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Capitolo 9 - I Principi Universali della natura

In questo capitolo raccoglieremo i principi universali della natura che abbiamo dedotto dagli argomenti trattati in questo primo volume della nostra ricerca.

La natura, nella quale siamo tutti inclusi, è la realtà più oggettiva e visibile alla quale abbiamo accesso ed è il terreno comune di studio dei diversi campi del sapere. Per questo motivo, credo che un buon punto di partenza sia il cercare di concordare alcuni assunti di base, o «principi della natura», come fondamenti per dei principi etici universali che possano essere accettati da tutti.

Anche la natura si presta a letture o interpretazioni diverse, tuttavia tali interpretazioni non risultano così inconciliabili come quando si tratta, ad esempio, di interpretare o valorizzare fatti storici concreti, o di appellarsi all’autorità delle varie tradizioni culturali e religiose.

Sebbene molti scienziati e filosofi si siano sforzati di separare fatti e valori, sostenendo che la natura e le sue leggi sono eticamente neutre, cioè non ci dicono nulla su come dovrebbero essere le cose o su quali dovrebbero essere i nostri doveri nei confronti degli altri esseri umani, è evidente che presupposti ontologici diversi hanno implicazioni etiche molto diverse.

Questi principi di natura che abbiamo dedotto dalle nostre ricerche nei capitoli precedenti e che abbiamo considerato i più ragionevoli e probabili, potrebbero in realtà essere ridotti ad un unico principio universale, la legge del dare e del ricevere.

Come ho detto in un’altra occasione, credo che la scoperta dell’universalità delle interazioni reciproche o legge del dare e ricevere sia uno dei più grandi contributi filosofici di Sun Myung Moon alla storia del pensiero umano.

Qual è la legge celeste dell’universo? Qual è la legge dell’esistenza? È la legge del dare e ricevere.[1]

Quando tutti gli esseri dell’intero universo, con partner soggetto e oggetto ben adattati l’uno all’altro, sono legati l’uno all’altro in armonia per uno scopo comune, abbiamo completezza e perfezione.

L’universo è un insieme equilibrato composto da relazioni reciproche, grandi e piccole. Senza relazioni reciproche, nulla può esistere. Tutto ciò che cessa di relazionarsi si estingue.[2]

1. Principio dell’unità del mentale e del materiale

«Principio della presenza unita e diffusa nell’universo dei processi mentali e materiali (o energetici). I processi mentali e materiali sono due aspetti inseparabili che sono presenti in misura maggiore o minore in tutte le entità dell’universo - secondo il loro livello -, ed è l’uomo l’essere in cui i processi mentali appaiono al loro massimo livello. Entrambi gli aspetti sono come due facce della stessa medaglia. Non c’è niente che sia totalmente materiale senza un aspetto mentale, né c’è qualcosa di totalmente mentale senza un aspetto materiale».

Questo è il principio più valido dopo le prove schiaccianti che vengono alla luce in seguito agli ultimi progressi della scienza, specialmente nella fisica quantistica, in cui il concetto classico di materia è praticamente scomparso.

Tale presupposto sostiene un monismo neutrale - in linea con il principio di conservazione dell’energia - che supera i vecchi conflitti tra visioni monistiche e dualistiche, e tra visioni materialistiche e spiritualistiche.

2. Principio della comune origine del mentale e del materiale

«Principio della comune origine dei processi mentali e materiali. Gli aspetti mentali e materiali hanno un’origine comune e la stessa natura omogenea; c’è una continuità tra i due aspetti, che possono interagire tra loro. Questa origine comune, Dio, o Causa Prima dell’universo, potrebbe essere definita come una mente energetica o un’energia mentale, un Dio in cui gli aspetti mentali e materiali si fondono, che pensa, proietta, sente e agisce, e che ha creato la materia con la sua stessa energia».

Questo è il principio più ragionevole da adottare di fronte all’evidenza dell’impossibilità di ridurre ad una causa prima puramente materiale dell’universo tutti i livelli emergenti dei processi mentali superiori e dei gradi di coscienza superiori.

