sole e custodisce le sue specifiche caratteristiche. In questo modo, vediamo che l’universo ha aspetti immutabili.

Tuttavia, visto nell’arco di un periodo più lungo, nell’ordine di una quindicina di miliardi di anni, l’universo mostra di seguire un percorso di crescita: gli scienziati spiegano questo fatto dicendo che esso si espande o si evolve. L’universo è iniziato da uno stato interamente gassoso, poi si sono prodotti liquidi e solidi; successivamente, sulla superficie della Terra, sono apparsi i vegetali, gli animali e gli esseri umani. Tutto questo fa parte di un processo di crescita. Possiamo così affermare che l’universo ha entrambi gli aspetti del mantenimento dell’identità e dello sviluppo.

Anche gli esseri viventi si sviluppano e conservano la propria identità. Nelle piante, germogliano i semi, crescono i tronchi, spuntano le foglie, sbocciano i fiori, maturano i frutti, in modo da continuare costantemente la crescita. Comunque, si tratta sempre delle stesse piante: specifici generi di piante producono sempre lo stesso tipo di fiori e frutti. Analogamente, gli animali si sviluppano e crescono mantenendo la propria identità.

La stessa cosa può dirsi per la società umana. Nel passato, si sono formate, sviluppate e alla fine sfaldate tante nazioni. Tuttavia lo schema fondamentale della struttura statale, costituito da una sovranità e un popolo in un rapporto di soggetto e oggetto, sono tuttora gli stessi. I componenti della famiglia crescono, ma le relazioni tra genitori e figli, marito e moglie, e così via, permangono. Anche ciascuna persona cresce e conserva le proprie caratteristiche individuali.

In questo modo, secondo la legge del dare e ricevere, troviamo unite in ogni essere le caratteristiche immutabili (per il mantenimento dell’identità) e quelle mutevoli (per lo sviluppo).

2. Azioni di Dare e Ricevere Interne ed Esterne

Nel songsang di Dio (Songsang Originale), il Songsang Interno e lo Hiongsang Interno attuano un’azione di dare e ricevere centrata sul Cuore, formando un’unione. In questo processo, si forma la base delle quattro posizioni interna, che è la struttura interna del songsang di Dio. Il Songsang Originale e lo Hiongsang Originale attuano poi un’azione di dare e ricevere esterna, formando un’unione. A questo punto, si stabilisce la base delle quattro posizioni esterna. Quando lo Scopo è fondato sul Cuore, l’azione di dare e ricevere assume una natura dinamica, orientata allo sviluppo. Nella base delle quattro posizioni interna si forma, come corpo moltiplicato, il Logos (la concezione) e nella base delle quattro posizioni esterna si formano, come corpi moltiplicati, gli esseri creati.

Questa struttura in due stadi delle basi delle quattro posizioni interne ed esterne in Dio si applica invariabilmente a tutta la creazione. Nelle relazioni tra l’uomo e le cose (la natura), attraverso l’azione di dare e ricevere interna, l’uomo pensa e stabilisce delle concezioni (piani), e contemporaneamente, attraverso l’azione di dare e ricevere esterna, conosce le cose ed esercita su di esse la sua signoria. Nella società umana, se consideriamo l’azione di dare e ricevere tra la mente spirituale e quella fisica, all’interno della mente umana, come azione di dare e ricevere interna, allora l’azione di dare e ricevere tra una persona e un’altra (ad esempio, l’azione di dare e ricevere tra marito e moglie nella famiglia) è l’azione di dare e ricevere esterna. Se invece consideriamo le relazioni tra i membri di un nucleo familiare come azioni di dare e ricevere interne, allora le relazioni con le altre persone, nella società, sono azioni di dare e ricevere esterne.

