Sfondo Storico
IL PATRIMONIO RELIGIOSO DELLA COREA
La tradizione religiosa coreana ha un ruolo importante nell’insegnamento della Chiesa dell’Unificazione. Poiché questo nuovo movimento ha fatto la sua prima apparizione in terra coreana servendosi della filosofia di vita tipica della Corea, è naturale che esso sia stato influenzato, almeno in una certa misura, dal suo ambiente. Proprio come è impossibile comprendere l’Ortodossia Orientale indipendentemente dall’Ellenismo cristiano (e il Cattolicesimo è un prodotto della civiltà latina) così è innegabile l’immenso profitto che la Chiesa dell’Unificazione ha tratto dallo sviluppo religioso della sua terra d’origine.
La religione indigena della Corea, come quella della maggior parte delle culture primitive, era una forma di Sciamanismo, la cui fede originaria non solo non è mai scomparsa ma esercita tuttora una notevole influenza.
Gli antichi coreani, oltre a credere in una varietà di spiriti soprannaturali, sia buoni che cattivi, ammettevano, come fatto ancora più importante, l’esistenza dell’unico spirito supremo, “Hananim”, creatore e benefico sovrano di tutta la creazione. Questo Dio supremo, che veniva adorato in templi costruiti sulle montagne, elargiva i Suoi favori a coloro che gli offrivano sacrifici di animali in speciali occasioni, per la festa della primavera e del raccolto, a cui veniva attribuita un’importanza particolare. Per maggiori dettagli si consiglia di consultare il mio libro dal titolo: Faiths of the Far East. [1]
Per il nostro scopo, basta semplicemente notare che da tempo immemorabile i coreani hanno creduto all’esistenza di un unico Signore del cielo e della terra, così come a numerosi spiriti di minore importanza. Fin dai tempi antichi i coreani hanno avuto esperienze di contatto diretto con potenze soprannaturali.
Inoltre, lo Sciamanismo ha sempre accentuato il ruolo straordinario della Corea nella storia. Tradizionalmente i coreani si vestivano di bianco perché questo simboleggiava la loro fede di essere figli della luce divina. Poiché per secoli gli sciamani insegnarono che i coreani erano stati scelti per uno scopo speciale nel piano di Dio per l’umanità, la dimensione religiosa del nazionalismo coreano non è un fatto facilmente trascurabile.
Poi, quando il Buddismo si espanse dall’India attraverso l’Asia orientale, arrivò anche in Corea. Per mille anni il Buddismo Mahayana, giunto attraverso la Cina, fu la religione di corte e la fede popolare della monarchia coreana. Numerosi templi buddisti furono eretti a spese del governo. Monaci e monache divennero una normale caratteristica della società coreana.
L’educazione e le belle arti si ispirarono agli insegnamenti buddisti. Potenti abati furono consiglieri del re e maestri di morale. Grandissimo, dunque, è l’effetto religioso- etico-culturale che un millennio d’arte e di pensiero buddista ha avuto sul cuore e sulla mente dei coreani.
Quali sono stati i contributi perenni che il Buddismo Mahayana ha dato alla religione coreana? Ne voglio ricordare cinque.
Primo, il Buddismo è una religione che pone l’accento sulla necessità della salvezza. La quadruplice verità di Gautama Budda afferma che ogni uomo soffre a causa dei suoi desideri insaziabili. Poiché gli uomini sono schiavi di un incessante desiderio di piacere, che inevitabilmente li porta alla delusione, al dolore, alla frustrazione ed al vuoto, il Buddismo si ripropone di offrire una via per sfuggire a questo girovagare senza significato.
Secondo, poiché nell’insegnamento di Budda la liberazione e l’illuminazione sono raggiungibili solo come risultato dell’autodisciplina e dell’abnegazione, non esiste una via facile per uscire dalla condizione umana. L’individuo, oltre all’obbligo di frenare i suoi desideri sensuali e sottomettere il proprio corpo, deve anche gradualmente ma energicamente eliminare il desiderio dei piaceri fisici, attraverso la pratica insostituibile di dure discipline morali e intellettuali.
In terzo luogo, il Buddismo Mahayana rafforza l’etica rigida dell’insegnamento di Budda con una vivida escatologia: quelli che conducono una vita morale qui sulla terra saranno ricompensati dalla felicità della pura Terra del Paradiso, mentre quelli che violano i comandamenti morali saranno puniti nell’inferno finché non avranno scontato la loro follia. Infine, nel Buddismo popolare (almeno quello insegnato dai laici), la promessa di una ricompensa in cielo e la minaccia dei tormenti dell’inferno sono state uno stimolo importante per il comportamento etico.
In quarto luogo, il Buddismo Mahayana mette in risalto il valore supremo del sacrificio di sé stessi. L’ideale più alto è di essere un Bodhisattva. Un Bodhisattva è uno che si è guadagnato il diritto a vivere la pace del Nirvana, ma che prontamente rinuncia a quello scopo finale per continuare ad aiutare il prossimo nella sua ascesa. Così per il buddista i valori morali più nobili sono quelli del sacrificio di sé stessi, della compassione e dell’amore sacrificale.
Infine, i buddisti Mahayana guardano al ritorno di un nuovo Budda (Maitreya) che apparirà sulla terra negli Ultimi Giorni per rinnovare l’intera creazione e portare una pace interiore a tutta l’umanità. Questa speranza escatologica ha fatto sempre parte del Buddismo coreano tradizionale ed ha avuto una preminenza particolare in periodi di agitazioni sociali.
In tutta la Corea sono visibili enormi sculture monolitiche raffiguranti teste umane, che si chiamano Miryucks. Probabilmente, esse sono molto antiche e precedono la comparsa del Buddismo in Corea, ma per molti secoli sono state interpretate come annunci del Budda che doveva venire.
