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Capitolo 5 - L’amore della famiglia può cambiare il mondo

Mia moglie, Hak Ja Han Moon

La prima volta che la vidi, mia moglie era una ragazza di quattordici anni che aveva appena finito il sesto anno della scuola primaria. Era una ragazza tranquilla, che non alzava mai la voce né mai cercava di attirare l’attenzione su di sé. Per andare e tornare dalla chiesa prendeva sempre la stessa strada. La prima volta che me la presentarono, mi dissero che era la figlia di un membro della nostra chiesa, la signora Soon Ae Hong.

«Come ti chiami?» le chiesi. «Mi chiamo Hak Ja Han» rispose scandendo le parole. In quel momento, senza che mi rendessi conto di cosa stesse accadendo, dissi: «Così Hak Ja Han è nata in Corea!». Ripetei questa frase tre volte di fila, poi pregai dicendo: «Dio! Grazie per aver mandato in Corea una donna meravigliosa come Hak Ja Han». Poi la guardai e aggiunsi: «Hak Ja Han, temo che tu debba andare incontro a tanti sacrifici». Tutte queste parole uscirono dalle mie labbra spontaneamente.

In seguito, la signora Hong mi disse che le era parso strano che dicessi la stessa cosa tre volte, dopo aver incontrato sua figlia per la prima volta. Anche mia moglie mi disse che le era rimasto molto impresso quel primo, breve incontro. Ricordava tutte le mie parole, come se avessi pronunciato un sermone soltanto per lei, e le serbò nel suo cuore. Disse che si era sentita come se avesse ricevuto una rivelazione importante sul suo futuro che non avrebbe potuto più dimenticare.

Sua madre veniva da una famiglia di devoti presbiteriani; era cresciuta quindi in una famiglia cristiana. Era originaria di Jungju, a pochi chilometri dal mio villaggio, ma era vissuta ad Anju (1), fino a quando si era trasferita in Corea del Sud, al tempo della guerra di Corea. All’epoca in cui cominciò a frequentare la nostra chiesa, la signora Hong viveva molto devotamente a Chuncheon (2) ed educava sua figlia con severità. Mia moglie frequentò una scuola per infermiere diretta da suore cattoliche. Mi dissero che la regola di quella scuola era così rigida che sembrava di vivere in un convento. Lei aveva un carattere gentile e, durante il periodo in cui viveva con sua madre, non andò mai altrove, se non a scuola e alla nostra chiesa.

A quel tempo io avevo quarant’anni, e sentivo che era giunto il momento che mi sposassi. Tutto ciò che dovevo fare era attendere che Dio mi dicesse: «Il momento è venuto, perciò sposati» e io avrei fatto quel che mi fosse stato comandato. Seung Do Ji, un’anziana donna della nostra chiesa, cominciò i preparativi per il mio fidanzamento, nell’ottobre del 1959, anche se non c’era ancora nessuna fidanzata in vista. Un altro membro, che aveva pregato sette anni perché io trovassi una moglie, mi raccontò un giorno che aveva fatto un sogno, nel quale aveva visto che Hak Ja Han sarebbe stata mia moglie.

La signora Ji, anche lei membro della chiesa, mi parlò di un suo strano sogno: «Che sogno è mai questo? - esclamò - Ho visto centinaia di gru giungere in volo. Ho cercato di scacciarle agitando le braccia, ma quelle continuavano a venire e alla fine ti hanno coperto con le loro piume bianche. Si tratta di un presagio per il futuro?». La sillaba «Hak» di Hak Ja Han corrisponde al carattere cinese, usato anche in coreano, che indica la gru.

In seguito, anche Hak Ja Han ebbe un sogno in cui io le apparvi e le dissi: «Il giorno è vicino, preparati». Più oltre mia moglie aggiunse che, in quel sogno, mi aveva risposto umilmente: «Ho vissuto fino ad oggi secondo la volontà di Dio. Nel futuro, allo stesso modo, seguirò la volontà di Dio come sua serva, non importa cosa possa avvenire».

Pochi giorni dopo che la mia futura moglie aveva fatto questo sogno, chiesi alla signora Hong di portare sua figlia da me. Era il primo incontro da quando mi era stata presentata per la prima volta, all’età di quattordici anni. Quel giorno feci molte domande alla giovane. A tutte lei rispose con compostezza e chiarezza. Durante il nostro incontro, le chiesi di fare un disegno. Senza alcuna esitazione, lei prese una matita e cominciò a disegnare su un foglio di carta. Quando mi mise davanti il disegno finito, fui molto colpito da ciò che vidi. La guardai in viso e la sua espressione timida era bellissima. Il suo cuore era meraviglioso, come la figura che aveva disegnato.

Il nostro fidanzamento fu celebrato il 27 marzo 1960, e la cerimonia di matrimonio si tenne appena due settimane dopo, l’11 aprile. Dopo il fidanzamento non avevo fissato una data per il matrimonio, ma quando diversi giorni dopo chiamai la signorina Han e le dissi: «Domani mattina avremo il nostro matrimonio», lei rispose semplicemente: «Davvero?» e non fece nessuna domanda né si oppose in alcun modo. Lei sembrava completamente obbediente al Cielo. Era così pura e gentile. Allora come adesso, quando si tratta della volontà di Dio, lei dimostra una grande determinazione.

Io indossai un samo-kwandae, l’abito formale dei funzionari di corte che si usa comunemente nelle cerimonie di nozze tradizionali coreane, e lei vestì un costume tipico del nostro Paese che includeva uno jokdori, cioè un diadema da sposa. La mia sposa, che aveva diciassette anni ed era di oltre venti più giovane di me, appariva sicura e raggiante, con le labbra serrate e il volto aggraziato.

Durante la cerimonia le dissi che stava per intraprendere un corso difficile: «Penso che tu ti sia già resa conto che sposarmi non sarà un matrimonio come qualsiasi altro. Noi diventiamo marito e moglie per completare la missione, dataci da Dio, di essere Veri Genitori, e non soltanto per la felicità della nostra coppia, come fanno le altre persone di questo mondo. Dio vuole costruire il Regno dei Cieli sulla terra attraverso una vera famiglia. Tu ed io percorreremo una strada difficile, per diventare i Veri Genitori che apriranno agli altri le porte del Regno dei Cieli. È un cammino sul quale nessun altro si è addentrato nella storia, così che neanch’io so bene tutto quello che implicherà. Durante i prossimi sette anni troverai tante cose difficili da sopportare. Non dimenticare, neppure per un istante, che la vita che noi condurremo sarà diversa da quella degli altri. Non farai mai nulla, per quanto banale possa apparire, senza averne prima parlato con me, e obbedirai a tutto ciò che ti dirò».

Lei rispose: «Il mio cuore è già pronto. Ti prego, non preoccuparti». Potei vedere dalla sua espressione che aveva preso una forte risoluzione.

Le sue prove cominciarono il giorno dopo il nostro matrimonio. La prima difficoltà che affrontò fu quella di non poter vedere sua madre. Poiché mia moglie, sua madre e sua nonna materna erano tutte figlie uniche, la relazione madre-figlia era particolarmente forte. Per assumere la sua missione pubblica e sviluppare la giusta concentrazione, le chiesi di vivere per tre anni una vita di tipo ascetico. Questo significò che lei non poté vedere sua madre né alcuno dei suoi parenti per tre anni.

Andò ad abitare in una stanza concessa in affitto da un membro della chiesa. Veniva alla chiesa non più di una volta al giorno, di solito la sera e, per non dare disturbo, usciva dalla porta di servizio. Io ero spesso impegnato nel servizio religioso, oppure pregavo tutta la notte ed ero raramente a casa, ma la nostra separazione non aveva motivazioni pratiche. La separazione doveva stabilire una condizione spirituale di devozione incondizionata alla sua missione. Dal momento che le chiacchiere volgari sul mio conto continuavano a circolare, questa separazione dai suoi parenti e da me per la mia giovane moglie fu ancora più difficile da sostenere.

Al tempo del nostro matrimonio, la Chiesa di Unificazione era già stata costituita in centoventi comunità, nelle varie regioni della Corea. Anche nella nostra chiesa, comunque, c’erano quelli che criticavano il nostro matrimonio. Alcune donne la invidiavano, altre la odiavano. Giravano tante storie e, come se tutto questo non fosse abbastanza, lei viveva in casa di qualcun altro. Altre donne più anziane della nostra chiesa mi seguivano dovunque andassi. Alla fine, il trattamento apparentemente freddo che riservavo a mia moglie pose fine alle critiche e all’invidia nei suoi confronti. In effetti, la gente cominciava a simpatizzare per lei.

Per esempio, molti membri mi biasimarono perché non andai a trovare mia moglie neanche quando era sofferente e infreddolita, in una stanza senza riscaldamento, alle prese con i dolori susseguenti al parto, dopo la nascita della nostra prima figlia. Alcuni di loro dissero: «Con questo comportamento, come può anche solo pensare di definirsi un marito?». Altri mi dissero: «Reverendo Moon, lei sta esagerando. Se l’ha sposata, deve vivere con lei. Le sta rendendo difficile anche il solo incontrarla». Coloro che avevano criticato mia moglie cominciarono, uno dopo l’altro, a schierarsi al suo fianco.

