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Il Peccato Originale

DIVERSE INTERPRETAZIONI DEL PECCATO

Per comprendere la dottrina cristiana sul peccato è importante dare uno sguardo al suo sviluppo storico. Nella tradizione giudeo-cristiana si riscontrano tre classiche definizioni di peccato. La prima interpreta il peccato come una violazione consapevole delle leggi rivelate da Dio. L’uomo commette peccato quando trasgredisce i comandamenti di Dio dati a Mosè o la nuova legge proclamata da Gesù. Secondariamente, la colpevolezza è stata spiegata da Paolo e da Agostino come la natura caduta o corrotta dell’uomo. Noi commettiamo peccato perché siamo figli concupiscenti di Adamo ed Eva ribelli. In terzo luogo, durante la Riforma si ha la nuova definizione di peccato come uno stato di mancanza di fede in Dio: noi pecchiamo perché non crediamo in Lui.

Le differenze fondamentali tra queste due dottrine circa il peccato si possono chiaramente vedere se le consideriamo alla luce dei loro opposti. Se il peccato è disobbedienza alle leggi divine, il suo opposto è la rettitudine. Se il peccato si riferisce alla natura caduta dell’uomo, si vede che ciò è in contrasto con la sua natura originale e con la sua natura redenta. Oppure, se il peccato è sinonimo dell’infedeltà, allora il suo opposto è la fede in Dio e la fedeltà a Lui.

Col Rinascimento si lancia una sfida alle dottrine classiche cristiane sulla natura peccaminosa dell’uomo. Il Rinascimento afferma la dignità dell’uomo, il suo potere morale e la sua bellezza naturale. Questa visione ottimistica della natura umana fu approfondita e resa popolare durante l’Illuminismo. Nell’Era della Ragione del XVIII secolo si credeva nella bontà naturale dell’uomo, nel potere supremo della ragione umana e nella capacità di creare un ordine sociale sulla base di principi scientifici.

Perciò l’Illuminismo scalzava la concezione tradizionale cristiana del peccato dell’uomo: 1) L’uomo non è una creatura caduta, ma un essere ragionevole e morale che può migliorare sé stesso e la società. 2) Dio ha creato l’universo e l’uomo secondo la Sua sapienza; come le Sue leggi naturali governano il movimento dei pianeti, così per l’uomo sono sufficienti le Sue leggi morali. 3) Non c’è alcun valore nell’insegnamento della chiesa sul peccato originale, il totale stato di depravazione e la natura caduta perché queste nozioni sono basate su antiche leggende ebraiche concernenti Adamo ed Eva. 4) Inoltre, il credere nello stato di depravazione innato dell’uomo e nella sua corruzione ereditaria contraddice il nostro senso morale. Se siamo totalmente depravati non possiamo ritenerci responsabili delle nostre azioni e se siamo peccatori per natura, i nostri peccati specifici sono il puro risultato inevitabile della nostra condizione caduta.

I biologi e gli archeologi non hanno trovato nessuna prova che gli esseri umani originali vivessero in uno stato di innocenza e di felicità paradisiaca, da cui sarebbero caduti. Per molti uomini moderni le dottrine sul peccato originale, la colpa ereditaria e la totale depravazione non sono credibili perché sembrano irragionevoli e immorali: 1) Se siamo soggetti ad essere puniti per una colpa ereditaria, Dio è ingiusto. Noi siamo responsabili solo delle nostre proprie azioni, non possiamo essere accusati per gli sbagli dei nostri antenati. 2) Le dottrine tradizionali sul peccato sono in conflitto con il senso innato nell’uomo della responsabilità personale. 3) Si dà un quadro eccessivamente pessimistico della natura umana. Noi non siamo totalmente depravati perché abbiamo molti aspetti buoni come, naturalmente, cattive inclinazioni. 4) Se Dio ci dà dei comandamenti morali, ci ha pure dotato di capacità per vivere rettamente. Dio stesso sarebbe ingiusto se ci chiedesse qualcosa sapendo che non potremmo compierla.

Sfidati dall’ottimismo del Rinascimento e dal razionalismo dell’Illuminismo, i pensatori cristiani si sentirono costretti a trovare alternative alla dottrina agostiniano-calvinista relativa al peccato. Un’alternativa è basata sulla interpretazione evoluzionistica dell’uomo. Perché pecchiamo? Perché gli uomini non hanno ancora perso le loro caratteristiche animali ereditarie. I nostri sbagli morali sono tracce del nostro passato animale. Stiamo diventando dei veri uomini solo gradualmente. Il prof. F.R. Tennant fu uno dei molti a patrocinare questa reinterpretazione darwiniana del peccato. [1]

Un secondo aspetto fu proposto dai sociologi e dai riformatori sociali. Il nostro peccato è causato dalle condizioni e dalla struttura della società. Albrecht Ritschl, per esempio, affermò che esiste un regno del male bene organizzato in contrasto con i sogni dell’uomo relativi al Regno ideale di Dio. Per usare una frase di Reinhold Niebuhr, noi “siamo uomini morali in una società immorale”. Oppure, come insegnò Walter Rauschenbusch, istituzioni di ogni tipo, politiche, economiche, razziali, culturali e religiose possono condurre gli individui a peccare, incoraggiandoli a continuare a peccare e anche ingannandoli sul fatto che essi sono peccatori. Questa visione del problema ha avuto molti sostenitori: gli esponenti del Protestantesimo liberale del Social Gospel, i cristiani per il Socialismo, i cristiani per il Marxismo, i teologi della speranza e i teologi liberazionisti.

Una terza alternativa si basò sulla nuova scienza della psicoanalisi. Secondo Freud, noi soffriamo ogni sorta di disordini personali e collettivi perché reprimiamo i nostri desideri istintivi. Diventiamo emozionalmente disadattati e socialmente distruttivi quando sopprimiamo i bisogni biologico-naturali piuttosto che trovare dei modi costruttivi per esprimerli. Cos’è quest’anima malata di peccato se non la personalità nevrotica del nostro tempo? Perciò lo psichiatra rimuove i sentimenti di colpa irrazionali evidenziando le radici subconscie ed insegnando agli uomini ad accettare un’etica sociale più permissiva.

Un quarto aspetto della condizione caduta dell’uomo è suggerito dai teologi esistenzialisti, cominciando da Kierkegaard. Perché pecchiamo? A causa del profondo stato di ansietà dell’uomo. I nostri sbagli morali sono causati da una terribile paura e angoscia ontologica.

Dio ci dà la libertà e ci comanda di obbedirGli. Questa richiesta ci riempie di paura: se obbediamo a Dio, abbiamo paura di perdere la nostra libertà, se rifiutiamo ci sentiamo colpevoli. Di conseguenza siamo spaventati, ci sentiamo come sospesi nel vuoto. Ognuno è il proprio Adamo per sé stesso. Si ha paura di rinunciare alla libertà e così si cerca di sfidare Dio. In nome della libertà tentiamo di metterci al Suo posto; ansiosi di restare liberi, ci ribelliamo a Dio e inevitabilmente cadiamo.

Noi pecchiamo perché siamo condannati ad essere liberi. A causa della nostra disperazione e ribellione ci estraniamo da Dio e dagli altri. L’uomo è in guerra con sé stesso e con tutti, di conseguenza egli diventa preda dell’isolamento; alienato da Dio, l’uomo rimane senza amore ed è veramente perduto. Questo, dicono gli esistenzialisti, è lo stato caduto di ogni uomo.

Questa breve considerazione rivela quanto l’uomo contemporaneo sia confuso riguardo alla propria condizione. I cristiani non sono d’accordo sul significato del peccato, sulla sua origine ed estensione. Molti confessano che il peccato è divenuto un mistero insolubile e non è neppure chiaro il fatto di come esso abbia avuto origine, quanto profondamente corrompa la natura umana e come possa essere curato.

La teologia dell’Unificazione afferma di gettare una luce nuova sullo stato di peccato di tutti gli uomini. Noi crediamo che debba essere data una spiegazione ragionevole del racconto biblico di Adamo ed Eva. I Principi Divini suggeriscono una nuova visione del peccato originale e mostrano il modo in cui gli uomini possono essere restaurati alla comunione originaria col Creatore. Così, la teologia dell’Unificazione rivela la ragione dell’alienazione esistenziale dell’uomo e il suo rimedio.


RECENTI PUNTI DI VISTA SULLA CADUTA

Tradizionalmente la dottrina cristiana dell’uomo caduto è stata collegata con il racconto della Genesi su Adamo ed Eva. Tuttavia, la rivalutazione storica del racconto della caduta è stata sempre più oggetto di discussione. Coloro che negano il valore della narrazione dell’Eden si basano su due considerazioni. Da una parte, è difficile conciliare il racconto di Adamo ed Eva con le teorie scientifiche moderne, dall’altra, studiosi biblici hanno mosso dubbi sul racconto della Genesi interpretandolo alla luce di antiche leggende ebraiche di Babilonia e di Canaan. [2]

Così, Brunner insiste che la verità della caduta non deve essere collegata con il “mito” di Adamo ed Eva. Tutto il racconto di Adamo implica una “visione di tempo e di spazio che è sorpassata”. [3] I cristiani devono perciò basare la loro dottrina relativa alla caduta sul Nuovo piuttosto che sull’Antico Testamento. Se sviluppiamo una visione cristocentrica del peccato originale possiamo evitare le difficoltà intellettuali e teologiche collegate con la visione del mondo mitico della Genesi. Tuttavia, se il racconto della Genesi non è basato su eventi storici; la domanda del “quando e come” è avvenuta la caduta, non può avere storicamente una risposta. [4] Alla luce di tutte le difficoltà, alcuni teologi moderni reinterpretano il racconto della Genesi. Prendiamo in considerazione alcuni esempi.

