Capitolo 2 - Esiste un disegno o progetto intelligente dietro il processo di formazione ed evoluzione dell’universo?
In questo capitolo, delineeremo brevemente tutte le metafore che sono state usate nel corso della storia del pensiero per descrivere come è avvenuta la nascita dell’universo. Inoltre, indagheremo sugli elementi che ci portano a sostenere l’esistenza di un disegno intelligente nell’universo. Tutto ciò per cercare una visione conciliante che faccia luce su un tema essenziale per l’essere umano, come il sapere da dove veniamo e che senso ha la nostra esistenza.
1. Vari modelli o metafore sull’origine e l’evoluzione dell’universo nel corso della storia
La metafora della procreazione
Il modello più antico potrebbe essere quello che utilizza la metafora della procreazione umana. Quasi tutte le mitologie raccontano storie di stirpi di antenati, re e regine, dèi e dee, padri e madri primordiali che hanno generato non solo la razza umana ma anche tutta la natura. Così, si credeva che il Cielo fosse il Padre che, con la pioggia, inseminasse e vivificasse la Madre Terra, o che il Padre Sole desse vita a tutte le creature viventi con i suoi raggi. Più tardi, in reazione a questo rozzo antropomorfismo e alla proliferazione di saghe di padri, eroi o dèi primordiali, i pensatori hanno iniziato a propendere per una visione monistica dell’origine dell’universo, riconvertendo alcuni di quegli antichi dèi in princìpi più impersonali e astratti.
Per esempio, l’Uno di Senofane, l’Essere sferico di Parmenide, il Logos o fuoco creativo di Eraclito, il Brahman assoluto indù, il Tao e il Cielo cinesi. In generale, secondo questi modelli, la natura fu originata da una causa prima immanente per il tramite di un processo naturale di procreazione, emanazione o generazione spontanea.
Il modello geologico e quello atomistico
I primi fisici ionici, con una visione panpsichista della materia e partendo dai classici quattro elementi - acqua, aria, terra e fuoco -, elaborarono diverse teorie sull’elemento primitivo da cui nascono e a cui si riducono tutte le cose.
Quei pensatori usarono per la prima volta spiegazioni fisiche o geologiche. Per esempio, Anassimene disse che l’aria - secondo lui l’elemento originale - riscaldandosi viene rarefatta e convertita in fuoco, e quando si raffredda, si condensa e si trasforma in acqua; quando si condensa ulteriormente si trasforma in terra. Spiegarono in modo similare anche la natura delle stelle e di altri fenomeni naturali come i fulmini, i tuoni e i terremoti, attraverso fuochi, vapori, venti, gorghi e vortici.
Designo questo secondo tipo di spiegazione come modello geologico piuttosto che modello naturale, poiché la procreazione - usata come metafora nel modello precedente - è naturale come i vapori o i venti.
All’interno di questo modello si può includere l’atomismo democriteo. Secondo la successiva metafora di Lucrezio, il mondo è composto da atomi che fluttuano e si raggruppano a caso scontrandosi tra loro in uno spazio vuoto, come particelle di polvere che galleggiano nell’aria a caso, facilmente osservabili quando un raggio di sole entra in una stanza buia.
Le caratteristiche di questo modello geologico sono il suo monismo materiale e la convinzione che il mondo sia stato originato dal caso, da eventi fortuiti, o da una concatenazione di cause immediate e fisiche come il riscaldamento, il raffreddamento, i vortici e gli urti.
La metafora dell’artigiano
Un altro modello usato per cercare di spiegare origine e formazione dell’universo è quello che utilizza la metafora dell’artigiano, o le varianti del Dio architetto, geometra e matematico. Forse la più antica è la metafora biblica del Dio vasaio che modellò l’uomo con l’argilla.
Pitagora affermava che l’elemento primordiale da cui provenivano tutte le cose era il numero, e che le proporzioni o i rapporti numerici erano l’essenza ultima delle cose. Pertanto, credeva che tutti gli esseri e le cose fossero fatti di numeri o unità, che sono sia punti geometrici che unità estese. Questo tipo di visione fece nascere la credenza in un Dio geometra e matematico che aveva costruito un cosmo ordinato in base a rapporti numerici.
L’intelligenza ordinatrice di Socrate
Socrate distingueva tra le cose comparse per caso, che non avevano alcuno scopo o utilità apparente, e le cose fatte dagli artigiani, che erano effettivamente fatte per un fine e avevano un’utilità evidente. Le prime erano frutto del caso e le seconde erano opere di un’intelligenza.
Così, osservando la natura, e in particolare la forma del corpo umano, i suoi organi e la loro disposizione nel corpo, Socrate giunse alla conclusione che, di fronte all’evidenza che gli organi svolgono una certa funzione o utilità, erano opera di un’intelligenza ordinatrice che li aveva fatti per uno scopo:
Oltre a ciò, non pare sia opera della provvidenza il fatto che gli occhi, essendo alquanto delicati, siano protetti con delle palpebre, che si aprono quando bisogna usarli, mentre sono chiuse durante il sonno? E che, affinché i venti non li danneggino, siano protetti dalle ciglia? E che sopra gli occhi vi siano le sopracciglia, in modo che nemmeno il sudore della fronte possa danneggiarli? (…)
E che la bocca [...] è posta vicino agli occhi e al naso, mentre i condotti degli escrementi, che ci ripugnano, sono stati deviati e portati il più lontano possibile dai sensi?