Era necessario che, nonostante la sua giovane età, mia moglie ricevesse un duro addestramento. Nel tempo che passavamo insieme, la sua situazione era impietosa. Non aveva neppure un minuto libero per sé. Era costantemente allo stremo, come se stesse camminando sul ghiaccio sottile, domandandosi: «Avrò pace oggi? Avrò pace domani?». Poiché doveva raggiungere il livello dell’amore materno di Dio, io la correggevo anche per una sola parola sbagliata. A volte anche le sue espressioni di affetto per me dovevano essere troncate, per il bene della sua missione eterna. Tutto ciò era indispensabile perché lei diventasse la Vera Madre, ma so con certezza quanto ciò addolorasse il suo cuore.

A me poteva, di tanto in tanto, scappare qualche parola, senza riflettere troppo. Lei, invece, doveva armonizzarsi con ogni mia parola, così la sua sofferenza è stata davvero grande. Ci vollero sette anni per adeguarci l’uno all’altra. Vi racconto queste storie perché la cosa più importante in una relazione coniugale è la fiducia. Ed è quella che rende possibile che due persone diventino una cosa sola.

Un’incomparabile bellezza interiore

Mia moglie ed io ci scambiammo una promessa dopo esserci sposati: fummo d’accordo nel decidere che, per quanto uno dei due potesse essere seccato o infuriato, avremmo sempre evitato che qualcuno potesse pensare: «Sembra che il Reverendo e la signora Moon abbiano avuto una discussione». Fummo d’accordo che non importava quanti figli avessimo avuto, non avremmo mai dato loro alcun motivo di pensare che avessimo litigato. I figli sono Dio. I figli sono Dio con un cuore molto piccolo. Così, quando un figlio chiama «Mamma», bisogna rispondere sempre «Cosa c’è?» con un sorriso.

Dopo aver attraversato questo duro corso per sette anni, mia moglie divenne una madre meravigliosa. Tutti i pettegolezzi sul suo conto svanirono e la nostra famiglia ebbe pace e felicità. Mia moglie ha partorito quattordici figli e si è presa cura di ciascuno di loro con tanto amore. Quando è lontana da casa, a motivo della nostra vita, piena di incontri pubblici e dedicata alla missione, manda ogni giorno lettere e cartoline ai nostri figli.

Sebbene sia stato difficile crescere quattordici figli nell’arco di oltre quarant’anni, lei non si è mai lamentata. Molte volte, quando mia moglie stava per partorire, mi sono trovato all’estero. Ella ha dovuto affrontare quei momenti da sola. Ci sono stati giorni in cui non ho potuto fare nulla per lei. Una volta un membro mi scrisse una lettera sulle ristrettezze economiche di mia moglie, preoccupato addirittura che non avesse abbastanza da mangiare. Neanche allora lei si dolse delle sue difficoltà.

Poiché io dormo soltanto due o tre ore per notte, lei si è sentita obbligata a fare lo stesso, per tutto il corso della nostra vita insieme. Questo genere di cose mi fa soffrire ancor oggi.

Mia moglie ha un tale incredibile cuore d’amore e attenzione, che è arrivata al punto di regalare un anello speciale, che le avevo donato, a una persona che versava nel bisogno. Quando vede qualcuno che ha bisogno di vestiti, lei gliene compra o gliene dà dei nostri. Quando incontra qualcuno che ha fame, lei gli compra da mangiare. È successo più volte che, dopo aver ricevuto dei regali, li abbia offerti a qualcun altro che secondo lei ne aveva più bisogno di noi.

Una volta, eravamo in viaggio in Olanda e visitammo un laboratorio dove lavoravano i diamanti. Volendo esprimere a mia moglie il mio rammarico per tutti i suoi sacrifici, le comprai un anello con un diamante. Non avevo tanti soldi, così non potei comprarne uno grande. Ne scelsi uno che mi piaceva e glielo regalai. In seguito, lei a sua volta lo regalò a qualcuno. Quando vidi che non era più al suo dito le chiesi: «Dov’è finito l’anello?» mi rispose: «Lo sai che non riesco a tenere una cosa del genere se qualcuno ha bisogno».

Una volta la vidi stendere un’ampia carta da imballaggio, nella quale stava sistemando tranquillamente degli abiti. «Che cosa stai facendo con quei vestiti?» le chiesi. «Ho una certa idea…» rispose. Confezionò diversi pacchi di vestiti senza dirmi cosa avesse intenzione di farne. Quando ebbe finito, mi disse che si accingeva a mandare quegli abiti ai nostri missionari che lavoravano all’estero: «Questo è per la Mongolia, questo per qualcuno in Africa e questo per il Paraguay». Aveva un sorriso leggermente imbarazzato che la rendeva così dolce quando mi disse quella frase. Ancora oggi lei si occupa personalmente delle necessità dei nostri missionari all’estero.

Nel 1979 mia moglie costituì la Fondazione Internazionale per l’Assistenza e l’Amicizia, che ha realizzato progetti di servizio in numerosi paesi, tra i quali lo Zaire, il Senegal e la Costa d’Avorio. La Fondazione offre cibo per i bambini poveri, medicine per i malati e abiti per i bisognosi. In Corea, nel 1994, ha creato l’organizzazione benefica Aewon, che ha tra le sue attività una mensa che distribuisce gratuitamente pasti ai poveri, aiuta famiglie a basso reddito, disabili, minorenni che hanno responsabilità di capofamiglia, eccetera, e invia aiuti umanitari agli abitanti della Corea del Nord.

Per diverso tempo mia moglie è stata attiva nelle associazioni femminili. La Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo, che lei stessa ha fondato nel 1992, ha aperto sedi in circa ottanta nazioni ed è riconosciuta quale organizzazione con «general consultative status» all’interno del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite quale Organizzazione Non Governativa.

Lungo tutta la storia le donne sono state perseguitate, ma io predico un radicale cambiamento. Il mondo che verrà porterà riconciliazione e pace, sulla base del carattere materno, dell’amore e della socievolezza delle donne. Sta per arrivare il tempo in cui la forza delle donne salverà il mondo.

Disgraziatamente, oggi molte organizzazioni femminili pensano che il modo giusto per dimostrare la forza delle donne sia assumere una posizione di contrapposizione agli uomini. Il risultato è un ambiente di competizione e conflitto. Le organizzazioni femminili guidate da mia moglie, da parte loro, cercano di promuovere la pace sulla base del principio che le donne devono collaborare tra loro, prendere iniziative e sostenersi vicendevolmente, superando i limiti tradizionali di razza, cultura e religione, per creare famiglie sane che siano le pietre angolari della cultura della pace.

Le associazioni con le quali lei opera non reclamano la liberazione delle donne dagli uomini e dalle famiglie. Al contrario, esse incoraggiano le donne a sviluppare e mantenere famiglie piene d’amore. Il sogno di mia moglie è vedere tutte le donne allevate come vere figlie, con un cuore di devozione filiale capace di creare pace nelle case, nelle comunità, nelle nazioni e nel mondo. Il movimento femminile condotto da mia moglie ha come meta delle vere famiglie che siano la radice della pace in tutti i campi della vita.

Durante uno dei periodi più intensi della mia attività pubblica, i nostri figli dovettero rimanere quasi sei mesi lontano dai propri genitori. Rimasero a casa senza di noi, e di loro si occuparono dei membri della nostra chiesa.

La nostra casa è sempre stata piena di membri. Per ogni pasto c’erano a tavola degli ospiti, che avevano la precedenza rispetto ai nostri figli. A causa di queste circostanze, i nostri ragazzi sono cresciuti con un senso di solitudine che i figli di altre famiglie non hanno sperimentato. Ancora peggiore è stata la sofferenza che hanno patito a causa del loro padre. Dovunque andassero venivano additati come i «figli di Sun Myung Moon, il capo della famosa setta». Questa sofferenza li ha condotti attraverso periodi di confusione e ribellione, ma sono sempre ritornati a casa. Non siamo stati nelle condizioni di sostenerli adeguatamente come genitori, ma cinque di loro si sono laureati all’università di Harvard. Non potrei essere più riconoscente per il loro coraggio e i loro risultati. Adesso sono abbastanza maturi da aiutarmi nel mio lavoro, ma tuttora io sono per loro un padre severo. Ancora insegno loro come diventare persone che facciano più di me per servire il Cielo e vivere per il bene dell’umanità.

Mia moglie è una donna incredibilmente forte, ma la morte del nostro secondogenito, Heung Jin, è stata molto difficile. È successo nel dicembre del 1983. Lei era con me a Kwangju, in Corea, dove si stava svolgendo una manifestazione del programma «Vittoria sul comunismo». Fummo informati da una chiamata telefonica internazionale che Heung Jin era rimasto coinvolto in un incidente stradale ed era stato trasportato in ospedale. Prendemmo un volo il giorno successivo e andammo direttamente a New York. Trovammo Heung Jin in coma all’ospedale. Un camion che viaggiava a velocità eccessiva, lungo una strada in discesa, aveva tentato una frenata e aveva invaso la corsia di marcia opposta, dove stava procedendo la macchina guidata da mio figlio. Due dei suoi migliori amici erano nell’auto con lui. Heung Jin sterzò verso destra, così da presentare all’impatto con il camion il lato del conducente. In questo modo, salvò la vita ai suoi due amici. Visitai il luogo, nei dintorni di casa nostra dove era avvenuto l’incidente e le strisce nere lasciate dagli pneumatici che scartavano sulla destra erano ancora visibili.

