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La Rivelazione

LA RIVELAZIONE E LA RAGIONE

Una classica definizione di rivelazione si può trovare nelle prime pagine della Summa Theologica di Tommaso d’Aquino. [1] Egli afferma che per la nostra salvezza è necessario avere una conoscenza rivelata da Dio, in aggiunta alla conoscenza ordinaria costruita sulla nostra ragione. Anche se l’uomo è per natura orientato verso Dio, ha bisogno di una rivelazione perché Dio è al di là di ciò che può essere compreso unicamente con la ragione. Sebbene alcune verità su Dio possano essere scoperte con la sola ragione, anche in questo caso la rivelazione ha uno scopo utile. Solo poche persone hanno il tempo e la capacità di giungere ad una conoscenza di Dio attraverso la ragione; per ottenerla ci vorrebbe molto tempo e le conclusioni potrebbero contenere errori umani. Pertanto, la dottrina sacra deriva i suoi principi non da una conoscenza umana, ma dalla verità divina. Poiché la teologia è basata sulla rivelazione, ogni volta che si fonda su altre scienze contrarie alla verità di questa scienza sacra è condannata come falsa, dichiara S. Tommaso.

La definizione dell’Aquinate è importante perché formula concisamente i vari elementi di questa dottrina. Egli distingue tra verità di ragione e verità di fede, mostra il valore pratico della rivelazione così come la sua logica necessità e mette in relazione il campo della ragione e quello della fede ponendone uno su un piano più elevato dell’altro, senza però porli in conflitto. Infine, sostiene che la dottrina sacra si deve trovare negli insegnamenti delle Scritture perché la Bibbia è il libro rivelato da Dio.

La dottrina, pur così equilibrata, della rivelazione dell’Aquinate, oggi non conserva più quel credito che aveva in passato. Quali sono i suoi difetti? Primo, egli pone la rivelazione e la ragione in due settori separati. Fin dal Medio Evo, tuttavia, i filosofi hanno generalmente negato che le verità della rivelazione esistono in un campo che va al di là della ricerca della ragione. Essi sostengono che dottrine rivelate, come la Trinità e l’Incarnazione, devono essere convalidate dalla ragione. In secondo luogo, le scienze laiche non vedono di buon occhio l’atteggiamento della teologia che si pone al di sopra di tutti i problemi pratici. In realtà quello che le scienze umane della fisica, astronomia, biologia e psicologia insegnano riguardo all’uomo e all’universo, interessa profondamente la dottrina cristiana. Terzo, filosofi e teologi hanno messo in dubbio che S. Tommaso credesse nella teologia naturale. Ripetutamente essi hanno criticato le prove tomistiche sull’esistenza di Dio, che si suppone siano basate solo sulla ragione. Infine, l’Aquinate sostiene che la Bibbia è un libro infallibile di verità rivelate. Poiché gli studiosi hanno riesaminato le Scritture usando il metodo della critica storicoletteraria, è diventato molto difficile pensare che la Bibbia sia una rivelazione senza errori.

Per questo dobbiamo esaminare ogni aspetto del problema. Primo, cerchiamo di considerare il rapporto tra ragione e fede. S. Tommaso sostiene che una rivelazione si riferisce a dottrine sacre. La rivelazione, per lui, fornisce indicazioni sulla natura di Dio e dell’uomo che vengono date in modo soprannaturale. Emil Brunner sostiene che questa definizione di rivelazione è troppo intellettualistica. [2] Cosa significa rivelazione? Essa comporta un incontro personale tra Dio e l’uomo, in cui Dio rivela sé stesso. La rivelazione riferisce quindi un dialogo che Dio instaura con noi. Dalla rivelazione l’uomo non riceve dottrine, idee circa la Trinità e la riconciliazione, per esempio. La rivelazione ha origine in un incontro personale col soprannaturale. Così la rivelazione concerne “qualcuno” piuttosto che “qualcosa”.

Come posso conoscere Dio? Secondo Brunner, la nostra esperienza con Dio non può nascere da dentro di noi, perché in questo caso stiamo parlando solo con noi stessi. La rivelazione deve avere origine dall’esterno. Il Cristianesimo afferma la trascendenza di Dio. Egli non è il nostro più profondo io o una forza immanente nella natura. Dio è una persona differente da noi, come lo sono le altre persone. Dobbiamo conoscerLo come conosciamo un altro essere umano. Egli è l’Altro che deve rivelare Sé stesso per farsi conoscere. Non si può conoscere una persona solo guardandola, è necessario avere un rapporto con lei. Parlando con noi, essa rivela la sua natura. Così è con Dio, ma ad un livello più profondo. Le Sue parole diventano una traccia per scoprire il Suo carattere. Per cui il Dio personale deve rivelarsi a noi personalmente, non parla al di fuori di noi, ma parla a noi e con noi.

Rivelazione allora significa che Dio irrompe nel nostro mondo presente. Egli rivela Sé stesso malgrado l’ordine sociale che è contro di Lui. Poiché parla, vuole che noi decidiamo tra la Sua volontà e la nostra. Quando incontriamo Dio, ci viene mostrata la fondamentale differenza tra la Sua santità e il nostro peccato. Rivelandosi, Egli ci costringe a decidere di essere dalla Sua parte oppure a mettersi contro di Lui.

Brunner distingue attentamente tra fede e ragione. La rivelazione riguarda esclusivamente la natura dell’uomo e il suo destino. La sua conoscenza non è teoretica, ma esistenziale. La verità decisiva riguardo a noi stessi non si deve trovare nello stesso luogo e nello stesso modo con cui si cerca la conoscenza scientifica. La scienza tratta dell’aspetto esteriore delle cose. Il suo pensiero è perciò superficiale, non tocca il cuore della nostra realtà come persone. La scienza ci informa sulle strutture del nostro mondo; quello che non può fare è mostrarci per quale motivo siamo qui, lo scopo dell’esistenza umana ed il suo destino finale.

Neppure la metafisica ci può dare la risposta. Essa cerca di stabilire una visione integrale di tutta l’esistenza, non lavora in una calma atmosfera di obiettività e di serenità. Per la metafisica, l’uomo è solo uno spettatore. La verità per il metafisico è puramente un oggetto estetico, un bellissimo spettacolo di armonia universale. Al contrario, la teologia rivela l’origine e il perché dell’uomo. Il problema di Dio è profondamente personale e terribilmente urgente per ciascuno di noi. Dobbiamo cercare appassionatamente la verità perché tutto il significato della nostra vita è in gioco: dobbiamo trovare il centro della nostra esistenza.

La neo-ortodossia di Brunner fornisce valide intuizioni. Egli insiste giustamente sulla natura personale di Dio e la caratteristica personale della rivelazione. Differenzia chiaramente le funzioni della ragione da quelle della rivelazione, insistendo che è necessario qualcosa di più della scienza per incontrare Dio. Rifiutando anche l’identificazione della rivelazione con le dottrine sacre, egli si porta al di là della vecchia concezione che la rivelazione si riferisce a idee bibliche e a dogmi della chiesa. Nondimeno, molti studiosi sentono che la neo-ortodossia minimizza il valore della ragione nella religione e trascura la dimensione storica della dottrina biblica della rivelazione.