Vi domando: quando vedete tutte queste cose costruite con tanta dimostrazione di lungimiranza, come potete chiedervi se sono prodotti del caso o dell’intelligenza? [1]
Delusione di Socrate per la filosofia naturale di Anassagora
Per questo motivo, Socrate fu presto deluso dalla filosofia naturale di Anassagora; quest’ultimo, infatti, anche se poneva la mente o l’intelligenza (nous) come causa prima dell’universo, nella spiegazione del processo di formazione dell’universo adduceva solo cause materiali accidentali o casuali, dimenticando l’intelligenza:
Quando ero giovane, volevo conoscere quella che si chiama la ricerca naturalistica. (...) E un giorno sentii qualcuno dire, leggendo un libro di Anassagora, che egli diceva che è la mente che mette tutto in ordine ed è la causa di tutte le cose. Mi rallegrai per questa causa, e mi parve che, in un certo senso, fosse un vantaggio che la mente fosse la causa di tutte le cose. Pensai che, se così fosse, l’intelligenza ordinatrice avrebbe comandato e posto ogni cosa nel posto migliore per loro. (...)
Con grande diligenza presi i libri e li lessi il più velocemente possibile. Ma abbandonai subito la mia meravigliosa speranza, o amico mio! Man mano che avanzavo nella lettura, vedevo che l’autore non usava la mente per nulla, né accreditava alla mente alcuna causa riguardo all’ordinamento delle cose, ma attribuiva invece le cause all’aria, all’etere e a molte altre cose strane.[2]
Il Demiurgo (l’Artigiano) platonico
Platone e Aristotele ereditarono questa visione della natura da Socrate. La caratteristica principale di questa concezione dell’Artigiano è quella di considerare la natura e il cosmo come l’opera di un artefice intelligente, come dimostrato dall’ordine del cosmo e dallo scopo manifesto del disegno del corpo e degli organi degli esseri viventi.
Questa metafora, però, ha portato a credere che il creatore sia una causa esterna separata dalla sua opera, e di natura diversa, promuovendo così una visione dualistica del mondo.
Platone separò il mondo delle idee e delle forme geometriche dal mondo materiale; il primo è il mondo dei prototipi ideali e perfetti, il cui apice è l’Idea del Bene (Dio); e il secondo il mondo delle cose materiali, che sono copie imperfette e difettose dei modelli ideali. Anche se ci provò, egli non riuscì a spiegare come il mondo delle copie derivasse dal mondo degli originali.
Solo nel Timeo delinea la teoria di un Demiurgo o Artefice (Artigiano) che ha modellato il mondo materiale prendendo come modelli i prototipi eterni.
La forma suprema, o Dio, e la «materia prima» in Aristotele
Aristotele non ammetteva l’esistenza separata del mondo dei prototipi ideali, ma pensava che questi modelli ideali fossero dentro le cose stesse. Per questo sosteneva che tutte le cose fossero composte da forma e materia. La forma era l’essenza della cosa, la sua entelechia o anima, e anche una forza interna che spingeva ogni cosa a raggiungere la sua perfezione e il suo fine. La materia era un substrato, simile all’argilla di un vasaio, con la potenzialità di acquisire qualsiasi forma.
Tutte le forme o anime costituivano una gerarchia con a capo la forma suprema, Dio, la cui funzione era quella di muovere il mondo verso il suo fine. L’origine della materia era un’ipotetica materia prima, ma non dava alcuna spiegazione del processo di formazione del mondo; presumeva semplicemente che il mondo fosse eterno.
I filosofi medievali arabi, ebrei e cristiani condivisero questo dualismo di Aristotele, supponendo che Dio fosse uno spirito puro e immateriale, che prima creò una materia primordiale e informe che in seguito modellò, dando forma a tutte le cose. Era la metafora biblica del Dio vasaio che prima crea dal nulla la massa d’argilla e poi ne fa vari vasi. Questa credenza divenne quasi un dogma di fede, ma come vedremo più avanti non tutti erano d’accordo con qualcosa di così problematico come affermare che la materia può essere creata dal nulla.
Il modello dell’emanazione
Il modello del logos seminale degli stoici
Gli stoici furono i primi a cercare di dare una spiegazione della formazione dell’universo, combinando il modello dell’artigiano con il modello di una causa prima procreativa che ha dato vita a tutte le cose. Associarono il concetto socratico di un artigiano intelligente e provvidente, che plasmava la natura con uno scopo, con il concetto del Logos di Eraclito, una ragione ordinatrice e una specie di fuoco artistico che forgiava tutte le cose.
Gli stoici, utilizzando anche il concetto di forma e materia di Aristotele, affermavano che tutte le cose erano composte da un principio attivo o pneuma e da un principio passivo o materia.
Per loro, questo pneuma o anima era come il logos-fuoco eracliteo, un continuum di materia sottile che penetrava e impregnava la materia più densa, e che poteva trasformarsi in materia e viceversa. Così potevano spiegare che l’origine di tutti gli esseri e di tutte le cose era dovuta al logos seminale specifico di ciascuna cosa, che era come la loro ragione o progetto.
Era una visione monistica in cui materia e spirito erano un continuum intercambiabile. Questa idea di una materia sottile che penetra una materia più densa ha influenzato molto l’elaborazione del concetto scientifico di campi di forze della fisica moderna.
Il modello dell’emanazione di Plotino
Plotino tentò di sistematizzare e completare il platonismo offrendo anche una visione monistica dell’origine e dello sviluppo del mondo, combinando il modello dell’artefice o Demiurgo platonico con il modello di un primo progenitore e causa procreativa.