Alla fine, Heung Jin andò in cielo il 2 gennaio, di prima mattina. Aveva compiuto diciassette anni il mese precedente. Non ci sono parole per descrivere il dolore di mia moglie nel dover lasciare che un figlio che aveva cresciuto con tanto amore andasse in cielo prima di lei. Nonostante tutto, non poteva piangere. Era importante, anzi, che non versasse neppure una lacrima. Noi siamo persone che conoscono il mondo dello spirito eterno. Lo spirito di un uomo non scompare come se fosse polvere solo perché finisce la vita fisica. L’anima ascende al mondo dello spirito. Come genitori, la sofferenza di sapere che non saremmo mai più stati in grado di vedere o toccare il nostro amato figlio in questo mondo era quasi insostenibile. Nonostante ciò, mia moglie non poteva piangere; poteva solo posare amorevolmente la mano sul carro funebre che portava il corpo di Heung Jin.

Poco prima dell’incidente, avevamo fidanzato Heung Jin con Hoon Sook Pak, una studentessa di danza. Dovetti parlare con Hoon Sook della dipartita di Heung Jin da questo mondo e chiederle cosa volesse fare. Le dissi che non sarebbe stato facile né equo nei confronti dei suoi genitori, se lei avesse scelto di vivere da sola. Le suggerii di dimenticare la promessa che si erano scambiati. Ma Hoon Sook fu categorica: «So che il mondo dello spirito esiste - disse - per favore, lasciatemi vivere la mia vita con Heung Jin». Alla fine, Hoon Sook divenne la nostra nuora, cinquanta giorni dopo la dipartita di Heung Jin. Mia moglie e io non dimenticheremo mai la luminosità del suo sorriso mentre sorreggeva una foto di Heung Jin, per tutto il tempo della cerimonia di matrimonio.

Si sarebbe potuto pensare che mia moglie sarebbe uscita distrutta dalle difficili situazioni che ha dovuto fronteggiare, ma ha sempre saputo restare padrona di sé. Anche nelle circostanze più dure e insopportabili, mia moglie non ha mai perso il suo sorriso sereno. Ha superato sempre con successo le difficoltà più grandi della vita. Quando i membri della nostra chiesa chiedono il suo consiglio su come crescere i propri figli, lei dice: «Siate pazienti e aspettate. Le sbandate dei ragazzi sono solo temporanee. Non importa cosa stiano facendo, abbracciateli, amateli e aspettateli. I figli ritornano sempre all’amore dei loro genitori».

Non ho mai alzato la voce con mia moglie. Non è stato per il mio carattere, ma perché lei non me ne ha mai dato motivo. Lungo tutto il corso della nostra vita insieme, lei si è impegnata per prendersi cura di me con devozione amorevole e totale. Lei si occupa anche dei miei capelli: quindi questa grande santa, sempre alle prese con tante importanti questioni mondiali, è anche il miglior barbiere del mondo. Ora che sono vecchio, le pongo tante nuove richieste e lei le esaudisce sempre. Se le chiedo di tagliarmi le unghie dei piedi lo fa con gioia. Le unghie sono le mie, ma io non ci vedo un granché e lei, invece, ci vede perfettamente. È una cosa curiosa. Più io divento vecchio, più mia moglie mi è preziosa.

Promesse che non devono mai essere infrante

Durante le cerimonie di fidanzamento e di matrimonio chiedo agli sposi di farsi delle promesse che non dovranno mai essere infrante. Per prima cosa, marito e moglie devono sempre avere fiducia l’uno nell’altra e amarsi. Secondo, non devono ferire il cuore del proprio compagno. Terzo, devono educare figli e nipoti a mantenere la purezza sessuale. Quarto, tutti i membri della famiglia devono aiutarsi e incoraggiarsi vicendevolmente a diventare una vera famiglia ideale. L’astinenza sessuale prima del matrimonio, così come la fedeltà nel matrimonio, sono estremamente importanti. Questo è l’insegnamento che io impartisco, affinché le persone vivano all’altezza del loro massimo potenziale di esseri umani, creando e mantenendo famiglie sane.

Il matrimonio è ben più del semplice incontro di un uomo e una donna. È una cerimonia preziosa, in cui gli sposi promettono di completare l’opera di creazione di Dio. Il matrimonio è il percorso lungo il quale un uomo e una donna diventano un tutt’uno, creano nuova vita e realizzano il vero amore. Tramite il matrimonio si crea il mondo futuro: si formano le società, si costruiscono le nazioni. Il mondo di pace di Dio si realizza con le famiglie unite al centro. È nella famiglia che viene realizzato il Regno dei Cieli. Quindi mariti e mogli devono essere centri di pace. Non soltanto dev’esserci amore tra marito e moglie, ma la coppia dev’essere capace di portare armonia nella famiglia estesa. Non è sufficiente che marito e moglie vivano bene insieme nell’amore. Anche tutti i parenti devono amarsi tra loro.

Io consiglio agli sposi di avere tanti figli. Mettere al mondo e far crescere tanti figli è la benedizione di Dio. È impensabile che gli esseri umani, applicando i propri criteri di giudizio, decidano arbitrariamente di abortire vite preziose, affidate loro da Dio. Tutta la vita che nasce in questo mondo è l’incarnazione della volontà di Dio. Tutta la vita è nobile e preziosa, e perciò dev’essere curata e protetta.

Naturalmente, la coppia sposata deve mantenere la fiducia reciproca e sviluppare l’amore. La promessa che sottolineo maggiormente, per le persone che si preparano al matrimonio, è l’impegno ad insegnare ai propri figli a mantenere la purezza sessuale. È una promessa ovvia, ma è diventata difficile da mantenere nella società d’oggi. Tuttavia, quanto peggiore diventa il mondo, tanto più è importante osservare strettamente la promessa della purezza sessuale.

La perfezione degli esseri umani e la pace nel mondo si realizzano attraverso la famiglia. La religione si pone l’obiettivo che tutti diventino persone buone, capaci di costituire un mondo ideale di pace. Per quanto i politici possano ragionarne insieme, non saranno loro a costruire la pace. Un formidabile potenziale militare non porterà la pace. Il punto di partenza per la pace è la famiglia.

Quando giunsi per la prima volta in America, nel 1971, il paese era spazzato dal vento del sesso libero e immorale e tutta la società era in preda alla confusione. Giovani cui era stata impartita una meravigliosa educazione venivano distrutti uno ad uno. La corruzione dei costumi sessuali era così profonda che stava diventando la norma. Il tasso d’incremento delle malattie trasmesse per via sessuale era alle stelle. I politici, i professori ed i ministri religiosi minimizzavano la gravità del problema. Ne erano a conoscenza, ma in gran parte lo ignoravano. Cercavano di distogliere lo sguardo da quella brutta realtà, perché loro stessi non avevano mantenuto la propria purezza sessuale. La gente che non pratica la purezza non può incitare i propri figli a viverla.

Il degrado della moralità sessuale tra gli adulti distrugge le famiglie e conduce alla rovina i figli. L’immoralità e l’adulterio nella vita personale degli adulti, alla fine, danneggiano la vita dei figli. Il motivo per cui la società di oggi non ha un livello di felicità consono alle attuali disponibilità materiali è che le famiglie sono in via di dissoluzione. Per salvare le famiglie, gli adulti per primi devono vivere in modo appropriato. Su questa base possono poi educare i figli alla purezza sessuale.

La madre è la fortezza che protegge la famiglia. Non importa quanto la società possa cambiare, la famiglia rimane sana e armoniosa solamente se la madre ha un cuore di sacrificio e servizio. In una tale famiglia possono crescere bellissimi figli. La parte più importante dell’educazione dei ragazzi è costituita da ciò che essi vedono e apprendono nella famiglia. Un granchio che si muove di lato non può dire ai suoi piccoli di camminare diritto. I genitori devono dare il buon esempio. I figli veri vengono da famiglie vere. La verità è sempre molto semplice.

L’aspetto più difficile della vita familiare è la buona crescita dei figli. Li mettiamo al mondo e li alleviamo con tanto amore, ma non necessariamente loro crescono secondo le aspettative dei genitori. Quel che è peggio, è che la civiltà materialista di oggi devasta le menti innocenti dei ragazzi. Giovani che dovrebbero crescere in modo da diventare adulti capaci di fare cose straordinarie, si perdono con la droga. Lo stato psichico indotto dalle droghe induce chi le usa a perdere contatto con il proprio stesso spirito. I giovani che smarriscono il proprio spirito non possono far altro che precipitare, alla fine, nella criminalità e nella depravazione sessuale.

