L’Etica
Osservando il mondo di oggi, non possiamo fare a meno di rimanere sgomenti di fronte alla rapida scomparsa del senso della coscienza etica e morale e all’altrettanto rapida diffusione di atteggiamenti amorali. Si accetta generalmente il concetto che ognuno sia libero di fare ciò che più desidera. Come risultato, si assiste alla reiterazione di crimini sociali di vario genere, e si riscontra una crescente confusione nell’ordine sociale. Una causa di questa tendenza è il sopravvento del materialismo, un’altra è il crollo dei valori e delle norme di comportamento tradizionali. Per liberare la società da tanto caos e ristabilire l’ordine sociale, dobbiamo aprire una nuova prospettiva etica, che in questo capitolo cercheremo di presentare.
D’altronde, per preparare l’avvento di una nuova società etica, è necessaria una nuova teoria dell’etica. Nella futura società, i valori della verità, della bontà e della bellezza, centrati sull’amore di Dio, saranno realizzati nella vita di tutti i giorni. Così, anche per mettere in pratica la bontà, che è uno dei valori della società etica a venire, è necessaria una teoria dell’etica. In quella società, tutti gli esseri umani saranno fratelli e sorelle, con al centro Dio quale genitore dell’umanità, e tutti si ameranno centrati sull’amore di Dio. È l’etica che traccia le coordinate per la pratica dell’amore. La società etica a venire non si occuperà solamente del mondo terreno, ma anche del mondo spirituale, e perciò le norme introdotte dalla nuova teoria dell’etica dovranno essere in grado di risolvere la confusione di entrambi i mondi. Sarà così stabilita una società etica eterna, in cui la dimensione terrena e quella dello spirito saranno unite.
I. LA FONDAZIONE PER L’ETICA NEL PRINCIPIO DIVINO
Dio creò l’uomo e la donna come Suoi oggetti d’amore, e l’amore di Dio si manifesta in modo più completo nella famiglia piuttosto che nell’individuo. Perciò, l’ideale della creazione di Dio è tradurre in realtà l’amore di Dio attraverso la famiglia.
Quando marito e moglie si amano sul piano orizzontale, centrati sull’amore verticale di Dio, (1) un -figlio nasce. In quel momento si stabilisce una base delle quattro posizioni familiare, che consiste delle posizioni di Dio, del padre (marito) della madre (moglie) e dei figli. Una base delle quattro posizioni familiare si stabilisce anche con i nonni, il padre, la madre e i figli, poiché nella famiglia i nonni stanno nella posizione di Dio. La persona che sta in una delle posizioni della base delle quattro posizioni familiare ha tre oggetti. I nonni hanno padre, madre e figli come loro oggetti; il padre ha nonni, madre (moglie) e figli come suoi oggetti; la madre ha nonni, padre (marito) e figli come suoi oggetti; i figli hanno nonni, padre e madre come loro oggetti. Quando la persona in una delle posizioni ama le persone nelle altre tre posizioni come oggetti, si realizza lo “scopo dei tre oggetti”. (2) La base delle quattro posizioni familiari è stabilita quando tutte le persone nelle varie posizioni completano lo scopo dei tre oggetti.
La realizzazione dello scopo dei tre oggetti assicura il perfezionamento dell’amore di Dio verso i tre oggetti. L’amore di Dio è assoluto, ma si manifesta sempre distribuendosi alle posizioni e nelle direzioni comprese nella base delle quattro posizioni. L’amore distributivo si esprime nei tre tipi d’amore familiare e precisamente l’amore dei genitori, l’amore coniugale e l’amore filiale. L’amore dei genitori scorre verso il basso, dai genitori ai figli; l’amore coniugale si trasmette in orizzontale tra marito e moglie; e l’amore dei figli si muove verso l’alto, dai figli ai genitori. In questo modo, l’amore distributivo ha natura direzionale. In particolare, l’amore ha dodici direzioni, poiché ciascuna delle persone nelle quattro posizioni ha uno scopo dei tre oggetti. Ne scaturiscono vari tipi d’amore, con diverse sfumature, per realizzare i quali sono richieste variegate virtù, ciascuna corrispondente a una specifica qualità d’amore.
Riassumendo, gli esseri umani, secondo l’ideale della creazione di Dio, devono realizzare l’amore di Dio nella famiglia e completare la base delle quattro posizioni familiare. Lo scopo, nella teoria dell’etica dell’Unificazione, è raggiungere la perfezione della base delle quattro posizioni familiare. La fondazione per l’etica dell’Unificazione nel Principio Divino consiste di tre punti: 1. Dio è il soggetto dell’amore e, nello stesso tempo, il soggetto della verità, della bontà e della bellezza; 2. la famiglia ideale originale è il luogo in cui l’amore di Dio si manifesta distributivamente tramite la fondazione delle quattro posizioni familiare; 3. le persone nelle diverse posizioni realizzano lo scopo dell’insieme e lo scopo individuale collegandosi con tre oggetti, cioè completando lo scopo dei tre oggetti.
II. L’ETICA E LA MORALITÀ
A. DEFINIZIONE DI ETICA E MORALITÀ
Ogni persona, come corpo individuale di verità, forma tutte le basi delle quattro posizioni interiori tramite l’azione di dare e ricevere tra la mente spirituale e la mente fisica. La base delle quattro posizioni familiare, stabilita tramite l’azione di dare e ricevere tra i membri della famiglia, è invece una base delle quattro posizioni esteriore.