Il prof. L. Harold DeWolf dell’Università di Boston ha criticato il fatto che la neo-ortodossia denigri la ragione in materia di dottrina. [3] Abbiamo bisogno della ragione e la sua funzione nella religione è indispensabile. La ragione è di aiuto alla rivelazione in quattro modi: 1) la ragione è necessaria per accettare la rivelazione, poiché la rivelazione perviene ad una creatura razionale, che deve confrontare la sua verità con altre verità, che sono ricevute attraverso mezzi naturali; 2) la ragione è necessaria per decidere quando la rivelazione è avvenuta. Senza la ragione una persona non può decidere se l’autorità della rivelazione che accetta è superiore ad altre presunte rivelazioni; 3) la ragione è richiesta per interpretare la rivelazione e per applicarla alle mutevoli situazioni umane; 4) la ragione è necessaria per trasmettere la rivelazione agli altri. Dobbiamo mostrare che la nostra rivelazione è vera, e solo un’argomentazione logica può superare dubbi o opposizioni. DeWolf è nel giusto quando dice che la ragione è necessaria per la religione. Per esempio, si noti come Filone d’Alessandria usava la ragione per spiegare la rivelazione mosaica nel mondo greco-romano e come il martire Giustino e altri primi Padri della chiesa si basavano su una spiegazione logica dei loro credi cristiani per persuadere i pagani.

Se sosteniamo di avere una nuova rivelazione al di là di quella accettata dal Cristianesimo tradizionale, è assolutamente necessario riconoscere il valore della ragione. Dobbiamo mostrare come la nuova rivelazione non è completamente irrazionale. Dobbiamo dimostrare la sua superiorità razionale in confronto a ciò che è comunemente accettato e sottolineare la sua logica applicabilità alla varietà dei gravi problemi umani.

La teologia di Wolfhart Pannenberg si è sviluppata al di fuori della neo-ortodossia e cerca di correggerne alcuni punti deboli. Nel libro Revelation as History, egli offre validi suggerimenti per la nostra dottrina sulla rivelazione. [4] Primo, secondo lui, la Bibbia insegna che la rivelazione giunge non direttamente come verità salvifiche, ma indirettamente attraverso l’opera storica di Dio, come l’esodo e la missione di Gesù. È un’affermazione fondamentale della tradizione giudeo-cristiana che Dio agisce nella storia. Questo significa che insieme all’incontro personale Io-Tu, sottolineato dal Brunner, c’è una dimensione storico-collettiva nella rivelazione.

La rivelazione divina non è un evento isolato dato agli individui ma è parte dell’opera redentiva di Dio con Israele. Dove Dio ha rivelato Sé stesso? In tutta la storia della nazione ebraica. Dio ispirò Abramo, dette i comandamenti a Mosè, guidò Giosuè, incoronò Davide, consolò gli ebrei in esilio incoraggiandoli con la speranza della futura era messianica. Di conseguenza, una dottrina della rivelazione deve prendere in considerazione gli aspetti collettivi della finalità salvifica di Dio.

Pannemberg asserisce che una rivelazione può essere compresa pienamente solo alla fine della storia. Questo significa che tutta la rivelazione passata e tutti i segni presenti dell’attività divina dovrebbero essere visti alla luce della consumazione escatologica della storia. Nessun precedente atto della rivelazione deve essere considerato come fine a sé stesso. Sia la Torah di Mosè che la missione di Gesù sono proiettati verso l’avvento dell’era messianica; non importa quanto incisivamente Dio ha agito nel passato, la Sua piena rivelazione ci attende nel futuro.

Inoltre, Pannemberg va oltre la neo-ortodossia insistendo sul fatto che Dio rivela Sé stesso nella totalità della storia umana. Non c’è una storia “sacra” (cioè quella di Israele e della chiesa cristiana) che è superiore e separata dalla storia “secolare”. Per Pannemberg tutta la storia è una rivelazione dell’attività di Dio. Questa visione è importante perché allarga lo scopo della rivelazione. Particolarmente, in anni recenti, dato lo sviluppo della nostra conoscenza di altre culture e fedi, è parso strano limitare l’azione redentiva di Dio a una nazione o a una religione. Pannemberg sottolinea l’amore e l’interesse globali di Dio, ma ha completamente ragione quando asserisce che tutte le fedi e tutti i popoli hanno ugualmente risposto alla volontà di Dio? Sicuramente Egli ha usato gruppi particolari per uno scopo speciale nel determinare la Sua economia.

A questo punto sorge un altro problema. Se la rivelazione è limitata agli eventi, allora noi restringiamo il potere rivelatore di Dio alle Sue azioni. Dio, essendo personale, può essere senza parola? Egli non si è rivelato nella Sua parola così come nelle Sue azioni? Il Cristianesimo tradizionale ha sempre sostenuto che Dio può comunicare messaggi all’uomo, perciò ci deve essere qualche contenuto intellettuale nella rivelazione. La fede riguarda gli atti di Dio nella storia più l’interpretazione rivelatrice di quegli eventi. Se così non fosse, degraderemmo alcuni dei concetti più fondamentali del Cristianesimo.

Un secondo grande problema concerne il modo di interpretare il rapporto tra il naturale e il soprannaturale. S. Tommaso li metteva in relazione, ponendoli insieme, uno al di sopra dell’altro. Il naturale e il soprannaturale sono due livelli intimamente connessi di un unico cosmo creato da Dio. Come tutti i cattolici, l’Aquinate sosteneva che c’era un’interazione ed una comunicazione costante tra questi due campi.

I protestanti in generale e Karl Barth in particolare separano nettamente il soprannaturale dal naturale. [5] Come ha espresso egli stesso, c’è una differenza qualitativa infinita tra il temporale e l’eterno. Dio è in cielo e l’uomo è in terra. C’è una barriera tra questo mondo e Dio che solo Dio può spezzare. Dio è “il Totalmente Altro”. Non c’è modo per noi di giungere fino a Lui. Egli deve discendere fino a noi, come ha fatto l’unica volta che si è incarnato in Gesù Cristo.

Più tardi nella sua vita, Barth ammise di avere forse esagerato nel riaffermare la trascendenza di Dio. [6] In ogni caso, una moderna ridefinizione del soprannaturale, dovrebbe riconoscere, come fece S. Tommaso, che l’uomo vive in un universo multi-dimensionale e con molti livelli. Il naturale e il soprannaturale hanno sempre un rapporto intimo fra di loro e spesso interagiscono in un modo molto drammatico. Riconoscere il loro intimo rapporto è utile nel formulare una dottrina della rivelazione. Come ammettono attualmente molti teologi contemporanei, la neo-ortodossia sopravvaluta l’assoluta trascendenza di Dio e ignora la dottrina della divina immanenza ugualmente tradizionale.

Come ricordato prima, la dottrina della rivelazione è divenuta problematica nei secoli recenti a causa del declino dell’autorità biblica. Fino all’Illuminismo quasi tutti i cristiani accettavano totalmente le Scritture, come la Parola infallibile di Dio. Questa nozione è stata largamente attaccata e generalmente abbandonata dai teologi moderni di tutte le denominazioni principali.