Anche lo stato ha azioni di dare e ricevere interne ed esterne: il governo e il popolo sono impegnati in una relazione di soggetto e oggetto, nel cui ambito sono gestite la politica e l’economia: queste sono azioni di dare e ricevere interne. Nello stesso tempo, lo stato allaccia relazioni politiche ed economiche con altri stati; si tratta allora di azioni di dare e ricevere esterne.

fig.11.3

Fig. 11.3 – Esempi di azioni di dare e ricevere interne ed esterne

Ancora, nella natura, ci sono azioni di dare e ricevere interne ed esterne. Nel sistema solare, un’azione di dare e ricevere interna ha luogo tra il Sole e i pianeti; simultaneamente, il sistema solare intrattiene azioni di dare e ricevere esterne con altri sistemi stellari. Se consideriamo l’azione dare e ricevere sulla Terra un’azione di dare e ricevere interna, allora l’azione di dare e ricevere tra il Sole e la Terra è un’azione di dare e ricevere esterna. Negli esseri viventi, l’azione di dare e ricevere interna si svolge tra il nucleo e il citoplasma in ciascuna cella, mentre le cellule svolgono l’azione di dare e ricevere esterna le une con le altre.

Come si è visto, nelle relazioni tra l’uomo e le cose, così come nei rapporti che intercorrono nella società oltre che nella creazione, si svolgono azioni di dare e ricevere interne ed esterne in unità. Quando tali azioni di dare e ricevere interne ed esterne sono condotte in modo fluido e armonioso, le cose si mantengono in esistenza e continuano a svilupparsi.

Consideriamo ora la relazione tra il metodo deduttivo e quello induttivo da una parte, e il metodo dell’Unificazione dall’altra. Il metodo deduttivo si fonda sullo sviluppo logico determinato dall’azione di dare e ricevere interna che si svolge nella mente dell’uomo. Al contrario, il metodo induttivo predilige l’esame delle cose del mondo esterno ed è perciò basato sull’azione di dare e ricevere esterna. Nella metodologia dell’Unificazione, le azioni di dare e ricevere interne ed esterne sono realizzate unitariamente e perciò, in essa, i due metodi deduttivo e induttivo sono ricondotti a unità.

B. LA DIMENSIONE DEL METODO DEL DARE E RICEVERE

Come abbiamo già spiegato, tra le azioni di dare e ricevere distinguiamo azioni di dare e ricevere interne ed esterne per il mantenimento dell’identità e azioni di dare e ricevere interne ed esterne per lo sviluppo. Perciò, il metodo del dare e ricevere è il metodo fondamentale per l’esistenza e lo sviluppo in Dio, nell’uomo e nella natura.

Dio, custodendo la Sua natura eterna tramite azioni di dare e ricevere interne ed esterne per il mantenimento dell’identità, creò l’umanità e tutte le cose tramite azioni di dare e ricevere interne ed esterne per lo sviluppo.

Tra gli uomini e le cose, ciascun individuo (o corpo individuale di verità) si mantiene in esistenza e si sviluppa quando gli elementi correlativi presenti in esso conducono azioni di dare e ricevere interne, e contemporaneamente svolgono azioni di dare e ricevere esterne con altri individui.

Le azioni di dare e ricevere tra individui comprendono azioni di dare e ricevere tra due esseri umani, tra un essere umano e una cosa, o tra una cosa e un’altra. Per prima, c’è l’azione di dare e ricevere tra le persone, che include le relazioni interpersonali nella vita familiare e sociale. Attraverso questo tipo di azioni di dare e ricevere si compiono attività educative, etiche, politiche, economiche, e altre ancora.

Poi, viene l’azione di dare e ricevere tra l’uomo e le cose. In questo tipo di azione di dare e ricevere possono darsi due casi, a seconda che l’essere umano conosca le cose oppure eserciti la signoria su di esse. La cognizione delle cose implica lo studio basilare delle scienze naturalistiche, l’esplorazione e l’apprezzamento della natura, e così via, mentre il dominio sulle cose sottende la ricerca scientifica applicata, le attività economiche e commerciali, la creatività artistica, e così via.

Infine, c’è l’azione di dare e ricevere tra cosa e cosa. Nella natura, una pluralità d’individui concorrono a formare un mondo organico e ordinato, stabilendo azioni di dare e ricevere, nelle rispettive posizioni, tra atomi, tra cellule, tra stelle. L’interazione tra le parti di una macchina è un altro esempio di questo tipo.

