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L’Escatologia e la Teologia Moderna

LA FINE DELLA STORIA UMANA

Nel 1960 studiosi della Bibbia e teologi furono scossi dall’annuncio del critico del Nuovo Testamento Ernst Käsemann secondo cui l’apocalittica era la madre di tutta la teologia cristiana. [1] Questa affermazione causò una forte eccitazione perché, se vera, avrebbe significato un punto di svolta importantissimo nel nostro modo di intendere la fede cristiana. Lo shock fu aumentato quando la teologia di Wolfhart Pannenberg cominciò a guadagnarsi dei sostenitori, perché egli insisteva che il concetto apocalittico della storia era la base sia della fede cristiana che del pensiero dell’uomo moderno sul futuro. [2] Käsemann e Pannenberg generarono una rinascita positiva dell’apocalittica fra i teologi tedeschi più giovani. [3]

Che cosa si intende per apocalittica? Questo termine deriva da una parola greca che significa semplicemente “rivelazione”. Per questo l’ultimo libro del Nuovo Testamento è chiamato libro della Rivelazione oppure Apocalisse. Inoltre, in senso tecnico e ristretto, la letteratura apocalittica si riferisce agli scritti ebraici e cristiani che rassomigliano all’Apocalisse del Nuovo Testamento. Un’apocalisse contiene rivelazioni del segreto divino sulla fine del mondo e sulla natura dello stato celeste: in altre parole, la letteratura apocalittica descrive la fine della storia.

I libri apocalittici più comunemente conosciuti sono il libro di Daniele nell’Antico Testamento e l’Apocalisse di S. Giovanni nel Nuovo Testamento. Tuttavia, fra gli scritti di questi due libri canonici, devoti ebrei composero molte pergamene apocalittiche che erano parte della preziosa letteratura religiosa di quei tempi ma che non sono mai entrate a far parte della Bibbia ebraica. Allo stesso modo, anche se il movimento cristiano ha prodotto una grande quantità di letteratura apocalittica, la maggior parte di essa non è stata inclusa nella forma finale del canone del Nuovo Testamento.

Elencherò semplicemente le apocalissi che sono state conservate del tutto o in parte. [4]

Il Libro di Daniele

I Enoch (Etiopico)

Il Libro di Noè

Il Libro dei Giubilei

I Testamenti dei 12 Patriarchi

Gli Oracoli Sibillini (Ebraico)

I Salmi di Salomone

Il Libro di Zadoc (documento damasceno)

I Rotoli del Mar Morto

Il Commentario di Habacuc

Il Manuale di Disciplina

Il Rotolo della Guerra

Il Libro dei Misteri

L’Assunzione di Mosè

II Enoch (Slavonico)

La Vita di Adamo ed Eva

IV Ezra (secondo Esdra)

L’Apocalisse di Baruc

L’Ascensione di Isaia

L’Apocalisse di Abramo

II Testamento di Abramo

L’Apocalisse Sinottica (Mc. 13)

L’Apocalisse.

Molti studiosi, per convenienza, limitano i loro studi sull’apocalittica al periodo che va dallo scritto di Daniele a quello dell’Apocalisse (III secolo a.C. – 100 d.C.). Tuttavia, dobbiamo riconoscere che apocalissi continuarono ad essere scritte da cristiani nell’era post-apostolica e che la letteratura apocalittica circolò ampiamente nonostante la forte opposizione da parte di potenti vescovi per diversi secoli. Fra queste apocalissi cristiane si annoverano:

La Didache (capitolo 16)

Il Pastore di Hermas

L’Apocalisse di Pietro

V e VI Ezra

Gli Oracoli Sibillini (cristiano)

Il Libro di Elchasai

L’Apocalisse di Zefania (o Sofonia)

L’Apocalisse di Elia

L’Apocalisse di Zaccaria

L’Apocalisse di Giovanni (3)

L’Apocalisse di Maria (2)

L’Apocalisse di Stefano

L’Apocalisse di Paolo

L’Apocalisse di Tommaso [5]

Generalmente si è d’accordo nel pensare che la letteratura apocalittica ebraica abbia avuto origine come protesta contro il programma di ellenizzazione del sovrano seleucida, Antioco Epifane (morto nel 164 a.C.). Come Alessandro Magno, Antioco credeva che il mondo sarebbe stato unificato e rappacificato sulla base del pensiero e della cultura greci. In Palestina molti ebrei delle classi più elevate non ebbero alcuna difficoltà a adattarsi alle maniere greche. Perfino i sommi sacerdoti appartenevano al partito ellenizzante. [6]