Durante l’adolescenza, i figli ritengono che tutto debba essere incentrato su loro stessi, perciò tendono a ribellarsi alle cose che vengono dette loro dai genitori. Se il genitore non risponde con un atteggiamento comprensivo, c’è la possibilità che il figlio possa assumere un egocentrismo estremo.

Sotto un altro profilo, un adolescente può essere profondamente influenzato dalle cose che sembrano rivolgersi al suo cuore. Magari, in un giorno d’autunno, un ragazzo vede un frutto cadere da un albero che ha già perduto tutte le foglie e, senza che se lo sappia spiegare, avverte qualcosa che gli tocca il cuore, sorride e si sente felice. Questo è il segno che il carattere originale di Dio abita nel suo cuore.

Però, se i ragazzi sono coinvolti nei sentimenti dell’amore durante l’adolescenza, le loro percezioni potrebbero essere ottenebrate e le loro capacità di giudizio potrebbero diminuire. Quando un ragazzo ed una ragazza adolescenti s’incontrano e si mettono a parlare tra loro, il viso arrossisce e il battito del cuore cambia. Se in quel momento la loro mente non è in armonia con il modello di Dio, sicuramente devieranno nella direzione dell’egocentrismo e smarriranno gli strumenti necessari per controllare il loro corpo.

Durante l’adolescenza, le cellule spalancano tutte le porte dell’amore, sia nel fisico che nello spirito. I desideri della nostra mente e quelli del nostro corpo sono strutturati per diventare un tutt’uno e operare di concerto tra loro. Quando acquisiamo il naso dell’amore, cominciamo ad amare odori che prima odiavamo. Quando acquisiamo la bocca dell’amore, cominciamo ad amare i gusti che prima odiavamo. Vogliamo ascoltare storie d’amore per tutta la notte. Vogliamo continuare a toccare la persona che amiamo. Gli adolescenti iniziano a credere che saranno felici semplicemente tuffandosi in una relazione d’amore.

Le porte dell’amore, però, sono state fatte da Dio e non devono essere aperte prima del momento giusto. I ragazzi devono comprendere che occorre aspettare il tempo appropriato. I genitori devono insegnare queste cose ai figli adolescenti con grande attenzione. L’amore è il processo attraverso il quale cresciamo fino a rassomigliare a Dio. Non importa ciò che il mondo dice, l’amore non può essere colto in qualunque momento vogliamo.

Durante l’adolescenza, un ragazzo può desiderare con tutte le forze di imitare quello che ha visto fare in un film d’avventura. Qualcuno potrebbe chiedere: «Cosa c’è di sbagliato?». È sbagliato perché i comportamenti irresponsabili portano alla distruzione. I giovani possono controllare ed esercitare in piena libertà le loro esperienze sociali e interpersonali solo una volta che siano divenuti maturi e abbiano acquisito una saggezza e una conoscenza sufficienti, ma non durante l’adolescenza. Perché diciamo che non bisogna dare un coltello a un bambino?

Perché un bambino giocherebbe con il coltello. Magari lui capisce come si usa il coltello per tagliare, ma non ne ha il controllo. Potrebbe finire per tagliare il dito della madre. Poiché i bambini non comprendono pienamente le conseguenze di certe azioni non diamo loro i coltelli.

La combinazione di genitori che non istruiscono i loro figli sul valore della purezza e figli che si ribellano ai loro genitori, produce famiglie spezzate. A causa di ciò, vengono infranti i legami sociali. A causa di ciò, le nazioni vanno in pezzi. A causa di ciò, l’umanità va in pezzi.

Amare è dare e dimenticare

La famiglia è l’unica istituzione creata da Dio. È la scuola d’amore, dove la gente impara ad amare gli altri ed a vivere insieme in pace, ed è il centro d’addestramento in cui ci alleniamo a costruire la pace che trasmetteremo al mondo. È nella famiglia che apprendiamo a diventare un marito o una moglie che vive per la felicità del coniuge, a diventare un marito o una moglie che cammina sul sentiero eterno dell’amore. La famiglia è il punto di partenza per giungere alla pace mondiale, e deve regnarvi un’armonia tale che i figli devono poter dire: «Non abbiamo mai visto mamma e papà litigare».

Nella vita affrontiamo cose di ogni genere. Anche nella coppia che si ama di più ci possono essere momenti in cui si litiga, ci si arrabbia, si alza la voce. Quando i figli entrano nella stanza, però, tutto questo deve finire immediatamente. Per quanto uno dei coniugi possa essere infuriato, deve rivolgersi all’altro tranquillamente quando sono presenti i figli. I bambini devono crescere nella convinzione che la loro famiglia trabocca di gioia e i loro genitori si amano sempre.

I genitori sono per i figli come un secondo Dio. Se chiedete ai vostri bimbi: «A chi vuoi più bene: a Dio, o a mamma e papà?» e la risposta è che vogliono più bene a mamma e papà, vuol dire che vogliono bene anche a Dio. L’educazione più preziosa è quella che si riceve nella famiglia. Non troverete felicità e pace in qualche altro posto.

La famiglia deve essere il Regno dei Cieli. Non ha importanza se una persona sia incredibilmente ricca e famosa o addirittura possieda il mondo intero, perché non potrà essere felice fin quando ci saranno problemi nella sua famiglia. Il Regno dei Cieli comincia nella famiglia. Un marito e una moglie uniti insieme nell’amore vero, che costruiscono una famiglia ideale, saranno collegati direttamente con il mondo.

Nel periodo in cui ero in prigione a Danbury vidi una cosa interessante. Stavamo utilizzando una ruspa per livellare una scarpata, dove avremmo ricavato un campo da tennis. Quando pioveva aspettavamo che smettesse e ricominciavamo col ritorno del sole. Quest’alternanza di lavori e di pause andò avanti per vari mesi. Avemmo un periodo di piogge, che durò venti giorni consecutivi, durante il quale non potemmo lavorare. Quando la pioggia finì e uscimmo per riprendere l’opera, trovammo un uccello acquatico che aveva fatto il nido vicino a un ciuffo di piante acquatiche. Quel luogo distava pochi metri dal sentiero lungo il quale i prigionieri passeggiavano per sgranchirsi i muscoli.

In un primo tempo non c’eravamo neppure accorti della presenza dell’uccello. Il mimetismo era perfetto e le piume del volatile potevano facilmente essere confuse con le piante acquatiche. Una volta però che ebbe deposto le uova, potemmo vedere l’uccello in mezzo all’erba accovacciato sulle sue uova, che avevano l’aspetto di ghiaia nera. Dopo la nascita dei pulcini, la madre andava in cerca di cibo, lo riportava al nido e lo infilava nel becco dei piccoli.

Quando tornava con il cibo, però, la madre non volava mai direttamente verso il nido. Atterrava un po’ più distante e camminava per il resto del suo percorso. Ogni volta giungeva al nido da una direzione diversa. Si comportava saggiamente in questo modo per rendere più difficile agli estranei l’individuazione del punto dove si trovava la nidiata.

Mangiando il cibo procurato dalla madre i pulcini si fecero grandi. A volte, quando un prigioniero si avvicinava al nido, la madre si alzava in volo e lo scacciava a colpi di becco. Aveva paura che quel prigioniero potesse fare del male ai suoi piccoli.

Quell’uccello comprendeva il vero amore dei genitori. Nell’amore vero si è pronti a offrire la propria vita, senza fare alcun calcolo. Il cuore di quell’uccello, disposto a sacrificare la propria vita, se fosse stato necessario, per proteggere i suoi piccoli, era un cuore di amore vero. Un genitore è pronto, se c’è bisogno, a morire per amore, e questo è amore vero.

L’essenza dell’amore sta nel mettere da parte qualsiasi pensiero di profittare degli altri; sta nel vivere per gli altri e donarsi per il bene collettivo. L’amore dà, ma poi dimentica persino di aver dato e continua a dare senza fermarsi mai. Questo è l’amore che dona con gioia. È il cuore che prova una madre, quando prende in braccio il suo bebè e lo allatta al seno.

I genitori soffrono per i propri figli, fino al punto in cui sembra che consumino anche le proprie ossa, ma non pensano mai che il loro sia un compito ingrato. Questo è il grado del loro amore per i figli. L’amore vero comincia con Dio e ci arriva da Dio. Così, se i genitori dicono ai figli sposati: «Se vi piacete, è per la grazia dei vostri genitori», i figli devono poter rispondere: «Se voi non mi aveste trovato un coniuge così, non so come avrei fatto! (3)».

La famiglia è un dono d’amore. Quando andiamo nel regno dei cieli e scartiamo quel dono, saltano fuori un padre e una madre meravigliosi. Saltano fuori dei figli bellissimi. Saltano fuori un nonno e una nonna benevoli. Questo è il dono d’amore. La famiglia è lo spazio in cui si realizza l’ideale di Dio e il posto dove assistiamo al compimento dell’opera di Dio. La volontà di Dio è realizzare un mondo in cui l’amore diventa realtà, e la famiglia è il luogo dove trabocca l’amore di Dio.