Il pensiero umano, da parte sua, segue sempre il metodo del dare e ricevere: il pensiero inizia quando le sue componenti soggettive, cioè le funzioni dell’intelligenza, del sentimento e della volontà (il Songsang Interno), e le sue componenti oggettive, cioè le idee, i concetti, le leggi, i principi matematici, etc. (lo Hiongsang Interno), instaurano tra loro un’azione di dare e ricevere.

Anche il giudizio si basa sul metodo del dare e ricevere. Nel giudizio “questo fiore è una rosa”, ad esempio, è insita un’azione di dare e ricevere del confronto, in cui paragoniamo l’idea “questo fiore” con l’idea “rosa”.

Infine, anche la conversazione segue il metodo del dare e ricevere. Quando un uomo usa espressioni senza senso, nessuno può capirlo. Se io sono in grado di comprendere cosa mi sta dicendo un altro, è perché le sue nozioni e i suoi concetti sono in accordo con i miei, e le leggi del pensiero e le regole della conversazione che lui osserva sono consonanti con le mie.

C. TIPOLOGIE DI AZIONI DI DARE E RICEVERE

Il metodo del dare e ricevere si articola nei cinque tipi di azioni di dare e ricevere, che abbiamo già esaminato nell’ontologia: (i) tipo bi-consapevole, (ii) tipo uni-consapevole, (iii) tipo inconsapevole, (iv) tipo eteronomo e (v) tipo contrastante (o del confronto).

D. CARATTERISTICHE DEL METODO DEL DARE E RICEVERE

Il metodo del dare e ricevere presenta le sette caratteristiche, che sono state anch’esse illustrate nell’ontologia: (i) complementarità, (ii) scopo e centralità, (iii) ordine e posizione, (iv) armonia, (v) individualità e collegamento, (vi) natura del mantenimento dell’identità e natura dello sviluppo, (vii) moto circolare.

III. L’OPINIONE DEL PENSIERO DELL’UNIFICAZIONE SULLE METODOLOGIE CONVENZIONALI

A. LE METODOLOGIE ANTICHE

1. Eraclito

Nella visione di Eraclito, tutto scorre. Si può dire che egli colse nella creazione solo l’aspetto dello sviluppo, e ignorò quello del mantenimento dell’identità. Per Eraclito, inoltre, la guerra è madre comune. Egli attribuì la causa dello sviluppo delle cose al conflitto tra gli opposti, e non vide invece che lo sviluppo procede soltanto con l’azione di dare e ricevere armoniosa tra elementi correlativi.

2. Zenone

Esaminiamo prima la teoria secondo cui la freccia in volo sarebbe ferma. Quello dove la freccia si ferma è un punto matematico, che non occupa spazio, ma, in realtà, il moto della freccia si compie nel tempo e nello spazio. La velocità (v) di un corpo in movimento è espressa dall’equazione v=s/t, in cui (s) è la distanza percorsa e (t) il tempo impiegato. Perciò, il movimento di un oggetto va riferito a una determinata distanza e un determinato periodo di tempo, non considerato in un punto che ha solo posizione, ma non spazio, come il punto matematico. Così, quando discutiamo del movimento di un oggetto in un punto – per quanto piccolo – dobbiamo considerare uno spazio definito, e quando discutiamo del movimento in un momento – per quanto breve – dobbiamo considerare un periodo di tempo definito. Così facendo, potremo dire con certezza che un oggetto in moto non è fermo, ma si sposta attraversando lo spazio.

Su questo tema, la dialettica materialista sostiene che l’oggetto è, e nello stesso tempo non è, in un certo luogo in un certo momento, e pretende così di aver risolto il paradosso di Zenone e spiegato il movimento. Si tratta invero di una sofisticheria non meglio convincente di quella di Zenone. La posizione di un oggetto in moto è espressa in funzione del tempo: a un certo momento corrisponde una posizione e una soltanto. Non potrà mai accadere che una cosa si trovi, e simultaneamente non si trovi, in un certo luogo in un certo tempo. In conclusione, un oggetto in movimento (i) attraversa un certo spazio senza fermarvisi e (ii) si trova in una specifica posizione in un determinato momento nel tempo.