Tuttavia, i piani del sovrano suscitarono l’ira dei religiosi tradizionalisti e il suo controllo sulla Palestina provocò l’opposizione di nazionalisti fanatici. Quando un attacco contro l’Egitto fallì, Antioco rivolse le sue ire contro gli ebrei ribelli. Egli proibì l’osservanza del Sabato e il rito della circoncisione, ordinò che le copie della Torah fossero distrutte e trasformò il tempio degli ebrei in un santuario di Zeus. Il libro di Daniele fu scritto a quell’epoca per confortare ed ispirare i fedeli in un tempo di persecuzione religiosa. Le apocalissi posteriori, sia ebraiche che cristiane, ebbero origine in circostanze simili durante l’oppressione da parte del governo. Come Daniele questi libri avevano lo scopo di ridare coraggio e fiducia nel trionfo finale di Dio. [7]

Il mondo apocalittico ha diversi aspetti chiave. [8] Primo, Dio ha uno scopo ben preciso per l’umanità, che è descritto nel corso della storia. Questo piano divino si può spiegare in termini di numeri sacri come il 4, il 7, il 12, il 40, il 70 o il 72, cioè il corso ordinato della storia corrisponde alla regolarità della natura, come le quattro stagioni dell’anno, i sette giorni della settimana, i 12 segni dello zodiaco e le 70 0 72 settimane di cinque giorni del calendario antico. Secondo, la storia che noi conosciamo culminerà nella nascita di un’era completamente nuova di pace, armonia e comunione con Dio: diversamente da ciò che stiamo sperimentando adesso, quest’era futura sarà come un ritorno al giardino di Eden o l’avvento del Regno dei Cieli sulla terra.

Terzo, la storia dell’umanità è qualcosa di più che un semplice resoconto di cambiamenti politici, economici e sociali. Noi stiamo partecipando ad una battaglia colossale fra le schiere angeliche e gli eserciti soprannaturali comandati da Satana. Infatti, la teologia apocalittica ha una angelologia ed una demonologia ben sviluppate perché la storia è vista come un’interazione fra il nostro mondo e quello spirituale. Secondo lo schema apocalittico l’umanità e tutta la terra sono state soggiogate da Satana ed invocano Dio di liberarle: ecco perché si pone molto l’accento sulla schiavitù di questo mondo di peccato.

Quarto, l’apocalitticismo proclama un vangelo di speranza: Dio non abbandonerà la creazione, ma interverrà in modo evidente nella storia per liberare l’uomo da Satana ed iniziare un’era di gloria messianica. Sulla natura del liberatore messianico ci sono diverse opinioni divergenti ma tutti sono completamente d’accordo che alla fine Dio trionferà sul Suo oppositore satanico; non importa quanto può apparire potente il male e quanto dure saranno le prove che i fedeli dovranno affrontare, il futuro vedrà l’alba del dominio completo di Dio sulla creazione.

Quinto, tutti gli scrittori apocalittici affermano che la fine della storia umana verrà subito dopo un tempo di terribili persecuzioni religiose, di decadenza morale e di disordini sociali. Perciò, se tutto sembra nero, questo può essere il preludio dell’alba della Nuova Era, perché le calamità politiche, morali e naturali sono come le doglie del parto del Messia che deve venire.

Sesto, contrariamente alla maggior parte dell’Antico Testamento, l’apocalittica ha un orientamento universale piuttosto che nazionalistico. [9] Colui che ha una visione apocalittica, vede Dio manifestare il Suo regno su tutto il globo; la preoccupazione per Israele, anche se non è mai assente, è subordinata alla preoccupazione per la sorte di tutta l’umanità. Il destino non fa distinzione fra ebrei e gentili, ma fra fedeli e infedeli e il giudizio finale sarà determinato in base allo standard di rettitudine individuale piuttosto che alla nazionalità o alla razza.

Oltre a queste caratteristiche fondamentali della visione apocalittica del mondo, voglio nominare tre aspetti trascurati del movimento apocalittico. Primo, esso non è pessimista, come si dice spesso, ma molto realista nella sua valutazione dell’uomo e della storia. [10] Poiché vedevano il mondo alla luce della santità di Dio, gli apocalittici riconoscevano sì la natura caduta dell’uomo, le maledizioni del peccato originale e la potenza di Satana, ma credevano che il male, pur radicato profondamente, avrebbe potuto essere estirpato ed avevano fiducia che il meglio dovesse ancora venire. Dio avrebbe spazzato via il male e permesso ad ogni potenzialità del bene di dare i suoi frutti. Dunque, l’apocalittica è ottimista perché si fonda sul cuore giusto e amorevole di Dio stesso.