Secondo il teologo di Harvard, Gordon Kaufman, [5] il racconto della Genesi mette l’enfasi sul fatto che la caduta è avvenuta perché Adamo ed Eva hanno mangiato il frutto proibito dell’albero della conoscenza del bene e del male. Per Kaufman, questo atto è un modo simbolico di dire che l’uomo divenne peccatore quando fu in grado di distinguere il bene dal male. Prima di mangiare il frutto proibito l’uomo viveva in comunione con Dio. Perché cerchiamo Dio? Per conoscere come evitare il male e vivere una vita di bene. Ma una volta che l’uomo mangiò dell’albero non c’era più nessuna ragione etica per Dio. L’uomo poteva decidere da solo come agire e pertanto si sentiva moralmente autonomo. La coscienza rende l’uomo indipendente o fiducioso in sé stesso, per cui Dio non è necessario come fonte di standard etici.

Kaufman nota anche che la caduta fu causata non dall’uomo da solo, ma dalla relazione dell’uomo col serpente, che simboleggia il mondo della natura. Gli uomini caddero quando iniziarono la relazione con la natura senza riferimento a Dio. Vivere come essere autonomo sembra promettere un grande potere: dominio sulla natura e dominio sulla propria vita. L’uomo si sente enormemente grande quando taglia il suo legame con Dio. Come scrive Nietzsche, se Dio è morto noi possiamo diventare super-uomini. Così gli uomini caddero quando separarono la natura da Dio e trattarono il loro mondo come un regno secolare.

Il racconto dell’Eden dipinge uno stato idilliaco. Dio e l’uomo vivevano assieme nella più stretta forma di relazione personale. C’era una profonda comunicazione faccia a faccia tra il Creatore e le Sue creature. Adamo ed Eva erano nudi, ma non si vergognavano: questo, simbolicamente, indica la natura completamente aperta e senza inibizioni del rapporto umano-divino.

Quali sono gli effetti della caduta? L’uomo attualmente vive secondo il suo standard di bene e di male. Noi manipoliamo la natura per il nostro vantaggio personale, siamo guidati da considerazioni esclusivamente antropocentriche e utilitaristiche. La nostra peccaminosità ci aliena da Dio e ci estranea dagli altri. Come Adamo ed Eva ci vergogniamo di quello che siamo e cerchiamo di coprire la nostra nudità. Separato da Dio e da un rapporto naturale con gli altri, l’uomo è tormentato dall’ansietà. Ci sentiamo insicuri, incerti, insoddisfatti, siamo oppressi dalla colpa e terrorizzati da pensieri di morte.

La caduta dell’uomo ha influito su tutta la storia successiva, conclude Kaufman. Ogni generazione è imprigionata dagli atteggiamenti e dalle esperienze dei suoi predecessori. Di conseguenza ci si carica dei terrori, delle frustrazioni e delle follie del passato. Il peccato è venuto nel mondo per mezzo di un uomo e la morte per mezzo del peccato, così la morte si è estesa a tutti gli uomini (Rm. 5:12).

Alcuni discepoli di Kirkegaard danno una spiegazione della caduta molto differente. [6] Secondo loro la caduta non fu un’etica autonoma, ma la fiducia in una conoscenza speculativa, che causò l’allontanamento di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden. La promessa del serpente fu che la ragione può farci uguali a Dio. Una volta che Adamo ed Eva accettarono questa nozione, scoprirono che non avrebbero potuto più vivere a lungo nel Paradiso. L’uomo credette nella menzogna del serpente che mangiando il frutto proibito “i suoi occhi si sarebbero aperti e sarebbe diventato come Dio, conoscitore”.

In che modo ci danniamo se accettiamo le pretese della ragione? Prima di tutto se si guarda la creazione con occhi completamente aperti si scopre che non tutto è buono come racconta la Genesi. La ragione non accetta di credere che tutto ciò che Dio ha fatto era molto buono. La ragione spiega che tutto ciò che esiste ha un principio ed una fine. Esistere significa essere imperfetto, soggetto a decadere e condannato a morire.

In secondo luogo, la ragione conduce al male e al peccato perché asserisce che ogni individuo ha davanti a sé un certo destino. La storia dimostra che tutte le persone sono esseri finiti e che prima o poi saranno schiacciate così spietatamente come se fossero oggetti inanimati. Così la ragione ci dice di accettare il fato. Essere saggio significa chinarsi davanti all’inevitabile.

In terzo luogo, che cosa può scoprire la ragione? Solo idee, vuote astrazioni. La ragione ignora la realtà dell’uomo in favore di concetti come verità, bontà e bellezza. La ragione è fredda e impersonale, invece la vita umana è specifica, calda e individuale. Questo è il motivo per cui Kierkegaard fu così ostile alla filosofia del puro spirito di Hegel. L’idealismo hegeliano ha portato via all’uomo tutto il suo sangue e la sua passione. La ragione è il peccato originale perché analizza la vita su una base solo logica, pretendendo di inquadrare in categorie logiche gli uomini che sono esseri di sentimento.

In quarto luogo, la ragione distrugge lo sforzo etico dell’uomo. Il razionalismo trasforma la morale in leggi eterne. I moralisti razionalisti insistono: devi fare questo, non puoi fare quello. L’etica è definita in termini di obbligazioni: l’uomo non ha più scelta ed è costretto all’obbedienza.

Per concludere, gli esistenzialisti identificano la caduta dell’uomo con la sua fiducia nella ragione poiché la ragione è totalmente anti-religiosa. La ragione mette in risalto i pensieri dell’uomo, mentre la religione mette in risalto i suoi sentimenti. La ragione ignora l’individuale a favore dell’universale, invece la fede considera il valore unico di ogni uomo. La ragione esalta la necessità, la fede afferma la libertà. Avere fede significa asserire che con Dio niente è impossibile. Tuttavia, l’uomo è caduto, poiché è stato sedotto e continua ad essere sedotto dalla conoscenza teoretica.

Una terza interpretazione della caduta ha le sue radici nello Gnosticismo cristiano, che è stato riesumato da Nicolai Berdyaev e da Paul Tillich. Secondo Berdyaev, [7] il racconto del giardino dell’Eden simboleggia uno stato preistorico dell’uomo. L’Eden si riferisce ad un’inconscia, quasi vegetativa beatitudine che l’uomo sperimenta prima di essere consapevole della differenza tra bene e male.

Una volta si viveva in un’era di innocenza e di armonia, eravamo allora una sola cosa con la natura e in comunione con Dio. L’esilio di Adamo ed Eva dall’Eden sta a simboleggiare che l’uomo attualmente si sente allontanato da Dio e che il cosmo sembra essersi allontanato dall’uomo. Il Paradiso era uno stato di beatitudine, mentre il presente è uno stato di divisione, di ansietà e di lotta. Una volta raggiunta la consapevolezza, l’uomo si separò dalla realtà del suo essere. La caduta, pur essendo stata una tragedia, fu anche una necessità e un beneficio. L’uomo rifiutò la completezza e la gioia dell’Eden per esplorare il suo destino verso le profondità più recondite. Egli cadde lontano dall’armonia della beatitudine scegliendo la vita tragica di un’esistenza terrestre al fine di realizzare le sue potenzialità.

Poiché mangiò il frutto dell’albero della conoscenza, l’uomo fu esiliato dal Paradiso. Ma la conoscenza è un bene, che rende l’uomo capace di scoprire il significato della vita. L’allontanamento dall’Eden ci rende capaci di innalzarci ad uno stato più alto di coscienza e raggiungere un livello più alto di esistenza. Il “mito” della caduta non degrada l’uomo, piuttosto lo eleva a meravigliose altezze. Da quando abbiamo la libertà di cadere, abbiamo anche la capacità di risorgere. La possibilità del peccato è una condizione necessaria per raggiungere il bene; così il mito della caduta è un mito della grandezza potenziale dell’uomo.

Poiché siamo liberi, siamo destinati a diventare dei creatori di nuovi valori. Noi siamo liberi in quanto siamo capaci di cooperare volontariamente con Dio e di produrre nuovi valori, siamo destinati ad essere dei creatori anche se siamo stati creati a nostra volta. La nostra attività creatrice dovrebbe portarci ad un’esperienza dinamica di eternità.

L’uomo pensa al Paradiso che fu e al Paradiso che sarà. Pertanto, la Bibbia unisce il mito di un’era d’oro nel passato alla speranza messianica di un’era millenaria nel futuro. L’uomo, seguendo la strada della tragedia e dell’eroismo, è in cammino dall’Eden originale, dove la libertà è sconosciuta, ad un Paradiso in cui esiste una conoscenza di libertà. Il Paradiso sarà riconquistato attraverso la creatività umana. Allora la rivelazione cristiana è primariamente e soprattutto un messaggio del Regno di Dio, della fine di un’epoca, di un nuovo cielo ed una nuova terra.

Tillich concepisce il racconto della caduta come una descrizione mitica della transizione dall’essenziale all’esistenziale. Tutti gli uomini sono consapevoli dell’alienazione dalla loro vera natura. Tuttavia, la caduta non si riferisce ad un evento accaduto una volta nella storia, ma sta a simboleggiare la situazione universale dell’uomo; gli uomini sono caduti, perché sono alienati da sé sessi, dagli altri e da Dio. La condizione umana ha in sé tre forme di autodistruzione: mancanza di fede, orgoglio, concupiscenza. Per questo ci sentiamo oppressi da una colpa personale e sperimentiamo le tragiche conseguenze dell’esistenza. [8]


IL NUOVO TESTAMENTO E IL PECCATO

A. Nei Vangeli Sinottici:

In Marco, Matteo e negli Atti di Luca, piuttosto che riferirsi ad atti specifici, il peccato è considerato come la fonte delle cattive azioni. Gli uomini sono una razza di serpenti velenosi con il cuore pieno di peccato (Mt. 12:34). Marco 7:21 fa una lista di 12 peccati (iniziando con la fornicazione) che nascono dal cuore e rendono l’uomo impuro. Il peccato implica il dominio di Satana sull’uomo. Le pergamene del Mar Morto insegnano che l’uomo è schiavo della legge di Beliar e i Sinottici interpretano la missione di Gesù come un confronto con il potere di Satana. Pietro descrive il ministero di Gesù come “colui che passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10:38). Paolo predicava ai gentili affinché ritornassero “dal potere di Satana a Dio, e ottenessero la remissione dei peccati e l’eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati…” (At. 26:18)

B. Negli scritti giovannei:

Quasi sempre nella letteratura giovannea, si parla del “peccato” piuttosto che di “peccati” specifici. Quindi il peccato ordinariamente si riferisce ad una forza che spinge l’uomo lontano da Dio in uno stato di totale alienazione. Il ruolo messianico di Gesù è togliere il peccato dal mondo (Gv. 1:29) col dono dello Spirito Santo. Lo Spirito salva i cristiani dal regno di Satana. La comunione con Dio per mezzo del battesimo dello Spirito distrugge nell’uomo la possibilità del peccato (1 Gv. 3:5-9). Il contrasto tra il peccatore ed il perfetto credente è grande, come la differenza tra la luce e le tenebre, la verità e la falsità, la vita e la morte.