Nella base delle quattro posizioni interiore, la mente spirituale deve assumere la posizione di soggetto e la mente fisica quella di oggetto. Tra gli uomini caduti, però, le attività della mente fisica, cioè quelle orientate al cibo, agli abiti, alla casa e al sesso hanno la precedenza rispetto alle attività ispirate dalla mente spirituale, e quindi i valori. Per questo motivo, chiunque s’impegni a perfezionare il proprio carattere deve sforzarsi incessantemente di ripristinare la relazione tra la mente spirituale e quella fisica. In questo modo gli esseri umani hanno cercato la perfezione della personalità come individui mentre, a livello familiare, hanno puntato alla perfezione della famiglia provando a stabilire azioni armoniose di dare e ricevere tra i membri della famiglia.
Nel Pensiero dell’Unificazione, la moralità è definita come la “norma del comportamento umano nella vita individuale” mentre l’etica è definita come la “norma del comportamento umano nella vita familiare”. La moralità si ripromette di guidare l’individuo alla perfezione della personalità, mentre l’etica indirizza l’individuo verso la perfezione della vita familiare. In altre parole, la moralità è funzionale alla realizzazione della prima Benedizione, e l’etica alla realizzazione della seconda. (3)
Ancora, la moralità può essere vista come la regola della base delle quattro posizioni interiore e l’etica come la regola della base delle quattro posizioni esteriore; la moralità è il canone dell’essere umano come corpo individuale di verità, l’etica il canone dell’essere umano come corpo correlato. Perciò, la morale è la norma soggettiva, l’etica quella oggettiva.
B. L’ETICA E L’ORDINE
L’etica è il modello dell’atteggiamento d’amore di una persona nella base delle quattro posizioni familiare, nei confronti di ciascuno dei tre oggetti e nella rispettiva direzione di ciascuno di essi. Perciò, l’etica si stabilisce in una posizione specifica, secondo l’ordine dell’amore, e non può essere attuata prescindendo dall’ordine. Ma in tante famiglie, oggi, l’ordine tra genitori e figli, marito e moglie, fratelli e sorelle è ignorato o capovolto. Di conseguenza, la famiglia è in preda al caos e l’ordine sociale è compromesso. La famiglia, che originalmente avrebbe dovuto costituire la base dell’ordine sociale, è diventata il punto di partenza del tracollo di quell’ordine.
L’ordine nelle relazioni d’amore è strettamente collegato all’ordine nelle relazioni sessuali. L’etica è quindi la regola dell’ordine nell’amore e, nello stesso tempo, la regola dell’ordine nel sesso. Quest’ultimo oggi è ampiamente deteriorato e relazioni illecite sono spesso giustificate. La caduta del senso dell’etica sta rapidamente accelerando: le cause principali della demolizione dell’ordine sociale sono la crisi dei valori tradizionali e l’invasione della cultura dell’osceno. Si è smarrito il senso della sacralità del sesso, che si è degradato oltre ogni previsione. Non c’è da meravigliarsi che i fallimenti matrimoniali siano ormai all’ordine del giorno.
Questa situazione non è affatto diversa da quella che si creò nel Giardino dell’Eden quando Eva, sedotta dall’arcangelo, ebbe un’illecita relazione sessuale con lui, e distrusse così l’ordine dell’amore e del sesso. Quello che serve oggi è una nuova visione del valore che possa restituire la famiglia al suo stato originale, una visione del valore che deve ristabilire l’ordine nell’amore e l’ordine nel sesso. Questo è l’obiettivo della nostra presentazione della teoria dell’etica dell’Unificazione.
C. L’ETICA, LA MORALITÀ E LA VIA DEL CIELO
Proprio come l’uomo è un essere sostanziale che raffigura in miniatura l’universo, ovvero un microcosmo, così la famiglia è un sistema microcosmico modellato sull’universo. La legge che permea l’intero universo è la “via del Cielo” o “ragione-legge”. Le norme che regolano la vita familiare e che costituiscono l’etica sono una manifestazione diretta della via del Cielo nell’ambito della famiglia. L’etica è, per così dire, la via del Cielo rappresentata in miniatura nella famiglia.
Proprio come nell’universo troviamo l’ordine verticale (ad esempio, Luna, Terra, centro della galassia, centro dell’universo) e l’ordine orizzontale (ad esempio, Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone), così anche nella famiglia troviamo l’ordine verticale (ad esempio, nonni, genitori e figli) e l’ordine orizzontale (ad esempio marito e moglie, fratelli e sorelle). Le virtù corrispondenti a questo ordine sono i valori verticali come la benevolenza dei nonni e dei genitori e la devozione dei figli, e i valori orizzontali, come l’amore coniugale e l’amore fraterno.
Anche la moralità, che è la regola di comportamento che devono osservare gli individui, rispecchia la legge dell’universo, ovvero la via del Cielo. Proprio come ciascun singolo essere nell’universo inizia a esistere come corpo individuale di verità quando gli elementi soggettivi e oggettivi presenti in esso eseguono un’azione armoniosa di dare e ricevere, così l’essere umano deve perfezionare la propria personalità nel corso di un’azione armoniosa di dare e ricevere, centrata sul Cuore (amore) di Dio, tra la mente spirituale e quella fisica. Tra le virtù della moralità possiamo ricordare la purezza, l’onestà, la giustizia, la temperanza, il coraggio, la saggezza, l’autocontrollo, la perseveranza, l’indipendenza, l’autosufficienza, la correttezza, la diligenza e l’innocenza.
D. L’ETICA SOCIALE COME PROIEZIONE E APPLICAZIONE DELL’ETICA FAMILIARE
Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, le relazioni umane nella società sono la proiezione delle relazioni tra i membri della famiglia nella casa. Ad esempio, nelle relazioni in cui l’età dei soggetti implicati differisce di più di vent’anni, i più anziani devono amare i più giovani come i loro figli, e i giovani devono rispettare gli anziani come i loro genitori. Se la differenza d’età è inferiore ai dieci anni, i più anziani devono amare i più giovani come fratelli o sorelle minori, e i giovani devono rispettare gli anziani come fratelli o sorelle maggiori.