Ci basta sentire la parola «famiglia» e già cominciamo a sorridere. Questo succede perché la famiglia è piena dell’amore vero, che vive veramente per il bene di tutti i suoi membri. L’amore vero dà amore, poi dimentica anche di aver dato, e poi dà ancora. L’amore dei genitori che vivono per i figli e dei nonni che vivono per i nipoti è amore vero. L’amore di una persona che offre la vita per il suo paese è amore vero.

Le famiglie di pace sono i mattoni con cui è costruito il Regno dei Cieli

Molta gente, in Occidente, ha una vita davvero solitaria. I figli vanno via di casa quando compiono diciotto anni e i genitori rivedono il loro viso solamente per il giorno del Ringraziamento o a Natale. Molti figli non fanno mai visita ai genitori, foss’anche soltanto per sapere come stanno. Una volta sposati, vivono con il proprio coniuge, separati dalla famiglia d’origine. Nel frattempo, i genitori invecchiano fino a non essere più autosufficienti e, a quel punto, si trasferiscono in una casa di riposo.

È comprensibile, perciò, che alcuni Occidentali provino invidia per la cultura dell’Est. Molti anziani, all’Ovest, pensano: «In Oriente, i nonni vivono in casa come i membri più anziani della famiglia. È una cosa meravigliosa. I figli rispettano i loro vecchi genitori. La gente dovrebbe vivere in questo modo. Che senso ha essere abbandonato in un ospizio, non poter vedere i miei figli, non sapere neppure che giorno è, essere semplicemente mantenuto in vita?».

Purtroppo, anche la struttura familiare dell’Est si sta gradualmente deteriorando. Anche noi stiamo abbandonando tradizioni che ci sono state tramandate per migliaia di anni. Abbiamo buttato via il nostro abbigliamento tradizionale, la nostra cucina e la nostra struttura familiare. Il numero dei pensionati che vivono soli in Corea sta aumentando. Ogni volta che leggo sui giornali storie di anziani che vivono soli, mi sento triste. Nella famiglia le generazioni dovrebbero vivere insieme. Se i membri della famiglia sono sparpagliati e i genitori sono lasciati soli, non c’è più una famiglia. Il sistema della famiglia estesa è una bella tradizione coreana.

Io raccomando che tre generazioni vivano insieme come una sola famiglia. Faccio questo non semplicemente come modo per mantenere la tradizione del nostro paese. Quando marito e moglie hanno un figlio, gli mettono a disposizione tutto quello che possono. C’è un limite, tuttavia, a quello che i genitori possono trasmettere ai figli. I genitori rappresentano il presente, i figli il futuro, i nonni il passato. Solo quando nonni, genitori e figli vivono insieme, i figli possono ereditare tutta la fortuna del passato e del presente.

Amare e rispettare il nonno equivale a ereditare la storia del passato e imparare dal mondo del passato. I figli acquisiscono dai loro genitori la preziosa saggezza su come vivere nel presente, mentre i genitori si preparano al futuro amando i propri figli.

I nonni sono nella posizione di rappresentare Dio. Un giovane, non importa quanto possa essere intelligente, non può conoscere tutti gli arcani di questo grande mondo. I giovani non possono conoscere tutti i diversi segreti della vita, che ci si svelano col passare degli anni. Questo è il motivo per cui il nonno rappresenta la storia della famiglia. Il nonno è un maestro prezioso che trasmette ai nipoti tutta la saggezza che ha acquisito attraverso le sue esperienze, accumulate nel corso della sua vita.

Il nonno più vecchio del mondo è Dio. Così, una vita dedicata a ricevere l’amore del nonno e spesa per dare gioia al nonno, porta alla comprensione dell’amore di Dio e ispira al servizio di Dio. Abbiamo bisogno di mantenere questa tradizione, per aprire il deposito segreto del Regno di Dio e ricevere il Suo tesoro d’amore. Un popolo che ignorasse i suoi anziani rinnegherebbe il proprio carattere nazionale e ignorerebbe le proprie radici.

Quando viene l’autunno, il castagno perde a poco a poco il suo umore e le foglie cominciano a ingiallire. Il riccio che protegge le castagne cade a terra ed anche il guscio che avvolge la castagna stessa si secca. Questo è il ciclo della vita. Lo stesso accade agli esseri umani. Nasciamo come bambini, cresciamo grazie all’amore dei nostri genitori, incontriamo un compagno meraviglioso e ci sposiamo. Tutto questo accade nella catena della vita sulla base dell’amore. Alla fine, diventiamo come le castagne secche d’autunno: la natura segue il suo corso, ma mantiene il suo valore. Gli anziani non sono una categoria distinta di persone. Tutti diventiamo anziani. Non dobbiamo mancare di rispetto agli anziani, non importa quanto possano diventare svampiti.

Dice un proverbio: «Quando c’è armonia nella famiglia si può fare qualsiasi cosa». Quando c’è pace nella famiglia, tutto va bene. Le famiglie di pace sono i mattoni con cui è costruito il Regno dei Cieli. La famiglia è mossa dalla forza dell’amore. Quando amiamo l’universo come amiamo le nostre famiglie, non c’è nulla che possa impedirci di arrivare dove vorremo. Dio esiste al centro dell’amore, come il Genitore dell’intero universo. Questo è il motivo per cui l’amore nella famiglia si deve collegare direttamente a Dio. Quando la famiglia sarà completa nell’amore, sarà completo anche l’universo.

Dieci anni di lacrime sciolgono il cuore di un suocero

Non molto tempo fa, i giornali coreani riportarono la storia di una donna giapponese che viveva a Milyang, in Corea, che aveva ricevuto un riconoscimento come esempio di servizio e devozione alla famiglia. Gli articoli dicevano che quella donna era arrivata nel paese dopo aver sposato un coreano, che le era stato presentato da un certo gruppo religioso, nonostante l’opposizione della famiglia di lui.

La moglie giapponese si era presa cura con grande dedizione dei suoi suoceri coreani, l’uno molto anziano, l’altra disabile. La popolazione del luogo l’aveva segnalata perché il suo atteggiamento filiale fosse premiato, diceva l’articolo. La suocera era paralizzata dalla vita in giù ed era stata dichiarata dalle autorità sanitarie coreane invalida del secondo livello di gravità. Fin dal primo giorno di matrimonio, la nuora l’aveva trasportata in spalla, portandola in diversi ospedali per farla curare. Avendo dedicato così tanto tempo ai suoi suoceri, raramente aveva avuto l’occasione di andare a far visita alla propria famiglia in Giappone. Quando sentì dire che le sue azioni sarebbero state premiate, protestò, dicendo che stava facendo solamente ciò che era giusto.

Questa nuora giapponese nelle cronache è Kazuko Yashima. È giunta in Corea a motivo di un matrimonio internazionale e interculturale della nostra chiesa. Nei nostri matrimoni, uomini e donne superano le differenze religiose, nazionali o razziali. Ci sono tanti giovani nelle campagne coreane che non riescono a trovare una sposa. Le donne che vengono in Corea con questi matrimoni internazionali e interculturali non pongono condizioni. Curano gli anziani suoceri, ispirano i mariti ad avere forza e speranza, crescono ed educano i figli. Vanno ad abitare nelle comunità rurali che i coreani hanno abbandonato a causa della vita difficile che vi si conduce. Stanno facendo qualcosa di meraviglioso e prezioso!

Questo programma va avanti da più di trenta anni. Migliaia di donne di altri paesi si sono stabilite in Corea scegliendo questi matrimoni internazionali e interculturali. Nelle campagne coreane, dove i giovani sono partiti per le città e da tanto tempo non si è più sentito il pianto di un bambino, i vecchi sono entusiasti di vedere la nascita dei figli di queste coppie e trattano questi bambini come se fossero i loro nipoti. In una sola scuola elementare, nella provincia di Choong-cheong, più della metà degli ottanta scolari sono figli di coppie internazionali e interculturali sposatesi nella nostra chiesa. Il direttore ha detto che la scuola dovrà chiudere, se il numero degli studenti dovesse diminuire ancora. Così, egli prega tutti i giorni che i membri della nostra chiesa non lascino la comunità. Oggi in Corea circa ventimila bambini di famiglie internazionali e interculturali sono iscritti alle varie scuole elementari sparse nella nazione.

Tutti gli anni, con l’approssimarsi della data dell’anniversario dell’indipendenza della Corea dal Giappone, i notiziari televisivi riportano storie di qualche ospite giapponese, che davanti alle telecamere chiede scusa per gli atti esecrabili, compiuti dai suoi connazionali in Corea durante il periodo dell’occupazione (4). Queste persone non hanno commesso alcuno di quei crimini, ma si rammaricano per il comportamento dei loro antenati. La maggior parte di loro sono membri della nostra chiesa, che hanno demolito le barriere che separano le nazioni attraverso i matrimoni internazionali e interculturali. Grazie alla loro opera, i muri nel cuore dei Coreani, che considerano i Giapponesi come nemici, stanno crollando sempre più rapidamente.