Giovanni nella sua prima lettera mostra la differenza tra il cristiano e il peccatore (3:3-10). Il peccatore accetta la legge di Satana e agisce di conseguenza; il cristiano invece è liberato da Satana, come dimostra il suo comportamento. Egli è sfuggito al dominio di Satana. Pertanto, chi invece commette peccato è del diavolo (1 Gv. 3:8), è uno schiavo (Gv. 8:34) che ha come padre il diavolo (8:44). Come il giusto vive sotto la guida dello Spirito di Dio che dimora in lui, così il peccatore si è lasciato sedurre dall’avversario di Dio; noi siamo o figli di Dio o del diavolo poiché viviamo nella luce o nelle tenebre.

C. In Paolo e nella letteratura paolina:

La letteratura paolina assomiglia alla teologia dualistica di Giovanni. Come è scritto nel quarto Vangelo, Paolo crede in un potere personificato del male: “Beliar” (2 Cor. 6: 15) o “l’empio” (2 TS. 2:8). Egli fa risalire il dominio di Satana a Adamo (Rm. 5:14), e nella prima lettera a Timoteo lo attribuisce ad Eva (2:14). A Paolo erano familiari le liste dei peccati che furono popolari nei circoli pagani come in quelli degli ebrei del tempo. Per esempio, I Testamenti dei 12 Patriarchi nomina sette tipi di errori morali, il primo dei quali è lo spirito di fornicazione che risiede nel corpo e nei suoi sensi (T. di Reuben 3:2-8). Filone descrive 140 vizi, che nascono dal “piacere”. [9] Come i greci, Paolo mette in risalto i peccati sessuali. Egli mette l’enfasi sulle “nostre passioni peccaminose” (Rm 7:5), specialmente quando condanna l’immoralità diffusa nell’Impero Romano. Ciò si può pure vedere nel modo in cui egli identifica “l’avidità” [10] con la “fornicazione” e “l’idolatria”. Per Paolo l’idolatria è la fonte dei disordini sessuali dei pagani e di “pratiche innaturali” (Rm. 1:24 ss).

Molti lettori di Paolo sentono che egli colloca l’origine del peccato nella carne dell’uomo. Per questo motivo, il paolinismo è stata una strada molto naturale verso il dualismo di Marcione, verso lo Gnosticismo, verso l’Encratismo siriano [11] e verso il Monasticismo egiziano. Paolo afferma che “il desiderio della carne” è ostile a Dio (Rm. 8:7). La carne soprattutto è il luogo dove nascono le passioni ed è un terreno che produce peccati. Poiché l’uomo è carnale è stato venduto al peccato come uno schiavo (Rm. 7:14). Per questo Paolo può parlare del nostro corpo di peccato (Rm. 6:6). La sua posizione generale è molto chiara “non seguite la carne nei suoi desideri” (Rm. 13:14).

Né i dualisti greci come Platone né i cristiani come Paolo credono che sia impossibile dominare la concupiscenza della carne. Pertanto, Paolo poteva dire ai Corinzi: “Il corpo non è per l’impudicizia, ma è per il Signore e il Signore è per il corpo… Non sapete che i vostri corpi sono membra e organi di Cristo?… o non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo? Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1 Cor. 6:13-20).

È molto importante sapere come Paolo personifica il peccato. Nella lettera ai Romani (cc. 5-8) egli parla 40 volte del fatto che tutti gli uomini sono governati dal peccato. Il peccato è entrato nell’uomo per mezzo di Adamo, si è diffuso nella razza umana ed ha influenza anche sul mondo materiale. Il potere del peccato agisce attraverso la carne dell’uomo, eccitando la concupiscenza e manifestandosi in numerosi atti di sregolatezza. Il peccato seduce l’uomo (Rm. 7:12) come il serpente sedusse Eva. Perciò il peccato è divenuto il principe di questo mondo. L’uomo può essere liberato dalla tirannia di Satana solo attraverso il dono dello spirito vivificante di Dio.


S. AGOSTINO E IL PECCATO ORIGINALE

  1. Agostino prese da Paolo i riferimenti al peccato sviluppandoli e classificandoli. Pertanto, egli stesso è spesso lodato o biasimato come il padre del concetto di peccato originale. La sua teologia morale fu grandemente influenzata dalle sue controversie con due gruppi rivali: i pelagiani e i manichei. I seguaci di Pelagio insegnavano che Dio ha creato l’uomo buono e che noi pecchiamo a causa dei nostri peccati personali. I figli nascono senza peccato e, come Adamo, cadono da questo stato d’innocenza originale a causa di atti volontari di malvagità. Per questo non c’è nessun peccato originale che ha corrotto la natura umana e nessun peccato è ereditato dai nostri genitori.

I discepoli del profeta persiano Mani sostenevano un punto di vista opposto. Essi insegnavano che a causa del corpo, le nostre anime sono imprigionate in una materia ostile e che la nostra vita è costantemente corrotta da desideri carnali. Noi desideriamo vivamente la redenzione dalla schiavitù della carne. Così, essere salvati significa frenarsi da ogni rapporto sessuale o almeno smettere di generare figli. Gli uomini e le donne migliori sono quelli che praticano una totale castità.

I pelagiani, dichiarò Agostino, iniziarono con la dottrina di un Dio creatore e finirono per minimizzare la necessità della redenzione. I discepoli di Mani, d’altra parte, iniziarono con la dottrina di un Dio salvatore e finirono per negare la bontà fondamentale della creazione. Come vescovo nord-africano, interessato al Cattolicesimo istituzionale, Agostino vide quanto i pelagiani sottovalutavano le necessità del battesimo dei bambini e come i manichei negavano il sacramento del matrimonio. Per questo Agostino tentò di formulare una teologia che riconoscesse la natura caduta dell’uomo e la bontà del Creatore. Facendo questo egli sottolineò due aspetti del peccato originale: l’orgoglio e la concupiscenza dell’uomo. I teologi protestanti generalmente hanno messo l’accento sul primo fattore, mentre i cattolici sono stati più preoccupati del secondo.

Se i due amori fondamentali dell’uomo, la “carità” e la “cupidigia”, sono costantemente in contrasto l’uno con l’altro, come si può capire la loro relazione dal punto di vista di Dio? Come si può conciliare la concupiscenza dell’uomo con il sacramento del matrimonio? Questo era il problema di Agostino.

Nel 418 d.C. Agostino scrisse un trattato importante sul peccato originale, che inviò a due coniugi, che si erano separati: il marito per diventare abate di un monastero della Palestina, e la moglie per diventare una suora. In questo libretto Agostino afferma che la grazia della rigenerazione spirituale non ha niente a che fare con il debito contratto dal contagio della generazione carnale. [12]

Perché Adamo ed Eva peccarono? Non semplicemente perché diventarono preda della concupiscenza, ma perché non obbedirono al comandamento di Dio. Una volta che Adamo ed Eva disobbedirono a Dio persero il controllo del loro corpo; dal peccato derivò il piacere carnale.

Agostino fa risalire la concupiscenza all’astuzia del diavolo ed alla condiscendenza della volontà dell’uomo. Il seduttore di Eva trasmise nella donna la causa del piacere, [13] che la rese schiava della concupiscenza. In qualità di peccatori, Adamo ed Eva soddisfecero i loro sfrenati impulsi erotici. Dio non era contrario al matrimonio di Adamo ed Eva. Le Sue parole: “siate fecondi e moltiplicatevi”, dimostrano che Egli pose “una benedizione sulla fertilità del matrimonio”. Se Dio non voleva che Adamo si sposasse – dice Agostino – gli avrebbe dato per compagno non una donna, ma piuttosto un altro uomo. Tuttavia, l’amplesso nuziale della prima coppia non avrebbe dovuto essere accompagnato da nessun desiderio lascivo. Essi arrossirono ed ebbero vergogna perché si lasciarono sedurre dalle bramosie della carne. Di conseguenza, i figli di Adamo ed Eva nacquero col contagio del peccato a causa del desiderio impuro dei loro genitori.

In un suo precedente trattato sul matrimonio (401 d.C.) Agostino affermava che nella purezza del Paradiso, Adamo ed Eva prima o poi si sarebbero dovuti sposare, in obbedienza al comandamento di Dio di essere fecondi. Tuttavia, la loro unione sarebbe stata libera da ogni piacere sensuale. Per avere figli il loro corpo sarebbe stato controllato completamente dalla ragione e dalla volontà. La concezione che Agostino ha della vita nel giardino dell’Eden prima della caduta influisce sulla sua comprensione della futura perfezione dell’uomo nel Paradiso. Nello stato di perfezione, l’uomo sarà libero da ogni corrotto desiderio carnale, che lo porta al peccato. Quando il Regno di Dio verrà sulla terra ogni incentivo al peccato sarà tolto dalla natura umana.

Contemporaneamente, Agostino si rifiuta di negare il valore del matrimonio. È vero che il matrimonio è corrotto dalla concupiscenza, ed è anche vero che a causa degli aspetti peccaminosi dell’atto sessuale, tutti i figli sono concepiti nel peccato ed ereditano la concupiscenza di Adamo ed Eva; tuttavia, il matrimonio non è male: il figlio generato dall’atto sessuale rappresenta un’opera creativa di Dio. La bontà del matrimonio non ha perso il suo valore a causa della presenza della concupiscenza.