Secondo, la teologia apocalittica fu influenzata notevolmente dai concetti e dalle immagini del pensiero di Zoroastro, derivati dal contatto degli ebrei con la Persia. L’apocalitticismo rappresenta un progresso rispetto al Giudaismo precedente l’esilio perché beneficiò del dialogo creativo con una fede profetica straniera. Lo studioso contemporaneo del Nuovo Testamento, Schmithals, afferma che esiste una somiglianza inconfondibile fra i concetti dell’antica teologia parsa e quelli dell’apocalitticismo ebraico: il dualismo, l’universalismo e l’individualismo, la resurrezione dei morti, un giudizio universale drammatico e la vittoria escatologica finale di Dio sulle forze soprannaturali del male. [11] Questo processo di sincretismo ebreo-iraniano, dimostra come il Giudaismo si sia sviluppato grazie alla sua apertura alla saggezza religiosa proveniente da oltre confine.

Terzo, la letteratura apocalittica suggerisce chiaramente che la rivelazione non si limita mai al sacro canone, perché Dio può e continua a rivelare le Sue vie misteriose al profeta o al veggente. Le rivelazioni di Dio a “Daniele”, “Enoch”, “Esdra”, “Baruc” e gli altri veggenti apocalittici rappresentano nuove verità divine che non si possono trovare nella Torah di Mosè.

Similmente, i profeti e le profetesse apocalittici cristiani proclamano di offrire delle verità divine prima sconosciute ma ora rivelate. L’apocalittica, in effetti, è una forte protesta contro il concetto di canone chiuso, in quanto Dio può sempre rivelare qualcosa di più di ciò che è stato depositato nel contenuto di un prezioso libro sacro. Senza dubbio questo aspetto dell’apocalittica spiega perché tali scritti incontrano molto raramente il favore dei custodi della religione istituzionalizzata, sia ebrei che cristiani.

Infine, è importante capire che la religiosità apocalittica fa da necessario ponte fra l’Antico e il Nuovo Testamento. La speranza apocalittica servì da fondamento religioso e ideologico per la predicazione di Giovanni Battista, di Gesù, dei primi discepoli e per le Epistole più antiche di S. Paolo. [12]


L’APOCALITTICA E LA TEOLOGIA MODERNA

Poiché Gesù predicò la buona novella che il Regno era vicino, che significato ha il suo messaggio oggi? Esaminiamo brevemente cinque opinioni contrastanti sull’apocalitticismo di Gesù.