Gradualmente il Buddismo è degenerato, soprattutto a causa della sua immensa ricchezza materiale e dell’alleanza con il governo. Nel 1392 quando si stabilì la dinastia Yi, come parte del suo programma di riforma il re abolì il Buddismo come religione di stato, collocando al suo posto il Confucianesimo. Da allora, per quasi 500 anni, il Confucianesimo fu adottato come religione ufficiale nella nazione coreana. Con fondi del governo furono costruiti templi confuciani e studiosi del Confucianesimo ricevettero l’incarico di tutte le funzioni governative.
Gli insegnamenti del Maestro Kung costituivano la base per l’educazione e si poteva essere eletti per un ufficio pubblico superando gli esami sugli studi classici confuciani. La vita familiare era regolata dall’ideale della pietà filiale e il culto degli antenati era tenuto in grande considerazione nella vita di tutti i cittadini. Jen (umanità di cuore) era esaltato come l’ideale morale più alto.
Il Confucianesimo fu ritenuto valido per almeno 4 ragioni. Per prima cosa esaltò l’importanza della famiglia. Il Maestro Kung insegnò un’etica centrata sulla famiglia: proprio come fratelli e sorelle appartengono ad una singola famiglia e sono guidati dall’amore dei loro genitori, così l’intera nazione dovrebbe agire come una grande famiglia basata sulla pietà filiale, l’affetto fraterno e la responsabilità dei genitori. Il sovrano deve ritenersi come un padre per i suoi sudditi, e tutti gli ufficiali devono trattare i cittadini come fratelli minori. Una società stabile deve essere fondata sul rispetto verso i superiori, la riverenza verso i genitori, la lealtà fra gli amici e la preoccupazione per le classi inferiori meno privilegiate.
In secondo luogo, il Confucianesimo ha corretto l’ideale monastico buddista. Per i buddisti l’uomo e la donna ideali sono il monaco e la monaca, qualcuno cioè, che ha lasciato la società per cercare la propria salvezza. Questa nozione era sia staccata dal mondo che individualistica. Il Confucianesimo, per contro, esaltava il servizio pubblico responsabile e l’impegno sociale. Secondo questo punto di vista, un uomo è veramente un uomo quando adempie fedelmente ai suoi obblighi nei confronti del prossimo.
Terzo, l’etica del Confucianesimo, che pone al centro la famiglia, ha dato origine ad una metafisica basata sulla polarità. L’uomo esiste in un sistema armonico di relazioni. Usando l’antico concetto cinese di yin-yang, i confuciani puntualizzano il fatto che gli individui raggiungono la felicità quando sottomettono i loro desideri personali al bene più grande dell’insieme. Questo principio della polarità può agire ad ogni livello della società: la cura del marito per la moglie, la lealtà della moglie verso il marito, il rispetto dei figli verso i genitori, l’amicizia fra persone dello stesso livello e l’obbedienza verso i superiori.
Quarto, i confuciani guardano allo scopo finale della storia. Secondo i classici del Confucianesimo, l’umanità si sta muovendo verso un’era di giustizia, di fratellanza, di prosperità e di pace sulla terra.
E qui vorrei correggere un concetto sbagliato. Probabilmente avete letto libri i quali sostengono che il punto di vista giudeo-cristiano della storia è completamente diverso da quello orientale. Viene detto che mentre i popoli dell’Asia negano che la storia abbia un significato e uno scopo, questo è presente nella visione biblica.
La filosofia orientale della storia è ciclica e quindi pessimista, mentre la filosofia occidentale della storia è lineare e ottimista. Tuttavia, il Confucianesimo sostiene un’interpretazione fortemente finalistica della storia. Come la religione giudeo-cristiana, esso parla di un’età d’oro ideale nel lontano passato e di un’età d’oro alla fine della storia. Per il confuciano lo scopo della storia è chiamato “Ta-tung”: l’era della Grande Unità. La storia progredisce attraverso tre stadi: un’era passata di disordine, un’era presente di relativa pace ed un’utopia futura di armonia universale. L’uomo, perciò, può avere speranza perché “Ta-tung” verrà sulla terra negli Ultimi Giorni.
Nel passato scrittori di religione europei contrapposero la luce, che il Cristianesimo aveva portato, al periodo primitivo dell’oscurità pagana. Storici recenti hanno corretto questa interpretazione semplicistica dell’occidente pre-cristiano. Il mondo nel quale venne il Cristianesimo, non era affatto immerso nel peccato, anzi. La civiltà greco-romana aveva provveduto ad un’utile fondazione sulla quale si sarebbe edificata la chiesa cristiana. La filosofia greca fu una valida preparazione per la teologia cristiana. La moralità storica fu utile nella creazione di un’etica sociale cristiana. Le religioni pagane prepararono il terreno per la diffusione del Vangelo.
Similmente, quando i missionari cristiani vennero in Corea, erano inclini a screditare le fedi antiche che si erano ormai radicate. Dissero che il Confucianesimo era arcaico e repressivo e condannarono il culto degli antenati. L’etica confuciana fu denunciata per i suoi fondamenti puramente umanistici, per la sua oppressione della donna e per la sua venerazione retrograda del passato. Il Buddismo fu accusato di idolatria e di ascetismo mondano; lo Sciamanismo fu ridicolizzato come superstizione ed occultismo. Tuttavia, in anni recenti, alcuni studiosi cristiani hanno cominciato a vedere gli aspetti positivi del patrimonio religioso della Corea. [2]
Se la civiltà greco-romana fu una preparazione per il Vangelo nell’Occidente, lo Sciamanismo, il Buddismo ed il Confucianesimo prepararono il Cristianesimo in Oriente. Perciò la teologia dell’Unificazione apprezza profondamente i diversi modi con cui Dio ha ispirato e guidato la ricerca religiosa dei coreani attraverso la loro lunga storia.
IL CRISTIANESIMO COREANO
Il Cristianesimo coreano ha avuto una storia strana, travagliata, che ha portato tuttavia la Corea ad avere la più alta percentuale di cristiani rispetto ad ogni altra nazione del territorio asiatico orientale.