In questa prospettiva, l’etica familiare si pone come base di tutta l’etica: applicata alla società, diventa etica sociale; applicata a un’impresa commerciale, diventa etica commerciale; applicata allo stato, diventa etica nazionale. In questo modo vengono stabiliti vari tipi di valori (virtù): nel paese, gli amministratori pubblici devono amare il popolo, e viceversa; nella scuola, gli insegnanti devono svolgere bene il loro compito e gli studenti devono seguirli; nella società, gli anziani devono proteggere i giovani, e questi devono rispettare quelli. In un’organizzazione commerciale, i superiori devono guidare i subordinati, che devono seguire i primi: queste sono solo alcune applicazioni dei valori (virtù) verticali della famiglia.
L’amore fraterno applicato alla società, alla nazione e al mondo diventa amore per i colleghi, i vicini di casa, i compatrioti e il prossimo in generale; in quell’amore si possono realizzare valori (virtù) orizzontali quali la riconciliazione, la tolleranza, l’impegno, la fedeltà, la cortesia, la modestia, la compassione, la cooperazione, il servizio e la simpatia.
Oggi la società, la nazione e il mondo sono gravemente confusi, a causa dell’indebolimento dell’etica familiare, che è la base di tutte le etiche. Perciò, per salvare la società bisogna stabilire un nuovo tipo di etica familiare e una nuova prospettiva sull’etica. Così facendo potremo salvare le famiglie dallo sfacelo e risanare il mondo.
La società capitalista si è formata circa duecento anni fa. Per tutto questo tempo, il rapporto tra datori di lavoro e dipendenti è sempre stato problematico. La dottrina di Marx e Lenin si è posta lo scopo di risolvere questo specifico problema attraverso la rivoluzione e la violenza. Peraltro, la rivoluzione comunista ha portato la perdita della libertà e la prevaricazione dell’etica, come dimostra la realtà dei paesi comunisti, i cui esperimenti si sono dimostrati fallimenti completi. La teoria dell’etica dell’Unificazione sostiene che, per dare definitiva soluzione alle questioni del lavoro, occorre prima stabilire l’etica dell’impresa sulla base dell’etica familiare.
III. ORDINE E UGUAGLIANZA
A. ORDINE E UGUAGLIANZA FINO AD OGGI
La democrazia moderna, con l’intento di realizzare l’uguaglianza degli uomini davanti alla legge, ha abolito il sistema medievale basato sul ceto e i privilegi che quel sistema accordava. L’uguaglianza applicata alla partecipazione politica ha dato luogo al sistema del suffragio universale. L’uguaglianza economica, invece, è ancora lontana dall’essere realizzata e il sistema capitalista determina notevoli disparità nella distribuzione della ricchezza. Marx sostenne che, con l’avvento della società comunista, l’abolizione della proprietà privata avrebbe portato la parificazione economica, ma nei paesi comunisti ciò non è avvenuto, e invece è stata stabilita con la violenza la tirannia di una classe privilegiata (i burocrati comunisti). Così, nonostante tanti sforzi, la vera uguaglianza non è stata ancora realizzata. È indispensabile perciò chiarire quale sia la vera uguaglianza, quella che gli uomini hanno ricercato dal profondo della loro mente originale.
La domanda fondamentale che ci si deve porre riguarda la relazione tra ordine e uguaglianza. Se tutti dovessero avere assoluta parità di diritti, non ci sarebbe differenza tra chi governa e chi è governato. Una società di questo genere sarebbe in preda al disordine e in una condizione di anarchia. Laddove, al contrario, si sopravvaluta l’aspetto dell’ordine, viene inevitabilmente penalizzata l’uguaglianza. Così, dobbiamo riflettere su cosa sia la vera uguaglianza e, nello stesso tempo, risolvere il problema del bilanciamento tra ordine e uguaglianza.
Esaminiamo la questione dell’ordine tra marito e moglie e della parità dei diritti tra uomini e donne. Fino a tempi recenti, le donne sono state oppresse e discriminate, ma oggi i movimenti di liberazione delle donne promuovono con forza la parità di diritti tra i sessi. Va peraltro osservato che nei paesi più avanzati, come gli Stati Uniti, dove i movimenti di liberazione delle donne sono particolarmente attivi, il tasso dei divorzi è in crescita e le rotture familiari sono più comuni: si tratta di patologie sociali derivate da un’attenzione parossistica alla parità dei diritti tra uomini e donne. Si è creata una situazione in cui marito e moglie hanno smarrito le rispettive posizioni di soggetto e oggetto. Se la moglie assume una posizione soggettiva, si stabilisce col marito una relazione tra soggetti, che necessariamente produce il fenomeno della repulsione. Perciò, risolvere la questione dell’ordine tra marito e moglie e dell’uguaglianza tra uomo e donna è estremamente importante.
B. LA VIA DEL PRINCIPIO DIVINO ALL’ORDINE E ALL’UGUAGLIANZA
Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, la via del Principio Divino all’ordine e all’uguaglianza consiste dell’uguaglianza nell’amore e nella personalità. Quella che tutti gli esseri umani cercano è l’identità di figli, nell’amore di nostro Padre in Cielo, che raggiunge in ugual misura tutte le persone, allo stesso modo in cui la luce del sole risplende su tutte le creature. La via del Principio Divino all’ordine e all’uguaglianza è basata sull’uguaglianza data da Dio, il Soggetto, piuttosto che su un’uniformità stabilita dagli uomini, gli oggetti, a loro piacimento.
L’amore di Dio si manifesta distributivamente tramite l’ordine nella famiglia. Perciò, l’uguaglianza dell’amore è l’uguaglianza tramite l’ordine, cioè l’uguaglianza nel grado della pienezza dell’amore. In altre parole, l’uguaglianza si realizza quando in ciascuno c’è la pienezza dell’amore, in misura appropriata alla rispettiva posizione e personalità. La pienezza dell’amore porta soddisfazione e gioia. Perciò, la via del Principio Divino all’uguaglianza è l’equivalenza in termini di soddisfazione e gioia.