Per esempio, in un testo di systematic theology (teologia sistematica) preparato in un seminario metodista, un capitolo intero è dedicato all’argomento “La Fallibilità della Bibbia”. [7] Vi sono riportati sei tipi di argomentazioni per dimostrare che le Scritture non sono un libro infallibile: 1) Ci sono ovvie contraddizioni nella Bibbia. Per esempio, Es. 37:1-9 dice che Bezaleel fece l’arca dell’alleanza, ma in Dt. 10:1-5, Mosè afferma di averla costruita. Ugualmente ci sono due racconti contradditori dell’arca di Noè rozzamente combinati. 2) Siccome ci sono importanti variazioni nei manoscritti biblici attualmente in nostro possesso non possiamo essere certi di qual era il contenuto degli originali. [8] Inoltre dovremmo anche accettare l’infallibilità della chiesa primitiva che ha deciso quali libri inserire nelle Scritture e quali escludere. 3) La Bibbia contiene contraddizioni sulla verità conosciuta. Essa include affermazioni basate su una mitologia e una scienza false. La Bibbia sostiene che tutte le malattie sono causate da possessione demoniaca, e la Genesi ci racconta che i serpenti non hanno piedi perché Satana prese quella forma per tentare Eva. Le Scritture suggeriscono anche che la terra è immobile e che l’universo è centrato sulla terra. 4) Ci sono molte prove che la Bibbia contiene storie immaginarie. I racconti degli eroi nei Giudici assomigliano a quelli dei greci. Leggendo cronologicamente il Nuovo Testamento è anche facile vedere come il materiale di Marco è stato preso da Matteo, Luca e Giovanni per fare di Gesù una figura ancor più soprannaturale. Riguardo ai momenti della morte di Gesù si noti come le sue parole dalla croce vengono sviluppate. 5) La Bibbia contiene dei passaggi moralmente indegni. Nel 1784 Wesley ometteva alcuni Salmi nel suo libro di preghiere metodista, poiché sarebbero stati veramente poco indicati sulle labbra di una congregazione cristiana. Inoltre, nessuno oggi desidererebbe imitare certi atti commessi da Abramo, Giacobbe, Sansone, Saul o Davide. Le Scritture riportano una graduale evoluzione dell’etica e lo standard morale di una parte delle Scritture è molto inferiore a quello di un’altra. 6) Gesù non accettò l’autorità infallibile dell’Antico Testamento. Come indica il Discorso della Montagna, “egli senza esitare e ripetutamente” rifiutò alcuni insegnamenti dell’Antico Testamento.

Secondo DeWolf, questo prova che noi non possiamo credere nell’ispirazione verbale o nell’autorità infallibile della Bibbia come guida alla fede o alla morale. Quello che veramente si può dire è che le Scritture, prese globalmente, sono ispirate poiché alcuni passaggi sono letteralmente dei capolavori, altre parti sono religiosamente elevate, alcune idee sono profondamente vere; perciò il libro ha avuto un’influenza impareggiabile sull’umanità. La prova suprema dell’ispirazione delle Scritture è che esse hanno portato l’uomo a cercare e trovare Dio. [9]

Coloro che affermano ancora la paternità divina della Bibbia dimostrano di non averla mai studiata attentamente o cercano di “migliorarla” con razionalizzazioni ingegnose. In ogni caso, un attento studio biblico ha cercato per oltre un secolo di incrinare la sua autorità come rivelazione letterale. Allora cosa si deve fare?

Secondo Rudolf Bultmann il punto di vista globale delle Scritture non è accettabile dall’uomo moderno. [10] Oggi riconosciamo come realtà solo fenomeni che sono comprensibili all’interno della struttura di un ordine razionale dell’universo. L’intera concezione biblica è mitologica e quella moderna è scientifica. Perciò è saggio supporre che il punto di vista globale delle Scritture può essere riveduto. Dobbiamo demitologizzare la Bibbia. Altrimenti, per restare cristiani, saremmo costretti a sacrificare la nostra intelligenza.

Naturalmente, si può sempre osservare che è utile studiare la Bibbia come documento storico, ma è questo il nostro vero e reale interesse? No. Vogliamo ascoltare quello che la Bibbia ha da dirci, ascoltare la sua verità riguardo alla nostra vita e alla nostra anima. La rivelazione di Dio si è realizzata soltanto in concreti eventi della vita. La nostra vita temporale è la sfera del rapporto tra Dio e l’uomo. Pertanto, la Bibbia deve essere demitologizzata o, come scrive Tillich, le dottrine bibliche devono essere “deletteralizzate”. Questo significa che le Scritture devono essere reinterpretate o aggiornate. Un’accettazione puramente letterale del totale punto di vista biblico impedisce di vedere come Dio parla a ciascuno di noi.

Bultmann chiaramente riconosce come l’autorità della Bibbia è stata indebolita nel nostro tempo; egli constata che la spiegazione tradizionale della rivelazione non ha senso per l’uomo moderno e neppure ci possiamo sentire soddisfatti di una considerazione della Bibbia puramente storica. Nessun cristiano è contento leggendo le Scritture semplicemente come “letteratura vivente”; di conseguenza Bultmann sostiene un Cristianesimo radicalmente nuovo che preserva il messaggio rivelato della tradizione giudeo-cristiana, ma espresso in una forma comprensibile dall’uomo contemporaneo. Tuttavia, molti avvertono che la reinterpretazione esistenzialistica delle Scritture trascura alcune dimensioni essenziali. In altre parole, il suo scopo è giusto, ma il metodo sembra inadeguato. [11]

Molti lamentano il fatto che le Scritture hanno perso progressivamente credibilità nel mondo moderno. Almeno una larga parte dell’influsso della teologia barthiana tra la I e la II Guerra Mondiale, fu dovuta ai suoi sforzi di attrarre i cristiani allo “strano nuovo mondo” della Bibbia. [12] Ugualmente, la popolarità delle campagne evangeliche di Billy Graham può essere riportata ad una nostalgia per l’autorità biblica di un giorno lontano. Ma la teologia barthiana della Parola si è eclissata e le costose adunanze dei neo-evangelici non hanno rovesciato la tendenza ad abbandonare le chiese, manifestatasi nelle vecchie denominazioni. Per esempio, al concilio dei vescovi di Lambeth del 1978, si riferì che le chiese anglicane avevano perso circa mezzo milione di membri nell’ultimo decennio. Nello stesso periodo, la denominazione dei Discepoli di Cristo riportava il 21% di declino dei membri. Simili dati sono stati riferiti per i metodisti, i presbiteriani, i cattolici e per la Chiesa Unita di Cristo in anni recenti.

Tuttavia, ci può essere un lato positivo in questo rapido declino nell’appartenenza ad una chiesa e nella diffusa erosione della fede nella rivelazione biblica. Nello stesso momento in cui il Cristianesimo tradizionale perde la sua attrattiva, molti uomini di chiesa si stanno aprendo alle nuove idee e sono coscienti di nuovi confronti. Allo stesso modo, decine di migliaia di giovani hanno iniziato un’entusiasmante ricerca di una fede più spirituale e rivitalizzante di quella dei loro genitori. Mentre l’autorità biblica si stava indebolendo, Dio stava aprendo nuovi sentieri per far conoscere la Sua realtà.

Se nel mondo moderno si registra la defezione di un maggior numero di uomini di chiesa, vi è anche un gran numero di persone alla sincera ricerca di Dio. Probabilmente quindi l’effettivo crollo di una fondazione cristiana è la strada che Dio usa per allargare gli orizzonti dell’uomo, approfondire la sua visione interiore e prepararlo per una nuova rivelazione dei Suoi piani. Proprio come la tragedia della cattività babilonese stimolò la creazione del Giudaismo rabbinico e il crollo della Cristianità medioevale spianò la strada per la vitalità della riforma protestante e cattolica, così l’instabile situazione religiosa dei nostri giorni può anticipare l’inizio di una Nuova Era nella storia di salvezza.