Quando i seguaci di Nestorio, Patriarca di Costantinopoli, furono scomunicati dai concili ecumenici del V secolo, se ne andarono verso oriente, creando chiese che si svilupparono per molti secoli in Iraq, India e Cina. Nell’anno 1000 i missionari nestoriani erano ancora al lavoro in Manciuria ed in Corea. Una croce nestoriana ed altri oggetti cristiani, che datano dall’XI secolo, furono scoperti in Corea dopo la II Guerra Mondiale. [3] Tuttavia, gradualmente, la comunità nestoriana fu sopraffatta dalle circostanze poco favorevoli.
Un altro notevole contatto dei coreani con il Cristianesimo venne nel 1592 quando Toyotomi Hideyoshi inviò delle armate giapponesi ad invadere la Corea. Gesuiti portoghesi avevano creato missioni in Giappone e conquistato e convertito migliaia di persone alla fede cattolica. Uno dei generali di Hideyoshi era un cristiano, chiamato Konishi. Dopo la conquista di Seul, egli inviò un missionario gesuita ed un sacerdote giapponese a condurre le funzioni religiose nei suoi campi militari. Essi trascorsero un anno in Corea prima di essere richiamati in Giappone.
Gli invasori giapponesi furono costretti alla fine a ritirarsi. Non si sa se il lavoro missionario ebbe qualche risultato, tuttavia centinaia di prigionieri della guerra di Corea furono inviati in Giappone e alcuni di questi divennero devoti cattolici. Quando, alcuni anni più tardi, il governo giapponese cominciò a perseguitare i cristiani, diversi cristiani coreani furono martirizzati. Ci sono pubbliche documentazioni di cattolici coreani uccisi in Giappone nel periodo dal 1614 al 1629.
Il fondatore del Cristianesimo coreano moderno era un giovane studioso di nome Yi Pyok. Nel 1777 un gruppo di studiosi confuciani si incontrò in un isolato monastero buddista per discutere di filosofia. Tra i libri letti ce n’erano alcuni provenienti da Pechino riguardanti la religione cattolica. Yi Pyok fu così impressionato da questi trattati gesuiti che divenne cristiano e riservò il settimo giorno di ogni settimana alla preghiera.
Yi parlò della sua nuova fede con alcuni amici intimi e cercò il modo per imparare di più circa la religione cattolica. Il governo inviava annualmente una delegazione alla corte imperiale cinese. Un amico di Yi, Yi Seung-Hoon, accompagnò questa delegazione a Pechino e là apprese molto sul Cristianesimo fino ad essere battezzato da un missionario. Ritornò portandosi dietro libri gesuiti, rosari e crocifissi per Yi Pyok, che fu battezzato da Yi Seung-Hoon. Perciò i due uomini furono ugualmente importanti nella fondazione del Cristianesimo coreano.
Molti nobili si interessarono al Cattolicesimo e alcuni di essi si convertirono. Dopo aver studiato i libri cinesi, essi decisero di costituire una propria chiesa. Uno di loro fu eletto vescovo e quattro furono scelti per essere sacerdoti. A Seul fu affittata una casa come luogo di raduno. Quando questi cristiani si misero in contatto con il vescovo di Pechino, questi disse che i loro sacerdoti erano stati scelti contro le norme del diritto canonico e non dovevano amministrare i Sacramenti, ma lodò il loro zelo e inviò loro altri libri. I cattolici coreani accettarono l’opinione del vescovo circa i loro sacerdoti. Ciò che li turbò fu il successivo ordine dei gesuiti di eliminare il culto degli antenati. Alcuni obbedirono, ma la maggior parte perse ogni interesse per il Cristianesimo.
La controversia sul culto degli antenati portò a persecuzioni da parte del governo. Un noto studioso e suo nipote furono arrestati e decapitati per aver bruciato le tavolette dei loro antenati. Alcuni cristiani furono imprigionati, tuttavia il coraggio dei martiri attirò molte nuove conversioni. Nel 1794, dieci anni dopo il primo battesimo, c’erano 4.000 cattolici in Corea.
Il governo si oppose al Cristianesimo perché questo attaccava il sistema morale confuciano, come sembrava provare la controversia sul culto degli antenati. La cosa più grave, tuttavia, fu la connessione del Cristianesimo con la politica europea. Poiché le missioni cattoliche in Corea erano controllate da sacerdoti francesi, la nuova religione fu vista come un mezzo per gli imperialisti occidentali, di fare della Corea una colonia europea. Per cui, dal 1794 al 1866 ci furono ripetuti sforzi da parte del governo per sradicare la religione degli “stranieri barbari”. Nonostante questo, nel 1860 c’erano ancora in Corea 16.700 cattolici. Quando il devoto buddista Daewongun decise di far sparire il Cattolicesimo dal suo paese nel 1866, molti alti ufficiali, l’infermiera del re e la stessa moglie di Daewongun erano cristiani. Perciò i suoi atti brutali devono essere visti come un disperato tentativo di preservare la cultura tradizionale della Corea e la sua politica di indipendenza.
I secoli XVIII e XIX in Asia furono un periodo segnato da un aggressivo imperialismo occidentale. La Corea, come avevano già fatto la Cina e il Giappone, tentò di proteggersi con una politica di isolazionismo tanto che, per un certo tempo, fu conosciuta come il Regno Eremita. Poiché i missionari cristiani in Asia avevano spesso aperto la strada ai soldati europei, si può capire perché i nazionalisti patriottici temevano la diffusione delle idee cristiane. I sacerdoti francesi furono considerati come agenti dell’imperialismo francese, particolarmente perché in quegli anni la Francia si stava annettendo il Vietnam, il Laos e la Cambogia.