L’ipotesi di una causa prima, in cui tutti gli aspetti mentali e materiali si fondono, è molto più ragionevole che credere all’emergere miracoloso della coscienza e della mente da una causa prima materiale senza coscienza né mente.

Come conseguenza logica di questo principio, deduciamo l’affermazione dell’esistenza di una prima causa intelligente, un Dio in cui si uniscono gli aspetti mentali e materiali, che pensa, progetta, pianifica e agisce; che ha fatto la materia con la sua propria energia e ha diretto l’evoluzione di quest’ultima attraverso i diversi campi di forze che esistevano sin dall’inizio.

Questo assunto di base può servire da ponte tra le visioni scientifiche, filosofiche e religiose; costituisce inoltre una base per la ricerca di un senso all’esistenza umana, quindi di qualcosa di diverso dal dire che siamo il frutto casuale di una prima esplosione di energia destinata a una futura dissoluzione o morte termica.

3. Principio di armonia, unità e origine comune del maschile e del femminile, come dello Yang e dello Yin

«Principio della presenza congiunta e generalizzata nell’universo di coppie complementari di esseri o parti con caratteristiche maschili e femminili, e di Yang e Yin, la cui armoniosa interazione e unione genera varietà, cambiamento, moltiplicazione e bellezza nella natura. Questi aspetti maschili e femminili, e di Yang e Yin, sono sfaccettature opposte ma complementari che provengono da un’origine comune, la causa prima o Dio, che contiene in forma unita e armonizzata l’essenza di entrambe le caratteristiche duali».

Questo presupposto, che ha una lunga tradizione filosofica, soprattutto nella cultura dell’Estremo Oriente, opportunamente specificato, complementa il principio di unità tra il mentale e il materiale, più radicato nella tradizione filosofica occidentale.

Entrambi i principi possono armonizzare la cultura occidentale, che ruota intorno alla dicotomia tra mente e corpo, o spirito e materia, con la cultura orientale incentrata sulla dualità Yang e Yin.

4. Principio delle due fasi dei processi creativi

«Principio dell’universalità del modello di produttività creativa basato su due fasi; una prima fase di creazione di un progetto, disegno o Logos elaborato da un processo mentale; e una seconda fase di fabbricazione o evoluzione guidata intenzionalmente dal progetto o Logos, che comporta anche meccanismi governati da leggi e processi casuali».

Questo principio ci permette di unificare in un unico modello universale il processo di formazione ed evoluzione dell’universo, opera della produttività creativa di Dio, con l’evoluzione tecnologica e culturale, opera della produttività creativa degli esseri umani.

Il presupporre l’esistenza di un Logos o progetto cosmico, risultato di un primo processo di progettazione mentale intenzionale, che poi ha diretto il processo di formazione ed evoluzione dell’universo, non solo spiega meglio la direzionalità dell’evoluzione e la funzionalità degli organismi viventi, ma permette anche di affermare che tutti gli esseri umani e gli altri esseri e cose possiedono un valore intrinseco innato.

L’ipotesi alternativa che l’universo e la sua evoluzione non siano altro che il frutto di una serie di eventi fortuiti o del puro caso significa che non c’è scopo o significato della vita; pertanto, non ci permette di parlare di esseri umani e di altri esseri e cose che abbiano un valore in sé, né che esista una norma etica oggettiva, ma solo valori e norme relative, utilitaristiche e convenzionali.

5. Principio di indeterminazione

«Principio dell’indeterminazione fondamentale della natura, basato sulla presenza universale in tutte le entità - in grado maggiore o minore a seconda del loro livello - di un certo margine di autonomia e creatività derivato dal loro grado di processi mentali intenzionali, in coesistenza e complementarità con meccanismi deterministici governati da leggi e meccanismi indeterministici casuali».

Il principio che tutti gli esseri e le cose possiedono un’autonomia e una creatività intrinseca, in complementarità con meccanismi regolati da leggi, ci permette di parlare di una libertà legata a una responsabilità morale nel caso degli esseri umani, che sono quelli che hanno la più ampia gamma di autonomia e creatività.