Nel 1988, un uomo giovane e beneducato che si era unito alla nostra chiesa voleva sposarsi e fu fidanzato con una donna giapponese. Il padre di quel giovane reagì molto negativamente al fidanzamento: «Di tutte le donne che ci sono al mondo, devi sposare proprio una Giapponese?» gli disse. Durante l’occupazione nipponica, suo padre era stato uno di quei Coreani precettati per i lavori forzati. Era stato condotto in una miniera di carbone nella prefettura di Iwate, nel Giappone nordorientale, ma era evaso dalla miniera rischiando la vita, ed era fuggito a piedi per più di un mese, finché era arrivato a Shimonoseki; da lì si era imbarcato su una nave per la Corea. Serbava un odio tremendo per il Giappone. Alla notizia del fidanzamento di suo figlio con una donna giapponese aveva minacciato di rinnegarlo.

«Tu tradisci la tua famiglia – gli disse – e cancellerò il tuo nome dal nostro registro (5). Nessuna donna di quel paese nemico metterà mai piede in questa casa, così prendila e vattene. Lei non va bene per te, perciò non m’importa dove andrai o se morirai». Il padre era irremovibile, ma il giovane andò avanti nel suo proposito e fece quello che gli sembrava giusto. Sposò la donna giapponese e la portò nel suo paese natale, a Nagan. Suo padre rifiutò di riceverli. Qualche tempo dopo, accettò con riluttanza il matrimonio, ma continuò a perseguitare la nuora. Ogniqualvolta gli sembrava che lei avesse qualche difficoltà, le diceva: «Questo è niente, a confronto di ciò che il tuo popolo mi ha fatto. Avresti dovuto aspettartelo, quando hai deciso di sposarti con uno della nostra famiglia».

Tutte le volte che i parenti si riunivano per una festa, il suocero la faceva sedere accanto a lui e le raccontava tutto quello che aveva patito nella miniera di carbone di Iwate. Tutte le volte, la nuora gli rispondeva: «Papà, ti chiedo scusa da parte del Giappone. Mi dispiace». Piangeva e chiedeva il suo perdono. Per tutto il tempo che lui si sfogava, lei lo ascoltava ripetere le stesse storie, più e più volte, fino alla fine, e continuava a chiedere scusa. Questa situazione andò avanti per circa dieci anni, poi finì. I familiari notarono che aveva abbandonato la sua freddezza nei confronti della nuora. Sembrava, addirittura, che gli fosse quasi diventata simpatica. Così gli chiesero: «Perché sei così gentile con la tua nuora? È una donna giapponese. Non la odi più?». L’uomo rispose: «No, non la odio più. Tutto l’odio che era accumulato nel mio cuore è sparito».

«In realtà non l’ho mai odiata – aggiunse – ma ho sfogato su di lei tutto l’odio che avevo nutrito per essere stato costretto a lavorare nella miniera. Grazie a lei, tutto quell’odio è scomparso. Da ora in poi sarò sempre gentile con lei, perché è la mia nuora». L’atteggiamento della donna aveva sciolto il suo risentimento contro i Giapponesi. Questo è un esempio del corso di redenzione che porterà l’umanità a vivere in un mondo di pace.

Il vero significato del matrimonio

I matrimoni internazionali e interculturali costituiscono il modo più veloce per costruire un mondo ideale di pace. Tramite questo tipo di matrimoni, dei cambiamenti che sembrerebbero richiedere un’eternità possono compiersi in appena due o tre generazioni. Le persone dovrebbero cercare il proprio coniuge oltre i propri confini nazionali e culturali, e sposare qualcuno che provenga da un paese che considerano nemico, in modo che il mondo della pace possa realizzarsi molto più in fretta.

Qualcuno potrebbe odiare la gente di un certo paese o di una certa cultura al punto di non volerla nemmeno guardare; scegliendo però qualcuno di quel paese come proprio coniuge, quella persona è già a metà del cammino per diventare un cittadino del nuovo paese. Tutto l’odio quindi si scioglie. Se questo passaggio si ripete per due o tre generazioni, si possono eliminare le radici dell’odio.

Bianchi e neri si sposeranno tra loro; dei giapponesi sposeranno dei coreani e degli africani. Molti milioni di persone stanno partecipando a questi matrimoni internazionali e interculturali. Come risultato, si sta creando una stirpe completamente nuova. Sta nascendo un nuovo tipo di essere umano che trascende il bianco, il nero e il giallo.

Non mi riferisco soltanto ai matrimoni che scavalcano i confini internazionali. Lo stesso accade quando si sposano persone di diverse religioni o confessioni. In effetti, le unioni tra persone di religioni diverse sono anche più difficili di quelle internazionali. Due gruppi religiosi che si sono combattuti per secoli possono trovare armonia attraverso i matrimoni tra i seguaci dell’uno e dell’altro. In una coppia del genere, un coniuge non si chiuderà verso l’altro solamente perché è stato educato in una tradizione culturale differente.

È estremamente importante far capire ai giovani la santità e il valore del matrimonio. La Corea oggi ha un tasso di natalità tra i più bassi del mondo. Non avere figli è pericoloso. Non c’è futuro per un paese che non ha discendenti. Io insegno ai giovani a restare puri durante la giovinezza, a ricevere la benedizione in matrimonio e poi ad avere almeno tre figli. I figli sono benedizioni dateci da Dio. Quando generiamo ed educhiamo i figli, formiamo dei cittadini del Regno dei Cieli. Per questo motivo è un grave peccato vivere nell’immoralità ed abortire dei figli concepiti in questo stile di vita.

Tutti noi ci sposiamo per il bene del nostro partner e non per noi stessi. Quando cerchiamo il nostro coniuge, è sbagliato cercare soltanto una persona bella o benestante. Gli esseri umani devono vivere ciascuno per il bene degli altri. Dobbiamo applicare questo principio anche al matrimonio. Non importa quanto il vostro futuro coniuge sia bruttino e poco istruito, dovete sposarlo con il cuore di amarlo più di quanto lo amereste se fosse bello e istruito.

L’amore di Dio è la più preziosa di tutte le benedizioni. Nel matrimonio, riceviamo quella benedizione d’amore e la mettiamo in pratica nella nostra vita. Dobbiamo comprendere il significato prezioso dell’amore, mantenere la nostra vita matrimoniale nel contesto del vero amore e stabilire famiglie vere.

Se guardiamo le cose da questo punto di vista, la realizzazione della pace mondiale non è un impegno così impossibile: la pace mondiale inizia da famiglie di pace che creano delle società pacifiche ed eliminano i conflitti tra le nazioni; è questo che porterà la pace mondiale. Questo esempio dimostra l’importanza di avere famiglie integre e l’immensa responsabilità che quelle famiglie hanno su di sé. Il pensiero del tipo «a me basta che io e la mia famiglia viviamo bene» mi è completamente estraneo.

Il matrimonio non è una cosa che coinvolge soltanto gli sposi. Il matrimonio crea una relazione tra due famiglie e porta riconciliazione tra clan e Paesi. Ciascuno dei due accetta la cultura diversa dell’altro e supera il risentimento e l’odio accumulati nei secoli. I matrimoni tra Coreani e Giapponesi contribuiscono alla riconciliazione tra queste due nazioni; i matrimoni tra bianchi e neri contribuiscono alla riconciliazione tra le razze. I figli che nascono da questi matrimoni rappresentano l’armonia, perché ereditano la discendenza di due razze; rappresentano l’inizio di un’umanità che trascende le razze. Se questo processo continuerà per alcune generazioni, la divisione e l’ostilità tra nazioni, razze e religioni scompariranno e l’umanità diventerà un’unica famiglia che vivrà in un mondo pacifico.

Negli anni più recenti, sempre più coreani stanno sposando degli stranieri e vediamo più famiglie formate da persone di nazionalità e religione diversa. I coreani hanno anche coniato una frase apposita, che sta a indicare le famiglie multiculturali. Non è facile, per un uomo e una donna vissuti in culture diverse, creare una famiglia e amarsi l’un l’altra. Specialmente in Corea, dove tradizionalmente c’è sempre stata una cultura omogenea, le persone unite in questi matrimoni devono fare maggiori sforzi per comprendersi e amarsi l’un l’altra. La ragione del successo dei nostri membri che formano matrimoni internazionali e interculturali sta nel loro vivere insieme con Dio al centro.

Vari istituti di assistenza sociale coreani cercano di agevolare il successo delle famiglie multiculturali, offrendo programmi d’insegnamento di lingua e cultura coreana. Tutto questo risulta inutile, però, finché non cambia il nostro concetto di matrimonio. Chiunque pensi: «Perché ho sposato questa persona? Se non lo avessi fatto, avrei avuto una vita migliore», sta ponendo le basi per un matrimonio che diventerà infernale. Giungere a una corretta comprensione del matrimonio è più importante che apprendere la lingua e la cultura della Corea.

Il matrimonio non è la questione banale di un uomo e una donna in età da matrimonio che s’incontrano e cominciano a vivere insieme. Il matrimonio si costruisce sulla fondazione del sacrificio. L’uomo deve vivere per la donna e la donna per l’uomo. Continuando a vivere per il bene del vostro coniuge, la vostra mente egoista scomparirà completamente. Il cuore che si sacrifica in questo modo è il cuore dell’amore. L’amore non è quello di un uomo e una donna che stanno bene e se la spassano insieme. Amare significa offrire la propria vita. Quando vi sposate, dovete farlo sulla base della determinazione che la vostra vita sarà dedicata al vostro coniuge.