  1. Alcuni dicono che il messaggio escatologico di Gesù non è una parte essenziale del suo insegnamento. Anche se la visione apocalittica del mondo risultasse falsa, questo non avrebbe alcun effetto sul nucleo della fede cristiana. Per esempio, Harnack credeva che l’antica speranza escatologica dei primi cristiani avrebbe potuto essere eliminata senza intaccare l’essenza del Cristianesimo. Che influenza potrebbe avere l’errore apocalittico sul messaggio di Gesù, che Dio è nostro Padre, che ogni animo umano ha un valore infinito e che gli uomini sono tutti fratelli? [13]
  2. I fondamentalisti hanno sempre insistito che bisogna credere, come Gesù, nella venuta del Giorno del Giudizio. Però, secondo loro, Gesù parlava di un avvento futuro del Figlio dell’Uomo sulle nuvole. Più volte nella storia della chiesa, gli uomini hanno ridato vita a questo tipo di messaggio apocalittico: la Parusia, ad esempio, fu predetta per l’anno 1000, poi per il 1600, poi per il 1844 e infine per il 1914. Ciò che fanno i neo-evangelici è accettare le profezie del Nuovo Testamento sugli Ultimi Giorni, cambiandone il tempo di adempimento. Di conseguenza, in questi ultimi anni, ci sono stati molti gruppi che hanno annunciato l’imminenza del ritorno soprannaturale di Cristo. [14] Questa rinascita dell’apocalitticismo è rimasta largamente limitata a gruppi marginali, sorti agli estremi della corrente cristiana principale.
  3. Nonostante ciò, a partire dalla I Guerra Mondiale, all’interno delle chiese ufficiali diversi teologi importanti hanno messo l’accento su come la dimensione escatologica sia pertinente alla fede biblica. Per esempio, Karl Barth, nei primi tempi della sua carriera, dichiarò che se il Cristianesimo non è visto come permeato di escatologia da cima a fondo la nostra predicazione non ha nessun rapporto con Cristo. [15] Tuttavia, non si deve confondere la definizione dell’escatologia data da Barth con la visione dei fondamentalisti. A che cosa si riferisce l’escatologia? Essa indica la trascendenza assoluta di Dio. Per i primi seguaci di Barth, Dio è il Totalmente Altro: Egli è in cielo, mentre l’uomo è sulla terra e fra di loro c’è un abisso. Dio è completamente trascendente perché esiste un baratro che separa il Creatore dalla creazione e l’uomo peccatore dal Dio santo. Perciò Barth interpretò l’escatologia come un modo per ricordare l’infinita distinzione qualitativa che c’è tra il temporale e l’eternità. [16] Egli usò la definizione dell’escatologia per attaccare il liberalismo protestante, mettendo l’accento sulla trascendenza divina contro l’enfasi dei liberali sull’immanenza di Dio. Poiché Dio è il Totalmente Altro non Lo si può identificare con le esperienze religiose dell’uomo o col suo programma di riforma sociale. Cosa ancora più importante, dal momento che Dio è trascendente, noi non possiamo raggiungerLo usando la ragione ma dobbiamo dipendere dalla rivelazione. Insistendo sulla natura escatologica del Cristianesimo, Barth sentì che poteva restaurare l’autorità della Bibbia, correggere l’orgoglio dell’uomo e riaffermare la sovranità assoluta di Dio. [17]
  1. Anche Bultmann ha riconosciuto l’importanza centrale dell’escatologia del Nuovo Testamento, ma ne ha trattato il significato in modo molto differente. Egli sostiene che gli insegnamenti apocalittici di Gesù devono essere demitologizzati, traducendoli nel linguaggio dell’esistenzialismo. Che cosa dice il Nuovo Testamento a noi individui? L’escatologia mira all’“auto-comprensione” di ciascuna persona. Il nostro mondo è transitorio, per questo inevitabilmente ci sentiamo insicuri di fronte al futuro e siamo tutti minacciati dalla fine del nostro mondo. Non c’è alcun modo di aggrapparci ai nostri beni e neppure alla nostra vita; oltre ad essere transitorio, questo mondo è anche vuoto perché gli uomini lo hanno ridotto ad un luogo dove domina il peccato. Noi ci sentiamo in colpa a causa delle nostre passate azioni sbagliate. Che cosa intendeva Gesù quando diceva che il Regno era vicino? Noi siamo esseri umani, ciò vuol dire che siamo creature responsabili e siamo afflitti da un senso di colpa e di ansietà perché siamo liberi di creare o di rovinare la nostra vita. Avvisandoci della venuta del Regno, Gesù mette l’accento sull’importanza cruciale del futuro e ci chiama ad agire responsabilmente, per realizzare la volontà di Dio. Perché il futuro è così importante? Perché sarà il giudizio di Dio sulla nostra vita presente. Dio, però, ci offre anche la possibilità di un domani migliore: il futuro ci permette di essere noi stessi in modo più autentico. Perciò dobbiamo guardare avanti con desiderio e ricerca e, come dice Bultmann, prepararci all’ignoto e aprirci al futuro di Dio. Dio ci chiama fuori dalla vana sicurezza che l’uomo si è costruito e noi dobbiamo rispondere alla sfida della bontà, della verità e dell’amore. L’unica nostra sicurezza ci viene dalla fiducia in Dio, che ci parla della possibilità concreta di questo momento e di questo luogo. Saremo liberi quando accetteremo la nostra responsabilità personale. Il credente perciò, chiede sempre a Dio qual è la Sua parola, per lui nel presente concreto. Ogni “adesso” è un momento per la decisione, perché in ogni “adesso” il Regno di Dio per noi è vicino. [18]
  1. Moderni teologi della speranza hanno mosso a Bultmann la critica di essere troppo individualista. Essi sostengono che il Cristianesimo è qualcosa di più di un prendere delle decisioni. Per questo il teologo cattolico tedesco Johannes Baptist Metz mette in piena luce le implicazioni sociali e pubbliche della speranza escatologica. [19] Secondo Metz, quando Gesù proclamava che il Regno dei Cieli era vicino, egli spingeva gli uomini a concentrarsi sul futuro. Gli studiosi dell’Antico Testamento dicono che Dio è un Dio di promessa e perciò essere fedeli alla tradizione biblica vuol dire orientarsi verso il futuro promesso da Dio. L’apocalittica è diretta verso il futuro e pone anche l’accento sul fatto che la realizzazione del piano di Dio provocherà vasti cambiamenti storici. Lo scopo di Dio per il futuro realizzerà completamente le nostre potenzialità umane sul piano storico. La fede cristiana, quindi, deve essere centrata sulla speranza o sull’aspettativa creatrice. Dio non è semplicemente “sopra di noi”, ma “davanti a noi”. Una teologia escatologica deve essere sia creativa che militante. Essa accoglie con piacere il nuovo e non cerca di conservare il passato. La fede apocalittica critica sempre lo status quo, perciò è anche una fede militante. Gli studiosi si sbagliano se pensano che la letteratura apocalittica ebraica o cristiana raccomandi di aspettare passivamente che Dio ci dia il Regno già bell’e fatto: noi siamo gli operai chiamati a Costruire il futuro. I cristiani sono chiamati a trasformare il mondo nel Regno di Dio. Infine, Metz insegna che l’apocalittica non dovrebbe essere limitata al concetto di salvezza personale. Poiché il futuro di Dio è il Regno, l’apocalittica ha una teologia politica e i cristiani, come forza liberatrice e profetica della società, devono impegnarsi in uno sforzo terreno verso la realizzazione della giustizia universale e della pace internazionale.