LA POSSIBILITÀ DI UNA NUOVA RIVELAZIONE

Sarebbe possibile per i cristiani cercare una nuova rivelazione che vada al di là del contenuto biblico? Dio ha pronunciato la Sua Parola definitiva, oppure è necessario un particolare messaggio divino per la nostra situazione presente? Raramente i cristiani del passato si ponevano certe domande poiché si sentivano soddisfatti della vecchia rivelazione biblica. Se ci fosse stata qualche nuova esperienza rivelatrice della presenza di Dio e del Suo scopo, sarebbe stato tutto interpretato nel contesto della religione tradizionale. Per esempio, gli incontri diretti con il soprannaturale sperimentati da Francesco d’Assisi, Ignazio di Loyola, Blaise Pascal e Bernardette di Lourdes furono incorporati nella struttura ideologica della comunità cristiana stabilita. Tuttavia, in alcuni casi, le presunte rivelazioni furono respinte in blocco dalla chiesa portando alla formazione di nuovi gruppi; così avvenne con George Fox, Emanuel Swedenborg, Joseph Smith, Mary Baker Eddy, Helena Blavatsky. [13] In anni recenti, molti hanno acquisito una conoscenza più grande di queste cosiddette sette scismatiche, vedendole come una riaffermazione necessaria degli aspetti dimenticati della nostra fede in Dio. Nell’insieme, è necessario confessarlo, il Cattolicesimo ha mostrato una maggiore apertura alle nuove rivelazioni di quanto non abbiano fatto le chiese protestanti, probabilmente a causa dell’insistenza della Riforma sull’autosufficienza della rivelazione biblica.

Oggi la situazione è radicalmente diversa. Il Cristianesimo stabilito ha una struttura meno rigida, per cui sarebbe difficile mettere a tacere coloro che affermano di aver ricevuto un nuovo messaggio da Dio. D’altra parte, però, un gran numero di sacerdoti e laici sta cercando nel mondo contemporaneo prove convincenti della presenza e del potere di Dio. Anime sincere stanno pregando per ricevere un messaggio dall’alto adatto alla condizione attuale dell’umanità.

La Bibbia non afferma di essere la rivelazione finale, anche se molti teologi hanno pensato il contrario. Per capire ciò che le Scritture insegnano praticamente, i cristiani dovrebbero prima dare uno sguardo all’Antico Testamento. Tradizionalmente molti rabbini giudei consideravano la Torah mosaica come la completa ed eterna rivelazione di Dio all’uomo. Per questo Gesù sollevò l’ostilità dei rabbini conservatori e dei giudei della Torah rifiutando di obbedire ad alcuni comandamenti di Mosè ed insistendo sulla necessità di cambiarne altri. La successiva comunità cristiana andò anche oltre nell’abrogare parti importanti della legge rivelata, per esempio, quelle relative alle festività ebraiche e le regole relative a speciali diete.

Anche nella tradizione giudaica non c’era un totale accordo sul carattere assolutamente definitivo della Torah. Prima di tutto, i libri dei profeti erano accettati come parte del canone ebraico. Ciascun profeta basava il suo lavoro sull’incontro diretto con Dio. Generalmente questi profeti proclamavano “Così disse il Signore”, come se Dio parlasse personalmente con loro e per mezzo di loro. Quello che si dovrebbe ricordare è che tutte queste esperienze rivelatrici dell’Antico Testamento hanno avuto luogo dopo la promulgazione della legge mosaica.

Inoltre, se gli studi moderni dell’Antico Testamento sono corretti, la Torah non fu semplicemente ciò che Mosè imparò sul monte Sinai. A questo nucleo della rivelazione dei comandamenti divini furono fatte molte aggiunte nel corso di diversi secoli. Il libro del Deuteronomio fu aggiunto più tardi ed attribuito a Mosè, ma probabilmente non fu scritto prima della riforma del re Giosia. Quanto alla Torah nella sua forma attuale, fu probabilmente compilata durante l’esilio in Babilonia e resa Giudaismo normativo da Esdra. [14]

C’è pure nella Torah un passaggio importante che considera il credo ebraico come progressivo piuttosto che come una rivelazione già completa. In Dt. 18:15, Mosè dice: “Il Signore vostro Dio susciterà in mezzo a voi un profeta pari a me e a lui darete ascolto”. Per l’ebreo ortodosso è importante che la stessa Torah predichi l’avvento di un profeta uguale a Mosè. Ora, se accettiamo il punto di vista degli studiosi che il Deuteronomio fu scritto molto tempo dopo la morte di Mosè, dobbiamo ammettere che il Giudaismo normativo riconosceva che più tardi i profeti avevano ricevuto una rivelazione.

Poi dovremmo dare uno sguardo al Nuovo Testamento. Fino al IV secolo, il Nuovo Testamento non era ancora nella sua forma finale. Gesù stesso non diede ai suoi discepoli una “nuova alleanza” che sostituisse quella vecchia. Secondo gli studiosi nessun libro del Nuovo Testamento fu scritto da un discepolo originale di Gesù. Questo significa che per un periodo considerevole di tempo i primi cristiani non avevano una letteratura sacra diversa dalle Scritture ebraiche. [15] Sembra che essi abbiano usato una rivelazione scritta, prima di tutto per provare che Gesù era il Messia. Come guida diretta di Dio, essi si affidavano alla preghiera della comunità e ai pronunciamenti ispirati di “profeti” cristiani. Riguardo a quest’ultimo punto le nostre informazioni sono molto ridotte.

Nel I secolo d.C. qualche rabbino insegnava che la Torah di Mosè sarebbe stata sostituita all’alba dell’era messianica. Il Vangelo di Matteo, perciò, mostra che Gesù venne con una nuova Torah sostituendo quella vecchia. Gli insegnamenti di Gesù si possono catalogare in cinque grandi sezioni, paragonabili ai cinque libri di Mosè. La chiave che ci permette d’interpretare il Gesù di Matteo è: “Avete inteso che fu detto agli antichi… ma io vi dico…” (5:21-22). Per quell’autore Gesù era il secondo Mosè. Il discorso di Gesù sulla montagna, perciò, aveva lo scopo di contrapporsi alla rivelazione di Mosè sul monte Sinai.

Tuttavia, nel Nuovo Testamento, è chiaramente insegnato che Gesù non venne con una rivelazione finale e completa. Nel quarto Vangelo, Gesù dice: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà” (16: 12-15).

Questi versetti sono una base per credere nella possibilità di una rivelazione che continua. Il quarto Vangelo afferma chiaramente che si dovrebbe aspettare più verità da Dio dopo il ministero terreno di Gesù.

Poiché i discepoli originari non erano preparati per ricevere una totale rivelazione di Dio, i cristiani devono aspettare la pienezza della verità che sarà loro data dallo Spirito Santo più tardi. Inoltre, si puntualizza il fatto che una rivelazione aggiuntiva non sminuirà la posizione di Gesù poiché avrà origine dalla stessa fonte che ispirò il Cristo. Una nuova rivelazione aumenterebbe veramente la gloria di Gesù, perché verrebbe con la sua approvazione.