Il primo missionario protestante arrivò in Corea nel 1884. Nel 1876 gli Stati Uniti avevano persuaso la Corea a stabilire un primo trattato con una nazione occidentale. A quel tempo la Corea era stata minacciata dal Giappone da una parte e dalla Russia dall’altra. Fortunatamente per i coreani, i missionari americani, inglesi e canadesi, che portarono il Protestantesimo in Corea, non erano né a favore dei giapponesi né a favore dei russi. Anzi, era proprio l’opposto. Costruendo scuole e ospedali e promuovendo modernizzazioni, rafforzarono la volontà della nazione a sopravvivere in un periodo di pericolo politico.
Horace Allen, un dottore presbiteriano, fu il primo missionario protestante a stabilirsi nel paese. Arrivò a Seul poco prima che un gruppo di riformatori tentasse di abbattere il governo. Il principe Min Young-Ik, un noto conservatore membro del governo, rischiò la morte per essere stato pugnalato dai ribelli. Il dott. Allen fu chiamato a salvargli la vita e dopo tre mesi di intense cure, l’uomo di governo guarì. In seguito a questo egli si guadagnò la fiducia del re e l’appoggio della regina perché il principe Min era suo nipote. Il dott. Allen lavorò in qualità di medico per i diplomatici stranieri e chiese al re di costruire un ospedale governativo, richiesta che fu assecondata. Egli prese l’incarico del nuovo ospedale, più tardi divenne console generale americano (1897) e lavorò come ministro plenipotenziario degli Stati Uniti fino al giorno in cui i giapponesi cominciarono il loro controllo sulla Corea nel 1905. I legami del dott. Allen con la famiglia reale portarono un grande contributo alla causa protestante.
Il 5 aprile 1885 il rev. Horace G. Underwood (presbiteriano) e il rev. Henry G. Appenzeller (metodista) e sua moglie arrivarono ad Inchon; il dott. William B. Scranton e sua madre (metodista) arrivarono un mese più tardi e Scranton collaborò con il dott. Allen all’ospedale. Il lavoro evangelico praticamente fu iniziato da questi missionari. Il 12 settembre 1887, a Seul fu stabilita la prima chiesa presbiteriana con 14 membri e il 9 ottobre fu stabilita la chiesa metodista di Chong Dong.
Uno studioso confuciano di nome Choi, Chei Woo (Choi, Soo Oon), ebbe delle visioni su una nuova religione popolare che si sarebbe estesa in tutta la Corea. Affermando di sostenere l’insegnamento orientale (Tonghak) in contrapposizione al cosiddetto insegnamento occidentale dei missionari cattolici, Choi insegnò una fede sincretistica: l’etica del Confucianesimo, l’enfasi buddista sulla purificazione del cuore, il monoteismo, l’uso di candele preso dal Cattolicesimo e gli amuleti dello Sciamanismo. Questa religione più tardi fu chiamata Chondogyo. Choi fu arrestato e giustiziato, ma i suoi seguaci cominciarono a sollevarsi per eliminare la corruzione del governo. L’esercito di Tonghak marciò su Seul. La Cina inviò delle truppe per sedare la sommossa; contemporaneamente i giapponesi intervennero per prendere il controllo della corte coreana.
Durante il 1894-1895 il governo giapponese liberò la Corea dall’influenza cinese. Il vecchio Daewongun uscì dall’isolamento e si alleò con il governo giapponese contro sua nuora, la regina Min. Più tardi questa fu assassinata; il re e il principe ereditario scapparono presso la legazione russa. Quando finalmente il re Kojong poté tornare al potere, fece affidamento sull’aiuto della Russia e della Francia. Il Giappone entrò in guerra con la Russia nel 1904 e prese il controllo degli affari esteri della Corea nel 1905. Il principe Min si suicidò dalla disperazione e due anni più tardi il re Kojong abdicò. Nel 1910 ci fu l’annessione della Corea al Giappone.
Durante questo periodo di agitazione sociale i cristiani in generale e i missionari in particolare furono direttamente coinvolti nella politica. Nel 1888 il governo emanò un decreto che proibiva ai cristiani il lavoro missionario. I cattolici avevano provocato un grande risentimento popolare perché avevano segretamente comprato del terreno e iniziato a costruire una cattedrale che dava sul palazzo reale. Dieci anni più tardi una chiesa russa ortodossa fu costruita a Seul e ciò fu visto da molti come una mossa politica. Quando 33 leaders coreani emanarono la loro dichiarazione di indipendenza nel 1919, 16 firmatari erano cristiani, 15 erano seguaci della religione Chondogyo e 2 erano buddisti. I missionari resero pubbliche le atrocità commesse in Corea dagli ufficiali giapponesi ed almeno indirettamente appoggiarono la causa dell’indipendenza coreana fino alla liberazione nazionale che ebbe luogo nel 1945. Contemporaneamente si deve notare che la maggior parte dei missionari e dei cristiani coreani cercarono, come meglio potevano, di evitare ogni coinvolgimento politico.
Quali furono gli effetti indiretti ma reali del Cristianesimo protestante sulla società coreana? Poiché i missionari avevano una fede basata sullo studio della Bibbia, essi incoraggiarono l’istruzione. Per essere un buon protestante uno deve saper leggere le Scritture. Il rev. John Ross, un missionario in Cina, tradusse il Vangelo di Luca in coreano verso il 1883 e lo distribuì lungo la frontiera coreano-cinese. La signora Mary Scranton fondò la prima scuola per ragazze nel 1886 con una sola studentessa. Tuttavia, la regina Min sostenne la scuola e la chiamò Ewha Haktang “Istituto del Fior di Pero”. Nel 1887 il rev. Henry Appenzeller aprì una scuola per ragazzi, che il re Kojong chiamò Paichai Haktang, “Palazzo per un’utile educazione degli uomini”; quello stesso anno il rev. Horace Underwood organizzò un orfanatrofio ed una scuola come parte del suo lavoro missionario. [4]
Il Protestantesimo insegnava la dignità e il valore di ciascuna persona. Questa enfasi sui diritti personali tendeva ad indebolire le forti barriere di classe della società tradizionale confuciana. Almeno indirettamente i missionari prepararono i coreani ad un modo di vita più democratico.