L’amore vero si trova nelle famiglie vere

Per quanto un uomo e una donna possano amarsi, una famiglia completa e felice deve avere dei genitori che facciano da scudo protettivo al nucleo familiare, e dev’esserci almeno un figlio che i genitori possano amare. Una famiglia protetta diventa un nido di felicità. Anche una persona di grande successo nella società avrà una famiglia infelice, se verrà a mancare questa protezione.

La base dell’amore è il cuore che sacrifica ogni cosa per il bene dell’altro. L’amore dei genitori è un amore vero, perché i genitori sono pronti a offrire tutto ai propri figli e, quando hanno dato tutto, vogliono dare ancora di più. I genitori che amano i propri figli non ricordano nemmeno quello che hanno dato. Nessun genitore tiene una nota delle scarpe o dei vestiti comprati ai figli, per dire: «Mi sei costato questi soldi». Al contrario, un genitore dà tutto quello che ha e dice: «Avrei voluto fare di più per te, e mi dispiace perché non ho potuto».

Da bambino, seguivo mio padre quando andava ad accudire le sue arnie e osservavo con attenzione il comportamento delle api. Quando un’ape, volando sopra un giardino fiorito individua un fiore fragrante, vi si posa fermamente con le zampe. Subito dopo, vi pianta il «naso» in profondità, cosicché mentre ne succhia il nettare il suo addome punta verso l’alto. Se prendete l’ape dall’addome, quella non molla la presa. A rischio della sua vita, l’ape resta attaccata al fiore.

L’amore dei genitori che si occupano della propria famiglia ricorda l’ape aggrappata al fiore. Dovesse anche rimetterci la vita, un genitore non spezzerà mai il legame d’amore che lo lega al figlio. I genitori dedicano la propria esistenza al bene del figlio per poi dimenticare di averlo fatto. Questo è l’amore vero dei genitori. Non importa quanto il cammino possa essere lungo e pericoloso, il genitore sarà felice di percorrerlo. L’amore dei genitori è il più grande che ci sia al mondo.

Un uomo potrebbe vivere in una casa meravigliosa e mangiare specialità di monti lontani e di mari esotici, ma se non avesse i genitori ci sarebbe un buco enorme nel suo cuore. Una persona cresciuta senza ricevere l’amore dei genitori ha nel cuore una solitudine e un vuoto che non possono essere riempiti da nient’altro.

La famiglia è il luogo dove riceviamo e apprendiamo l’amore vero. I figli che da giovani non ricevono amore vero, trascorrono tutta la vita affamati d’amore e sofferenti nei sentimenti. Inoltre, non hanno la possibilità di imparare quali siano gli imperativi morali più elevati cui devono adempiere per il bene della famiglia e della società. L’amore vero è un valore che non può essere assimilato in nessun altro posto, se non nella famiglia.

Una famiglia vera è un luogo dove marito e moglie si amano e vivono uno per il bene dell’altra, come se il coniuge fosse la madre, il padre, il fratello o la sorella. È un luogo dove il marito ama la moglie allo stesso modo in cui ama Dio e la moglie rispetta il marito allo stesso modo in cui rispetta Dio. Non possiamo abbandonare i nostri fratelli, non importa quali difficoltà possiamo incontrare. Allo stesso modo, non possiamo abbandonare nostra madre.

Il termine «divorzio» non dovrebbe neanche esistere. Il marito è nella posizione di un padre o di un fratello maggiore nei confronti della moglie. Proprio come non abbandonerebbe mai il padre o il fratello, la moglie non può abbandonare suo marito. Ugualmente, il marito non può abbandonare sua moglie. La famiglia vera è il posto in cui ciascuno dei coniugi è consapevole del valore assoluto dell’altro. Non ha importanza se il marito e la moglie provengono da razze o tradizioni culturali diverse. Una volta che avranno formato una famiglia basata sull’amore ricevuto da Dio, non potranno esserci conflitti culturali tra i figli nati in quella famiglia.

Quei figli ameranno e apprezzeranno la cultura e la tradizione del paese della madre e di quello del padre, con lo stesso amore che nutrono per ciascuno dei genitori. Per risolvere i conflitti nelle famiglie multiculturali, non c’è bisogno di acquisire conoscenze particolari. L’importante, invece, è che in queste famiglie i genitori allevino i figli nell’amore vero. L’amore dei genitori imbeve la carne e le ossa dei figli e diventa il fertilizzante che mette in condizione i figli di accettare il paese della madre e quello del padre come un tutt’uno e diventare meravigliosi cittadini del mondo.

La famiglia è la scuola dove s’insegna e s’impara l’amore per l’umanità. Quando i figli che sono stati cresciuti nel calore dell’amore dei loro genitori vanno nel mondo, si preoccupano della gente che è nel bisogno, come hanno imparato a fare nella loro casa. Coloro che sono cresciuti in una relazione amorevole con i fratelli e le sorelle, vanno nella società e condividono il loro cuore amorevole con il proprio prossimo. Coloro che sono cresciuti nell’amore vedono in ogni persona che incontrano nel mondo un membro della propria famiglia. Il punto di partenza per una famiglia vera è il cuore d’amore che considera ed accoglie in casa degli estranei come se fossero persone di famiglia.

Un’altra ragione per cui la famiglia è importante, è che essa si espande per diventare il mondo. Una famiglia vera è la base per la formazione di una società vera, di una nazione vera e di un mondo vero. È la base di partenza verso un mondo di pace, che è il regno di Dio. I genitori s’impegneranno per i loro figli finché le proprie ossa non si saranno consumate. Non si limiteranno, comunque, a dare da mangiare ai loro figli. Chi ha un cuore che trabocca d’amore è capace di lavorare per gli altri e per Dio.

È nella famiglia che riceviamo così tanto amore, che questo trabocca dal nostro cuore. La famiglia protegge nel suo abbraccio i propri membri, ma non impedisce che l’amore si propaghi al di fuori di essa. In effetti, l’amore che fluisce nella famiglia deve trasmettersi alla comunità circostante. Non importa quanto ne possa traboccare, l’amore nella famiglia non s’inaridisce mai perché proviene da Dio. L’amore che riceviamo da Dio è fatto in modo che, per quanto continuiamo ad attingervi, non arriviamo mai al fondo. Al contrario, più vi attingiamo, più l’amore sgorga come pura acqua di sorgente. Chiunque sia cresciuto in quest’amore può condurre una vita vera.

Lasciare un’eredità d’amore

La vita vera è quella in cui abbandoniamo i nostri desideri personali e viviamo per il bene degli altri. Questa è una verità insegnata da tutti i maggiori fondatori delle religioni del passato e del presente, a cominciare da Gesù, Buddha o dal profeta Maometto. È una verità generalmente riconosciuta ma che, purtroppo, sembra essersi svalutata. Il passare del tempo o i cambiamenti nel mondo non possono sminuire il valore di questa verità, perché l’essenza della vita umana non cambia mai, neppure nel mezzo della rapida trasformazione che coinvolge tutta l’umanità.

Il maestro col quale abbiamo la relazione più stretta è il nostro cuore. Quest’ultimo è quindi più prezioso dei nostri amici più cari e anche più prezioso dei nostri genitori. Così, nel corso della nostra vita, dobbiamo di volta in volta chiedere al nostro cuore: «Sto vivendo una buona vita adesso?»; chiunque può sentire la sua voce. Chi si rende conto che il cuore è il suo signore, lo «lustra» e mantiene per tutta la vita una stretta relazione con lui. Se qualcuno sente il proprio cuore che piange e si dispera, deve interrompere immediatamente qualsiasi cosa stia facendo: tutto ciò che fa soffrire il suo cuore lo porterà alla rovina; tutto ciò che lo fa intristire alla fine lo farà precipitare nella tristezza.

Per lustrare il nostro cuore fino a farlo diventare terso come un diamante, dobbiamo assolutamente passare del tempo a conversare direttamente con lui, in un ambiente nel quale ci separiamo dal mondo e restiamo soli con lui. Quello sarà un tempo di profonda solitudine, ma il momento in cui ci accostiamo al nostro cuore è il tempo della preghiera e della meditazione. È un tempo in cui ne acquisiamo la padronanza. Quando ci isoliamo dal rumore che ci circonda e lasciamo calmare i nostri pensieri, possiamo vedere nei suoi recessi più profondi. Ci vorrà tanto tempo e fatica per arrivare tanto in profondità; non ci arriveremo in un giorno solo.

Proprio come l’amore non è destinato a noi stessi, così la felicità e la pace non sono per noi stessi. Proprio come non può mai esserci amore senza un compagno, felicità e pace non possono esistere senza un compagno. Tutte queste cose possono esistere soltanto nel contesto della relazione con una controparte. Non si può fare nulla amando da soli. Non possiamo essere felici da soli o parlare di pace da soli. Poiché il nostro partner ci mette nelle condizioni di avere felicità e pace, il nostro partner è più importante di noi stessi.