Questi versetti di Giovanni non vogliono dire che non ci sarà nessuna differenza tra il messaggio originario di Gesù e la nuova rivelazione. Lo stesso quarto Vangelo è diverso dai Sinottici. Il suo autore omette importanti insegnamenti di Gesù, (per esempio il Discorso della Montagna, il Padre Nostro, o ogni cosa che riguarda il Regno di Dio), aggiunge molti nuovi detti e dà una nuova formulazione del suo messaggio. Il quarto Vangelo altera pure la sequenza degli eventi nella vita di Gesù, omettendo il racconto della natività, i dibattiti con i Farisei, l’ultima cena e l’agonia nell’orto del Getsemani, così come omette l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme all’inizio del suo ministero. Pertanto, la libertà con cui l’autore reinterpreta i Vangeli sinottici mostra come egli ha capito la futura opera di rivelazione dello Spirito Santo.

Esamineremo ora un testo usato spesso per provare che il Nuovo Testamento rappresenta la rivelazione finale di Dio. L’ultimo capitolo della nostra Bibbia contiene questo ammonimento: “Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro” (AP. 22:18). Questo implica che la rivelazione è già compiuta e che Dio maledirà chiunque cerca rivelazioni aggiuntive.

Per avere una corretta comprensione di questo versetto, dobbiamo riconoscere che il nostro Nuovo Testamento è una compilazione di 27 libri separati, scritti in tempi diversi e che circolavano come pergamene o piccoli libretti. L’Apocalisse è uno di questi libri. Secondo la maggior parte degli studiosi fu scritta verso il 95 d.C. da uno sconosciuto “profeta” cristiano di nome Giovanni. [16] L’autore non fu né l’apostolo Giovanni, né lo scrittore del quarto Vangelo. Come profeta questo primo cristiano non voleva che nessuno manomettesse le sue profezie riguardanti la fine dei tempi. La revisione e la correzione della letteratura apocalittica era una pratica comune sia dell’ebreo che del cristiano. L’Apocalisse ebbe difficoltà ad essere accettata come Scrittura prima della chiusura del canone nel IV secolo. Tuttavia, quando finalmente fu approvata, fu messa come ultimo libro, così che le Scritture cristiane inizierebbero con il racconto della creazione e si concluderebbero con la promessa della fine della storia. Diversi altri libri del Nuovo Testamento furono scritti dopo l’Apocalisse. [17] Così i primi cristiani sentivano che i versetti dell’Apocalisse 22:18-19 si riferivano unicamente a quel libro e non ci sono ragioni per noi di pensare altrimenti.

Nonostante i cattolici abbiano stabilito che “al di fuori della chiesa non c’è salvezza” e i protestanti abbiano affermato che la Bibbia contiene la rivelazione finale di Dio, ci sono sempre stati dei cristiani che hanno custodito gelosamente la promessa di una nuova verità da parte di Dio, come insegnava il Vangelo di Giovanni. Voglio ricordare tre esempi.

Gioacchino da Fiore, abate di un monastero dell’Italia del sud durante la metà del XII secolo, credeva di aver ricevuto una rivelazione da Dio per la restaurazione dell’umanità. [18] La storia si può dividere in tre parti. Il primo periodo va da Adamo a Giovanni Battista. In quel periodo l’uomo era governato da Dio Padre nel quale si doveva credere incondizionatamente. Il secondo periodo della storia fu guidato da Dio Figlio. Sarebbe stato un tempo per il Cristianesimo di stabilirsi e di prosperare; gli uomini sarebbero stati ispirati dalla speranza in un futuro regno di giustizia, di pace e di beatitudine celeste. Però c’è un terzo periodo che deve ancora venire, che sarà benedetto dallo Spirito Santo e nel quale tutti gli uomini saranno ripieni d’amore.

L’abate Gioacchino aggiungeva che il rapporto dell’uomo con Dio cambia naturalmente a seconda del periodo in cui vive. Durante l’età del Padre, gli uomini si sforzeranno di essere servi di Dio; durante l’età del Figlio, l’era cristiana, essi saranno capaci di innalzarsi ad un livello più alto, diventando figli di Dio come insegnava Gesù e quindi, alla fine della storia, gli uomini saranno elevati alla posizione più nobile di tutte. Poiché la loro vita sarà infusa dallo Spirito Santo, gli uomini diverranno “amici di Dio”. Gioacchino, poi, credeva in una rivelazione divina progressivamente ispirata, che renderebbe l’uomo capace di creare società umane sempre migliori.

Circa 500 anni dopo Gioacchino, un gruppo di congregazionalisti andò in America sulla “Mayflower”. Il loro ministro John Robinson che rimase in Olanda, fece un discorso di commiato ai pellegrini in partenza. Come raccomandazione finale il pastore Robinson disse: “Ricordatevi, non abbiate paura di andare oltre Lutero o Calvino, poiché Dio ha sempre più luce da diffondere dalla Sua Parola”. Quando i pellegrini stabilirono le chiese nella Nuova Inghilterra, essi ricordarono le parole del loro ministro.

Pertanto, nei loro raduni, i membri della chiesa congregazionalista promettevano di obbedire alla volontà di Dio “conosciuta o da conoscere”. Per oltre 350 anni quella fede in una luce più grande è stata una parte preziosa dell’eredità del Cristianesimo congregazionalista. [19]

Infine, neanche l’Ortodossia Orientale aveva completamente ignorato il credo di Giovanni in una nuova rivelazione. Nell’ultima metà del XIX secolo i filosofi religiosi russi del movimento slavofilo insegnavano che il Cattolicesimo rappresenta il Cristianesimo di S. Pietro, che pone l’accento sull’obbedienza. Più tardi apparve il Protestantesimo, il Cristianesimo di S. Paolo, che mette l’accento sulla fede. A suo tempo apparirà una nuova e più grande forma di Cristianesimo, che verrà dalle chiese orientali. S. Giovanni, “il discepolo prediletto” ne sarà la guida ispiratrice. Il suo modello distintivo sarà l’unità di Dio con l’uomo e dell’uomo con l’uomo in un’esperienza d’amore. [20]

Nell’opinione degli slavofili il Cattolicesimo esalta eccessivamente l’obbedienza portando la chiesa a diventare oppressiva e dittatoriale. Il Protestantesimo reagì giustamente contro questo, ma andò all’estremo opposto. I protestanti divennero troppo individualisti, troppo divisi. Così il nuovo Cristianesimo deve venire dall’Oriente dove teologi mistici possono indicare la strada per una sintesi di ordine e di libertà di lealtà e di fede personale in un’espressione di unità basata sull’amore.

I seguaci di Gioacchino, i pellegrini della Nuova Inghilterra e i filosofi russi ortodossi, mostrano che almeno una minoranza di cristiani ha sempre guardato verso la fede in una Nuova Era, superiore a qualsiasi cosa già sperimentata. E oggi nessuno può dire quanti individui o gruppi stanno aspettando una nuova luce da Dio.


SUN MYUNG MOON E LA RIVELAZIONE

Il fatto che il rev. Sun Myung Moon affermi di aver ricevuto una nuova rivelazione ha sollevato una notevole controversia. Che cosa vuol dire nuova rivelazione? Che rapporto ha con la rivelazione della tradizione giudeo-cristiana? I Principi Divini del rev. Moon rappresentano un’interpretazione della Bibbia, un’aggiunta oppure un radicale allontanamento dalle Scritture cristiane?