Il Protestantesimo coreano era dominato dai missionari presbiteriani e metodisti dell’Inghilterra, del Canada e degli Stati Uniti. Questo significava che la loro religione si ispirava all’austera etica puritana. Per loro, essere cristiani significava non fumare e non bere, lavorare duramente, essere un cittadino responsabile e aiutare i più disagiati. Uno storico della chiesa ha mostrato quanto questo ideale protestante avesse corretto gli abusi dell’ordine sociale coreano nella tarda dinastia Yi. [5] Il Protestantesimo arrivò in Corea all’incirca nel periodo in cui il Social Gospel ed il movimento ecumenico stavano per essere riconosciuti in Occidente. Anche se i missionari si mostravano più conservatori teologicamente di alcuni cristiani che si trovavano in Europa o in America, essi compresero che il Cristianesimo implica molto di più che salvare le anime pagane dalle fiamme dell’inferno. Per i metodisti e i presbiteriani le missioni di carattere educativo e l’assistenza sanitaria erano considerate aggiuntivi necessari alla evangelizzazione e alla costruzione delle chiese. Inoltre, fin dall’inizio, i missionari coreani si trovarono d’accordo per una cooperazione fra le varie denominazioni. Molto prima della maggior parte dei cristiani occidentali, essi riconobbero che una chiesa non unita non può restaurare un mondo diviso. Per cui, nonostante diversi tragici scismi e l’apparire in Corea di molte nuove denominazioni, i cristiani più saggi hanno sempre sostenuto attività interconfessionali. Recentemente, come nella controversia sui diritti civili, i dirigenti protestanti e cattolici hanno lavorato insieme.
Dal 1910 al 1945 la Corea fu sotto la dominazione giapponese. Questo fu un periodo di considerevoli difficoltà per i cristiani. Poiché i protestanti erano stati attivi nel fallito movimento di indipendenza del 1919, i giapponesi li consideravano una fazione potenzialmente pericolosa. In particolare, i presbiteriani si opposero al piano dei giapponesi di controllare tutte le agevolazioni di carattere educativo. Molti protestanti furono turbati dall’obbligo di partecipare a certe cerimonie nel tempio scintoista, sapendo che questi erano riti religiosi e non semplicemente patriottici. Allora ci fu l’ordine del governo di unire tutte le denominazioni in una sola chiesa, così che le attività cristiane avrebbero potuto essere controllate più efficacemente dalle autorità militari d’occupazione.
Paragonabile alla terribile persecuzione dei cristiani al tempo di Daewongun fu la persecuzione giapponese dei cristiani coreani iniziata con l’assassinio di Marquis Ito nel 1909. Ito era stato un generale giapponese di stanza in Corea e aveva costretto all’abdicazione il re Kojong. Il consigliere americano di Ito fu ucciso da un cattolico coreano a San Francisco nel 1908 e nel 1909 lo stesso Ito fu assassinato in Manciuria da un protestante coreano. Nel 1910 secondo il governo giapponese fu scoperto un complotto, che aveva lo scopo di uccidere il nuovo governatore generale. Un anno più tardi, alcuni studenti e tutti gli insegnanti di una scuola superiore presbiteriana furono arrestati e torturati in relazione a questo complotto. Infine, 125 uomini, di cui 98 erano cristiani, furono indiziati e processati. Servendosi di false testimonianze ottenute con le torture, sei furono condannati alla prigione.
Ci fu in seguito la brutale soppressione del movimento d’indipendenza del 1919. Poiché erano coinvolti leaders cristiani, le autorità militari si rivolsero contro le chiese. A Suwon, per esempio, le truppe giapponesi accerchiarono una chiesa piena di fedeli, dettero fuoco all’edificio e spararono a coloro che tentavano di scappare dal santuario in fiamme. Tuttavia, il movimento d’indipendenza, identificando il Cristianesimo col nazionalismo coreano, portò molti giovani nella chiesa.
Venne poi la II Guerra Mondiale. Oltre 200 chiese furono chiuse. Più di 2.000 cristiani furono imprigionati e più di 50 morirono per difendere la fede. Dei 700.000 cristiani protestanti iscritti nelle liste della chiesa prima della guerra ne rimasero circa solo la metà alla fine del conflitto.
Il giorno della liberazione, il 15 agosto 1945, offrì una breve occasione per il riappacificamento dell’intera nazione. Tuttavia, la gioia dei coreani durò poco quando appresero che le truppe sovietiche venivano usate per imporre un regime comunista nella Corea del Nord. Secondo il dott. Samuel H. Moffett, un professore del seminario presbiteriano a Seul, l’attacco comunista contro la religione si realizzò in tre stadi.
Prima, i comunisti distrussero due grandi organizzazioni politiche cristiane – il partito social-democratico e il partito liberale cristiano; poi, tentarono di dominare la chiesa formando una lega cristiana alla quale dovevano appartenere tutti i ministri della chiesa. Infine, vedendo che l’opposizione cristiana persisteva, i comunisti cercarono di distruggere le chiese. Gli edifici delle chiese furono confiscati, i sacerdoti furono imprigionati e ci furono frequenti massacri nei confronti dei laici cristiani. Almeno 40 pastori furono martirizzati. [6] Di conseguenza i cristiani cercarono protezione verso il sud. Dopo la guerra di Corea si stimò che una persona su cinque nella Corea del Sud era un fuggitivo del Nord.
Poiché il rev. Sun Myung Moon fondò l’Associazione dello Spirito Santo per l’Unificazione del Mondo Cristiano [7] nell’immediato dopoguerra, è importante notare alcune preminenti caratteristiche del Cristianesimo coreano negli anni 1950.