Nell’altro argomento, quello riguardante Achille e la tartaruga, Zenone ragionò solo in termini di spazio, ignorando il tempo, e così arrivò all’errata conclusione che Achille non possa mai superare la tartaruga, cosa che invece è certamente possibile nella prospettiva del trascorrere di un certo lasso di tempo. Zenone cercò di dimostrare l’illusorietà del moto e del cambiamento, della generazione e della distruzione, ricorrendo ai sofismi. Possiamo dire che, al contrario di Eraclito, Zenone colse soltanto l’aspetto del mantenimento dell’identità nelle cose, ignorando quello dello sviluppo.

3. Socrate

Secondo Socrate, l’uomo raggiunge la verità tramite il dialogo, condotto con umiltà di cuore. Possiamo dire che Socrate indicò una modalità corretta, basata sulla moltiplicazione della verità tramite l’azione di dare e ricevere esterna tra persone.

fig.11.4

Fig. 11.4 – Il metodo dialogico di Socrate

4. Platone

Platone studiò le idee e cercò di definirne la gerarchia, analizzando e sintetizzando i vari concetti che abitano nello Hiongsang Interno dell’uomo. Analisi e sintesi dei concetti sono basate sulla comparazione condotta nella mente. Possiamo quindi dire che il metodo di ricerca della verità indicato da Platone propone un’azione di dare e ricevere interna del confronto.

fig.11.5

Fig. 11.5 – La dialettica di Platone

5. Aristotele

Il metodo deduttivo di Aristotele è basato sul sillogismo. Prima viene proposta una verità universale, poi una più limitata; dalle due si trae una specifica conclusione. Nell’esempio già usato, la premessa maggiore “tutti gli uomini sono mortali” è confrontata con la premessa minore “Socrate è un uomo” e si trae la conclusione “Socrate è mortale”. Prima si ottiene la proposizione “Socrate è un uomo” confrontando i concetti di “Socrate” e “uomo”, poi si confrontano tra loro le due premesse.

In effetti, anche il metodo di Aristotele, come quello di Platone, ricerca la verità attraverso il procedimento dell’azione di dare e ricevere interna del confronto.

B. LE METODOLOGIE MODERNE

1. Bacon

Secondo Bacon, per ottenere la verità, occorre rifiutare i pregiudizi (idola) e affidarsi all’esperimento e all’osservazione. Se il risultato degli esperimenti a, b, c, … n è sempre p, la conclusione p può essere assunta come legge generale: questo è il metodo induttivo, che ricerca la verità sulla base dell’azione di dare e ricevere esterna tra l’uomo e le cose (la natura). Più precisamente, questo metodo di ricerca della verità, che matura le sue conclusioni confrontando vari fatti ricavati dall’esperimento e dall’osservazione, propone un’azione di dare e ricevere esterna del confronto.

fig.11.6

Fig. 11.6 – Il metodo induttivo di Bacon

2. Descartes

Descartes s’impegnò a dubitare di ogni cosa e, come risultato, sentì di aver raggiunto un sicuro principio primo: “penso, perciò esisto”. Descartes negò tutte le cose e i fenomeni e perciò, dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, si riportò indietro fino allo stadio precedente alla creazione dell’universo da parte di Dio. In quest’ottica, “penso” corrisponde al piano o pensiero di Dio prima della creazione dell’universo. Descartes affermò “penso, perciò esisto”, ma se si fosse domandato “perché penso?” il razionalismo da lui fondato non si sarebbe contaminato col dogmatismo dei suoi epigoni. Comunque, la consapevolezza della proposizione “penso, perciò esisto” implica, dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, il riconoscimento dell’operare dell’azione di dare e ricevere interna nella mente dell’uomo.