Per rispondere a queste domande dobbiamo riesaminare specifici esempi dell’Antico e del Nuovo Testamento relativi alle esperienze di rivelazione. Da uno studio della Bibbia apprendiamo che gli incontri con il soprannaturale prendono varie forme: visioni, sogni profetici, parlare diverse lingue, guarigioni, eventi miracolosi. Poi scopriamo che questi eventi parapsicologici hanno più di una finalità. Alcuni, come la chiamata di Abramo a lasciare la propria casa, la visione di Mosè del roveto ardente e l’esperienza battesimale di Gesù, sono eventi cruciali nel piano redentivo centrale di Dio. Altri, al confronto, sono meno importanti, avendo un significato puramente individuale piuttosto che indispensabile per la redenzione dell’umanità. Per questo i cristiani non dovrebbero porre sullo stesso livello l’esperienza pentecostale della chiesa apostolica e l’apparizione della Vergine Maria a Fatima o la visione di S. Francesco che lo portò a cambiare la sua vita da quella di soldato a quella di frate mendicante.

Secondo la Bibbia, d’importanza speciale erano le occasioni quando Dio parlò ad Abramo, Mosè, Samuele, Gesù e S. Paolo. Per usare la classificazione di un teologo contemporaneo, queste si potrebbero chiamare “rivelazioni primordiali”. [21] Ciascuno di questi casi di un incontro umano-divino ha caratteristiche distinte, ma deve essere considerato ciò che le accomuna. Per ciascuno di questi personaggi biblici la Parola del Signore comporta una missione specifica. Ciascuno fu chiamato personalmente per svolgere un ruolo cruciale nel piano generale di Dio. In ogni caso la loro speciale vocazione era in rapporto allo scopo di Dio.

Inoltre, l’esperienza di rivelazione richiedeva una risposta umana. Nella tradizione biblica i tipi più importanti di rivelazione sono sempre in rapporto ad un momento di decisione. Rivelazione e risposta sono inestricabilmente connessi. Nel caso di Mosè, egli parlò con Dio sul monte Sinai, ricevette la Torah ed ebbe l’incarico di unificare il popolo per la conquista della terra promessa. Nel caso di Gesù, una volta udite le parole di Dio, “Tu sei il mio figlio diletto”, gli fu affidata la missione di proclamare l’avvento del Regno.

La rivelazione del rev. Moon si dovrebbe interpretare in questa prospettiva. Come lui spiega, era ancora giovane quando ebbe una visione di Gesù, che gli chiese di portare a compimento lo scopo di realizzare il Regno di Dio sulla terra. Pertanto, la sua esperienza di rivelazione comporta una missione del più alto significato. La sua risposta si può paragonare a quella di Isaia: “Eccomi, manda me”.

Gli anni successivi li spese a meditare su tutte le implicazioni della sua risposta. Come Gesù crebbe in una terra pervasa di attese escatologiche, così fece il rev. Moon. In quel tempo l’ambiente nord-coreano presentava grande somiglianza con l’ambiente del I secolo della Palestina. Come i soldati romani occupavano la Palestina, così i soldati giapponesi occupavano la Corea; come il pio ebreo meditava sulle profezie apocalittiche dell’Antico Testamento, così i cristiani coreani oppressi aspettavano l’alba di un’era messianica. Durante la giovinezza del rev. Moon e la sua prima maturità, piccoli gruppi di cristiani studiavano l’Apocalisse e pregavano in lacrime per l’avvento del tanto atteso Messia. Alcuni, che possedevano doni psichici non comuni, predicevano che questi erano gli Ultimi Giorni e che la Corea avrebbe avuto un ruolo speciale da svolgere nell’avvento della Nuova Era di Dio.

Più di uno di questi spiritualisti cristiani annunciò che Cristo sarebbe apparso nella loro terra. Non dovremmo trascurare l’atmosfera carismatica che ha stimolato e incoraggiato la crescita in maturità spirituale del rev. Moon. Come il messaggio e la missione di Gesù non si possono capire in pieno se non inseriti nel tempo in cui è vissuto, neppure si può capire il rev. Moon senza tener conto del suo ambiente coreano.

Tuttavia, molti cristiani trovano difficile accettare la possibilità che una nuova rivelazione di Dio possa avere origine in Corea: alcuni possono essere bloccati da pregiudizi razziali contro gli orientali, molti altri sono così abituati a pensare al Cristianesimo come ad una fede occidentale che sono completamente inconsapevoli della vitalità che questa religione presenta in altre parti del mondo. Perciò, fra i protestanti fondamentalisti gli eventi successi in Israele sono considerati di primaria importanza quali segni dell’avvento dell’età messianica.

Secondo i precedenti biblici non si può limitare il luogo e la persona a cui Dio può rivelare il Suo messaggio. Come ha fatto rilevare Barth, Dio è sempre sovrano, il che implica una completa libertà da parte Sua; Egli perciò sceglie in accordo alla Sua volontà. Come ha detto un poeta “Come è strano che Dio abbia scelto gli ebrei”. In un tempo in cui il mondo aveva grandi imperi come quello egiziano e babilonese, Dio scelse gli ebrei per essere lo strumento di realizzazione del Suo scopo. Successivamente Egli affidò il compito di liberare gli ebrei dalla schiavitù ad un principe nel palazzo del Faraone. In un altro momento Dio scelse un pastorello per diventare il nuovo re di Israele e più tardi ancora non un sommo sacerdote o un eminente rabbino, ma il figlio di un falegname della piccola Nazareth fu eletto per svolgere il ruolo messianico. Dai resoconti biblici vediamo come Dio si rivela in modi inaspettati. Con questa consapevolezza non dovremmo meravigliarci se un coreano sente di essere chiamato da Dio per annunciare l’avvento del Suo Regno sulla terra.

Un’altra indicazione significativa per la rivelazione contemporanea può essere scoperta nella tradizione biblica. Quando qualcuno è scelto per svolgere la speciale volontà di Dio e fallisce, il suo ruolo è dato ad un altro. Lasciatemi citare tre esempi: Mosè non può entrare nella terra promessa e la sua missione è passata a Giosuè; re Saul fallisce e il suo trono è dato a Davide; all’epoca del Nuovo Testamento Gesù è rifiutato dalle autorità religiose del suo paese e perciò l’apostolo Paolo è incaricato di rivolgersi al mondo dei gentili per trovare il giusto posto dove diffondere la fede cristiana. Come spiega un moderno studioso ebreo (Franz Rosenzweig), la funzione del Cristianesimo è di far brillare la Stella di Davide nell’ambiente più vasto dei gentili. [22] Per varie ragioni, ciò che il Giudaismo non poté realizzare divenne una solenne missione per la chiesa cristiana.

Questo comportamento di Dio nel passato ha importanti implicazioni per la nostra dottrina sulla rivelazione. Dalle considerazioni della storia passata possiamo trarre la seguente conclusione: nel portare avanti il suo scopo centrale per la creazione, Dio apparirà in un luogo nuovo e consacrerà un individuo diverso per il ruolo messianico già svolto da Gesù. Tuttavia, si devono evitare due possibili malintesi a proposito di questa idea. Primo, questo non significa che Dio non apparirà più per confortare, consigliare o ispirare i fedeli se non nel nuovo luogo scelto per il Suo scopo centrale. Al contrario, ci possiamo aspettare innumerevoli fenomeni soprannaturali in molte parti del mondo per aprire i nostri occhi per l’avvento dell’era messianica. Secondariamente, ciò, in ogni caso, non svalorizza la missione storica di Gesù. Un nuovo Messia è chiamato per continuare il lavoro che Gesù desiderava così profondamente realizzare. Dio non ha cambiato il Suo piano perché il Cristianesimo convenzionale è declinato; Egli non ha affatto deciso di abbandonare coloro che oggi seguono Gesù e andare avanti in una direzione totalmente nuova. Gli attuali piani di Dio praticamente rinforzano, rivitalizzano ed estendono lo scopo a cui ogni denominazione cristiana è profondamente dedicata. La Nuova Era di Dio e la nuova rivelazione rappresentano la Sua risposta a quei milioni di cristiani che ogni giorno pregano: “Venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà, come in cielo così in terra”.