La pienezza dell’amore di Dio può essere provata da chi ha una perfetta coscienza d’oggetto, cioè da chi ha il cuore di servire Dio ed esserGli grato. Colui che è privo della coscienza d’oggetto non potrà mai provare un senso di pienezza e, al contrario, si sentirà sempre insoddisfatto.
L’uguaglianza dei diritti non può comunque riguardare le varie posizioni e occupazioni delle persone, poiché nella vita sociale è indispensabile mantenere i ruoli di soggetto e oggetto, come nel caso di governo e popolo, superiore e subordinati, etc. Le persone sono invece uguali nell’amore – nel senso che sono ugualmente amate nella misura più piena – nonostante possano occupare differenti posizioni. Ad esempio, non deve esserci alcuna differenza tra il modo in cui il presidente di una nazione ama i suoi figli e il modo in cui un qualsiasi cittadino di quella nazione ama i propri.
Nella famiglia, non possono esserci diritti perfettamente uguali tra il marito e la moglie. Naturalmente, non è una questione di superiorità o inferiorità nel valore dei due, poiché entrambi sono deputati a stabilire un’azione armoniosa di dare e ricevere dalle rispettive posizioni di soggetto e oggetto. Così facendo, essi realizzano nella loro relazione l’amore coniugale, dal quale entrambi traggono gioia.
Fino ad ora l’umanità ha puntato all’uguaglianza politica di fronte alla legge e all’uguaglianza economica in termini di proprietà. Ciò nonostante, non è mai stato realizzato quel tipo di uguaglianza che la nostra mente originale desidera, né si è mai verificata una vera uguaglianza politica ed economica, vuoi nella società capitalista, vuoi in quella comunista. La ragione sta nel fatto che gli uomini non hanno ricevuto l’amore di Dio e non lo hanno praticato nelle famiglie e nella società. Le persone allacceranno tra loro relazioni fraterne, quando esprimeranno l’amore di Dio nella famiglia e lo espanderanno nella società: così, al di là delle inevitabili differenze nelle posizioni, nelle occupazioni e nei diritti, si promuoverà l’equalizzazione nei campi dell’economia, dell’educazione, e così via, facendo scomparire ogni forma di sfruttamento e discriminazione. In tale società, le donne potranno assumere posizioni di presidente o amministratore di società, superando la disparità tra i sessi nel campo del lavoro. Peraltro, è naturale che le differenze funzionali tra l’uomo e la donna giustifichino delle distinzioni per alcune specifiche attività.
IV. L’OPINIONE DEL PENSIERO DELL’UNIFICAZIONE SULLE TEORIE ETICHE TRADIZIONALI
In questa sezione, analizzeremo alcune delle teorie dell’etica più rappresentative, dalla prospettiva del Pensiero dell’Unificazione. Con riguardo al periodo moderno, discuteremo alcuni aspetti principali delle teorie proposte da Kant e Bentham; per quanto attiene all’età contemporanea, esamineremo i punti salienti della filosofia analitica e del pragmatismo.
A. KANT
1. La Teoria Etica di Kant
Nella Critica della ragion pratica, Immanuel Kant (1724-1804) affermò che la vera legge morale deve essere, anziché un “imperativo ipotetico”, che ci dica di fare qualcosa come mezzo per la realizzazione di uno scopo, un “imperativo categorico”, che semplicemente ci motivi ad agire incondizionatamente. Ad esempio, io non devo comportarmi onestamente per essere apprezzato come un brav’uomo, ma piuttosto devo semplicemente essere onesto, senza condizioni. L’imperativo categorico è stabilito dalla ragion pratica, che funge da “legislatore” e impartisce un imperativo, o un ordine, alla nostra volontà. Quest’ultima, ricevendo l’imperativo della ragion pratica, si qualifica come buona volontà e ci sollecita all’azione.
Kant individuò l’aspetto fondamentale della moralità nell’agire in modo che il massimo della propria volontà possa sempre e simultaneamente conformarsi al bene come principio di legge universale. (4) Il “massimo” in questo caso è lo scopo perseguito dalla volontà dell’uomo, ovvero ciò che l’individuo pensa debba essere realizzato. Secondo Kant, ogni azione intrapresa deve essere tale che il principio soggettivo (il “massimo”) che la dirige possa essere suscettibile di applicazione universale. Kant considerò bene ciò che è vero universalmente, senza contraddizioni, proprio come la legge naturale; e considerò male ciò che non risulta vero universalmente.
La moralità affermata da Kant è basata sul dovere, e la legge morale interiore che ci sprona ad agire è la voce del dovere. Nella sua descrizione, il dovere è un nome sublime e possente che non suggerisce alcunché di affascinante o insinuante, ma pretende sottomissione, e meramente indica una legge che da sola si fa strada nella nostra mente, incontrando una riluttante riverenza. (5)
Kant affermò anche che la libertà deve essere il presupposto, affinché la buona volontà non sia in alcun modo regolata; che fintantoché gli uomini imperfetti cercheranno di realizzare la perfetta bontà, deve essere presunta l’immortalità dell’anima; che nella ricerca della perfetta bontà o del bene supremo, la virtù deve essere collegata alla felicità; che inoltre si deve presupporre l’esistenza di Dio, se la virtù deve associarsi con la felicità. Così, Kant riconobbe l’esistenza dell’anima immortale e di Dio come postulati della ragion pratica.