Agostino merita di essere elogiato per avere riconosciuto il fattore sessuale nella caduta di Adamo, come pure per essere consapevole che la concupiscenza è ancora la radice dell’attuale peccaminosità dell’uomo. Tuttavia, come molti di coloro che interpretano la caduta da un punto di vista sessuale, Agostino concludeva che per essere salvato l’uomo deve superare la sua sessualità. Perciò egli insinuò che il sesso è di per sé stesso peccato. Proprio su questo punto relativo alla dottrina del peccato originale, Agostino è stato attaccato da molti cristiani. Probabilmente egli era ancora troppo influenzato dalla sua passata educazione manichea. Alla luce dei Principi Divini Agostino ha tralasciato un aspetto molto importante del piano di Dio. Egli ha ignorato l’intenzione originale divina di usare Adamo ed Eva come genitori di una famiglia mondiale basata sull’amore per Dio e per gli altri.


LA REALTÀ DI SATANA

Tradizionalmente, i teologi cristiani hanno usato il concetto di Satana per spiegare la caduta dell’uomo. Tuttavia, fin dall’Illuminismo, sono sempre più numerosi i cristiani che hanno cercato di spiegare il peccato originale e la natura caduta dell’uomo senza riferirsi all’opera di una specifica forza demoniaca. Per esempio, Satana non gioca quasi nessun ruolo nella teologia di Schleiermacher, di Ritschl, di Barth, di Brunner, di Tillich, di Reinhold Niebuhr, di Teilhard de Chardin o dei moderni teologi del processo. Un’eccezione di rilievo si trova nel pensiero del teologo tedesco contemporaneo Helmut Thielicke. [14]

D’accordo con Lutero, Thielicke descrive la storia come un terreno di lotta dove Dio e l’anti-dio combattono per controllare questo mondo. Questo, secondo lui, significa che dobbiamo affrontare la realtà del demonio, ma per fare ciò si deve prima di tutto smettere di pensare alla semplice idea del male come a un problema di speculazione filosofica. Il demonio non è un’idea, ma un potere che esercita una forte minaccia e che ogni persona incontra nella vita di ogni giorno. Il demonio non può essere inteso in un modo obiettivo e disinteressato, piuttosto è necessario vedere come egli ci raggiunge, tocca la nostra vita e ci tormenta. Inoltre, dobbiamo riconoscere che esiste qualcosa in noi su cui il demonio esercita la sua influenza. Noi prendiamo coscienza della presenza diabolica poiché ne siamo tutti influenzati; specialmente in un periodo di disordini sociali e privo di autodisciplina come il nostro, la realtà del demonio si può vedere in tutto il suo orrore. Per questo, chiunque vuole conoscere la storia deve fare i conti con l’esistenza di poteri demoniaci.

Il demonio non si trova in qualcosa al di fuori di noi, ma risiede attivamente proprio dentro di noi. Per scoprire Satana prima di tutto non bisogna guardare fuori, verso gli altri uomini o verso il mondo naturale, ma all’interno del cuore umano. Allora scopriremo che siamo suoi schiavi e che egli ha preso il controllo del mondo dell’uomo.

Secondo il Nuovo Testamento, Satana non è semplicemente un nome poetico dell’esistenza impersonale del male, piuttosto lo incontreremo come una persona, un potere cosciente dotato di volontà, finalità e capace di far sentire la sua influenza. Se è vero che l’uomo ha un grande nemico soprannaturale, allora ciascuno di noi si trova in grave pericolo. Il nemico ci ha invaso, per cui non possiamo starcene pacificamente a sedere e fare della filosofia, dobbiamo alzarci e combattere, oppure saremo distrutti. Credere in Satana comporta la necessità d’incontrarlo faccia a faccia come nostro nemico personale.

Lo scopo di Satana è di separare l’uomo da Dio. Questa è la funzione principale del diavolo che può esprimersi in due modi: prima di tutto, come seduttore dell’uomo, ci mette in lotta contro Dio; secondariamente, tenta l’uomo a comportarsi in modo tale da farci riconoscere la validità delle sue accuse. Per fare questo Satana approfitta della nostra vulnerabilità a peccare. Egli sfrutta una tendenza innata della natura umana: la nostra apertura verso la tentazione. Poiché siamo uomini e potenzialmente peccatori, Satana può entrare in noi stessi e realizzare la sua volontà. Come afferma Thielicke, poiché ho il peccato in me, io do al diavolo un diritto su di me.

Qual è l’aggancio di Satana sulla natura umana? Io stesso, le mie ambizioni, il mio orgoglio, le mie passioni ed il mio egocentrismo. Il diavolo vive nel cuore a causa dell’amor proprio di una persona. Non siamo semplicemente schiavi di un padrone straniero, ma soggetti arrendevoli. Amando noi stessi ci consegniamo alla schiavitù di Satana. La responsabilità è nostra. Contemporaneamente scopriamo di essere nella morsa di un potere ostile, così forte che non possiamo eliminare la sua presa su di noi.

Poiché i peccatori sono incapaci di liberarsi con i propri sforzi, si rivolgono a Dio. Il potere della schiavitù diabolica deve essere distrutto da una forza esterna superiore a Satana. Questa redenzione è compiuta quando la sovranità del diavolo su l’uomo è sostituita dalla legge di Dio. Pertanto, l’uomo caduto deve decidere se rimanere schiavo di Satana o diventare servo obbediente di Cristo. Ciò che conta, alla fine, è la fedeltà di ogni individuo. Dio solo può renderci liberi, e può farlo solo se Gli promettiamo una totale fedeltà.

Il Nuovo Testamento spiega che Satana è il nostro avversario, ed è un forte nemico in quanto è un angelo caduto. Come angelo, il diavolo conosce la strategia di Dio e sa che Dio vuole stabilire il Suo Regno sulla terra. Dal momento che una volta era Lucifero, un arcangelo della corte celeste, Satana ha anche la capacità di travestirsi da angelo di luce e qualunque cosa faccia, egli cerca di imitare Dio e apparire amico degli uomini.

Così, le reali intenzioni di Satana restano nascoste alle sue vittime. Egli lavora nell’anonimato e appare nell’incognito. Il diavolo non dice mai: “Io t’insegnerò a peccare”. Invece dice all’uomo: “Ti mostrerò qualcosa di interessante, di piacevole o che ti arricchirà”. Egli agisce in modo tale da farci credere che stiamo esprimendo i nostri desideri e che semplicemente stiamo facendo ciò che vogliamo. Per cui, egli preferisce stimolarci, tentarci ed incoraggiarci da dietro le quinte. Il suo lavoro più efficace Satana lo fa come “spirito dei tempi” invadente, invisibile e quasi del tutto irresistibile.

Per questa ragione, il diavolo è descritto come il principe delle tenebre. Come forza delle tenebre, Satana rende oscura e distorta la nostra realtà. Nelle tenebre l’uomo diventa confuso, si spaventa spesso senza necessità e talvolta non è capace di vedere i reali pericoli. Una volta che il diavolo ha oscurato la vera situazione dell’uomo, i valori umani, gli standard morali sembrano solo ombre, e i valori reali sembrano le forze concrete dell’economia, della politica e della materia. Lontani dalla luce di Dio diventiamo diffidenti e paurosi verso gli altri, di conseguenza ciò crea il caos sociale.

Lo scopo finale del diavolo non è semplicemente quello di confondere o dividere le persone, ma di renderle schiave. Una volta che accettiamo i poteri demoniaci, scopriamo che non possiamo controllarli o disperderli. Siamo avvinti dal loro fascino. Così quando pecchiamo ci sottomettiamo al potere del diavolo; quando non siamo più fedeli a Dio diventiamo parte del dominio di Satana. Per cui, o ci diamo unicamente a Dio, oppure ci vendiamo a Satana.

Quando un uomo pecca, interviene in lui un altro spirito che inizia a trascinarlo verso il basso. Per questo motivo Gesù nel suo ministero di esorcista ha fatto sempre la distinzione tra i demoni che posseggono e le persone che li ospitano. Satana tiene le persone imprigionate contro la loro volontà anche se originariamente esse sono state responsabili di avere invitato i demoni ad entrare in loro. Perciò la missione di Gesù aveva due aspetti: combattere contro Satana e lottare a favore dell’uomo. Il suo scopo era di restituire una persona “a sé stessa”, come una creatura fatta ad immagine di Dio e come un cittadino del Regno dei Cieli. Di conseguenza, il Messia è descritto come salvatore e redentore dell’uomo: letteralmente, liberatore dell’uomo.


LA TEOLOGIA DELL’UNIFICAZIONE E LA CADUTA

La Genesi descrive lo stato ideale dell’uomo come un periodo d’innocenza senza preoccupazione, di pace completa, di armonia e di gioia. Questo stato originario di Adamo ed Eva derivava dalla loro intima comunione con Jahvè. Per mettere in evidenza quanto era piacevole la condizione primitiva dell’uomo, l’autore biblico paragona la situazione dell’uomo alla vita in un parco privato riservato agli imperatori persiani per i loro divertimenti. Cioè, il giardino dell’Eden era un paradiso fatto da Dio per il divertimento e il piacere di Sé stesso e dei Suoi ospiti regali. L’uomo perciò fu creato e collocato nel parco privato di Dio come segno di un suo stato speciale. Come il re dei re persiano permetteva solo ai suoi cortigiani favoriti di girovagare attraverso i suoi magnifici giardini imperiali, così Adamo ed Eva godevano del raro privilegio di divertirsi nel parco privato di Dio. Quello che il cronista jahvista puntualizza è la grande differenza tra lo stato originale dell’uomo e la sua condizione presente. Usando una figura retorica familiare, il cronista ha messo in contrasto la vita facile, bella e piacevole del nobile del Medio Oriente con l’esistenza faticosa, travagliata del tipico contadino e beduino. Tale, dice la Genesi, è la differenza tra la vita dell’uomo prima della caduta e quella dopo la caduta. [15]

I Due Alberi dell’Eden

Secondo l’anedottica ebraica questo meraviglioso giardino dell’Eden conteneva due magnifici alberi, piantati proprio nel mezzo del Paradiso, dove affluivano insieme i quattro grandi fiumi del mondo antico. Uno era l’albero della conoscenza del bene e del male e l’altro era l’albero della vita. Numerose ricerche fatte da studiosi moderni dimostrano come la fede in questi alberi ha influenzato la mitologia, l’arte e la religione dell’uomo primitivo. [16]

L’Antico Testamento paragona spesso l’uomo giusto a un albero. Nell’inno d’apertura del libro dei Salmi, si legge: “Benedetto è l’uomo che non partecipa alle adunanze del malvagio… perché sarà come un albero piantato vicino ai fiumi d’acqua”. Riferimenti simili si possono trovare nel libro dei Proverbi: “Il frutto della giustizia è albero di vita” (11:30), “Un desiderio realizzato è albero di vita” (13:12) e “un discorso di pace è albero di vita” (15:4). Per cui, siccome questa analogia tra uomo giusto e albero forte secolare dalle profonde radici era tanto comune nel pensiero ebraico, era naturale paragonare la sapienza divina a un albero di vita, che avrebbe benedetto quanti si aggrappavano saldamente a lui (Prov. 3:18). Di conseguenza, la teologia dell’Unificazione interpreta l’albero della vita nel Paradiso come l’uomo ideale. Qual era agli occhi di Dio lo scopo di Adamo? Crescere, maturare ed essere attivo attraverso una vita in stretto rapporto con il Creatore, realizzando così le sue potenzialità maschili e producendo frutti abbondanti.