UNA TEOLOGIA DELLA STORIA

In accordo con l’eredità giudeo-cristiana, la teologia dell’Unificazione afferma che la storia si muove verso uno scopo positivo. Secondo la Bibbia, Dio creò Adamo ed Eva per essere veri genitori dell’umanità. Se loro avessero continuato a stare dalla parte di Dio e avessero resistito alla tentazione di Lucifero, i loro discendenti avrebbero vissuto nell’ideale Regno dei Cieli sulla terra, simboleggiato, nella Genesi, dal giardino dell’Eden. Perciò lo scopo di Dio per l’umanità è che ogni individuo viva una vita utile e gioiosa e che tutto il mondo sia ricolmo di giustizia, armonia e pace.

Nonostante tutta la stupidità, l’ingiustizia, la ricerca egoistica di piacere dell’uomo, Dio è ancora determinato a realizzare il Suo scopo originale della creazione e il Suo amore, malgrado i nostri peccati, rimane costante. Egli ha diretto quindi il corso della storia per restaurare l’uomo e la natura riportandoli al loro stato originario. [20]

La Bibbia racconta il duro lavoro che Lui ha fatto per redimere l’umanità. Nell’Antico Testamento leggiamo come Dio abbia scelto ed usato i patriarchi e i profeti ebraici per porre la fondazione per un’era messianica di giustizia e di pace per tutta l’umanità. Come abbiamo visto la letteratura apocalittica rappresenta un grido di speranza che sorge da una situazione di disperazione generale. In questa atmosfera Gesù predicò l’imminente avvento del Regno, ma, a causa della ristrettezza della mentalità religiosa e dell’arroganza partigiana, egli fu inchiodato su una croce; il piano di Dio per la restaurazione dell’uomo dovette così essere prolungato fino a che l’opera di Gesù si sarebbe potuta realizzare in un’era futura. Secondo il Nuovo Testamento lo scopo di Dio per l’umanità sarà realizzato completamente soltanto quando questo mondo verrà trasformato nel Regno dei Cieli.

Tuttavia, molti fondamentalisti sono convinti che la fine della storia non potrà avvenire fino a che questo mondo non sarà distrutto completamente, [21] in altre parole essi insistono su un’interpretazione letterale delle profezie apocalittiche delle Scritture. Dunque, negli Ultimi Giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più luce, le stelle cadranno dal cielo e la terra sarà consumata completamente dal fuoco (Mt. 24:29, 2 Pt. 3:10). Secondo questa visione, Dio deve distruggere questo mondo per far spazio ad una nuova terra e ad un nuovo cielo dove la Sua sovranità sarà rispettata.

I fondamentalisti, tuttavia, ignorano il carattere simbolico della letteratura apocalittica. Dovrebbe essere ovvio a tutti che scritti come quelli di Daniele e dell’Apocalisse non si devono interpretare letteralmente. Per esempio, quando Daniele parla del capro con un corno in mezzo agli occhi non si riferisce ad un animale ma vuole simboleggiare l’impero macedone di Alessandro Magno (8:5-21). Oppure, quando l’Apocalisse descrive una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sulla testa una corona di dodici stelle, non è che dobbiamo pensare ad una persona reale (12:1). Per comprendere il messaggio dell’apocalittica, bisogna capire che fu scritta intenzionalmente in un linguaggio simbolico che deve essere decifrato. Così, le espressioni bibliche sugli Ultimi Giorni e la fine del mondo devono essere interpretate con cura.