2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Teoria Etica di Kant
Kant distinse la ragion pura (teoretica) dalla ragion pratica. La ragion pura è mirata alla conoscenza, mentre la ragion pratica regola la volontà e la guida all’azione. Dal momento che la ragion pura è separata dalla ragion pratica, non possiamo non domandarci perché l’azione richiesta dall’imperativo categorico sia sempre buona. Per decidere se un certo atto sia buono oppure no, occorre valutarne il risultato. Secondo Kant, però, lo stimolo a fare una certa cosa, direttamente determinato dall’imperativo categorico, è buono indipendentemente dal risultato di quel comportamento.
Supponiamo che qualcuno incontri un’anziana signora, e senta l’imperativo categorico di aiutarla ad attraversare la strada. Supponiamo poi che la persona che ha ricevuto l’imperativo categorico conduca la donna fino al marciapiedi opposto, nonostante possa darsi che l’anziana non voglia affatto recarsi da quella parte. Tuttavia, colui che ha compiuto la “buona azione” seguendo l’imperativo categorico elaborato dalla ragion pratica, è felice della situazione creata. In questo modo, Kant non tiene conto del risultato e si preoccupa soltanto della motivazione, perché ha separato la ragion pura dalla ragion pratica, ovvero la conoscenza dalla prassi. Ma in realtà, ragion pura e ragion pratica non possono essere separate: la ragione è un’entità unica e noi, per natura, agiamo e nello stesso tempo calcoliamo le conseguenze delle nostre azioni, ascoltando l’unica e identica ragione.
Nella visione morale di Kant si individuano alcuni problemi: qual è il modello per universalizzare il “massimo” soggettivo e in che modo è possibile tale universalizzazione? Secondo Kant, se le persone divenissero perfettamente morali, si realizzerebbe la felicità; d’altra parte, poiché l’azione che mira alla felicità è ipotetica, non può essere considerata buona. Pur sapendo che tutti puntiamo alla felicità, Kant ci dissuase dal ricercarla. In questo contesto, egli affermò l’esistenza di Dio e sostenne che praticando perfettamente il bene saremo necessariamente felici.
Il limite della teoria di Kant è l’ignoranza dello scopo di Dio nella creazione. Mentre per Kant tutti gli scopi sono accentratori ed egoisti, il Pensiero dell’Unificazione indica che gli uomini hanno un duplice scopo, da un lato rivolto all’insieme, dall’altro all’individuo, e originalmente dovevano sì perseguire lo scopo individuale, ma riconoscendo la priorità allo scopo dell’insieme. Invece, quello che Kant considera come “scopo” non è altro che lo scopo individuale: di conseguenza, la sua teoria svaluta tutti i tipi di scopo e la sua legge morale finisce per mancare di un modello.
Inoltre, Kant affermò che, per stabilire la legge morale, occorre presupporre l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio. Nella Critica della ragion pura, Kant escluse Dio e l’anima, argomentando che l’uno e l’altra sono inconoscibili, poiché mancano di qualsiasi contenuto sensoriale. Anche qui la filosofia di Kant è lacunosa, poiché immagina Dio soltanto come un dio ipotetico, e ciò equivale a dire che non si potrà mai incontrare il vero Dio. Alla fine, risulta ipotetico anche lo stato di bene supremo, cui Kant si riferì.
Kant volle stabilire il modello del bene della sua legge morale sulla base del solo dovere, che è dato dalla ragion pratica. Il risultato è un freddo regno del dovere, un mondo costruito sulle regole. Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, il dovere e le norme, lungi dall’essere il fine cui tende la vita umana, sono solo strumenti per l’attuazione concreta del vero amore.
B. BENTHAM
1. La Teoria Etica di Bentham
Secondo Jeremy Bentham (1748-1832) la natura avrebbe posto l’umanità sotto il governo di due padroni, il dolore e il piacere, i quali soli ci indicano ciò che dobbiamo o non dobbiamo fare. (6) Nell’ottica del principio dell’utilità, che egli elaborò, il dolore e il piacere sono i parametri del bene e del male.
Bentham calcolò piacere e dolore quantitativamente, considerò buono ogni atto capace di procurare il maggior piacere, e promosse come principio della sua filosofia morale “la più grande felicità per il più gran numero di persone”. Per Bentham ci sono quattro distinti fattori che piratano piacere o dolore alle persone: quello fisico, quello politico, quello morale e quello religioso. (7) Tra essi, fondamentale è il fattore fisico, poiché solo il piacere e il dolore fisici possono essere calcolati obiettivamente. Bentham auspicò che quante più persone possibili conseguissero in maniera equa quote significative di ricchezza materiale.
Al contrario di Kant, secondo il quale la bontà pura non è determinata dallo scopo o dagli interessi materiali, Bentham sostenne che la condotta umana deve essere considerata buona quando persegue direttamente la massima felicità materiale. Sullo sfondo del pensiero di Bentham c’è la rivoluzione industriale inglese.
La filosofia di Bentham influenzò molti pensatori, tra i quali Robert Owen (1771-1858), un riformatore socialista. Owen fece proprio il principio di Bentham della “più grande felicità per il più gran numero di persone” e, su questa base e sotto l’influsso dell’Illuminismo francese e della filosofia materialista, promosse un movimento per le riforme sociali. Owen ritenne che, dal momento che le persone sono un prodotto dell’ambiente, il miglioramento di questo avrebbe comportato automaticamente il miglioramento anche di quelle, e avrebbe realizzato una società felice. Per tradurre in realtà il suo ideale, Owen si trasferì negli Stati Uniti, dove costituì la società cooperativa “New Harmony”. Il suo tentativo, comunque, fallì anche a causa delle divisioni interne fra i suoi stessi collaboratori.
Gli utilitaristi, influenzati dal movimento socialista, iniziarono attività mirate alle riforme sociali, con particolare attenzione alle norme elettorali, alla legislazione a tutela dei poveri, alla semplificazione delle procedure legali, all’abolizione delle regolamentazioni dei raccolti, alla liberazione degli schiavi nelle colonie, all’allargamento del diritto di voto, al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, e diedero un importante contributo all’appianamento delle contraddizioni della società capitalista.