Immaginate una mamma col suo bambino in braccio, che vende spuntini fatti in casa alla gente che passa, ad un ingresso della metropolitana di Seul. Per essere in quella postazione per l’ora di punta del mattino, ha passato tutta la notte a preparare gli spuntini, poi si è caricata in spalla il bambino ancora addormentato per giungere in tempo alla stazione. Le persone di passaggio potrebbero dire: «Te la passeresti meglio se solo non avessi quel bambino di cui curarti», ma è per amore di quel bambino che la mamma vive la sua vita.

L’aspettativa di vita delle persone è oggi di circa ottanta anni. Ottanta anni di gioia, rabbia, dolore, felicità, con tutte le altre emozioni mescolate insieme, possono sembrare tanti. Ma una volta che sottraiamo il tempo trascorso a dormire, lavorare e mangiare, e poi quello che si passa parlando, ridendo, divertendosi con i parenti e gli amici, assistendo a matrimoni e funerali, e anche quello che trascorriamo a letto ammalati, resta soltanto qualcosa come sette anni. Una persona può vivere ottant’anni, ma ne passerà solo sette a vivere per il bene degli altri.

La vita è come un elastico. Gli stessi sette anni, dati a due persone diverse, possono essere spesi come sette o come settanta anni. Il tempo, di per sé, è vuoto. Dobbiamo riempirlo di cose. Lo stesso accade con la vita della gente. Ciascuno desidera avere un posto comodo per dormire e del buon cibo da mangiare. Tuttavia, mangiare e dormire sono semplicemente dei modi per lasciar sfuggire il tempo. Una volta che l’uomo ha concluso la sua vita e il suo corpo è messo a riposare sotto terra, tutta la ricchezza e la gloria scompaiono in un attimo, come una bolla di sapone. Solo i sette anni vissuti per il bene degli altri rimarranno e saranno ricordati dai posteri. Quei sette anni sono l’impronta che rimane nel mondo di una vita durata ottant’anni.

Noi non veniamo in questo mondo, né ce ne andiamo, per nostra decisione. Non abbiamo la capacità di fare alcuna scelta, quando si tratta del nostro fato. Nasciamo, anche se non abbiamo scelto noi di nascere. Viviamo, anche se non abbiamo scelto noi di vivere. Moriamo, anche se non abbiamo scelto noi di morire. Non abbiamo autorità su questi aspetti della nostra vita, perciò come possiamo vantarci di essere in qualche modo migliori degli altri? Non possiamo nascere per nostra volontà, possedere cose che saranno nostre per sempre, o sfuggire alla morte. Così, qualsiasi vanagloria da parte nostra risulta semplicemente patetica.

Anche se ci eleviamo in una posizione più alta rispetto agli altri, si tratta di un onore temporaneo. Anche se mettiamo insieme proprietà più ampie rispetto agli altri, dobbiamo lasciarcele alle spalle quando varchiamo il cancello della morte. Denaro, onore e conoscenza ci sfuggiranno via col tempo e tutto scomparirà col passare degli anni. Per quanto un uomo possa essere nobile e grande, la sua non è altro che una vita miserabile, destinata a concludersi nel momento in cui gli verranno meno le forze.

Gli uomini si sono sempre sforzati di comprendere chi fossero e perché vivessero. Dobbiamo renderci conto che, così come non siamo nati per nostra decisione, allo stesso modo non siamo destinati a vivere per noi stessi. La risposta all’interrogativo su come dobbiamo condurre la nostra vita, è semplice. Siamo nati dall’amore, così dobbiamo vivere percorrendo la strada dell’amore. La nostra vita è stata creata quando abbiamo ricevuto l’amore infinito dei nostri genitori, perciò dobbiamo dedicare tutta la vita a ripagare quell’amore. Questo è l’unico valore, nel nostro percorso, che possiamo liberamente scegliere. Il successo o il fallimento delle nostre vite dipenderà da quanto amore saremo in grado di condensare in quegli ottant’anni che ci sono stati concessi.

Ad un certo punto, ciascuno di noi abbandonerà il proprio corpo fisico come un vestito vecchio e morirà. In lingua coreana, un’espressione usata comunemente per indicare la morte è «ritornare». Ritornare significa andare indietro fino al punto da cui siamo partiti, cioè riandare alle nostre radici primarie.

Nell’universo ogni cosa si muove in cicli. La neve bianca che si deposita sulle montagne si scioglie e scorre giù per i pendii, formando dapprima ruscelli che poi confluiscono in un fiume e alla fine arrivano al mare. L’acqua raccolta nell’oceano assorbe il calore dei raggi solari, si trasforma in vapore acqueo, sale in cielo e si prepara a trasformarsi in fiocchi di neve o gocce di pioggia. Ritornare al nostro luogo d’origine in questo modo è quello che chiamiamo morte.

Insomma, dov’è che ritorniamo, come esseri umani, quando moriamo? Il corpo e il cuore (6) si uniscono per dare inizio alla vita umana, mentre la morte è l’atto di abbandonare il nostro corpo. Così, ritorniamo al posto da cui è venuto il cuore.

Non si può parlare della vita senza parlare anche della morte. Dobbiamo comprendere esattamente cosa sia la morte, anche se lo facciamo soltanto per comprendere lo scopo della vita. Il tipo di vita che ha veramente valore può essere compreso soltanto da chi si trovi in una situazione tanto difficile che la morte gli sembri imminente, e implori disperatamente il Cielo perché gli sia concesso di vivere anche soltanto un giorno in più.

Se i nostri giorni sono così preziosi, come dobbiamo viverli? Quali sono le cose che dobbiamo completare prima di attraversare la linea di confine della morte? La più importante è non commettere peccato e vivere una vita priva di ombre. Ci sono tante discussioni religiose e filosofiche su cosa costituisca peccato, ma ciò che è chiaro è che non dobbiamo compiere azioni che ci provochino rimorsi di coscienza. Quando facciamo qualcosa che ci procura rimorso, rimane sempre un’ombra nel nostro cuore.

La seconda, in ordine d’importanza, è determinarsi a fare più di quanto abbiano fatto altri. La nostra vita è limitata, che si tratti di sessant’anni, settant’anni o un diverso arco temporale. A seconda di come usiamo il nostro tempo, possiamo avere una vita due o tre volte più abbondante di quella degli altri.

Se suddividete il vostro tempo in segmenti e vivete significativamente ognuno di essi, la vostra vita diventa davvero preziosa. Vivete con un atteggiamento di devozione e diligenza, dicendo a voi stessi, per esempio, che pianterete due o tre alberi nello stesso tempo che gli altri impiegano per piantarne uno.

Non vivete per voi stessi. Non dovete vivere per voi stessi ma per gli altri; per la comunità più che per la vostra famiglia; per il mondo più che per la vostra nazione. Tutto il peccato del mondo viene commesso quando l’individuo è messo al primo posto. I desideri e le ambizioni personali danneggiano chi sta vicino a quella persona e rovinano la società in generale.

Tutto ciò che abbiamo al mondo, alla fine, passerà. I genitori che amiamo, il marito o la moglie che amiamo, i figli che amiamo, tutti se ne andranno. Quello che ci resterà, alla fine della nostra vita, sarà solamente la morte. Quando un uomo muore, resta solo ciò che lascia in eredità. Per favore, riflettete un momento su ciò che potete fare per dimostrare che la vostra è stata una vita di valore. Le proprietà e la posizione sociale che avrete accumulato durante la vostra vita svaniranno. Una volta che passerete il guado della morte, queste cose non avranno significato.

Poiché siamo nati nell’amore e abbiamo vissuto nell’amore, l’amore stesso è l’unica cosa che rimarrà con noi quando saremo nella tomba. Noi riceviamo la vita nell’amore, viviamo condividendo l’amore e ritorniamo nel mezzo dell’amore. È importante che viviamo in modo da poter lasciare dietro di noi un’eredità d’amore.

Note

(1) A circa 40 chilometri ad est di Jungju.

(2) Città a circa 75 chilometri a nord-est di Seul.

(3) Si riferisce all’usanza coreana secondo la quale i genitori scelgono i coniugi dei propri figli.

(4) L’occupazione giapponese, durata quaranta anni, fu segnata da episodi di crudeltà senza pari. Ciò può spiegare il risentimento dei coreani nei confronti dei giapponesi nei primi decenni dopo la Seconda guerra mondiale, ma per noi occidentali può sembrare eccessivo il perdurare di questo sentimento a distanza di sessantacinque anni. Questo fatto può essere capito solo comprendendo la continuità che gli orientali sentono con i propri antenati: le ferite inferte al proprio padre o al proprio nonno sono ferite che un coreano sente sulla propria pelle.

(5) Si riferisce alla tradizione coreana di trascrivere e tramandare di generazione in generazione, come cosa preziosa, l’albero genealogico della propria famiglia.

(6) In questo caso «cuore» ha ovviamente il significato di «spirito». Nella visione del Rev. Moon il «cuore» è il sentimento, l’aspetto centrale del nostro spirito.

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