Tutto procede dall’Uno (Dio) per emanazione a causa della Sua perfezione o eccesso di potenza, in modo simile a come i semi e la prole sono prodotti da piante e animali maturi, o al modo in cui la luce e il calore emanano dal sole.
La prima emanazione dall’Uno è l’Intelligenza, che comprende il mondo dei modelli ideali platonici. Poi viene l’Anima del Mondo e le anime particolari create da essa, e alla fine la materia, il processo più lontano dall’Uno, che è come uno spazio vuoto capace di ricevere qualsiasi forma, o una tela bianca su cui si può disegnare qualsiasi cosa.
Esiste una linea di pensiero di filosofi ebrei e cristiani i quali, influenzati da questo neoplatonismo di Plotino e dalle idee stoiche - e non in accordo con il tradizionale dualismo aristotelico e cristiano - hanno cercato di elaborare una spiegazione monistica di come da Dio, o da una prima causa intelligente, siano emerse tutte le cose, inclusa la materia.
La Fonte della Vita di Ibn Gabirol e il principio primo formale e materiale di Bruno
Il pensatore ebreo Ibn Gabirol, nel suo libro La fonte della vita, spiega che tutte le cose si riducono a tre radici: Dio, la forma universale e la materia universale.
Egli sosteneva che tutte le cose sono composte da forma e materia, le quali non possono esistere l’una senza l’altra; di conseguenza non solo le cose sensibili hanno forma e materia, ma anche le forme soprasensibili (spirituali) devono possedere un supporto materiale più sottile.
Quindi, tutti questi tipi di forme e materie dovrebbero essere ridotti a due radici uniche, una materia universale e una forma universale. Sebbene mantenga Dio distinto da queste due radici e continui a sostenere la dottrina della creazione dal nulla, Ibn Gabirol eleva la materia alla categoria di radice o causa prima.
Più tardi Bruno, contro il dualismo aristotelico, sostenne che, se Dio era il principio primo e la causa di tutte le cose, doveva essere sia il principio formale che il principio materiale; cioè, entrambe le sostanze, spirituale e materiale, dovevano provenire da Dio stesso.
Si giunse quindi a Spinoza, il quale affermò che Dio era sia pensiero che materia e che questi, contrariamente al dualismo cartesiano, erano come due aspetti o attributi della stessa sostanza omogenea di Dio.
La metafisica della luce
Robert Grosseteste, un monaco francescano agostiniano e neoplatonico, pioniere della ricerca scientifica sperimentale nel Medioevo cristiano, sviluppò una curiosa teoria sulla creazione del mondo chiamata metafisica della luce.
Sant’Agostino aveva posto il mondo dei prototipi ideali platonici nella mente di Dio e poi, usando il concetto del logos seminale stoico, pensava che Dio avesse prima creato una materia primordiale dal nulla, e che poi vi avesse piantato quei logos o ragioni seminali.
Sant’Agostino, usando la metafora di Plotino della luce emanata dal sole, disse che, come la luce del sole che investe gli oggetti che sono nell’oscurità rende visibili le loro forme, così la verità o i modelli ideali che sono nella mente di Dio sono come una luce che illumina la materia oscura e informe e le dà una forma.
Creazione per irradiazione sferica di una luce molto sottile
Grosseteste, influenzato da Ibn Gabirol, pensava che le cose soprasensibili, o modelli ideali, possedessero anche un supporto materiale molto sottile. Ipotizzò che la luce potesse essere una specie di materia intermedia tra quella materia spirituale molto sottile e la materia più densa delle cose sensibili.
Immaginava che ci fosse una gradazione e una continuità sostanziale tra Dio, i prototipi ideali, quella materia spirituale molto sottile che è il suo supporto materiale, la luce fisica e, infine, la materia sensibile.
Così, Grosseteste pensava che il mondo fosse stato originato dalla radiazione sferica di quella materia sottile a partire da un punto. Quella materia sottile, che era come una specie di luce spirituale piena di virtù o forze, era ciò che causava la moltiplicazione del logos seminale agostiniano e stoico, creando così prima lo spazio e la luce fisica e poi tutte le cose materiali.
Galileo e la metafisica della luce
La metafisica della luce fu una teoria popolare tra i filosofi naturali, i fisici e gli astronomi che iniziarono la rivoluzione scientifica del XVII secolo, come si può vedere, per esempio, in questa lettera di Galileo a P. Dini:
...direi, parermi che nella natura si ritrovi una substanza spiritosissima, tenuissima e velocissima, la quale, diffondendosi per l’universo, penetra per tutto senza contrasto, riscalda, vivifica e rende feconde tutte le viventi creature; e di questo spirito par che ‘l senso stesso ci dimostri il corpo del Sole esserne ricetto principalissimo, dal quale espandendosi un’immensa luce per l’universo, accompagnata da tale spirito calorifico e penetrante per tutti i corpi vegetabili, gli rende vivi e fecondi.[3]
Dio ha creato usando la geometria e la matematica
Inoltre, tutti gli scienziati che parteciparono alla cosiddetta rivoluzione scientifica del XVII secolo, come Copernico, Gilbert, Keplero, Galileo, Newton e Cartesio, erano platonici o pitagorici convinti che Dio avesse progettato e creato il mondo usando la geometria e la matematica, e che di conseguenza la natura fosse scritta in linguaggio matematico, come si può vedere in questa famosa citazione di Galileo:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.[4]
Newton e la misteriosa forza di gravità
Newton, influenzato dagli alchimisti rinascimentali, pensava che la materia fosse interconnessa da misteriose forze intrinseche di attrazione e repulsione.