Ancora, stabilendo la regola generale per cui le cose che concepiamo molto chiaramente e distintamente sono vere, Descartes promosse la moltiplicazione della verità attraverso la formazione della base delle quattro posizioni interna.

fig.11.7

Fig. 11.7 – Il dubbio metodico di Descartes

3. Hume

Mentre Hume considerò la causalità una mera opinione soggettiva, nella nostra epistemologia abbiamo illustrato come la causalità sia allo stesso tempo soggettiva e oggettiva. Inoltre, Hume rinnegò sia la sostanza materiale che quella spirituale (il sé), ritenendo che esistano soltanto insiemi d’impressioni e idee. Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, Hume reputò certa soltanto l’esistenza dello Hiongsang Interno (le idee).

Hume volle elaborare un sistema filosofico completo analizzando i processi mentali, ma si basò su impressioni e idee tra loro slegate.

4. Kant

Nel pensiero di Kant, la cognizione si perfeziona quando il contenuto sensoriale caotico proveniente dall’oggetto è sintetizzato con le forme a priori del soggetto. Il Pensiero dell’Unificazione concorda sul fatto che la cognizione avvenga tramite l’interazione tra il soggetto umano e l’oggetto, e ritiene inoltre che il soggetto possieda non solo forme (le forme del pensiero), ma anche contenuti (le immagini). La combinazione di forma e contenuto costituisce un prototipo. Inoltre, ciò che viene dall’oggetto non è un contenuto sensoriale caotico, ma un contenuto con le forme dell’esistenza. In luogo della teoria kantiana della sintesi, basata sul metodo trascendente, il Pensiero dell’Unificazione propone la teoria della collazione (di cui la teoria della sintesi può essere considerata, dal punto di vista di Kant, un’espressione), basata sul metodo del dare e ricevere.

5. Hegel

Hegel spiegò lo sviluppo dell’idea e del mondo come il processo della trascendenza e dell’unità della contraddizione, ovvero il processo di tesi, antitesi e sintesi. Nel Pensiero dell’Unificazione, invece, lo sviluppo non è basato sulla contraddizione. Lo sviluppo avviene quando due elementi correlativi, in una relazione di soggetto e oggetto, stabiliscono un’azione di dare e ricevere centrata sullo scopo (azione di chong-bun-hap). In questo contesto, chong è lo scopo, bun rappresenta gli elementi correlativi e hap costituisce il corpo moltiplicato.

L’idea non si sviluppa da sé tramite la contraddizione che ha al suo interno, come ha affermato Hegel. Il pensiero si produce quando il Songsang Interno (le funzioni dell’intelligenza, del sentimento e della volontà) operano sullo Hiongsang Interno (che contiene le idee), componendo nuove idee. È lo sviluppo a spirale del pensiero, che abbiamo trattato nel capitolo sulla logica.

Possiamo quindi concludere che Hegel intese lo sviluppo – che secondo il Pensiero dell’Unificazione viene dall’azione di dare e ricevere tra elementi correlativi – come interazione tra elementi contrapposti.

6. Marx

Se per Marx i processi spirituali sono il riflesso dei processi materiali, nel Pensiero dell’Unificazione il songsang (lo spirito) e lo hiongsang (la materia) stanno in una relazione di soggetto e oggetto e vi è perciò corrispondenza tra le leggi spirituali (leggi del valore) e le leggi materiali.

Le tesi marxiste sulla trasformazione della quantità in qualità e sull’improvvisa modificazione qualitativa che interverrebbe, oltre un certo livello, al variare della quantità, non sono corrette. Come controproposta, il Pensiero dell’Unificazione offre la legge dello sviluppo equilibrato di qualità e quantità, che si rapportano come songsang e hiongsang, e mutano simultaneamente, gradualmente, stadio per stadio.

Come controproposta alla teoria dell’unità e del conflitto degli opposti, il Pensiero dell’Unificazione propone la legge dell’azione di dare e ricevere tra i correlativi. La lotta tra gli opposti porta solo distruzione e rovina, e mai sviluppo. Ogni cosa si sviluppa con l’azione armoniosa di dare e ricevere tra gli elementi correlativi centrati su uno scopo comune.