1 La comunità cristiana raddoppiò di numero nei primi 10 anni dopo la guerra. Cosa permise alla chiesa di espandersi così velocemente? Il presidente del seminario metodista Harold Hong mette in risalto quanto grande fosse lo zelo dei laici cristiani. Essi avevano tutto l’entusiasmo e la dedizione di chi si sente rinato. La maggior parte delle conversioni avvenivano nelle riunioni di risveglio spirituale, seguendo un esempio iniziato con il grande “revival” di Pyung-yang nel 1907 che aveva avuto tanta parte nella crescita della chiesa al nord. La preghiera fatta insieme fu una delle caratteristiche più forti di quel revival. Servizi di preghiera prima dell’alba e studio intensivo della Bibbia divennero una parte dello standard di vita cristiano. Come puntualizza il dott. Hong, molti grandi predicatori ricevettero anche doni carismatici come risultato delle esperienze mistiche e alcuni divennero famosi guaritori. [8]
2 La rapida espansione del Cristianesimo nel sud fu ampiamente dovuta all’influsso dei rifugiati scappati dal regime comunista del nord. Questo portò le chiese a uno zelo anticomunista e a un forte desiderio di riunificare la nazione.
3 Dopo un decennio di rapida espansione, però, le denominazioni più significative cessarono quasi di crescere. Come diversi sociologi hanno notato, il Metodismo, il Presbiterianesimo e il Cattolicesimo raggiunsero una certa crescita e rimasero più o meno a quel livello. Questo fu dovuto, in parte, alle serie divisioni all’interno delle chiese. I presbiteriani si frazionarono in quattro gruppi. Nel 1959 un gruppo di presbiteriani, contrario al Consiglio Mondiale delle Chiese, stabilì un’associazione nazionale di evangelici. Queste difficoltà portarono la maggior parte dei presbiteriani a interrompere la cooperazione con il Consiglio Mondiale delle Chiese.
4 Fin dai primi giorni il Cristianesimo coreano soffrì oppressioni e persecuzioni. A causa della loro terribile situazione, i protestanti si ispirarono in special modo al racconto biblico dell’esodo dall’Egitto. Le Scritture chiaramente insegnavano una teologia di liberazione. Poiché Dio aveva liberato gli ebrei dalla schiavitù egiziana, non poteva liberare anche loro? Di conseguenza i cristiani pregavano che qualcuno come Mosè venisse a salvarli dai loro oppressori. Fu naturale per i coreani identificare la loro nazione con la storia di Israele dell’Antico Testamento, le cui sofferenze attestavano la sua condizione unica nel piano redentivo di Dio. Come Israele, anche la Corea fu un popolo di fede oppresso. Come gli ebrei probabilmente anche i coreani sono stati preparati per una missione speciale nella provvidenza di Dio. Perciò il patriottismo coreano e la fede cristiana erano strettamente collegati. Questa alleanza ideale del nazionalismo con la religione fu grandemente rinforzata quando la Corea del Nord fu assoggettata al violento totalitarismo comunista di Kim Il Sung.
5 Durante l’occupazione giapponese anche molti protestanti misero nuova enfasi sugli aspetti apocalittici del Nuovo Testamento. Il Cristianesimo era visto come una fede basata sull’attesa escatologica. L’Apocalisse divenne la parte più letta della Bibbia. Pertanto, i cristiani cominciarono a guardare verso il Secondo Avvento del Cristo e l’alba di un’era messianica. Sicuramente quel tempo era vicino.
6 Durante e dopo la guerra di Corea sorse un notevole numero di movimenti religiosi, alcuni dei quali erano di origine e di ispirazione cristiana. Fu un tempo di sconvolgimenti sociali e di intenso entusiasmo spirituale all’interno delle chiese costituite.
Cosa distingueva allora i nuovi gruppi? Oltre che condividere l’atmosfera di risveglio spirituale, l’intensa vita di preghiera e lo studio della Bibbia caratteristici di molti presbiteriani e metodisti, questi nuovi movimenti erano capaci di risvegliare la fede ed erano, in un modo non comune, aperti al mondo spirituale. Di conseguenza essi ricevettero messaggi ispirati sulla venuta di una nuova era nella storia di salvezza. Le loro visioni del futuro spesso erano focalizzate sulle benedizioni di Dio per il popolo coreano, confermando le profezie tradizionali e portando a compimento le promesse escatologiche della Bibbia.
La Chiesa dell’Unificazione venne alla luce in questo ambiente carismatico. Per coloro che vivevano in Corea in quel tempo fu naturale concludere come io feci:
“Il lungo, triste, cosmico inverno è passato e la primavera cosmica, attesa da così tanto tempo dall’umanità, è arrivata. La Nuova Era, l’Era Cosmica, ha avuto inizio”. [9]
SUN MYUNG MOON
Per comprendere il messaggio dei Principi Divini è utile conoscere qualcosa riguardo al suo messaggero. Sun Myung Moon nacque nel villaggio nord-coreano di Jung-ju il 6 gennaio 1920, secondo il calendario lunare.
Suo nonno fu il primo a riconoscere che lui aveva doni non comuni. Da fanciullo, Sun Myung Moon non poteva tollerare ingiustizie o abusi inflitti agli altri. Di conseguenza, egli fu tante volte ridicolizzato o anche picchiato dai suoi compagni di gioco più anziani. Se vedeva gli adulti prendere il sopravvento sopra i fanciulli indifesi, si arrabbiava o si buttava a terra, piangendo forte, battendo le mani e i piedi sul pavimento. Anche se il suo corpo rimaneva contuso, si rifiutava di smettere di protestare fino a che chi era in torto non ammetteva il proprio errore. Fin dalla sua fanciullezza egli dimostrò un senso straordinario di giustizia ed una volontà indomabile.