Spiegare questi scritti in termini letterali vorrebbe dire negare la fede biblica in un Dio dall’amore vittorioso. Se il cielo e la terra devono essere distrutti, allora l’ideale di creazione di Dio sarebbe annullato totalmente e, se il Suo scopo per la terra non si potrà mai realizzare, allora Dio non può essere veramente onnipotente. Che Dio sia costretto a distruggere col fuoco la Sua creazione significa che, o è stato poco saggio a formare un simile mondo, oppure l’uomo, attraverso la disobbedienza e il peccato, può rendere per sempre vano lo scopo di Dio: nessuna di queste due alternative si può conciliare con la dottrina cristiana su Dio. Gesù, quando si riferiva alla fine del mondo, intendeva la fine della sovranità di Satana. [22] Come Messia, Gesù doveva inaugurare una nuova era per l’umanità, ponendo termine al dominio satanico, realizzando le Scritture ebraiche e portando a conclusione l’era dell’Antico Testamento. Poiché questo non fu realizzato completamente da lui nel suo ministero sulla terra, i suoi discepoli aspettavano con ansia il Secondo Avvento, in cui il dominio di Dio si sarebbe manifestato nella sua potenza. Così, nel Nuovo Testamento, la fine del mondo si identifica con il Secondo Avvento di Cristo. Quando Cristo ritornerà, realizzerà sia l’Antico Testamento del Giudaismo che il Nuovo Testamento del Cristianesimo con la nuova rivelazione della Parola di Dio; il nuovo Cristo soggiogherà anche Satana e porrà fine a questo mondo, distruggendo la sovranità del male e restaurando il regno originale di bontà di Dio.

Tutte le apocalissi sono d’accordo che la fine dei tempi sarà annunciata da segni straordinari di decadenza morale, disintegrazione sociale e declino religioso, cioè le fonti comuni di luce morale e spirituale non splenderanno più. In questo senso simbolico il sole sarà oscurato e la luna verrà nascosta dalle nuvole.

Non è forse questa la nostra condizione attuale? Se leggiamo correttamente i segni dei tempi, non siamo forse già alla fine della nostra era? Non dovremmo perciò stare all’erta per il ritorno di Cristo e la nascita dell’era messianica così tanto rinviata?

I profeti apocalittici ci hanno sempre avvertiti che la fine dei tempi avrebbe incluso il giudizio finale di Dio. Che cosa intendevano con questa idea del Giudizio Universale? Secondo la teologia dell’Unificazione, dopo la caduta di Adamo, il male si è sempre espanso aggressivamente e il bene è rimasto di gran lunga sulla difensiva. Perché Dio possa realizzare il Suo scopo per la creazione è necessario invertire questo processo. Per inaugurare la Nuova Era il Messia deve passare all’offensiva. Quando Dio otterrà un punto d’appoggio per il Suo Regno su questa terra, le forze del bene potranno prendere il predominio e la potenza del male comincerà a declinare.

Nello schema apocalittico, il Giudizio Universale segna il punto di passaggio, quando il bene prende l’offensiva e le forze di Satana cominciano a ritirarsi. Così, esso rappresenta il tempo in cui il pastore separa le pecore dai capri e il contadino separa il grano dalla zizzania. Allora, alla fine, in questa separazione decisiva del bene dal male, il lato di Dio comincerà a muovere una guerra vittoriosa contro la sovranità satanica di questo mondo.

Come può il male essere sconfitto permanentemente? Soltanto estirpando le sue radici insite nella natura umana, soltanto eliminando il peccato originale dell’uomo da cui scaturisce ogni particolare atto di malvagità. Così il lavoro principale del Messia è quello di distruggere il peccato originale perché è su questo punto che Satana tiene saldamente vincolati a sé tutti gli uomini.

Man mano che il Giudizio Universale andrà avanti, una nuova era prenderà gradualmente il posto di quella vecchia. La restaurazione dell’uomo avverrà in due stadi. Per prima cosa, il cuore dell’uomo deve essere restaurato al suo stato originale. Agostino notò che sotto la maledizione di Adamo gli uomini caduti sono “incapaci di non peccare”. Perciò soltanto sradicando la sorgente del peccato saremo finalmente liberi di fare il bene e di ristabilire una comunione d’amore con Dio. Secondo, poiché il cuore dell’uomo si purificherà, anche il suo ambiente potrà essere migliorato.