Dio può dare una nuova rivelazione soltanto in un luogo che è stato preparato. Nel caso di Israele, Dio impiegò secoli per educare il cuore delle persone. Nessuna terra era mai stata così nutrita spiritualmente come lo fu Israele attraverso le successive missioni dei grandi profeti canonici. Da Abramo in poi gli israeliti furono costantemente richiamati ai principi di giustizia, di perdono e di pace, sui quali Dio poteva ispirare la costruzione di un armonioso ordine sociale. Specialmente nella legislazione deuteronomica, i principi esaltati dai profeti si applicavano ai problemi concreti della società. Molto importanti furono anche le numerose prove a cui gli ebrei furono sottoposti perché li aiutarono a sperimentare il cuore di Dio.

In qualche modo lo stesso genere di preparazione avvenne nel mondo greco-romano, prima che S. Paolo evangelizzasse i gentili. A causa delle conquiste e delle attività culturali di Alessandro Magno si creò una civiltà più o meno unificata dai confini dell’India fino alla Spagna. Successivamente i soldati romani garantirono la protezione dagli aggressori stranieri e così poterono mantenere una sicurezza interna. L’impero dei Cesari governò generalmente con maggiore giustizia e con più grande rispetto per le tradizioni locali di quanto gli uomini avessero mai conosciuto precedentemente, almeno su così vasta scala. I filosofi greci e romani prepararono una base morale e intellettuale per il Cristianesimo. Dal momento che le classi colte e commerciali parlavano un po’ di greco, i Vangeli e le lettere scritte in quella lingua potevano essere capite da un numero considerevole di persone in Egitto, in Iraq, in Turchia, nei Balcani e nell’Europa occidentale. Inoltre, i romani avevano costruito una buona rete stradale che i missionari potevano usare per la diffusione del messaggio cristiano. Anche da un punto di vista religioso il mondo mediterraneo era pronto per il Vangelo. L’atmosfera era permeata di attese mistiche e molti cercavano attivamente la luce divina nei posti più strani.

Così come questi furono fattori determinanti che resero Dio capace di rivelarsi nell’Antico e nel Nuovo Testamento, si può concludere che simili condizioni oggigiorno possono produrre lo stesso tipo di attività divina. La storia non si ripete mai esattamente, tuttavia, come hanno sottolineato Toynbee e altri, ci sono periodi che sono approssimativamente paralleli e mostrano caratteristiche simili. Come Dio ha già usato Israele, il mondo greco-romano e l’Europa occidentale per portare avanti il Suo particolare lavoro riguardo il corso provvidenziale della storia, così possiamo ragionevolmente aspettarci che Egli prenda in considerazione altri luoghi per proclamare una nuova rivelazione per la nostra era. Molte persone, almeno inconsciamente, possono riconoscere questo fatto. Infatti, oggi sembra esserci un notevole interessamento per la fede di altri popoli.

La nostra epoca ha visto lo sviluppo dei rapporti fra tutte le nazioni e culture del mondo. L’uomo moderno vive per la prima volta in un unico villaggio mondiale. Se Dio ha qualche parola speciale per il nostro tempo, non può essere limitata dal punto di vista della nazione, della razza, della cultura o anche da un punto di vista religioso. Da un punto di vista politico siamo tutti internazionalisti. Da un punto di vista razziale dobbiamo accettare i valori distintivi di ogni gruppo etnico. Se n’è andata per sempre la cultura degli ultimi tre secoli di indirizzo occidentale e dominata dalla razza bianca, come fanno notare i teologi del Terzo Mondo. Anche in materia di fede, le false barriere tra i cristiani e i cosiddetti pagani stanno crollando. Molti studiosi delle scienze sociali affermano che il futuro appartiene alle vaste masse dell’Asia. L’Europa, a partire dal 1945, ha drammaticamente diminuito la sua influenza. Se gli Stati Uniti rappresentano ancora oggigiorno il potere politico, militare ed economico dominante, la politica straniera americana si è sempre più spostata dall’Europa verso l’Estremo Oriente. C’è sempre stato un intimo legame tra gli interessi terreni dell’uomo e i piani futuri di Dio, per il fatto che Egli è il Signore sovrano della storia.

Anche da un punto di vista religioso il mondo moderno si è proiettato verso l’Oriente per ottenere guida e illuminazione. In un periodo in cui le chiese stabilite hanno subito disastrose disgrazie centinaia di migliaia di persone, i cui genitori erano cristiani, sono state attratte dalle fedi dell’Asia. Molti giovani delle nostre università, tra i più sensibili e spirituali, attualmente si ispirano al Vedanta indiano o allo Yoga bhakti, al Taoismo cinese e al Buddismo giapponese, soprattutto lo Zen.

In questa situazione, la Corea ha un patrimonio religioso unico. Per 1500 anni c’è stato un Buddismo molto seguito. Per 500 anni è stata dominata dall’etica confuciana. Poi, nel XX secolo, la Corea ha dato vita ad un Cristianesimo forte, notevolmente dinamico e in grande sviluppo. Se Dio cerca una terra per il nuovo tipo di rivelazione, di cui ha bisogno il nostro mondo, la Corea possiede ovvi vantaggi.

L’antica Palestina fu un luogo speciale per Dio allo scopo di proclamare il Suo piano per la restaurazione del mondo, in parte a causa della sua posizione strategica da un punto di vista geo-politico. Israele era una nazione situata all’incrocio di tre continenti. La Corea ha in qualche modo la stessa posizione. Storicamente è servita da ponte tra la Cina e il Giappone e, oggigiorno, è sul fronte di separazione fra il mondo comunista e il mondo democratico. Come ha detto spesso Tillich, le possibilità più creative e provocatorie avvengono in una situazione di frontiera. [23] Perché allora ci dovremmo meravigliare se questo luogo viene ad essere la località più conveniente per Dio per annunciare una nuova rivelazione?

Poi dobbiamo brevemente dare uno sguardo al rapporto tra gli insegnamenti del rev. Moon e la tradizione biblica. Questo argomento cruciale è stato largamente frainteso. Quale è precisamente la connessione tra la rivelazione biblica e i Principi Divini del rev. Moon? I suoi insegnamenti sono nella grande corrente della tradizione giudeo-cristiana o ne rappresentano una radicale rottura?

I lettori cristiani dei Principi Divini riconosceranno immediatamente il linguaggio biblico ed i concetti base delle Scritture presenti nel libro. I Principi Divini parlano delle dottrine tradizionali cristiane come la creazione, la caduta, il peccato originale, la storia della salvezza nell’Antico e nel Nuovo Testamento, la messianicità di Gesù e la fine escatologica della storia. Il rev. Moon presenta il lavoro redentivo di Dio principalmente in termini della storia di Israele e della chiesa cristiana.