Come controproposta alla teoria della negazione della negazione, il Pensiero dell’Unificazione propone la legge dello sviluppo affermativo. Nella natura come nella società, lo sviluppo inizia quando gli elementi correlativi, come soggetto e oggetto, instaurano un’azione armoniosa di dare e ricevere. Nella natura, gli esseri inorganici compiono un movimento circolare nello spazio e gli esseri viventi compiono un movimento circolare nel tempo (moto a spirale).

Nessuna delle metodologie del passato ha esercitato più suggestione della dialettica materialista marxista. Cercando di mostrare che le teorie marxiane valessero anche nella natura, Engels studiò per otto anni le scienze naturali e alla fine proclamò che la natura è la riprova delle dialettiche. (8) Oggi, peraltro, gli errori della dialettica materialistica sono evidenti. I fenomeni naturali, esaminati correttamente, non sono affatto la riprova della dialettica, ma invece la conferma del metodo del dare e ricevere.

fig.11.8

Fig. 11.8 – Dialettica o azione di dare e ricevere

7. Husserl

Husserl iniziò il suo studio dalle cose della natura, che, nel Pensiero dell’Unificazione, sono viste come corpi unificati composti di songsang e hiongsang. Husserl poi insegnò l’intuizione delle essenze tramite la riduzione eidetica. L’essenza, in questo caso, corrisponde al songsang degli esseri esistenti. Infine, Husserl sostenne che, una volta sospeso il giudizio, l’analisi della pura coscienza rivela una struttura di noesis e noema. Questa visione, nella prospettiva del Pensiero dell’Unificazione, corrisponde alla struttura interna del songsang (la mente), che consiste di Songsang Interno e Hiongsang Interno. Lo schema che segue mette a confronto il metodo fenomenologico di Husserl e il punto di vista del Pensiero dell’Unificazione.

fig.11.9

Fig. 11.9 – Il metodo fenomenologico di Husserl e il Pensiero dell’Unificazione

Husserl, come Descartes, intuì inconsciamente l’importanza del concetto che, nel Pensiero dell’Unificazione, corrisponde alla base delle quattro posizioni interna, e attraverso l’analisi di tale concetto mirò ad unificare tutte le scienze.

8. La Filosofia Analitica

Il linguaggio nasce dall’azione di dare e ricevere interna per lo sviluppo, che ha un aspetto intellettuale (il Logos), centrato sulla ragione, e uno emotivo (il pathos), centrato sui sentimenti. La filosofia analitica affermò il solo aspetto del Logos, e cercò soltanto la coerenza logica.

Secondo il Pensiero dell’Unificazione, la lingua ha lo scopo, originalmente, di esprimere l’amore, e la sua struttura logica è una mera necessità, in vista di quello scopo. La lingua è un’elaborazione del pensiero, e quindi una forma di attività creativa, il cui centro è il Cuore. Perciò, nell’elaborazione del pensiero, il ruolo soggettivo spetta all’elemento sentimentale centrato sull’amore. La filosofia analitica, invece, si lasciò tanto assorbire dall’analisi logica del linguaggio, che finì per tralasciare l’aspetto creativo e il valore aggiunto del pensiero articolato nel linguaggio.

Note: La Metodologia

(1) cfr. il Capitolo 9, L’Epistemologia.

(2) I. Kant, Prolegomena zu einer jeden künftigen Metaphysik, die als Wissenschaft auftreten können, 1783.

(3) Secondo Kant, nessuno al di fuori di Hume si era posto tale questione, sebbene tutti ne avessero imprudentemente usato i concetti, senza chiedersi ove si fondasse la loro obiettiva validità (Ibid.).

(4) G.W.F. Hegel, Wissenschaft der Logik, op. cit.

(5) F. Engels, Antidühring, op. cit.

(6) V. I. Lenin, Collected Works, op. cit.

(7) Ibid.

(8) F. Engels, Antidühring, op. cit.

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