La teologia dell’Unificazione si differenzia piuttosto notevolmente da tre tesi comuni. Primo, essa non è d’accordo con quei cristiani che credono che il Regno di Dio si potrà realizzare sulla terra soltanto attraverso riforme sociali e miglioramenti tecnologici. Questo è il punto debole fatale dei teologi della liberazione e degli attivisti del vangelo sociale. Non possiamo inaugurare il regno semplicemente abolendo gli armamenti nucleari, decretando una legislazione di diritti civili, creando un sistema economico socialista o facendo qualche altra riforma politica esteriore. Fino a che il potere corruttore del peccato originale non sarà eliminato l’uomo non potrà realizzare il piano originale di Dio per la creazione. Non si trasforma un maiale in una persona trasferendola da un porcile ad una casa. La restaurazione o la redenzione devono avere origine dal di dentro.

In secondo luogo, gli unificazionisti non sono d’accordo con gli evangelici conservatori, i quali sostengono che il peccato originale è eliminato mediante il sacramento del battesimo. Da un lato, non c’è alcuna prova che l’Inghilterra nel 1830 o la Germania nel 1910 o l’Italia nel 1960, periodi nei quali quasi tutti i bambini erano battezzati, siano diventate nazioni con un giusto ordine sociale. Dall’altro S. Paolo, che pur teneva in alta considerazione il battesimo, mise chiaramente in guardia i cristiani battezzati dicendo loro che dovevano ancora battagliare contro le potenze del male ed erano ancora soggetti alle tentazioni del mondo. Per queste ragioni S. Paolo attendeva con ansia il Secondo Avvento del Cristo, quando Dio avrebbe trionfato definitivamente.

In terzo luogo, la teologia dell’Unificazione si differenzia dal realismo profetico di Niebuhr, poiché egli sostiene che la volontà di Dio non si potrà mai realizzare completamente sotto limitazioni temporali. Per lui il Regno resta una “possibilità impossibile”, un ideale verso cui noi dovremmo sempre tendere senza però aspettarci di raggiungerlo. Una tale teoria, tuttavia, indebolisce grandemente la fiducia sociale della speranza cristiana. Come Rosemary Ruether fa notare, il concetto del Regno secondo Niebuhr distrugge l’aspettativa sociale. La maggior parte delle persone smetteranno di lottare per una meta che credono vada oltre le possibilità umane.

Così il realismo di Niebuhr sfocia in un compiacimento soddisfatto dalle aspettative minime e indirettamente favorisce lo status quo. A meno che non crediamo nella possibilità di stabilire il vero Regno sulla terra, noi tendiamo a perdere fiducia nella nostra capacità di cambiare la nostra società imperfetta. [23] Di conseguenza il pensiero dell’Unificazione afferma nuovamente la speranza cristiana nella realizzazione del piano di Dio qui sulla terra e ora.

Per quanto riguarda la fine della storia umana, è importante notare come i Principi Divini vadano al di là dell’ideale cristiano convenzionale di perfezione individuale. Secondo la teologia dell’Unificazione è necessario che il Messia formi una base delle quattro posizioni a livello familiare. La letteratura apocalittica tradizionale più antica è stata fin troppo individualista, o troppo nazionalista. La prima ignora l’aspetto sociale dello scopo finale di Dio, la seconda trascura il valore dell’individuo e tuttavia è troppo ristretta quando limita l’interesse di Dio ad una sola nazione.

Gli unificazionisti superano questi punti deboli ponendo l’accento sull’importanza fondamentale della famiglia centrata su Dio. Inoltre, stabilendo una famiglia perfetta, il Messia assicura la continuità del Regno di Dio. Come può l’individuo centrato su Dio perpetuare lo stato di perfezione al di là della propria vita? La storia è piena di racconti di comunità utopistiche che sono scomparse o decadute con la morte dei loro fondatori. Secondo la teologia dell’Unificazione, l’affermazione di aver sottomesso Satana e sradicato il peccato originale può essere dimostrata quando individui centrati su Dio si uniscono formando famiglie centrate su Dio per generare figli centrati su Dio. Cioè, la prova finale del successo del Messia si può vedere quando la sua dedizione totale a Dio è trasmessa alle generazioni future.

Infine, diversamente dalla maggior parte delle teologie apocalittiche della storia, i Principi Divini pongono l’accento sugli aspetti positivi della fine dei tempi. Molte apocalissi sembrano create per spaventare i loro lettori. Perfino gli interpreti cristiani del libro dell’Apocalisse di solito trattano la fine della storia umana in termini di profezie terrificanti e di sorti funeste.

Al contrario, la teologia dell’Unificazione guarda all’era futura come ad un tempo di speranza realizzata e di intensa gioia. Quali sono dunque i prodigi a cui i nostri tempi stanno assistendo, all’alba dell’era messianica? Dovremmo poter vedere con i nostri stessi occhi alcuni segni evidenti che Dio sta realizzando il Suo scopo di creazione.