Infatti, sebbene la forza di attrazione gravitazionale universale possa essere misurata con molta precisione, ancora oggi è un mistero come possa agire a distanza.
Allo stesso modo, i concetti moderni di campi di forza sono stati elaborati immaginando un continuum di materia sottile o etere che penetra la materia, molto simile allo pneuma stoico. Nemmeno oggi gli scienziati si addentrano nella natura fisica dei campi - natura che rimane un mistero inspiegabile - ma si occupano solo delle formule matematiche o delle equazioni che li governano.
Paracelso e gli scienziati romantici tedeschi
Paracelso, e più tardi i filosofi e gli scienziati romantici tedeschi, aveva idee molto simili ai concetti di logos o ragioni seminali degli stoici e agostiniani. Per essi, sia gli esseri viventi che i minerali possedevano un Archeus, un’entelechia, un principio vitale o logos interno, che era sia la sua idea, piano o progetto che una forza che guidava la sua crescita e lo spingeva verso il suo fine.
La ricerca dell’Archeus degli esseri viventi portò i biologi tedeschi a supporre l’esistenza di un genoma, o codice genetico all’interno delle cellule, che conteneva il piano o progetto dell’essere vivente. Questa ricerca portò frutto più tardi con la scoperta di cromosomi e DNA.
Il meccanicismo moderno: Cartesio
Cartesio, contrario alle credenze nelle qualità e nelle forze occulte del Rinascimento, elaborò una visione della creazione del mondo, combinando una variante più moderna del modello dell’Artigiano - un Dio orologiaio - con il modello atomista.
Egli pensava che l’universo fosse come un enorme orologio, creato da Dio, che funzionava secondo leggi anch’esse inventate da lui.
Dopo la creazione, Dio gli diede solo un primo impulso, poi l’orologio continuò a funzionare da solo per inerzia sulla base di urti e pressioni tra i suoi pezzi, a somiglianza delle sfere, ruote dentate, pulegge o leve degli orologi e delle macchine che si fabbricavano ai suoi tempi.
Per questo motivo, gli scienziati cartesiani pensavano che la forza di attrazione gravitazionale di Newton, che agisce a distanza, fosse una sciocchezza degna di maghi e alchimisti. Perché, coerentemente con la loro visione atomistica, le uniche forze che operano nel mondo sono quelle derivate da urti o pressioni per contatto diretto.
Il dualismo sostanziale cartesiano
Cartesio accentuò ulteriormente il dualismo di Aristotele, sostenendo che tutti gli esseri viventi, compresi gli animali e il corpo umano, fossero macchine puramente materiali, che rientravano pienamente nella categoria della cosa estesa, o sostanza materiale.
Dio e lo spirito umano, invece, appartenevano ad un’altra sostanza spirituale completamente diversa, la res cogitans, la cosa pensante.
Per risolvere il problema - in realtà irresolubile - di come l’anima umana, una sostanza completamente diversa dalla materia, potesse governare o controllare un corpo puramente materiale, Cartesio affermò che il collegamento avviene in modo misterioso attraverso la ghiandola pineale.
Il meccanicismo materialista
Gli scienziati meccanicisti che hanno ereditato questa visione di Cartesio hanno ben presto trascurato l’intervento dell’orologiaio; sono semplicemente partiti dal presupposto che l’orologio-universo fosse eterno e fosse sempre stato in costante movimento, mantenendo della visione di Cartesio solo il meccanismo dell’orologio e le sue leggi.
Hanno dimenticato però che la logica, e il più elementare buon senso, ci dicono che ogni macchina implica necessariamente qualcuno che l’abbia progettata e costruita per funzionare secondo certe leggi e per servire uno o più scopi.
A meno che non si creda, ovviamente, che pezzi di materiale che si scontrano tra loro a caso possano prima originare le parti della macchina e poi queste, con lo stesso metodo, possano assemblarsi per costruire una macchina che miracolosamente funziona secondo leggi che compaiono da non si sa dove.
Il fantasma dentro la macchina
Allo stesso modo, hanno eliminato con noncuranza le sostanze spirituali (le anime) umane, dicendo che erano quei fantasmi o omuncoli che immaginiamo siano dentro le macchine e che muovono le leve e le pulegge.
In questo modo, il modello dualistico cartesiano divenne un meccanicismo materialista, un misto tra il modello dell’universo-orologio governato da leggi ma senza orologiaio, e il modello geologico o atomistico di pressioni e urti casuali.
Questo paradigma ha avuto una grande influenza nel mondo scientifico, anche se non è stato accettato in modo universale. Gli attuali riduzionisti sono gli eredi di questa visione.
Il meccanicismo evoluzionistico: Darwin
Darwin fu colui che in seguito estese il modello geologico alla biologia. Aveva letto con entusiasmo un libro di geologia di Lyell; poi viaggiò alle isole Galapagos e lì osservò come le stesse specie di uccelli variavano a seconda del clima e delle circostanze di ogni isola.
Applicando i principi della geologia di Lyell alla biologia, concluse che le specie si sono evolute l’una dall’altra attraverso piccole variazioni naturali in un lungo periodo di tempo a motivo di cause geologiche come i cambiamenti di clima, cibo o altre condizioni ambientali.