Da quando Jahvè creò Eva come compagna, partner ed aiuto di Adamo, l’Eden ebbe un secondo albero per illustrare lo scopo di Dio nella vita. Il simbolo della donna ideale era l’albero della conoscenza del bene e del male. Qual è l’ideale femminile? Dio l’ha designata come partner che ama l’uomo, sua saggia consigliera, compagna fedele, e madre dei loro figli. Per cui, se avessero aspettato fino ad essere sufficientemente maturi per essere benedetti da Dio in matrimonio, Adamo ed Eva avrebbero potuto considerarsi come rappresentanti visibili di Dio, avrebbero avuto degni discendenti e sarebbero stati i veri genitori di tutta l’umanità. Perciò, l’albero della conoscenza del bene e del male avrebbe prodotto il frutto proibito solo finché Adamo ed Eva erano immaturi.

Tuttavia, siccome la prima coppia si unì senza la benedizione divina, i loro occhi si aprirono a sentimenti di vergogna e di colpevolezza. Invece di diventare i rappresentanti di Dio essi cercarono di acquistare una totale indipendenza e autosufficienza. Piuttosto che rappresentare Dio, l’uomo divenne un Suo rivale, un ribelle alla Sua sovranità.

L’amore di Eva non era intrinsecamente un frutto proibito. Essa fu creata per vivere felicemente insieme a Adamo. L’amore fisico è inteso come una delle benedizioni più preziose di Dio. Ciò nonostante, lo si può paragonare al fuoco: se controllato, il fuoco è amico dell’uomo, ma fuori controllo ne diventa un terribile nemico.

L’Interpretazione Sessuale della Caduta

Molti studiosi hanno messo l’accento sul fatto che il racconto della Genesi relativo alla caduta ha giocato un ruolo minimo nella religione degli ebrei fino a dopo l’esilio di Babilonia. Però esso attirò un’attenzione considerevole nei circoli apocalittici e altrove durante il periodo intertestamentario. Fin dall’inizio dell’era cristiana il racconto dell’Eden è stato interpretato in diversi modi. La causa dell’espulsione di Adamo ed Eva dal Paradiso è stata attribuita ad una semplice disubbidienza al comandamento divino, ad un’ardita sfida a Dio, all’orgoglio, alla ribellione, ad una presuntuosa ricerca della conoscenza, al desiderio dell’uomo di diventare divino, oppure ad un atto di concupiscenza. L’interpretazione sessuale della caduta è uno fra gli svariati punti di vista adottati dai commentatori rabbinici, dagli scrittori apocalittici, dai settari del Cristianesimo primitivo e da diversi moderni studiosi della Bibbia. [17] Ci sono pure numerose allusioni nei Padri della Chiesa greca primitiva, che suggeriscono che la spiegazione sessuale del peccato di Adamo era largamente diffusa nel periodo formativo del movimento cristiano. Prendiamo in esame una forma contemporanea di questo punto di vista.

Per alcuni critici della Bibbia, il racconto del 3° capitolo della Genesi contiene un attacco israelitico al sincretismo religioso che esisteva durante e dopo il regno di Salomone. [18] In questo caso lo scrittore del racconto del giardino dell’Eden si opponeva al culto ebreo-cananeo della fertilità, che era popolare nel suo tempo.

Per tutto il Medio Oriente il dio serpente era venerato come la divinità del piacere sessuale, della salute, della saggezza e della fecondità. [19] Ora, che cosa offre il serpente nel racconto della Genesi? Egli dice ad Eva che lui sa in che modo l’uomo può diventare simile a Dio. Secondo la mitologia dei cananei e presumibilmente secondo il culto sincretista di Baal-Jahvè, il dio-serpente ha il potere di conferire all’uomo il dono dell’estasi sessuale, della procreazione, della salute e dell’immortalità.

Tuttavia, per lo jahvista, il serpente non fu un dio benefico ma un seduttore ed un ingannatore. Per lui la divinità sessuale corrompe l’uomo, lo guida al peccato, e causa la sua espulsione dal giardino del Paradiso, In altre parole, per lo jahvista il dio dei cananei diventa il diavolo.

A fianco del serpente, il 3° capitolo della Genesi dà grande importanza all’albero della conoscenza che Dio ha piantato in mezzo all’Eden. La frase “conoscenza del bene e del male” presenta almeno 11 possibilità di significato. In ebraico ed in altre lingue del Medio Oriente, “conoscere” può significare possesso sessuale della femmina da parte del maschio. Altri elementi sessuali del racconto sono: 1) Il frutto proibito potrebbe avere avuto proprietà afrodisiache. 2) La foglia di fico è stata associata a orgie religiose sessuali. 3) Adamo ed Eva furono sopraffatti dalla vergogna fisica e coprirono le loro parti intime. 4) Eva è chiamata “la madre di tutti i viventi”. 5) La punizione del peccato comporta le sofferenze della gravidanza e del parto. 6) Infine, c’è il serpente.

Tutti questi elementi alludono al fatto che il racconto dell’Eden è in relazione al culto cananeo della fertilità. Si deve notare tuttavia, che in Genesi 2:24 e ss. è implicito chiaramente che Adamo ed Eva furono creati come partners. Quello che lo jahvista sta condannando è il rapporto sessuale extra-coniugale. E questo è esattamente ciò che era praticato nei culti cananei della fertilità, per i quali venivano procurati prostituti sia maschili che femminili.

Inoltre, per contrastare l’adorazione del dio serpente e le pratiche sessuali immorali delle religioni della fertilità, lo jahvista potrebbe insegnare una terza lezione. La mitologia cananea e la sua controparte ebraica, cioè il racconto della Genesi, presuppongono che l’uomo può diventare come Dio, che è appunto la tentazione con cui il serpente sedusse Eva. L’uomo con il sesso fa l’esperienza di tutta la gioia e del potere di essere co-creatore insieme al Creatore divino. Come il signore della tempesta [20] rende fertile la nuda terra e le permette di produrre un abbondante raccolto, così l’uomo rende fertile la sua compagna, generando dei figli. Ciò che Dio e la sua divina consorte [21] realizzano a livello cosmico, un uomo ed una donna possono similmente realizzarlo qui sulla terra.

Al contrario, ciò che lo jahvista insegnava era che l’uomo non può mai diventare divino perché Dio è al di là della nostra possibilità di raggiungerLo. “Le Sue vie non sono le nostre vie, i Suoi pensieri non sono i nostri pensieri”, come ricordano i profeti. Inoltre, quando cerchiamo di diventare come dei attraverso l’estasi sessuale, scopriamo i tragici risultati di tale presunzione. La donna sentirà la sofferenza del parto e l’uomo avrà da lavorare lunghe ore sotto pesanti oneri proprio per dare a sé stesso e ai suoi cari la possibilità di nutrirsi e vestirsi. Così, lo jahvista ammonisce i suoi lettori a non cercare mai di essere come Dio, ma piuttosto di sottomettersi umilmente al Signore che ha l’unico e indiscutibile controllo di ogni cosa.

Quel Serpente Antico, il Diavolo

La teologia dell’Unificazione interpreta l’identità del serpente nell’Eden alla luce della dottrina del Nuovo Testamento riguardante Satana. Come molti rabbini ebrei del I° secolo e oltre, gli scrittori del Nuovo Testamento attribuiscono l’origine del male alla seduzione di Eva da parte dell’arcangelo Lucifero. Naturalmente molti studiosi della Bibbia hanno evidenziato che il concetto di Satana ha subìto un considerevole sviluppo e precisazione all’interno dell’Antico Testamento e del pensiero giudeo pre-cristiano. Così ha fatto la dottrina ebraica riguardo a Dio. Per cui se bisogna riconoscere la graduale rivelazione della vera natura di Dio, è ugualmente giusto riconoscere che la comprensione dell’uomo riguardo all’angelo caduto si è lentamente chiarificata. Quanto più si conosce la realtà di Dio, tanto più chiaramente si può vedere la realtà del Suo avversario.

Allora, che cosa ha motivato Lucifero a causare la caduta di Adamo ed Eva? L’Arcangelo fu sopraffatto dalla gelosia per Adamo. Contemporaneamente fu attratto verso Eva in modo passionale. Creato prima dell’uomo, Lucifero sembra essere stato l’angelo più importante della corte celeste. Qualche rabbino ha insegnato che Dio aveva dato originariamente a Lucifero un potere superiore sul mondo come Suo capo consigliere. In ogni caso l’Arcangelo diventò invidioso di Adamo quando capì che Dio gli aveva promesso un dominio sulla terra. Il libro apocrifo “Ecclesiasticus” che fu una parte della Bibbia dei Settanta usata nella Chiesa primitiva, insegna che Satana tentò Eva per invidia. Per cui la maggior parte dei cristiani hanno attribuito l’atto di Lucifero al suo orgoglio ferito. L’Arcangelo non riuscì ad accettare di essere messo al secondo posto. Egli sentì, sbagliando completamente, che Dio aveva trascurato tutto ciò che lui aveva fatto in precedenza e stava mostrando tutto il Suo affetto verso un Adamo insignificante. Così molti Padri della Chiesa ammoniscono che l’orgoglio è il peggiore dei peccati mortali.