In tutti i punti fondamentali usati comunemente per distinguere la rivelazione giudeo-cristiana dalle altre, i Principi Divini accettano l’ideologia biblica: Dio è il creatore, così il mondo materiale è fondamentalmente più buono che cattivo. Non c’è un radicale dualismo tra lo spirito e il corpo dell’uomo. Dio è personale piuttosto che impersonale, un Padre amoroso e non semplicemente un Assoluto metafisico. Il tempo è reale e pieno di significato, non un’illusione. I rapporti terreni hanno valore; la vita della famiglia e le responsabilità sociali sono di interesse intrinseco per Dio e per noi stessi. Infine, la storia è interpretata non in modo circolare, ma lineare, dal momento che Dio opera in essa per compiere il Suo scopo di creazione. In tutte queste affermazioni i Principi Divini espongono fondamentalmente il punto di vista biblico.

Qual è allora il rapporto tra la nuova rivelazione e l’antica? Prima di tutto cerchiamo di vedere i Principi Divini come riaffermazione e chiarificazione della rivelazione biblica. A questo riguardo potrebbe essere utile confrontarli con un trattato standard di teologia sistematica. Per esempio, in che relazione stanno i Principi Divini con la Institutio Christianae Religionis di Calvino? Come la Institutio, i Principi Divini trattano le dottrine più grandi della fede cristiana. Quando leggiamo la Institutio, notiamo che Calvino non è d’accordo con i primi cristiani circa l’interpretazione di alcuni punti chiave della dottrina biblica. Una simile osservazione si può fare riguardo ai Principi Divini. D’accordo con Calvino e non con alcuni teologi moderni, i Principi Divini accettano il racconto biblico di Adamo ed Eva così come la speranza escatologica di un Regno di Dio sulla terra. D’accordo con alcuni teologi moderni e non con Calvino, i Principi Divini negano la dottrina agostiniana sulla predestinazione e interpretano la resurrezione di Gesù non in modo fisico, ma spirituale. Come gli studiosi della storia dei dogmi sanno, i cristiani hanno dato varie interpretazioni delle parti più importanti della fede cristiana. Da questo punto di vista non c’è una differenza fondamentale fra i Principi Divini ed ogni altra spiegazione sistematica della dottrina cristiana.

Questo confronto dei Principi Divini con la Institutio di Calvino è importante per due ragioni. Chi ha una ricerca religiosa è positivamente impressionato dalla descrizione dei Principi Divini come nuova rivelazione. Tuttavia, molti altri reagiscono negativamente a questa affermazione. Per alcuni, una presunta nuova rivelazione è considerata immediatamente come qualcosa di “occulto”, cioè qualcosa di fantastico e completamente irrazionale. Per altri, particolarmente coloro che sono già attivi nella chiesa o nella sinagoga, la frase “nuova rivelazione” suggerisce una sostituzione dei credi a loro cari. In ambedue i casi pregiudizi negativi collegati al concetto di rivelazione, allontanano le persone da una seria considerazione del contenuto dei Principi Divini.

C’è, naturalmente, una differenza fondamentale tra i Principi Divini e la Institutio. Come spiegherò in questo libro, i punti chiave della dottrina unificazionista rappresentano le più grandi innovazioni rispetto al Cristianesimo fondamentalista che dominava in Corea quando il rev. Moon stava crescendo. Alla luce del fatto che egli non è un teologo in senso tecnico, la proclamazione di verità così profonde, ha avuto effetti rivoluzionari e sensazionali a causa della loro radicale differenza dal Protestantesimo convenzionale e dai dogmi cattolici. Questo è vero anche tra i cristiani liberali, poiché il messaggio del rev. Moon è per essi ugualmente controverso.

Cosa intendiamo dire quando diciamo che i Principi Divini sono ispirati? Crediamo che Dio ha rivelato al rev. Moon il nucleo fondamentale del suo insegnamento. Questo è stato illustrato ed elaborato sulla base di conversazioni con i suoi primi discepoli; perciò il libro contiene sia il cuore dei Principi Divini, che è rivelato, sia il materiale che li esemplifica.

In conclusione, lasciatemi chiedere: Che cosa fece sì che il Nuovo Testamento fosse chiamato rivelazione? Mi sembra che la risposta si possa trovare nella prima lettera di Giovanni: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi… quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi…” (1 Gv. 1:1-3).

Se gli insegnamenti del rev. Moon contengono un messaggio speciale da parte di Dio per questi tempi, è dovuto al fatto che sono basati su una esperienza religiosa personale che mette in grado gli altri di ricevere la Parola di vita.


Note

[1] Summa Theologica, Ia, 1:1

[2] E. Brunner, The Theology of Christ (1929) cap. 2.

[3] L. H. DeWolf, Theology of the Living Church (1953), pp. 33-36. Cfr. anche la sua opera Religious Revolt against Reason (1971).

[4] W. Pannenberg, Dogmatic Theses on the Doctrine of Revelation, pp. 125-158.

[5] Cfr. K. Barth, Epistle to the Romans (ed. 1968).

[6] K. Barth, How I Changed My Mind (1966).

[7] L. H. DeWolf, A Theology of the Living Church (1953) pp. 68-74. Egli insegnò alla facoltà di teologia dell’Università di Boston per molti anni e più tardi al Seminario di Wesley a Washington D.C.

[8] Per esempio, i manoscritti biblici hanno due fini per il Vangelo di Marco come dimostra la Revised Standard Version. Anche l’incidente della donna sorpresa in adulterio si trova in posti differenti nei manoscritti.

[9] I tipi di prove sopracitate vengono da DeWolf, op. cit., pp. 68-79. Egli dà spiegazioni aggiuntive e in alcuni casi diversi esempi sono stati aggiunti alla sua argomentazione.

[10] Cfr. R. Bultmann, Jesus Christ and Mithology (1958).

[11] Bultmann mira a rendere significativa la Bibbia oggi. Il suo metodo è di interpretare tutto nella Bibbia in termini della filosofia esistenziale di Heidegger. Molti sono d’accordo con il suo scopo ma non accettano l’esistenzialismo di Heidegger.

[12] K. Barth, The Word of God and the Word of Man (1957), pp. 28-50.

[13] Cfr. C. S. Braden, These Also Believe (1970); T. Roszak, Unfinished Animal (1975)

[14] G. Fohrer, Introduction to the Old Testament pp. 190-192.

[15] W. G. Kummel, Introduction to the New Testament (1975), pp. 475-503; W. Marxsen, The New Testament as the Church’s Book (1972).

[16] Cfr. N. Perrin, The New Testament, An Introduction (1974), pp. 80-82; R.M. Grant, A Historical Introduction to the New Testament (1972), pp. 235-240.

[17] 1 e 2 Pietro, Ebrei, 1 e 2 Timoteo, Tito, forse 2 Tessalonicesi, Efesini, i Vangeli e le Epistole di Giovanni. La chiesa copta di Etiopia sembra aver accettato nel suo canone qualsiasi cosa che ogni cristiano in qualsiasi epoca ha considerato parte delle Scritture. Per questo il Nuovo Testamento copto ha 35 libri, molto posteriori all’Apocalisse.

[18] M. Reeves, Joachim of Fiore and the Propthetic Future (1976).

[19] Cfr. W. S. Hudson, Religion in America (1973) pp. 28-29.

[20] Gli slavofili includevano i filosofi Soloviev e Khomiakov e il narratore Dostoievski. Le loro idee furono importanti negli scritti del XX secolo del pensatore Nicolai Berdyaev (m. 1948).

[21] J. Macquarrie, Principles of Christian Theology (1977), p.8.

[22] F. Rosenzweig, The Star of Redemption (1971).

[23] Questa idea fu così importante nel pensiero di Tillich che egli intitolò la sua autobiografia On the Boundary (Sulla frontiera).

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