Darwin osservò poi come gli allevatori di piante e animali selezionassero gli individui migliori per incrementare le razze. Quel tipo di selezione però non era utile a Darwin, perché era una selezione pilotata da esseri intelligenti. Cercò così un altro tipo di selezione in cui intervenissero solo cause naturali o geologiche.
La sopravvivenza del più adatto
In seguito, Darwin lesse un libro di Malthus che affermava che - poiché gli esseri umani si moltiplicano in proporzione geometrica e la produzione di cibo cresce solo in proporzione aritmetica - era inevitabile «la lotta permanente per lo spazio vitale e il cibo»;[5] quindi, continuava Malthus, le malattie e le morti premature causate da guerre e vizi sono un fenomeno naturale che aiuta a decimare la popolazione, assicurando così la sopravvivenza dei più adatti.
Questa fu l’idea che permise a Darwin di ideare il suo meccanicismo evolutivo, la cosiddetta selezione naturale: gli organismi competono per fonti di cibo limitate, quindi sopravvivono e si moltiplicano solo quelli dotati delle variazioni genetiche più favorevoli.
Il modello del Big Bang
Attualmente, la visione più popolare e ampiamente accettata dell’origine dell’universo è la famosa teoria del Big Bang.
Questa teoria è stata elaborata dal sacerdote e astronomo belga Lemaître il quale, nel 1927, osservando il continuo allontanamento delle galassie, ipotizzò che all’inizio tutta la massa dell’universo fosse concentrata in un gigantesco atomo o uovo cosmico, come lui stesso lo chiamò, che poi si frammentò in modo analogo alla disintegrazione di un atomo radioattivo.
Lemaître pensava che fosse stato Dio a creare quell’uovo cosmico che poi esplose gettando i suoi pezzi in tutte le direzioni, come nell’esplosione di un fuoco d’artificio.
Si noti la somiglianza di questa immagine con la teoria della metafisica della luce di una radiazione sferica che parte da un punto centrale. Inoltre, la credenza in un primitivo uovo cosmico da cui è nato il mondo, come un pulcino nasce dall’uovo, è un’idea mitologica classica che era ed è presente in molte culture primitive.
La teoria fu poi sviluppata e resa popolare da Gamow, il quale sosteneva che l’uovo sarebbe stato costituito da una massa compatta e straordinariamente densa di neutroni che esplose violentemente, formando un plasma di protoni ed elettroni; in seguito, si sarebbero formati gli elementi, a partire dai più semplici e abbondanti come l’idrogeno, fino ai più pesanti. Un processo più logico e plausibile dell’idea originale di Lemaître di un uovo di materia pesante che si rompe o si disintegra.
Gamow ha dato il nome di Big Bang a questa teoria, che da allora è stata così definita. Poi ci sono state continue revisioni della natura dell’uovo primordiale man mano che si scopriva, o si ipotizzava, l’esistenza di una serie apparentemente infinita di particelle subatomiche.
Se, come afferma la fisica quantistica, le particelle sono pacchetti di energia o onde di un campo quantico di forze, allora dovremmo pensare che ciò che esisteva all’inizio fosse una grande esplosione di energia o semplicemente un grande campo unificato di forze.
La teoria più recente è quella sostenuta da Stephen Hawking, che nel suo libro «Il Grande Disegno» sostiene che per spiegare il Big Bang e l’evoluzione dell’Universo non è necessario né Dio né l’idea di Disegno; secondo lui, infatti, la comparsa delle prime particelle fu dovuta a fluttuazioni spontanee che si verificarono in quel grande campo quantico originario nonché all’azione delle leggi della natura.
Ibrido del modello geologico atomista (caso) e del modello meccanicista materialista (orologio senza orologiaio)
La teoria del Big Bang utilizza il modello geologico per spiegare come si sono formati particelle, atomi, molecole, stelle e galassie. In base a questa teoria essi sono emersi spontaneamente, allo stesso modo delle formazioni geologiche come vulcani, montagne, fiumi, sedimenti, eccetera. Tutto è stato il risultato del caso, dovuto ad una concatenazione di cause fisiche come urti, pressioni, riscaldamento, raffreddamento o altre condizioni ambientali.
Usando solo questo modello geologico, però, è molto difficile spiegare la formazione di regolarità, di sistemi e di strutture organizzate. Intuitivamente, il puro caso sembra portare solo al puro caos. Non possiamo nemmeno avanzare i concetti di formazione, evoluzione, progresso o sviluppo, perché tutti questi concetti denotano l’esistenza di una direzione. Le esplosioni, gli urti o qualsiasi altro tipo di evento fortuito, non generano direzioni o regolarità durevoli o stabili, ma solo processi arbitrari e spesso reversibili o instabili.
Per questo motivo, per spiegare il processo di formazione dell’universo, tale teoria usa ancora il modello dell’universo-orologio cartesiano, questa volta però senza un orologiaio.
In altre parole, si afferma che la formazione dell’universo non è stata solo il risultato del caso, ma anche il risultato della necessità derivata dalle leggi della natura. Leggi che sembrano essere state lì da qualche parte quando è avvenuto il Big Bang o che erano inerenti all’energia o ai campi di forza.