Una volta mi disse che all’età di dodici anni andava spesso a pregare nei boschi, in qualche posto isolato. Un giorno, dopo una preghiera, gli sembrò che le piante, i cespugli e l’erba gli dicessero: “Nessuno si prende cura di noi. Ci sentiamo come abbandonate dagli uomini”. Accorgendosi che la natura piangeva perché non era amata, egli si sentì di voler abbracciare l’intero mondo e promise: “Io sarò colui che si prenderà cura di voi”. In un altro momento fece la seguente preghiera: “Padre, dammi una sapienza più grande di quella di Salomone, una fede più grande di quella dell’apostolo Paolo ed un amore persino più grande di quello di Gesù”.
Sun Myung Moon non aveva ancora sedici anni, quando prese coscienza della sua potenziale missione di guida religiosa. Come molti coreani i suoi genitori si convertirono al Cristianesimo a seguito delle attività missionarie dei presbiteriani. Il mattino di Pasqua del 1936, mentre stava pregando profondamente, ebbe un’esperienza mistica con Gesù. In questa visione al fanciullo coreano fu affidata la responsabilità di portare a termine quello che Gesù non aveva potuto completare e di stabilire il Regno di Dio sulla terra.
Dopo questo mistico incontro con Gesù, Sun Myung Moon cominciò a ricercare intensamente la verità religiosa. Per diversi anni pregò, studiò, ascoltò ciò che le persone gli dicevano riguardo alla religione e considerò profondamente il problema dei rapporti fra Dio e l’uomo. Ripetutamente si chiedeva qual è il problema ultimo per l’uomo, per tutto l’universo e anche per Dio. La risposta venne a tempo. Per ogni cosa che esiste, incluso Dio, il problema centrale coinvolge la realizzazione dell’amore.
Egli ha ammesso che talvolta ebbe la tentazione di abbandonare la sua missione. Poiché si era iscritto all’Università di Waseda in Giappone come studente di elettrotecnica, gli sarebbe stato facile mettere da parte i suoi interessi religiosi per concentrarsi sul futuro o limitare le sue attività extra-scolastiche alla lotta per l’indipendenza coreana. Tuttavia, all’età di 25 anni, Moon decise di accettare la responsabilità affidatagli da Gesù risorto e dedicare tutta la sua vita a realizzare il Regno di Dio.
Lo stadio successivo della sua missione ebbe inizio nel 1946, appena dopo la II Guerra Mondiale. Subito dopo la liberazione della Corea dall’occupazione giapponese, si sentì chiamato ad iniziare la sua predicazione a Pyung-yang, la più importante città della Corea del Nord. Pyung-yang per lungo tempo è stata chiamata la Gerusalemme dell’Oriente. Però quella città era anche la capitale del governo comunista, che era stato imposto dall’esercito russo. Per cui, nelle condizioni più avverse, egli cercò di stabilire una fondazione sicura per la nuova economia di Dio. Da una parte fece fronte all’opposizione del Cristianesimo convenzionale, che credeva che il Regno di Dio non avesse nulla a che fare con il miglioramento di questo mondo. Dall’altra parte c’erano i comunisti che erano determinati a sradicare la fede in Dio e a stabilire una società secolare totalitaria.
Quando intorno a Moon si creò un piccolo gruppo di seguaci, le sue attività attirarono l’attenzione delle autorità comuniste. Arrestato e sottoposto a torture, in una fredda notte d’inverno, fu fustigato e gettato quasi morto in mezzo a una strada dove fu ritrovato dai suoi discepoli.
Quando si ristabilì riprese la predicazione ma fu di nuovo arrestato e condannato alla reclusione in un campo di concentramento della città di Hung-nam, sulla costa orientale. A ciascun internato era stato assegnato il compito di preparare e trasportare 130 sacchi di calce del peso di quasi 40 chilogrammi, una quota giornaliera quasi impossibile. A causa dell’eccessivo lavoro e dello scarso nutrimento, pochi prigionieri riuscivano a sopravvivere più di tre mesi. Ma Moon era deciso a non morire. Con la fede in Dio e con una incredibile forza di volontà fu capace di resistere sotto condizioni insopportabili per quasi tre anni, fino a quando i prigionieri furono liberati nel 1950 dai soldati delle Nazioni Unite.
Più tardi, a proposito di questa esperienza in prigione, Egli disse: “Io non pregai mai per debolezza o per farmi consolare e neppure ho mai chiesto aiuto a Dio. Cercavo invece di confortarLo sempre, dicendoGli di non preoccuparsi per me. Poiché Dio conosceva già la mia sofferenza, io non volevo ricordarGliela e causarGli ancora dolore. Gli dicevo soltanto che non sarei mai stato sconfitto”
Il rev. Moon tornò a Pyung-yang per rintracciare i suoi discepoli. I pochi convertiti ancora fedeli furono istruiti su come incontrarlo a Pusan, la città più a sud della penisola coreana. Egli e due discepoli iniziarono un percorso in bicicletta attraverso strade di montagna per 600 miglia, fino al sud. Uno di essi aveva una gamba fratturata e dovette essere trasportato di peso, in condizioni estremamente difficili e pericolose.
Giunto a Pusan, il rev. Moon incontrò innumerevoli altri rifugiati senza tetto. Nell’estate del 1951 i discepoli s’incontrarono con lui in una piccola baracca, costruita con cartoni, assi di legno e fango seccato al sole. Uno dei primi discepoli disse che quando il rev. Moon arrivò a Pusan sembrava un operaio di fabbrica “magro e sporco”. Oltre che alla sofferenza causata dall’oppressione comunista, egli – come milioni di suoi compatrioti – aveva dovuto sottostare a incredibili difficoltà nei campi profughi durante la guerra di Corea. Nel 1953 il rev. Moon si trasferì a Seul, la capitale della Repubblica di Corea, e l’anno successivo istituì ufficialmente l’Associazione dello Spirito Santo per l’Unificazione del Mondo Cristiano.