Per invidia Lucifero complottò di screditare Adamo agli occhi di Dio e di riconquistare la sua posizione originale come favorito di Dio, cosa che, lui credeva, si sarebbe potuta realizzare se fosse stato capace di possedere Eva e controllare Adamo per mezzo di lei. Così, per la teologia dell’Unificazione, non ci sarebbe stata alcuna caduta senza Lucifero.

Come si può paragonare questo con il punto di vista contemporaneo sulla caduta? Prima di tutto ciò è in disaccordo con coloro, come Tillich, i quali insegnano che la caduta era naturale ed inevitabile a causa della limitatezza dell’uomo. La condizione caduta dell’uomo non è dovuta alla caduta dal mondo dell’essenza a quello dell’esistenza materiale; una vecchia versione di questo punto di vista era quello di Origene. Diversamente da Origene e dai cristiani di tendenza platonica, la teologia dell’Unificazione non crede che l’uomo cadde quando la sua anima pura si imprigionò nella materia. Secondariamente i Principi Divini non sono d’accordo con Schleiermacher e i suoi seguaci sul fatto che il peccato si origina nel conflitto naturale tra la natura sessuale dell’uomo e le sue aspirazioni spirituali. Cioè noi non siamo caduti perché è stato difficile controllare i nostri appetiti carnali. E neppure, terzo, siamo peccatori a causa dei nostri desideri sessuali, come avevano sostenuto gli gnostici, Marcione e altri dualisti. Tutte queste tre interpretazioni della caduta implicano più o meno che la creazione fu uno sbaglio e che essere naturali significa essere peccatori. Per la teologia dell’Unificazione, come anche per l’insegnamento generale cristiano ortodosso, Satana merita prima di tutto di essere biasimato per aver causato l’allontanamento esistenziale dell’uomo da Dio.

Satana voleva che Dio dirigesse il Suo amore per Adamo ed Eva attraverso di lui. Allora l’Arcangelo decise di ribellarsi a Dio e usurpare la posizione di Adamo. Questa sfida e questa aperta rivolta contro la sapienza di Dio cambia Lucifero da angelo di luce in Satana, il Suo avversario. Quando ebbe successo nell’usurpare la posizione di Adamo, Lucifero frustrò il piano divino per la creazione.

La Caduta Spirituale e la Caduta Fisica

Quale fu il peccato originale commesso da Adamo ed Eva, che li separò da Dio? Il rabbino Leo Jung ha fatto uno studio accurato dei commentari giudeo-cristiani ed islamici sulla caduta. Egli è giunto alla conclusione che nel Midrash giudeo il serpente causò la caduta dell’uomo perché voleva portare Adamo alla morte come punizione del fatto di aver mangiato il frutto proibito. Tuttavia, il principale scopo del serpente non fu la morte di Adamo, bensì il possesso di Eva. Il serpente desiderò Eva vedendo quanto Adamo ed Eva si amavano. Tutti i racconti che parlano dell’adulterio del serpente con Eva, hanno qualche fondamento nella tradizione giudea, sosteneva Jung. [22]

Nel racconto contenuto in Abot de Rabbi Nathan, del II secolo, è scritto: “In quel tempo il serpente maligno pensò nel suo cuore e disse: “Poiché non sono capace di portare Adamo a cadere, andrò da Eva e farò cadere lei”. Andò, le si sedette accanto, e incominciò a parlare con lei… Che cosa aveva programmato di fare il serpente maligno in quel momento? Ucciderò Adamo e ne sposerò la moglie e sarò re del mondo intero, ne sarò fiero e mi diletterò in piaceri regali”.

Ugualmente in Pirke de Rabbi Eliezer leggiamo: “Samael (l’angelo cattivo), cavalcando il serpente andò da lei ed ella concepì… Più tardi, in The Zohar si trova scritto: “Samael andò da Eva per corromperla con la sua lascivia, ed essa rimase incinta e generò Caino”. Allora fu Caino il reale figlio di Satana? No, dice Yalkut Hadash: “Samael generò lo spirito, l’anima di Caino, Adamo divenne il padre fisico. Lo spirito creato di Samael non aveva corpo finché il seme di Adamo non glielo fornì”. [23]

Così, secondo gli antichi commentatori giudei, il serpente, una bestia molto intelligente o una maschera dell’angelo del male, fu invidioso della gioia nuziale di Adamo, o dell’onore di Adamo fra gli angeli, o del suo dominio sugli animali, oppure s’innamorò di Eva e desiderò conquistarne l’affetto. Qualunque sia il motivo, il serpente persuase Eva ad avere una relazione con lui attirando su di lei le maledizioni di Dio, trasformandosi così, da creatura eretta con mani e piedi, quale era in origine, in un rettile strisciante. Da notare che ci sono variazioni negli antichi racconti rabbinici sulla caduta. Ciò nonostante il dott. Jung sente che tutte queste variazioni sono fedeli al testo biblico senza introdurre nulla di estraneo allo spirito del 3° capitolo della Genesi, e si adattano al senso del racconto originale. [24]

Ciò che la teologia dell’Unificazione fa è offrire una descrizione coerente del peccato originale, che in un certo senso assomiglia a queste primitive interpretazioni rabbiniche. Lucifero fu creato da Dio per essere Suo servo, mentre gli uomini furono creati per essere Suoi figli fedeli. Questa differenza “di condizione” rese l’angelo geloso di Adamo. Egli ebbe anche invidia di Adamo ed Eva poiché avevano il privilegio di possedere una dimensione fisica e allo stesso modo si risentì per essere passato al secondo posto agli occhi di Dio. Inoltre, Lucifero sentì crescere il suo amore per Eva ma, anziché resistere ai suoi desideri, egli si avventurò nel sedurla nonostante sapesse che tale atto era in diretto contrasto con la volontà di Dio. Eva rispose alle proposte di Lucifero e la loro azione è ciò che noi chiamiamo caduta spirituale.

Come risultato della loro fornicazione essi sentirono una grande paura. Lucifero si spaventò perché aveva volontariamente violato l’ordine naturale di Dio, il principio di creazione. Anche Eva fu terrorizzata da quello che aveva fatto. Capì che Lucifero non era il suo giusto compagno, perché era stata creata per essere la compagna di Adamo. Scoprì anche di essere divenuta schiava e di essere in pratica posseduta dallo spirito ribelle dell’Arcangelo.

Ci si potrebbe chiedere se Eva abbia potuto realmente avere rapporti sessuali con Lucifero. La Bibbia, come la letteratura di ogni grande civiltà antica, presume che una persona possa avere contatto con spiriti. Come riportano scritti cinesi, indiani, greco-romani ed ebraici, gli spiriti posseggono gli stessi poteri di percezione sensuale e di piacere che hanno gli esseri umani. [25] Attraverso la storia ci sono state relazioni sessuali tra spiriti ed esseri umani. Questo spirito maschile è chiamato incubo e la controparte femminile è chiamata succube. Allora la caduta spirituale non significa semplicemente una relazione immaginaria fra Lucifero ed Eva. Non ci fu un semplice adulterio nel cuore di Eva, ma un reale rapporto sessuale che la influenzò nello spirito e nel corpo. La loro unione si chiama caduta spirituale perché il ruolo maschile non fu sostenuto da un essere umano, ma da uno spirito.

Accanto a questa caduta spirituale ebbe luogo la caduta fisica di Adamo ed Eva. La prima portò alla seconda. Quando Eva si accorse di aver peccato con Lucifero, desiderò ardentemente di ottenere nuovamente il favore di Dio. Poiché si accorse che Adamo era il suo vero partner, lo tentò perché si unisse a lei. Dio voleva che Adamo ed Eva diventassero marito e moglie solo dopo aver raggiunto la maturità spirituale, cioè dopo che Dio fosse diventato il centro della loro vita. Finché il loro intero essere non avesse avuto come punto centrale l’amore verso Dio essi non sarebbero stati in grado di unirsi con un amore giusto. Poiché si unirono prematuramente e naturalmente senza la benedizione di Dio, trasgredirono la Sua volontà. Perché questo fu un atto di peccato? L’amore e il sesso di per sé non sono sbagliati, però, quando sono indirizzati male, diventano peccato.

Così come Satana aveva contaminato Eva, Eva contaminò Adamo e tutti e due in quel momento persero la loro condizione di figli di Dio e diventarono servi di Satana, il Lucifero caduto. La linea di sangue che Adamo ed Eva avevano con Dio fu spezzata ed essi caddero al di sotto dello stadio di formazione, diventando schiavi della legge di Satana. Così la caduta di Adamo frustrò completamente lo scopo di creazione di Dio. Se Adamo avesse resistito alla tentazione di Eva, tutto il quadro sarebbe cambiato. Dio avrebbe potuto lavorare ancora attraverso Adamo per restaurare Eva o creare un’altra donna al suo posto; come scrisse Anselmo, se solo Eva avesse peccato e non Adamo, non ci sarebbe stata la morte per la razza umana, ma solo per Eva, perché Dio avrebbe creato un’altra donna attraverso la quale lo scopo della creazione si sarebbe potuto realizzare. [26]

Così Adamo ed Eva centrarono la loro vita su sé stessi, invece che su Dio. Satana esercitò un diritto su di loro, ed essi si allontanarono completamente dal regno d’amore di Dio.

Secondo i Principi Divini il peccato originale è trasmesso a tutti i discendenti di Adamo e può essere rimosso solo quando il Messia viene per restaurare la linea di sangue originale dell’uomo come figlio di Dio. Consapevoli di aver peccato, Adamo ed Eva si vergognarono di quello che avevano fatto, quindi coprirono le loro parti intime e si nascosero alla vista di Dio.