Il principio di oggettività e i limiti della scienza
Tuttavia, è severamente vietato parlare di intenzioni, disegni, piani, progetti e fini, perché - secondo Monod - ciò violerebbe il principio dell’oggettività della scienza che, secondo lui, risale a Galileo e Cartesio. Sono ammesse solo spiegazioni puramente scientifiche, non spiegazioni ibride o mescolate a superstizioni animistiche o speculazioni metafisiche:
La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato dell’oggettività della Natura. Vale a dire, il rifiuto sistematico di considerare capace di condurre a una conoscenza «vera» qualsiasi interpretazione dei fenomeni data in termini di cause finali, cioè di «progetto». La scoperta di questo principio può essere datata esattamente. La formulazione, da parte di Galileo e Cartesio, del principio d’inerzia, (...) che abolisce la fisica e la cosmologia di Aristotele.[6]
È vero che Galileo aveva respinto l’uso delle cause finali da parte di Aristotele nella sua fisica e astronomia; questi, infatti, era giunto persino ad affermare che le pietre cadevano a terra perché il loro scopo era quello di bramare il loro luogo naturale, il suolo; o che il movimento delle stelle era tale perché lo scopo delle stelle era quello di bramare i loro propri motori immobili, che costituivano una gerarchia di intelligenze celesti.
Ciò però non significava che Galileo non credesse in cause e disegni finali, come si può ben vedere nella lettera citata sopra. Ciò che Galileo proponeva era che la fisica si liberasse delle fantasiose cause finali aristoteliche. Sia lui che Keplero, Newton e Cartesio specularono su cause finali e ipotesi metafisiche, alcune delle quali, tra l’altro, furono molto utili per le loro scoperte scientifiche.
Sottolineare solo le qualità oggettive delle cose nelle loro indagini ed esperimenti, cioè solo ciò che può essere misurato con gli strumenti, faceva parte del loro programma di matematizzazione della natura, che consisteva nel creare modelli matematici virtuali, utilizzando alcuni aspetti misurabili delle cose e scartando il resto. Ciò però non significava che le cose non potessero avere anche altre qualità. In altre parole, «obiettività» in campo scientifico significa che la ricerca scientifica deve preoccuparsi solo di studiare la macchina, le sue parti e i suoi meccanismi, sapere come funziona e secondo quali leggi matematiche.
Sapere chi ha progettato la macchina, e per quali scopi, sono domande che non dovrebbero rientrare nel campo della scienza, perché queste sono cose che non possono essere testate con esperimenti. Schrödinger, premio Nobel per la fisica e uno dei padri della fisica quantistica, esprime molto bene questo limite della scienza:
L’immagine scientifica del mondo che mi circonda è molto carente. Fornisce molte informazioni sui fatti (...) ma mantiene un silenzio sepolcrale su ognuno degli aspetti che hanno a che vedere con il cuore, soprattutto su ciò che per noi conta veramente. (…)
Non sa nulla del bello o del brutto, del buono o del cattivo, di Dio e dell’eternità. A volte la scienza cerca di dare una risposta a queste domande, ma le sue risposte sono spesso così sciocche che siamo portati a non prenderle sul serio (...). La visione scientifica del mondo non contiene valori estetici o etici, né dice una parola sul nostro fine ultimo o sul nostro destino ultimo, né vuole sapere qualcosa (...) su Dio.
Da dove vengo, dove vado? La scienza non è minimamente in grado di spiegare perché la musica possa deliziarci, o perché e come una vecchia canzone possa farci piangere.[7]
Il dogma dell’esclusione del progetto e dei fini intenzionali
Certi scienziati oggi dicono che in natura non ci sono significati, né disegni, né fini, c’è solo ciò che si può misurare. Questa è una pura credenza metafisica derivata dal modello ibrido atomistico e meccanicistico che è diventato un dogma di fede degli scienziati materialisti.
Gli scienziati meccanicisti hanno deciso di fare a meno dell’orologiaio semplicemente presumendo che la macchina e le leggi che regolano il suo funzionamento fossero eterne e quindi non create, dimenticando che ogni macchina e le sue leggi sono il frutto di un disegno intelligente.
Da allora, la scienza si limita ad usare i concetti di meccanismi e leggi della natura senza associare ad essi un’intelligenza razionale che abbia progettato quei meccanismi o inventato quelle leggi, contro il più elementare buon senso.
Nelle spiegazioni scientifiche dell’emergentismo, possiamo apprezzare l’ibrido miscuglio di modelli che danno luogo a flagranti contraddizioni
Da un lato, gli emergentisti mantengono il modello geologico della generazione spontanea accidentale e fortuita, dall’altro, parlano di un universo creativo che si auto-organizza.
Il trucco sta nel cambiare i vecchi nomi con altri nuovi, in modo che sembri che non stiano parlando delle stesse cose. Invece di parlare di cause finali o di teleologia, parlano di teleonomia. Invece dei vecchi termini di anima, entelechia o principi vitali, parlano di principi auto-organizzanti, leggi di livello superiore o livelli di coscienza emergenti.
Un altro trucco è quello di attribuire intenzioni, scopi e capacità creative ai meccanismi, che dovrebbero essere pura materia senza intelligenza o coscienza.
Parlano di una materia con la capacità di organizzarsi spontaneamente in sistemi che perseguono la stabilità, di meccanismi saggi e sofisticati che creano meraviglie di ingegneria e design, e di organismi che - con una straordinaria capacità predittiva - svolgono una funzione orientata alla stabilità dell’intero sistema.
Se si crede davvero che l’universo sia emerso in modo fortuito e accidentale, non è possibile parlare né di sistemi altamente organizzati o di meccanismi sofisticati, né di leggi fondamentali e universali.
In ogni caso potremmo parlare solo di certe regolarità locali, parziali e transitorie, non universali ed eterne. Il caos dovrebbe essere universale, mentre l’ordine dovrebbe essere raro e aneddotico.