Un missionario australiano, il rev. Joseph Mc.Cabe, trascorse ottanta giorni come ospite della chiesa di Seul e ne parlò entusiasticamente nella rivista inglese della sua confessione. Voglio riportare alcune frasi dell’articolo del pastore Mc.Cabe, perché mostrano le impressioni di un osservatore esterno del movimento dell’Unificazione nei primi giorni.
“Il gruppo di cristiani che ho visitato non sono né pentecostali, né apostolici, come noi li conosciamo, eppure lo Spirito del Signore si manifesta in mezzo a loro, in quanto alcuni hanno visioni, altri doni delle lingue, mentre altri privatamente rivelano uno spirito profetico. Il fervore e la sincerità del culto e le prediche così spiritualmente stimolanti del Sig. Moon – un oratore nato che suscita nella sua congregazione il desiderio di emularlo nella preghiera e nella predicazione – sono meravigliosi. Quasi senza eccezione i membri sono là perché sono desiderosi di ricevere qualcosa di più profondo. Il luogo delle riunioni è un vecchio edificio in una località fuori mano… e vi si riuniscono tra 300 e 400 persone. Non ci sono posti a sedere come nelle altre chiese, tutti si siedono sul pavimento. Mezz’ora prima il servizio, c’è un tempo per il canto e il luogo è stipato… Il Sig. Yoo, [10] il conferenziere, parla dei Principi, come sono chiamati dai fedeli, per 4 o 5 ore al giorno”. [11]
Il rev. Mc. Cabe riferì anche che il movimento aveva otto centri da Seul a Pusan con un totale tra i 600 e i 1200 membri. Questo missionario australiano riconobbe che la sua stessa denominazione differiva dalla Chiesa dell’Unificazione in alcune pratiche sacramentali e dottrinali; rimase però grandemente impressionato dalla qualità carismatica del movimento coreano, dalla sua fede in Cristo e dalla sua determinazione a superare il potere di Satana, visto come una presenza reale.
Così, come nella Corea del Nord il rev. Moon e i suoi seguaci furono perseguitati dai comunisti, nel sud essi furono condannati dalle chiese costituite e il rev. Moon fu condannato da alcuni presbiteriani come eretico, anche se in tanti anni la sua partecipazione alla vita di quella denominazione era stata solo marginale.
Quando un gruppo di professori e studentesse dell’Università femminile di Ewha divennero seguaci del rev. Moon, fu loro ordinato di lasciare il movimento, pena l’espulsione dalla scuola. Poiché questo atto causò grande critica da parte della stampa come violazione della libertà religiosa, l’opposizione, per giustificarsi, cominciò a divulgare voci maligne che la nuova chiesa era colpevole di immoralità sessuale. Il rev. Moon e quattro discepoli furono imprigionati quando il governo tentò di dar credito a quelle terribili affermazioni fatte dai suoi nemici. Egli fu rilasciato dopo tre mesi quando il tribunale lo trovò innocente. I suoi nemici non poterono portare nessuna prova che potesse essere accolta dal tribunale. Allora per placare l’opposizione, il governo imprigionò il rev. Moon, per aver eluso il servizio militare. Quando, alcuni mesi più tardi, questo caso fu portato in tribunale, egli fu completamente prosciolto.
Nonostante la persecuzione, la Chiesa dell’Unificazione continuò a crescere. Nel 1958 il rev. Moon inviò in Giappone un primo missionario e l’anno successivo io fui inviata a Eugene, nell’Oregon, come prima missionaria negli Stati Uniti.
Dal 1975 gruppi di missionari furono mandati in 120 nazioni. Nel 1960 il rev. Moon sposò Hak-Ja Han. Nel 1972 si trasferì con la moglie in America, dove iniziò la sua predicazione in tutta la nazione. Questa culminò con una manifestazione al Madison Square Garden. Questa campagna in America stabilì la fondazione per un incontro a livello mondiale per la libertà della Corea. A Seul, in quell’occasione, il 7 giugno 1975, il rev. Moon parlò a più di un milione di persone. Il discorso allo Stadio Yankee, a New York, il 10 giugno 1976 e la grandiosa manifestazione al Monumento di Washington, davanti alla Casa Bianca, il 18 settembre dello stesso anno, costituirono il miglior finale per le campagne di discorsi pubblici tenuti dal rev. Moon negli Stati Uniti.
Per tutta la sua vita questo è stato il suo motto:
“Per restaurare il mondo, andiamo avanti con il cuore del Padre, nelle scarpe di un servo, versando sudore per la terra, lacrime per l’uomo e sangue per il Cielo”.
Note
[1] Y. O. Kim, Faiths of the Far East (1976), pp. 173-182
[2] Cfr. Tongshik Ryu, “Religions of Korea and the Personality of Koreans” in H. S. Hong. ed., Korea Struggles for Christ (1973), pp. 148-165. Ed anche S.J. Palmer, Korea and Christianity (1967).
[3] Clark, History of the Church in Korea, 1971, p. 79. Cfr. Kyung Bae Min, The Church History of Korea, Seoul (in coreano) 1972 and Tongshik Ryu, The Christian Faith Encounters the Religions of Korea, Seoul (in coreano) 1965.
[4] A. D. Clark, History of the Church in Korea (1971), pp. 92-95.
[5] S. J. Palmer, Korea and Christianity (1967), p. 94.
[6] S. H. Moffet, The Christians of Korea (1962), pp. 76-77.
[7] N.d.T.: Il vero significato dal coreano sarebbe “Associazione dove c’è lo Spirito Santo per l’Unificazione del Mondo Cristiano”.
[8] H. S. Hong et al, Korea Struggles for Christ, Seoul (1966), p. 16.
[9] Y. O. Kim, The Divine Principles, p. III
[10] L’esatta scrittura del nome è Hyo-Won Eu.
[11] The Apostolic Herald, novembre 1956.
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