In quale modo i Principi Divini chiarificano le antiche concezioni rabbiniche sulla caduta? Prima di tutto essi sono d’accordo con coloro che identificano il serpente come l’angelo ribelle. Secondariamente prendono in considerazione l’aspetto sessuale della caduta, cosa che molti commentatori moderni ignorano. Terzo, distinguono nettamente due parti del racconto della Genesi: la caduta spirituale e la caduta fisica. Per la teologia dell’Unificazione, come per i cristiani ortodossi, tutti gli uomini sono figli di Satana e ognuno eredita il peccato originale attraverso Adamo. Infine, il punto di vista dei Principi Divini riferito alla caduta spiega perché l’idea di concupiscenza ha giocato un ruolo così importante nella comprensione cristiana del peccato originale ed ereditario.

Poteva Dio Impedire la Caduta?

Se Dio è onnipotente, onnisciente e sommo bene, perché non ha in qualche modo protetto Adamo ed Eva impedendo loro di frustrare il Suo piano per la creazione? Questo è stato uno dei problemi più spinosi per i teologi. Alcuni dicono che Dio sapeva che la caduta sarebbe avvenuta, ma l’ha permessa per preparare l’uomo ad un bene più alto, la benedizione della redenzione. Altri dicono che l’onnipotenza di Dio non è assoluta e che il Suo potere è limitato dalla libertà dell’uomo. Secondo questo punto di vista l’uomo e Dio devono lavorare insieme per realizzare lo scopo della storia. Un terzo gruppo di teologi sostiene che il giusto rapporto tra il potere di Dio e la nostra libera volontà è un mistero che va oltre la comprensione umana. Perciò dovremmo credere che ogni cosa è nelle mani di Dio, ma agire come se tutto dipendesse da noi. La teologia dell’Unificazione suggerisce che questo problema di teodicea deve essere trattato alla luce di quattro fattori: la libertà umana, il potere dell’amore, l’immaturità di Adamo ed Eva al tempo della caduta e la dignità intrinseca dell’uomo come signore della creazione. Per prima cosa dobbiamo riconoscere la libera volontà dell’uomo. Noi possediamo la libertà di scelta perché siamo creati a immagine di Dio. Se siamo esseri umani, siamo responsabili delle nostre azioni. Se perdiamo la libera volontà diventiamo dei puri robots, delle marionette controllate dall’esterno. Credere questo è stravolgere il Cristianesimo nel fatalismo, come hanno fatto Calvino ed altri. Per cui è importante affermare sia la libertà dell’uomo che la sovranità di Dio.

Dio ha creato l’uomo per esprimere un amore pieno, che si manifesti in una eterna, totale felicità. Egli ha creato la forza dell’amore così assoluta che può persino violare la Sua volontà. Essa può dominare la forza della legge naturale e le convenzioni sociali. L’amore può accecare l’uomo e guidarlo verso la propria distruzione, oppure può spronarlo a scegliere addirittura di morire per la causa di Dio. Poiché Dio ha creato la forza dell’amore così assoluta è stato possibile per Lucifero, Adamo ed Eva frustrare il piano di Dio per la creazione.

Ora, quando ha avuto luogo la caduta? Ci sono state due risposte tradizionali nate dai pensatori ebraici, cristiani e musulmani. Alcuni teologi, come Agostino, hanno sostenuto che Adamo ed Eva erano già perfetti quando commisero il peccato originale: Dio creò la prima coppia a Sua immagine. Questo potrebbe implicare che essi rappresentano l’umanità al più alto livello: bellezza fisica, bontà morale e benedizione spirituale. Poiché erano in Paradiso, Adamo ed Eva erano del tutto degni di vivere alla presenza di Dio. Questa teoria sottolinea la natura abominevole del loro peccato. Poiché ne avevano avuto un piacere egoistico, si meritarono giustamente l’espulsione dall’Eden e la dannazione eterna per sé e per i loro discendenti.

Un’altra interpretazione cristiana fu data da Clemente di Alessandria e da Ireneo. Adamo ed Eva erano immaturi quando furono sedotti da Lucifero. Se fossero stati adulti maturi avrebbero obbedito al comandamento di Dio, resistito alla tentazione e non sarebbero caduti di fronte alla concupiscenza. La teologia dell’Unificazione accetta questo punto di vista. Così fecero Pietro Lombardo, Ugo di S. Vittore, Alessandro di Hales, Bonaventura, Duns Scoto e successivamente il francescano Schoolmen. [27] Clemente d’Alessandria scrisse:

“Il Salvatore venne all’uomo che era sperduto nei suoi pensieri, a noi, la cui mente era corrotta, come risultato della disubbidienza ai comandamenti, perché amavano il piacere e forse anche perché il primo uomo della nostra razza non aspettò il suo tempo, desiderò il piacere del matrimonio prima del momento giusto e cadde nel peccato per non avere aspettato il tempo della volontà di Dio. [28]

E se il serpente prese l’uso del rapporto sessuale dagli animali irrazionali e persuase Adamo ad accondiscendere ad avere un rapporto sessuale con Eva, come se la prima coppia creata non avesse una tale unione per natura, come qualcuno pensa, questo pure è blasfemo contro la creazione… ma anche se la natura li guidò alla procreazione, come gli animali irrazionali, furono spinti a farlo prima di quello che era giusto, perché essi erano ancora giovani ed erano stati fuorviati con l’inganno. Così il giudizio di Dio contro di loro fu giusto perché essi non aspettarono la Sua volontà.[29]

Secondo Ireneo, Adamo ed Eva non erano completamente maturi quando avvenne la caduta. Essi si trovavano in uno stato irriflessivo, primitivo, di innocenza ed avevano appena iniziato il processo di maturazione. Poiché essi non erano totalmente maturi è facile vedere perché cedettero alla tentazione di Satana e caddero. Con la caduta l’uomo è diventato servo di Satana e questo ha interrotto il suo sviluppo verso la perfezione. [30] Secondo la teologia dell’Unificazione il principio di creazione fornisce all’uomo ogni guida di cui ha bisogno nella sua crescita verso lo stadio di perfezione. Questo principio permette a ciascuno di noi di avere un sufficiente grado di libertà per agire responsabilmente. Perciò Dio non domina completamente il nostro processo di maturazione. L’uomo, per sviluppare le sue potenzialità, deve essere motivato e guidato da sé stesso.

Al momento della caduta Adamo ed Eva avevano raggiunto solamente il livello più alto dello stadio di crescita, cioè erano adolescenti, erano appena usciti dalla fanciullezza. Quando la prima coppia sarebbe stata completamente matura avrebbe amato Dio così intimamente che nessuna tentazione l’avrebbe allontanata da Lui. Quando Eva si arrese alle lusinghe dell’Arcangelo ribelle e poi quando Adamo prematuramente si unì a lei, essi erano ancora sotto il dominio indiretto di Dio.

Dio non poteva esercitare il dominio diretto su di loro prima che essi avessero raggiunto la perfezione. Una volta che Adamo ed Eva avessero raggiunto la maturità, niente avrebbe potuto rompere il loro amore incondizionato per Dio. A quel livello, e soltanto allora, Dio avrebbe potuto liberamente donare loro il Suo amore. Fino a quel momento l’amore dei nostri progenitori per Dio era incompleto e poteva essere indirizzato male. Per questo motivo un uomo e una donna dovrebbero sperimentare la completa unione d’amore vicendevole solo dopo che il loro amore individuale per Dio è diventato incondizionato. Senza un previo amore perfetto di una persona verso Dio, il vero affetto, interesse e unione con un altro essere umano è pressoché impossibile, come dimostrano chiaramente i problemi della nostra epoca riguardo il matrimonio.

Infine, Adamo fu creato per essere il signore della creazione così da possedere una dignità potenziale al di sopra di tutte le creature. Per essere pienamente qualificato per questa posizione Adamo doveva confidare nelle sue proprie forze e nel suo discernimento nel perfezionare il suo cuore secondo l’immagine di Dio. Dio aspetta fino a che l’uomo sappia governare sé stesso prima di permettergli di governare il mondo intero. In questo modo Dio vuole che l’uomo condivida la Sua opera creativa. Per raggiungere la dignità di signore della creazione Adamo doveva agire responsabilmente. Per questa ragione fu impossibile a Dio prevenire la caduta.

Effetti della Caduta

Prima di spiegare la precisa posizione unificazionista dobbiamo riportare brevemente altri quattro punti di vista cristiani.

1) I Padri greci sottolineano la sventura della morte fisica imposta a Adamo ed Eva quando essi furono scacciati dal giardino dell’Eden. Poiché l’uomo ha peccato è soggetto ai danni ed al decadimento provocato dal tempo. Ciò nonostante egli desidera ardentemente l’immoralità. Il Cristianesimo proclama che il corruttibile può divenire incorruttibile e che la morte può essere sconfitta dall’unione con Dio. Pertanto, lo scopo di Cristo era di permettere all’uomo di riunirsi al Padre. [31]

2) Il Cattolicesimo dichiara che poiché Adamo ed Eva caddero, i loro discendenti sono stati privati dello stato originale di bontà e di santità dell’uomo. La natura umana ha perso i suoi doni originali soprannaturali e le facoltà naturali dell’uomo sono gravemente indebolite dalla macchia della colpa di Adamo. Il peccato originale si è trasmesso dalla prima coppia a tutti i discendenti attraverso l’atto procreatore. I suoi effetti sono visti nell’ignoranza dell’uomo sul suo vero scopo e nel potere distruttivo delle sue passioni (concupiscenza). [32]

3) La Riforma protestante dipinge un quadro molto più triste dello stato caduto. A causa della caduta tutti gli uomini sono completamente depravati. L’uomo è talmente separato dal suo Creatore da meritare la condanna eterna. Se una piccola percentuale sfugge alla collera divina, è dovuto solo alla grazia incondizionata di Dio e non ha niente a che fare con il buon comportamento dell’uomo. Poiché l’uomo caduto è “incapace di non peccare” tutto quello che pensa e che fa è frutto di una mente e di una volontà perverse. Così, per citare Jonathan Edwards, tutti noi siamo “peccatori nelle mani di un Dio arrabbiato”. [33]

4) I cristiani liberali hanno reagito contro il punto di vista della Riforma negando la storicità della caduta, il peccato originale e il concetto della condizione dannabile dell’uomo. L’uomo, in un lontano passato, invece di cadere dal Paradiso si è evoluto in modo graduale, moralmente, culturalmente e religiosamente per realizzare lo scopo della creazione di Dio. Dio non ci giudicherà se non per i nostri peccati personali. Anche se esistiamo in una società non certo ideale, noi possiamo e dobbiamo migliorarla. Come individui, tutti gli uomini sono chiamati a diventare figli di Dio e a lavorare per la realizzazione del Suo Regno su questa terra. Allora perché siamo peccatori? a) Perché noi non siamo ancora totalmente liberi dal nostro passato animale. b) Perché siamo il prodotto di un ordine sociale imperfetto. c) Perché siamo influenzati da cattivi esempi. d) Perché non riusciamo a vivere secondo i nostri ideali più alti. Nessuna di queste mancanze, tuttavia – insistono i cristiani liberali – ha bisogno di essere riportata alla caduta di Adamo, al peccato originale, o alla depravazione ereditaria della razza umana.