Anche l’attuale teoria sintetica neodarwinista dell’evoluzione è un ibrido tra un modello puramente casuale e un meccanicismo sofisticato
Questi scienziati parlano degli esseri viventi come di macchine altamente complesse, con meccanismi sofisticati che danno loro grandi capacità di autoregolazione e adattamento all’ambiente, e affermano che il loro DNA contiene informazioni su tutte le loro caratteristiche.
L’evoluzione avviene perché mutazioni puramente casuali del DNA - cioè errori nella trascrizione o nella copia dell’informazione genetica - producono piccole variazioni negli individui. E quando alcune di queste variazioni rendono gli individui vincenti nella loro lotta per la sopravvivenza, massimizzando la loro capacità riproduttiva, allora si generalizzano nelle popolazioni e diventano dominanti.
Così, secondo Dawkins,[8] i protagonisti della storia sono geni mutanti ed egoisti che cercano solo di riprodursi freneticamente, cioè di produrre il maggior numero di copie possibile di se stessi e diventare dominanti.
Questi geni sono quelli che hanno inventato e creato gli esseri umani per usarli come macchine usa e getta per realizzare i loro scopi malevoli ed egoistici.
Non è serio parlare di macchine sofisticate che hanno un computer centrale, o DNA, che contiene tutta l’informazione genetica, senza presupporre un disegno intelligente, e poi addirittura attribuire ai geni intelligenza, intenzioni, fini, nonché capacità inventive sorprendenti.
2. Prove dell’esistenza di un progetto o disegno intelligente nell’universo
Potremmo porci questa domanda: tutte le teorie, leggi, formule ed equazioni matematiche scoperte dagli scienziati sono semplici invenzioni della loro mente o, al contrario, sono la scoperta di leggi oggettive che esistono in qualche modo in natura? Alcuni scienziati e filosofi della scienza sostengono che siano semplici finzioni o utili strumenti. Gli scienziati realistici rispondono che, in tal caso, il successo delle applicazioni tecnologiche della scienza sarebbe un miracolo.
Se fosse così, se quelle leggi, formule e costanti universali scoperte dagli scienziati fossero delle realtà oggettive presenti in natura, dovremmo porci molte domande come: Perché la natura obbedisce a quelle leggi o formule matematiche? Perché tali costanti universali hanno il valore che hanno e non altri? Queste leggi e formule erano già presenti o no al momento della prima esplosione di energia che ha dato origine all’universo?
La metafora della Mente di Dio
Il fisico Steven Weinberg, pur non credendo in alcuna intelligenza inerente alla natura, afferma che l’unico posto in cui sarebbe possibile trovare prove di intelligenza sarebbe in queste leggi finali della natura, e che tali considerazioni sono quelle che rendono quasi irresistibile l’uso della metafora della Mente di Dio:
Se ci fosse qualcosa che potessimo scoprire in natura e che ci desse una visione speciale dell’opera di Dio, questo qualcosa dovrebbe essere le leggi finali della natura. Conoscendo queste leggi, saremmo in possesso del libro delle regole che governano le stelle e le pietre e qualsiasi altra cosa. Pertanto, è naturale che Stephen Hawking si riferisse alle leggi della natura come a «La mente di Dio» (…)
Quando al fisico viene chiesto perché l’universo è costruito secondo certe leggi fisiche e non altre, potrebbe benissimo rispondere: «Solo Dio lo sa». Einstein una volta disse al suo assistente Ernst Strauss che «Quello che davvero mi interessa è se Dio, quando creò il mondo, poteva fare delle scelte». (...) Qualunque sia la propria religione, o che non si abbia una religione, è una metafora irresistibile parlare delle leggi finali della natura in termini di Mente di Dio.[9]
Dio come matematico
Il credere in Dio come un matematico che ha progettato l’universo per il tramite di leggi e formule matematiche fa parte della tradizione antica e attuale della scienza. Questa idea risale a Pitagora ed è rimasta presente durante tutta la storia, e lo è anche ai giorni nostri.
In effetti, quasi tutti i grandi fisici, astronomi e matematici del XX secolo, come Planck, Einstein, Bohr, Heisenberg, Pauli o Eddington, condividono questa visione pitagorica o platonica dell’universo, come possiamo vedere in questa citazione di Heisenberg:
Penso che, a questo punto, la fisica moderna abbia definitivamente deciso in favore di Platone.
Questo, perché le piccole porzioni di materia non sono in realtà oggetti fisici nel senso ordinario della parola; sono forme, strutture o - nel senso che Platone dà loro - Idee, che possono essere descritte senza ambiguità in linguaggio matematico.[10]
Il principio antropico
Molti scienziati, come Freeman Dyson, hanno sottolineato l’importanza vitale dei valori numerici esatti di certe costanti o forze, presenti sin dal momento della comparsa dell’universo, per la sua evoluzione, e specialmente per la comparsa della vita e degli esseri umani.
Questo fatto li ha portati ad ipotizzare l’esistenza di un piano generale, o di un’anima, del mondo. Tali coincidenze significative sono diventate molto note in ambito scientifico con il nome di Principio Antropico:
Da questi fatti della fisica e dell’astronomia, deduco che l’universo è un luogo inaspettatamente ospitale per gli esseri viventi che lo abitano... La particolare armonia tra la struttura dell’universo e le necessità della vita e dell’intelligenza è… una manifestazione dell’importanza della mente nello schema delle cose. Come individui, alcuni di noi potrebbero essere disposti ad andare oltre... e arrivare a sostenere l’ipotesi che esista uno spirito universale o un’anima del mondo, sottostante alle manifestazioni di intelligenza che osserviamo.[11]
Un universo perfettamente regolato
La massa delle particelle subatomiche
Un protone ha una massa che è 1.836 volte quella di un elettrone, e un neutrone pesa leggermente più di un protone. La precisione di questa piccola differenza è cruciale.