2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Teoria Etica di Bentham
A differenza di Kant, che qualificò la bontà come dovere, Bentham affermò che le buone azioni portano alla felicità. Sotto questo profilo, la visione di Bentham concorda con quella del Pensiero dell’Unificazione; tuttavia, nella comprensione di Bentham, la felicità è centrata sul piacere materiale, mentre il Pensiero dell’Unificazione sostiene che la vera felicità dell’uomo non può provenire dal mero piacere fisico. Oggi, nelle nazioni più progredite, molti godono di abbondante benessere materiale, cui però si accompagnano lo sfacelo sociale e la negazione del valore dell’uomo. Ciò dimostra come l’utilitarismo non sia un buon metodo per raggiungere la vera felicità.
Il pensiero di Bentham era motivato dal desiderio di restaurare l’ambiente sociale. Dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, per realizzare una società ideale, devono essere ristabilite le persone e, nello stesso tempo, occorre preparare un ambiente adeguato. Così, nella prospettiva provvidenziale, si può dire che una filosofia come l’utilitarismo di Bentham, insieme ai movimenti sociali da essa generati, era necessaria in una certa fase della storia provvidenziale.
La filosofia di Kant intendeva preparare la restaurazione dell’uomo ma, come abbiamo già illustrato, risultò inadeguata e non centrò il suo scopo, quello di condurre il genere umano alla felicità. Il comunismo, che emerse più tardi, si preoccupava invece di restaurare l’ambiente, come l’utilitarismo. Il comunismo ha preso la direzione sbagliata della rivoluzione violenta e come risultato, anziché realizzare una società felice, ne ha creata una ben più miserabile. La vera felicità dell’uomo sarà possibile solo quando verrà stabilito un modello del bene capace di presentare una soluzione unitaria e armonizzata degli aspetti sia spirituali che materiali della natura umana.
C. LA FILOSOFIA ANALITICA
1. La Teoria Etica della Filosofia Analitica
Secondo la filosofia analitica, il compito del filosofo non è stabilire una specifica visione del mondo; egli deve piuttosto costruire una disciplina scientifica addentrandosi nell’analisi del linguaggio basata sulla logica. La Scuola Analitica di Cambridge, con esponenti quali George Edward Moore (1873-1958), Bertrand Arthur William Russell (1872-1970), e Ludwig Joseph Wittgenstein (1889-1951), la scuola del Positivismo Logico di Vienna, con studiosi come Moritz Schlick (1882-1936), Rudolph Carnap (1891-1971) e Alfred Jules Ayer (1910-1971) e la Scuola di Lingua Ordinaria di Gran Bretagna, confluiscono nel filone della filosofia analitica. Tra le teorie etiche di questa corrente di pensiero, possiamo citare lo “intuizionalismo” di Moore e la “teoria emotiva” di Schlick e Ayer.
Secondo Moore, la bontà non può essere definita: il “bene” è una semplice nozione, come lo è il “giallo”; come non è possibile, in alcun modo o con alcun mezzo, spiegare cosa sia il giallo a qualcuno che già non lo conosca, così non si può spiegare cosa sia il bene. (8) A chi gli avesse chiesto cosa fosse il bene, Moore avrebbe risposto che il bene è il bene, e quella sarebbe stata la fine della discussione. (9) Secondo Moore, il bene non può essere afferrato che con l’intuizione e i giudizi di valore sono del tutto indipendenti dai giudizi di fatto.
Secondo Schlick e Ayer, la bontà è semplicemente un termine che esprime una sensazione soggettiva e una quasi-idea, impossibile da verificare obiettivamente. Di conseguenza, una proposizione etica come “è male rubare” non è altro che l’espressione di un sentimento di disapprovazione morale proprio dell’autore e non può essere assunta come vera o falsa.
2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sulla Teoria Etica della Filosofia Analitica
In primo luogo, il tratto distintivo della visione dell’etica della filosofia analitica è la separazione tra il giudizio di fatto e il giudizio di valore, che invece, dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, sono entrambi obiettivi, al punto da poter essere considerati come le due facce della stessa medaglia. Peraltro, mentre il giudizio sul fatto concerne fenomeni riconoscibili da chiunque, e perciò è caratterizzato da un’obiettività facilmente riscontrabile, il giudizio sul valore, al contrario, viene elaborato da un numero limitato di persone di religione o filosofi, e non necessariamente è compreso da tutti, per cui dà l’impressione di essere puramente soggettivo. Se l’umanità avesse un avanzato livello spirituale e la legge del valore operante nell’intero universo fosse chiaramente compresa da tutte le persone, allora anche le proposizioni di valore sarebbero riconosciute come universalmente vere. Finora le scienze naturali si sono occupate solo del giudizio sul fatto, ricercando nelle cose relazioni di causa ed effetto. Oggi invece la scienza è arrivata al punto in cui non è più possibile comprendere appieno i fenomeni naturali unicamente tramite la ricerca delle relazioni di causa ed effetto: gli scienziati ora esplorano il significato e le ragioni dei fenomeni naturali e hanno bisogno di aggiungere il giudizio di valore a quello di fatto. È convinzione del Pensiero dell’Unificazione che fatto e valore, ovvero scienza ed etica, debbano essere affrontate come un unico tema.
In secondo luogo, un altro elemento caratterizzante della filosofia analitica è la visione della bontà come qualcosa d’indefinibile, una quasi-idea. Nella prospettiva del Pensiero dell’Unificazione, invece, la bontà è chiaramente identificabile e gli uomini, in estrema sintesi, hanno il chiaro scopo di realizzare l’amore di Dio attraverso la base delle quattro posizioni familiare; il bene è un comportamento coerente con questo scopo. Dal momento che i comportamenti improntati al bene si realizzano nella vita reale, valore e fatto non possono essere separati.