Allora come si pone la teologia dell’Unificazione di fronte ai punti menzionati? Diversamente dai teologi ortodossi e da alcuni cattolici, la teologia dell’Unificazione non pensa alla morte fisica dell’uomo come a una maledizione data a Adamo a causa della caduta. La Bibbia non sottintende che la morte fisica è una punizione divina. La morte dovrebbe essere vista come un processo naturale: tutti devono morire, tuttavia la morte non comporta terrore perché ognuno di noi possiede un’anima immortale. Perciò la domanda importante riguarda non tanto la morte del corpo, quanto, soprattutto, lo stato futuro dell’anima.

Come gli ortodossi orientali, i cattolici e i protestanti della Riforma, noi riconosciamo il potere soprannaturale del male. Adamo ed Eva caddero a causa della tentazione dell’arcangelo. Poiché essi si unirono a lui attraverso atti di un amore fuori dai principi di Dio, i loro discendenti divennero figli di Satana e l’intero mondo cadde sotto il suo dominio.

Cosa significa esattamente essere figli di Satana? La teologia dell’Unificazione sostiene che noi siamo completamente legati a lui, come se in qualche modo misterioso noi fossimo quasi letteralmente suoi discendenti. L’uomo, destinato ad avere Dio al centro della propria vita, soffre a causa di un amore completamente male indirizzato. Il peccato originale non lo priva della sua libera volontà, della sua ragione e dei suoi doni naturali. Quello che è necessario restaurare è la direzione della volontà e dell’amore dell’uomo. Per questo è necessaria una purificazione soprannaturale della condizione umana da parte del Messia, perché l’uomo possa restaurare la sua stirpe divina e la sua condizione di figlio.

Questo è stato intelligentemente nascosto da Satana, che ha impedito anche ai santi più elevati di raggiungere il loro scopo finale. In questo modo noi siamo ancora separati da Dio. Da notare, tuttavia, la differenza tra la teologia dell’Unificazione e la dottrina agostiniano calvinista della totale depravazione. La nostra libera volontà, ragione e sensibilità morale non sono state completamente distrutte dalla caduta. Ciò nonostante, finché il Messia non avrà rimosso la macchia del peccato originale, ci sarà sempre una barriera finale tra Dio e l’uomo.

Dopo aver causato la caduta della prima coppia, Satana ha lavorato per estendere il suo potere e rinforzare il suo dominio sull’umanità. Egli fa questo in due modi: da una parte accusa costantemente gli uomini di aver disobbedito ai comandamenti del loro Creatore, dall’altra sta cercando continuamente di adescare le persone per farle diventare suoi strumenti. Di conseguenza le persone dominate da Satana si moltiplicano continuamente. Perciò i mali sono il risultato dell’influenza di Satana sull’umanità. Nondimeno è possibile purificarsi da elementi satanici, abolendo la base di rapporto tra noi e l’Arcangelo ribelle. Quali sono stati gli effetti della caduta sull’uomo? Spezzata la radice della vita e della felicità, l’uomo ha sofferto nella solitudine, nell’inquietudine, nell’ansietà e nel timore della morte. La ricerca di colmare il nostro vuoto spirituale è stata infruttuosa. Noi abbiamo un grande desiderio di verità e di amore vero. Separati da Dio, sperimentiamo continuamente inimicizie e guerre. A tutte queste difficoltà si aggiunge la reciproca ostilità tra l’uomo e la natura. In un mondo disordinato non siamo più capaci di essere coloro che si prendono cura della natura e questa non ci risponde fedelmente. Come ha scritto Paolo, l’intera creazione geme nel travaglio (Rm. 8:22).

Ciò nonostante il risultato peggiore della caduta sono i suoi effetti nei confronti di Dio. Il Suo scopo di creazione e stato frustrato. Come conseguenza della caduta Dio fu praticamente privato della Sua sovranità sulla creazione e perse il Suo dominio sul cuore dell’uomo. Se Dio è un Dio di cuore, il Suo cuore deve essere stato trafitto quando Adamo Ed Eva furono sedotti. Per innumerevoli secoli Dio ha sofferto. Per quanto tempo ha accumulato delusioni, costernazione, amarezza ed afflizione!

La teologia tradizionale ha ignorato questa sofferenza divina causata dalla caduta. Tuttavia, nel pensiero del processo, Dio, di conseguenza, agisce creativamente nel mondo e sul mondo ed è arricchito dal suo divenire, cioè dalla sua realizzazione e dalla sua tragedia. Così come Whitehead Lo descrive, Dio è un compagno di sofferenza, influenzato dalle azioni della Sua creazione.

Perché il fatto del grande dolore di Dio non è stato preso in considerazione? Alcuni pensatori contemporanei, come Moltmann, davano la colpa alla dottrina del Dio impassibile e non sofferente, ereditata dai metafisici greci. [34] Ci sono ragioni molto più importanti, direbbe il pensiero dell’Unificazione. Primo, la natura tragica della caduta ci è stata tenuta attentamente nascosta, poiché Satana approfitta enormemente della nostra ignoranza. Secondariamente, tutti gli effetti della caduta su Dio ci sono stati anch’essi tenuti nascosti perché Dio non poteva rivelare completamente la profondità del Suo dolore. Un barlume del cuore dolorante di Dio si ha solo nelle profezie di Osea, nel 2° libro di Isaia, in alcuni Salmi e nelle parabole di Gesù. Ma questa è solo una pallida idea della sofferenza divina.

Noi uomini sentiamo di non poter rivelare a chiunque i nostri sentimenti più profondi; molte persone non potrebbero capire di che cosa stiamo parlando. La stessa cosa vale per Dio. Egli non potrebbe rivelare il Suo dolore se non a qualcuno che ha compreso esattamente quello che ha fatto Satana e i suoi effetti nel piano universale di Dio.

Allora qual è lo scopo ultimo del Messia? Rimuovere il peso insopportabile che ora sta opprimendo il cuore divino e liberare non solo l’umanità sofferente, ma anche un Dio pieno di angoscia. Una volta che Dio sarà libero di esercitare la Sua sovranità d’amore sulla creazione, la Sua immensa gioia farà sorgere una primavera cosmica. Quando il cuore di Dio si sentirà contento, allora l’intero universo sarà irradiato di felicità ed armonia.


Note

[1] F. R. Tennant – un teologo anglicano dei primi anni del XX secolo all’Università di Cambridge.

[2] A. S. Rappoport e R. Patai, Myth and Legend of Ancient Israel (1966), vol. I.

[3] E. Brunner, Dogmatics (1952), vol. II, p. 89.

[4] Ivi, p. 100.

[5] Gordon D. Kaufman, Systematic Theology: A Historicist Perspective (1968), pp. 352-364.

[6] V. Lev Shestov, Kierkegaard and Existential Philosophy (1969), pp. 1-28, 127-138, 247-249.

[7] N. Berdyaev, The Destiny of Man (1960) pp. 23-44.

[8] Tillich, Systematic Theology (1957), vol. II, pp. 29-59.

[9] Treatise on Abel and Cain, XXXII.

[10] Avidità – desiderio di avere di più, cupidigia. Nella storia della caduta il desiderio di Adamo ed Eva per l’albero proibito è descritto come “cupidigia” (Gen. 3:6).

[11] Encratismo – credenza secondo cui il corpo è male; cfr. Tatiano, uno dei primi Padri della Chiesa.

[12] On Original Sin, 37.

[13] Ivi, 45.

[14] Thielicke. Man in God’s World (1967), pp. 163-198.

[15] Cfr. H. Rencken, Israel’s Concept of the Beginning (1964), per il punto di vista di un moderno gesuita olandese studioso dell’Antico Testamento sulla teologia della Genesi 1-3.

[16] Cfr. E. O. James, The Tree of Life, an Archeological Study (1966).

[17] Cfr. R. Gordis, The Word and the Book (1976), pp. 75-83.

[18] J. Alberto Soggin, Old Testament and Oriental Studies (1975), pp. 88-111. Soggin dà una eccellente bibliografia a p. 102 (nota in calce) di libri in inglese, tedesco, italiano e francese che trattano l’interpretazione sessuale della caduta.

[19] Karen R. Joines, Serpent Symbolism in the Old Testament (1974).

[20] Il “Baal” cananeo era un dio della tempesta.

[21] Baal e Astarte o Jahvè e Astarte.

[22] L. Jung, Fallen Angels in Jewish, Christian and Mohammedan Literature (1974), pp. 69-78.

[23] Ivi, pp. 73-74, 78-79.

[24] Ivi, p. 76.

[25] Cfr. Gen. 6:1-2.

[26] Anselmo, On the Vergin Conception and Original Sin, c. 9

[27] L. Lercher, Institutiones Theologica Dogmaticæ, vol. II, p. 359.

[28] On Marriage, XIV:94.

[29] Ivi, XVII:102-103.

[30] V. J. Gonzalez, A History of Christian Thought (1970), vol. I, pp. 165-169.

[31] Cfr. J. Meyendorff, Byzantine Theology (1974), pp. 143-149.

[32] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, edizione Blackfriars (1974), vol. 26. Per revisioni della dottrina tomistica si veda Q. Vandervelde, Original Sin (1975).

[33] Cfr. G. C. Berkouwer, Sin (1971) per una difesa contemporanea della dottrina calvinista.

[34] J. Moltmann, The Crucified God (1974), pp. 267-274.

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