Stephen Hawking sottolinea che se questa differenza «non fosse circa il doppio della massa dell’elettrone, non avremmo i circa duecento nuclidi stabili [gli elementi e i loro isotopi] che compongono gli elementi e che sono alla base della chimica e della biologia».[12]
In altre parole, con un solo leggero cambiamento nella massa del protone o del neutrone, non ci sarebbero elementi chimici, né pianeti, né soli, né galassie.
I campi di forze nucleari
Se l’interazione nucleare debole fosse leggermente più forte, l’elio, il prodotto della fusione solare, non si formerebbe, e se fosse leggermente più debole, non ci sarebbe più idrogeno nel Sole.[13]
Se l’interazione nucleare forte fosse il 2% più intensa, non ci sarebbe idrogeno, e senza idrogeno non ci sarebbe il Sole a riscaldarci, né l’acqua, essenziale per la vita, né gli esseri viventi i cui composti organici hanno un’abbondanza di idrogeno; ma se l’interazione nucleare forte fosse solo del 5% più bassa, nell’universo ci sarebbe solo idrogeno, e non ci sarebbero composti complessi.[14]
Elettromagnetismo e gravità
Se la forza elettromagnetica fosse leggermente superiore, stelle come il Sole sarebbero stelle rosse e sarebbero troppo fredde per darci il calore di cui abbiamo bisogno. Ma se fosse leggermente inferiore, le stelle sarebbero stelle blu molto calde e dalla vita molto breve, e noi diverremmo molto caldi, ma solo per un tempo molto breve.[15]
Uno dei delicati equilibri che la scienza ha osservato è la precisa relazione tra gravità ed elettromagnetismo. Il fisico Paul Davies afferma: «I calcoli mostrano che cambiamenti nell’intensità di entrambe le forze di una sola parte su 1040 costituirebbero una catastrofe per stelle come il Sole».[16]
Il progetto cosmico
Il biologo Rupert Sheldrake ipotizza l’esistenza di un super campo unificato di livello superiore che comprenda campi di forze fisiche e campi morfici o biologici.
Il fisico Paul Davies ipotizza anche l’esistenza di un progetto cosmico che sta dietro l’evoluzione dell’universo sotto forma di leggi di un livello superiore, oppure l’esistenza un di qualche principio creativo e auto-organizzante inerente alla natura:
Il fatto stesso che l’universo sia creativo, e che le leggi abbiano permesso che emergessero e si sviluppassero delle strutture complesse fino alla coscienza... è per me una prova potente che c’è «qualcosa in atto» dietro tutto ciò. La sensazione che esista un progetto è schiacciante.[17]
Dio, come causa prima sia mentale che materiale, che ha progettato, pianificato e diretto il processo di formazione ed evoluzione dell’universo
Poiché la materia si riduce in ultima analisi a campi quantici o energia, non è assurdo o irragionevole supporre che anche i processi mentali abbiano luogo all’interno di questa ipotetica energia primordiale.
In effetti, desideri, emozioni, decisioni, pensieri, idee o concetti sono fenomeni energetici simili alle forze.
Come sostiene il Pensiero di Unificazione, si può parlare indistintamente di mente energetica o di energia mentale, poiché entrambi gli aspetti, mentale e materiale o energetico, non possono essere separati.
Quindi, presupporre che ci debba essere un’intelligenza razionale e pianificatrice inerente a quella prima esplosione di energia che ha dato origine all’universo non è un presupposto mistico, irrazionale o non scientifico.
Pertanto, è ragionevole pensare che Dio, come causa prima sia mentale che materiale, abbia potuto progettare, pianificare, creare e dirigere il processo di formazione ed evoluzione dell’universo.
Note
[1] Senofonte, Ricordi di Socrate.
[2] Platone, Fedone.
[3] Galileo Galilei, Carta a Piero Dini del 23 marzo 1615.
[4] Galileo Galilei, Il Saggiatore, VI, 232,
[5] T. R. Malthus, Saggio sul principio di popolazione.
[6] Jacques Monod, Il caso e la necessità.
[7] Erwin Schrödinder, Cuestiones Cuánticas, ed. K. Wilber, Kairós, Barcellona, 1987, p. 128.
[8] Richard Dawkins, Il gene egoista.
[9] Steven Weinberg, El sueño de una teoría final, Crítica, Barcellona, 1994.
[10] Werner Heisenberg, Cuestiones Cuánticas, ed. K. Wilber, Kairós, Barcellona, 1987.
[11]Freeman Dyson, Turbare l’universo.
[12] Stephen W. Hawking, Fine in vista per la fisica teorica? Physics Bulletin 32, 1980, 15-17.
[13] Dean L. Overman, A case against accident and self-organization, Rowman and Littlefield Pub., Maryland, 1997, pp. 140-141.
[14] J. Leslie, Universes, Routledge, Londra, 1989, p. 35.
[15] Ibid., p. 35.
[16] Davies, Paul, Superforza: verso una teoria unificata dell'universo.
[17] Davies, Paul, Il cosmo intelligente: Le nuove scoperte sulla natura e l'ordine dell'universo.
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