D. IL PRAGMATISMO
1. Il Punto di Vista Etico del Pragmatismo
Il pragmatismo condivide con la filosofia analitica l’assunto dell’inutilità della metafisica, mentre attribuisce grande importanza alla conoscenza scientifica empirica. Il pragmatismo, introdotto da Charles Santiago Sanders Peirce (1839-1914), fu sviluppato da William James (1842-1910).
Secondo James, è vero ciò che funziona. Supponiamo, ad esempio, che qualcuno bussi alla mia porta e io ritenga che si tratti del mio amico Giovanni. Solo quando apro la porta e scopro che Giovanni è effettivamente arrivato, posso definire vero il mio pensiero. La vera conoscenza, quindi, è quella verificata tramite l’azione: la verità di un’idea è determinata dal suo valore operativo. Per James, la verità di un’idea non è una proprietà ristagnante, inerente in essa: l’idea diventa vera, anzi è resa vera dagli avvenimenti. La sua verità è in effetti un evento, un processo, anzi il processo del suo verificare sé stessa. La sua validità è il processo della sua verifica. (10)
Questo criterio di verità serve anche come criterio del valore e del bene. Così, la proposizione etica non ha bisogno di essere provata teoreticamente: la considereremo vera, e quindi l’azione divisata sarà buona, solo se l’azione stessa procurerà soddisfazione o pace alla mente. Perciò, la bontà non è assoluta o immutabile: piuttosto, essa è quella cosa che modifichiamo e miglioriamo, giorno per giorno, attraverso l’esperienza condotta dall’umanità nel suo complesso.
Il pragmatismo fu raffinato da John Dewey (1859-1952), il quale elaborò la teoria dello strumentalismo, affermando che l’intelletto opera strumentalmente nei riguardi delle esperienze future, come strumento per l’efficace elaborazione dei problemi. Contrariamente a James, che riconobbe la verità religiosa, Dewey si occupò solamente dell’esistenza quotidiana, escludendo qualsiasi implicazione metafisica.
La riflessione di Dewey deriva da una visione dell’uomo come essere vivente o essere organico. Un essere vivente ha una costante relazione di scambio con l’ambiente circostante: quando incontra una condizione instabile, cerca di liberarsi da quello stato per riottenere la sua stabilità. È l’intelligenza, secondo Dewey, lo strumento più efficace per questo scopo. La migliore condotta è quella che, sulla base dell’intelligenza, si orienta alla creazione di una società prospera e felice.
Per Dewey, il giudizio scientifico e quello del valore hanno la stessa qualità. Se le persone agissero razionalmente usando la propria intelligenza, si stabilirebbe sicuramente una buona società. Non c’è distanza tra fatto e valore e perciò, secondo Dewey, il bene va realizzato gradualmente, aumentando le conoscenze, corrispondendo alle richieste della vita e promovendo la soddisfazione dei desideri. Dewey confutò l’esistenza di una bontà definitiva, tale da poter essere immediatamente riconoscibile. Anche il concetto stesso di bontà non è altro che uno strumento, o un mezzo, per gestire adeguatamente i problemi. Un principio morale non è un ordine o un divieto di agire in un certo modo: è un mezzo per analizzare una situazione speciale, in cui giusto e sbagliato sono determinati dalla situazione nella sua interezza e non dalla regola in quanto tale. (11)
2. L’Opinione del Pensiero dell’Unificazione sul Punto di Vista Etico del Pragmatismo
James considerò vero e prezioso “quello che funziona”, ovvero quello che è utile, subordinando così la conoscenza e i valori alla vita quotidiana. Ma, dal punto di vista del Pensiero dell’Unificazione, questo è un rovesciamento del modo di pensare originale. L’esistenza materiale di tutti i giorni, concentrata sul cibo, le vesti e il rifugio, deve essere basata sui valori della verità, bontà e bellezza, a loro volta basati sullo scopo della creazione, che consiste nella realizzazione del vero amore (l’amore di Dio). Perciò, un atto conforme allo scopo della creazione è buono, mentre un atto utile alla vita non necessariamente lo è: certamente buono è quell’atto utile alla vita che sia anche conforme allo scopo della creazione. James fondò la verità e la bontà sull’utilità per la vita, mentre avrebbe dovuto ricercare lo scopo per cui la vita esiste e gli esseri umani vivono.
Secondo Dewey, l’intelligenza, che comprende la nozione del bene, è uno strumento. Ma secondo il Pensiero dell’Unificazione, il Logos (il pensiero) si forma quando il Songsang Interno e lo Hiongsang Interno stabiliscono un’azione di dare e ricevere centrata sullo scopo fissato dal Cuore (amore). Il Songsang Interno include le facoltà dell’intelligenza, del sentimento e della volontà e lo Hiongsang Interno riguarda idee, concetti, leggi e principi matematici. Giacché il Songsang Interno e lo Hiongsang Interno sono in rapporto tra loro come soggetto e oggetto, lo Hiongsang Interno può essere inteso come uno strumento del Songsang Interno. D’altra parte, le facoltà dell’intelligenza, del sentimento e della volontà, che costituiscono il Songsang Interno, possono essere viste come gli strumenti del cuore per la realizzazione dell’amore.
Dewey disse che l’intelligenza e i concetti sono gli strumenti per la riforma sociale. La teoria strumentale non è sbagliata quando l’intelligenza e i concetti sono centrati sullo scopo della creazione di Dio, ma diventa fuorviante allorché il fine loro assegnato è l’ottenimento dell’opulenza nella vita quotidiana. Infatti, fra tutti i concetti, alcuni possono costituire lo scopo della vita ma non possono diventarne il mezzo: come il concetto di bontà, che non è uno strumento della vita, ma piuttosto lo scopo della vita stessa.