Prima di tutto, il nostro è un periodo di intenso anelito spirituale. Contemporaneamente al declino generale delle religioni convenzionali, un gran numero di persone sta ricercando un’esperienza personale di comunione con Dio e sta aspettando, con mente aperta, che Dio riveli nuove verità adatte a questo nostro tempo particolare.

In secondo luogo, il nostro è un tempo cosciente di un bisogno disperato di unità e di armonia. In molte forme diverse, la gente moderna ricerca la distensione internazionale, la comprensione interconfessionale, l’amicizia fra le razze, la cooperazione fra le varie denominazioni e lo scambio culturale. Nonostante i grossi conflitti nelle nazioni e fra nazioni, quasi tutti sono d’accordo che in qualche modo dobbiamo imparare a risolvere le nostre divergenze in maniera pacifica. [24]

Infine, con lo straordinario progresso scientifico e tecnologico del nostro secolo, l’uomo è finalmente in grado di esercitare un vero controllo sulla natura. La terza promessa di Dio a Adamo si sta avverando. Il dominio dell’uomo moderno sulla creazione è ormai in vista.

Possiamo avere speranze nei nostri giorni? Certo, purché ci guardiamo intorno con gli occhi della fede. Attorno a noi ci sono segni che indicano come la vecchia storia abbia raggiunto la sua fine e stia albeggiando un nuovo giorno in cui il principio di creazione della provvidenza di Dio sarà realizzato. Anche se la neve ricopre ancora la terra e l’aria è fredda, basta solo la vista di un croco giallo in fiore per capire che la primavera è vicina.


Note

[1] E. Käsemann, New Testament Questions of Today (1969), p. 102.

[2] In maniera molto significativa, il simposio Revelation as History emesso da Pannenberg e dai suoi amici, nacque da un seminario di teologia tenuto nell’autunno 1960.

[3] K. Koch, The Rediscovery of Apocalyptic (1972) p. 14.

[4] Per i testi si veda R. H. Charles, Apocrypha and Pseudepigrapha of the Old Testament, 2 volumi (1913); G. Vermes, Dead Sea Scrolls in English (1962).

[5] Cfr. Hennecke – Schneemelcher, New Testament Apocrypha (1965), vol. II.

[6] Cfr. M. Hengel, Judaism and Hellenism (1974).

[7] H. H. Rowley, The Relevance of Apocalyptic (1963), pp. 13-53.

[8] W. Schmithals, The Apocalyptic Movement (1975), pp. 13-49; Rowley, ivi, pp. 166-193.

[9] Schmithals, op. cit., pp. 19-20.

[10] Rowley, op. cit., pp. 178-179.

[11] Schmithals, op. cit., pp. 113-123.

[12] Cfr. K. Koch, “The Agonized Attempt to Save Jesus from Apocalyptic”, The Rediscovery of Apocalyptic (1972), pp. 57-97.

[13] A. Harnack, History of Dogma, Vol. I, p. 101, parla dell’apocalittica come di “un cattivo retaggio” che il Cristianesimo ha preso dagli ebrei.

[14] Si vedano, ad esempio, i saggi letti al Settimo Congresso sulla Profezia in C. L. Feinberg, ed. Jesus the King is Coming (1973).

[15] K. Barth, Epistle to the Romans (1922) p. 314.

[16] Si veda la sua spiegazione in Church Dogmatics II, vol. 1 (1958), pp. 631-638.

[17] Cfr. K. Barth, The Word of God and Word of Man (1928).

[18] R. Bultmann, The Presence of Eternity (1962); si veda anche la sua Theology of the New Testament (1955), vol. I, cc. iv e v.

[19] J. B. Metz, Theology of the World (ediz. del 1973).

[20] Principi Divini, pp. 181-188.

[21] Cfr. C. L. Feinberg, ed., Prophecy and the Seventies (1971); H. Lindsey, The Late Great Planet Earth (1970).

[22] Principi Divini, pp. 111-112.

[23] R. Ruether, The Radical Kingdom (1970), p. 202.

[24] Cfr. le Terry Lectures del 1974 a Yale tenute dall’educatore cattolico Theodore Hesburgh: The Human Imperative. Coloro che lavorano per un uomo nuovo ed una terra nuova stanno creando e riscattando veramente i tempi – egli insiste. Perciò i cristiani sono ispirati ad amare Dio amando gli uomini e a costruire una comunità umana che può anche, per grazia di Dio, essere un Suo Regno (p. 11).

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