Se si crede in una natura completamente deterministica, diventa assurdo parlare di libertà o di responsabilità morale. Se si crede in una natura governata dal caso si può parlare di libertà, ma non di responsabilità morale. Questo principio permette anche di armonizzare le classiche antinomie tra libertà e legge (necessità), autonomia ed eteronomia, intenzionalità e meccanismo.

6. Principio dell’identità unica

«Principio di sussistenza e conservazione dell’identità unica degli individui e delle specie, nonostante il cambiamento, la trasformazione, la crescita e lo sviluppo. Questa identità unica nel caso degli esseri umani si esprime in ogni persona sotto forma di una personalità e di caratteristiche individuali uniche e irripetibili, che è ciò che dà loro una dignità speciale e un valore innato; nel caso di altri esseri viventi e delle cose, l’identità si manifesta nelle caratteristiche uniche della loro specie o classe».

Questo principio è il fondamento della credenza nel valore intrinseco, speciale e unico di ogni persona e dei suoi diritti umani innati, per cui gli individui dovrebbero essere apprezzati e rispettati, e non essere abusati o usati contro la loro volontà per qualsiasi scopo utilitaristico.

Esso costituisce anche la base del rispetto e dell’apprezzamento per tutti gli esseri viventi, nonché della conservazione e protezione delle specie e della qualità degli elementi naturali fondamentali come l’acqua, la terra e l’atmosfera, evitando così la loro distruzione e inquinamento.

7. Principio degli scopi duali

«Principio di universalità e complementarità dello scopo individuale e dello scopo dell’insieme. Tutti gli esseri e le cose hanno lo scopo individuale di preservare la propria esistenza e allo stesso tempo hanno lo scopo dell’insieme, che li spinge a formare unità sempre più grandi e a contribuire al mantenimento e alla coesione dell’insieme. I due scopi non sono contraddittori ma complementari, perché il fine ultimo del rafforzare e migliorare l’individuo è che l’individuo possa contribuire meglio all’insieme, e il fine ultimo di mantenere e rafforzare l’insieme è quello di proteggere e beneficiare gli individui».

Questo principio può contribuire ad armonizzare le visioni riduzioniste e individualiste con quelle funzionaliste e oliste, così come a ridurre le tensioni e i conflitti di interessi tra individui e comunità, affermando la complementarità e la reciprocità tra diritti e doveri.

Un tale principio afferma che l’essere umano non solo tende per natura alla conservazione della propria esistenza individuale, ma ha anche una tendenza naturale e innata alla cooperazione sociale, ad essere utile agli altri e ad aiutare o amare gli altri. Questa è naturalmente una visione più completa e integrativa che affermare semplicemente che l’unico scopo della nostra vita è la nostra stessa sopravvivenza.

8. Principio dell’ordine

«Principio dell’universalità dell’ordine, sia in natura che nella società umana, creato per il mantenimento e lo svolgimento da parte di ogni singola entità di diverse posizioni, ruoli e funzioni».

Questo principio presuppone che la società umana debba essere organizzata a somiglianza di un grande organismo o sistema ordinato. Tuttavia, questa analogia non può essere applicata letteralmente ma solo metaforicamente, poiché gli esseri umani non sono parti di macchine, e nemmeno cellule o formiche. Tali esseri o cose hanno posizioni e funzioni fisse all’interno della macchina, dell’organismo o della colonia, e svolgono le loro funzioni in modo automatico o istintivo.

Le istituzioni e le organizzazioni sociali, al contrario, sono costruzioni o creazioni culturali in cui le differenze di posizione e di funzione sono necessarie ma non sono fisse, e i ruoli o le funzioni vengono svolti in modo libero, responsabile e creativo.

9. Principio delle interazioni reciproche

«Principio dell’universalità delle interazioni reciproche (legge del dare e ricevere) tra parti complementari all’interno di ogni entità individuale, e tra entità individuali diverse - incentrate su uno scopo comune ad entrambe le parti - che generano e garantiscono la coesione, l’esistenza, il movimento, l’azione, la moltiplicazione, il progresso e lo sviluppo di tutte le entità individuali, così come dei sistemi e degli organismi».