Infine, secondo Dewey, lo sviluppo della scienza nella direzione del miglioramento della società è perfettamente consonante con i valori. Il progresso scientifico, tuttavia, non necessariamente asseconda i valori. Fatto e valore vengono unificati soltanto quando la scienza si allinea alla realizzazione dello scopo della creazione, cioè la manifestazione dell’amore di Dio.
Note: L’Etica
(1) Giunti a questo punto, illustreremo “l’amore verticale e l’amore orizzontale”, nonché gli altri termini che il Reverendo Sun Myung Moon ha spesso utilizzato descrivendo l’amore, i. “Amore verticale e amore orizzontale” e “asse verticale e orizzontale dell’amore”: La relazione tra Dio e l’uomo è come quella tra cielo e terra, o tra genitori e figli, e perciò può essere descritta come una relazione tra alto e basso: in altre parole, è una relazione verticale. La relazione tra marito e moglie, invece, si svolge tra un uomo e una donna della stessa generazione ed è una relazione orizzontale. Di conseguenza, l’amore di Dio è verticale, e l’amore tra marito e moglie è orizzontale. L’amore di Dio deriva dall’impulso emotivo del Suo Cuore e, una volta partito, si propaga in linea retta, come la luce. Ciò significa che l’amore di Dio non viaggia su percorsi circolari o curvilinee: questo aspetto dell’amore di Dio caratterizza “l’asse dell’amore di Dio”. Così, descriviamo la forma dell’amore verticale di Dio che procede lungo una linea retta come “l’asse verticale dell’amore”. L’amore tra marito e moglie ha caratteristiche simili e si muove anch’esso in linea retta. Perciò, la forma dell’amore orizzontale coniugale è espressa come “l’asse orizzontale dell’amore”. ii. La formazione di un angolo retto tra gli assi dell’amore: Il vero amore che si scambiano marito e moglie è sempre centrato sull’amore di Dio. Ciò significa che, quando marito e moglie si amano centrati su Dio, l’amore di Dio discende in mezzo a loro. In termini di “assi dell’amore”, si può dire che l’asse orizzontale dell’amore coniugale è raggiunto dall’asse verticale dell’amore di Dio. Quando questo avviene, l’angolo tra l’asse orizzontale e quello verticale è un angolo retto; l’asse verticale dell’amore di Dio e l’asse orizzontale dell’amore coniugale sono uniti in un angolo di 90 gradi. Quando marito e moglie si amano centrati su Dio, la potenza dell’amore di Dio si somma al loro amore coniugale, amplificandolo e riscaldandolo al punto che nessun’altra forza può indebolirlo o raffreddarlo. Questo è il significato dell’angolo retto formato tra l’amore di Dio e l’amore coniugale. iii. La più breve scorciatoia per l’amore: Spesso il Reverendo Sun Myung Moon ha paragonato l’asse orizzontale dell’amore coniugale a una “corda”, riferendosi al termine geometrico: la corda è la retta che collega due punti di una circonferenza, e la linea tirata dal centro della circonferenza fino alla corda, nel punto equidistante dai suoi due estremi, interseca la corda stessa formando un angolo retto. Il Rev. Moon ha sovente descritto l’unità tra l’amore coniugale e l’amore di Dio usando l’analogia della linea che parte dal centro del cerchio e forma con la corda un angolo retto. Vediamo ora alcune espressioni riguardanti la distanza dell’amore. Il Rev. Moon ha usato varie volte l’espressione “la più breve scorciatoia per l’amore”. In realtà, dal momento che la dimensione dell’amore è invisibile, in essa non possono esistere distanze spaziali; peraltro, le realtà del mondo invisibile sono spesso spiegate simbolicamente, con riferimento alle cose visibili. Ad esempio, usiamo paragonare l’ampiezza della mente o l’abbondanza della grazia a un oceano; la saldezza di una decisione all’acciaio; i sogni della gioventù a nuvole azzurre. Anche la “scorciatoia dell’amore” è la rappresentazione simbolica di una peculiare caratteristica dell’amore. L’amore di Dio, ad esempio, è diretto, intuitivo, immediato, direttamente sperimentabile, etc. Quando arriviamo a percepire il Cuore di Dio, possiamo sentire intensamente e direttamente quanto il Suo amore sia profondo, vasto, caldo e infinito. Chi ha provato quell’amore non può fare a meno di piangere amaramente per la sofferenza di Dio. Nelle religioni tradizionali, le persone danno soltanto una sbirciata all’amore di Dio, indirettamente, attraverso un mediatore. Questa esperienza d’amore è paragonabile alla visione del sole oscurata da uno spesso strato di nubi. Al contrario, “l’amore della scorciatoia” può essere completamente afferrato istantaneamente, in un batter di ciglia, proprio come si può direttamente ricevere la luce del sole in una giornata di sereno. Questo tipo d’amore è espresso simbolicamente come “la più breve scorciatoia per l’amore” o “l’amore della scorciatoia più breve”.
(2) Il concetto di “oggetto” nel termine “scopo dei tre oggetti” e il concetto di “oggetto” nella relazione di soggetto e oggetto sono alquanto diversi. In una relazione di soggetto e oggetto, l’oggetto è un essere che sta in posizione oggettiva nei confronti di un soggetto; nello scopo dei tre oggetti, l’oggetto è un essere che sta in una posizione correlativa a un altro essere.
(3) Genesi 1:28
(4) Immanuel Kant, Kritik der Praktischen Vernunft, 1788.
(5) Ibid.
(6) Jererny Bentharn, Introduction to the PrincipIes of MoraI and Legislation, 1789.
(7) Ibid.
(8) George Edward Moore, Principia Ethica, 1903.
(9) Ibid.
(10) William James, Pragmatism: a New Name for Old Ways ofThinking, 1907.
(11) John Dewey, Theory on the Mora! Life, New York 1960.
« Indietro | Avanti » |