Questo principio ha forti implicazioni etiche perché implica che tutti gli esseri e le cose sono fatti per natura per relazionarsi l’un l’altro, il che nella sfera umana favorirebbe la comunicazione, il dialogo, la cooperazione e la comprensione reciproca.

Rafforzerebbe anche i principi di equità, reciprocità e giustizia, e promuoverebbe la solidarietà verso il bene comune, un atteggiamento di servizio e di aiuto reciproco tra individui, famiglie, gruppi e nazioni. Promuoverebbe persino il rafforzamento delle relazioni interpersonali di amore, conoscenza, di scambio di beni e servizi, che si tradurrebbe in felicità e benessere condivisi.

10. Principio dei movimenti circolari

«Principio dell’universalità dei movimenti circolari (o modifiche e trasformazioni dei movimenti circolari). In natura non c’è né stasi assoluta né movimenti rettilinei puri. Affinché qualsiasi entità mantenga la sua esistenza, stabilità e continuità, deve iniziare un qualche tipo di movimento circolare, ciclo o circuito al suo interno e in relazione ad altre entità. Lo spazio e il tempo derivano da questi movimenti circolari e, pertanto, lo spazio è curvo, il tempo è ciclico ed entrambi sono relativi alla velocità e al tipo di movimenti circolari. La crescita, lo sviluppo, la moltiplicazione e la creatività della natura non è un processo lineare bensì un processo a spirale, in cui in ogni ciclo appare qualcosa di nuovo».

Questo principio, derivato da quello precedente, evidenzia la nostra interrelazione, interconnessione e interdipendenza all’interno delle nostre famiglie e comunità e con il resto della natura, e promuove la cura e la protezione degli altri esseri viventi e dell’ambiente.

Questo principio getta anche luce sul significato della vita umana e dell’universo, poiché lo scopo di questi movimenti circolari è la stabilità, la coesione e l’unione di tutte le parti in un tutto armonioso.

11. Principio dello sviluppo attraverso la cooperazione incentrata su uno scopo comune

«Principio del progresso e dello sviluppo attraverso la cooperazione armoniosa e la reciproca dipendenza tra elementi complementari, incentrati su scopi comuni e fini condivisi, e non tramite la lotta, il conflitto o la distruzione reciproca tra parti opposte inconciliabili».

Questo principio promuove la soluzione pacifica dei problemi attraverso il dialogo e la cooperazione armoniosa, invece di ricorrere a una strategia di conflitto continuo, di lotta fratricida o di uso ingiustificato e gratuito della violenza, che giustifica qualsiasi mezzo distruttivo per raggiungere un presunto scopo buono.

12. Principio del significato

«Principio del significato o fine ultimo dell’universo, visto come l’unione di tutti gli esseri umani quale un’unica grande famiglia globale, l’unione dell’umanità con il resto della natura, e l’unione dell’intero universo con la sua origine o Dio, attraverso un amore universale, che rende possibile il benessere e la piena felicità di tutta l’umanità. Ciò pur mantenendo l’autonomia e l’individualità unica delle persone e delle famiglie, così come le caratteristiche uniche e differenziate dei diversi gruppi etnici, popoli e culture del mondo».

Questo principio completa il principio dell’ordine, che sostiene che l’unità e la coesione tra gli esseri umani devono essere basate principalmente su relazioni d’amore volontarie, responsabili e creative, estese a tutti i livelli, che forniscono gioia e felicità complete a tutti.

In effetti, se per raggiungere la coesione sociale si enfatizza o si dà più importanza alle leggi, alle norme morali, all’autorità o alle differenze di posizioni e funzioni, tutto ciò che si ottiene è un ordine freddo, autoritario e rigido. Ciò ripugna profondamente alla natura umana, perché gli esseri umani accettano di essere controllati solo dall’amore e desiderano vivere felicemente nell’atmosfera calda e affettuosa creata da relazioni di scambi reciproci di amore e affetti profondi.

[1] Sun Myung Moon, Speech Collection Books, Seul, HSA-UWC, 157:266, (10 aprile 1967).

[2] Ibid., 391:174, (21 agosto 2002).

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