Privacy Policy

V. L’Imperialismo e la Terza Internazionale

Introduzione

“Nessuna nazione può essere libera se opprime altre nazioni”

(Lenin) [1]

Senza Vladimir Ulyanov Lenin, le teorie sociali di Marx avrebbero forse avuto lo stesso successo di quelle di Saint-Simon, di Fourier o di Owen. Marx, probabilmente, sarebbe visto oggi come uno dei tanti pensatori socialisti, i cui scritti si sarebbero potuti trovare in un angolo remoto di qualche biblioteca. A causa del contributo importantissimo di Lenin alla teoria comunista, la maggior parte dei pensatori di sinistra vede la sua opera come un prolungamento necessario o un’aggiunta al pensiero marxista. In questa sezione, ci concentreremo su Lenin e sulla sua visione dell’imperialismo.

A. Il marxismo alla ricerca di un interprete

Con la morte di Karl Marx nel 1883 e di Friedrich Engels nel 1895, il movimento Social Democratico (Comunista) d’Europa ebbe bisogno di un interprete che potesse fare da esegeta del pensiero di Marx. Una parte cospicua del movimento gravitava intorno a Eduard Bernstein, un pensatore tedesco che aveva accettato il marxismo poiché era stato influenzato dall’“Anti-Duhring” di Engels. Per vari anni Bernstein aveva lavorato direttamente con Engels ed era conosciuto come esperto di teoria marxista.

Bernstein, nondimeno, sosteneva che c’erano dei difetti nel pensiero di Marx e si riferiva particolarmente alle tre leggi del movimento economico che Marx aveva osservato nella società capitalista:

1° La centralizzazione del capitale. Marx aveva predetto che, col passare del tempo, il capitale si sarebbe concentrato nelle mani di un numero sempre più ristretto di capitalisti. Ciò sarebbe avvenuto perché i capitalisti avrebbero fatto ricorso alla corruzione e a vendite sottocosto, distruggendo così la concorrenza.

2° La diminuzione dei profitti. In accordo con la teoria del plusvalore, Marx sosteneva che il lavoratore costituisce l’unica fonte di profitto nel processo di produzione. Egli riconobbe che le fabbriche stavano acquistando sempre più macchinari moderni (che sostituivano i lavoratori), e affermò che, riducendo il numero dei lavoratori, i capitalisti stavano eliminando l’unica vera sorgente di profitto, che così diminuiva continuamente.

3° L’aumento della povertà. Marx sosteneva che la concentrazione del capitale avrebbe costretto i proprietari di piccole industrie ad abbandonare i loro affari e ritornare alla forza lavoro. L’uso sempre più diffuso dei macchinari avrebbe moltiplicato la disoccupazione e la povertà. Marx predisse che la miseria delle loro condizioni di vita avrebbe portato sia i nuovi che i vecchi membri della forza lavoro a ribellarsi contro il sistema capitalista.

Alla fine del 19° secolo, Bernstein concluse che le predizioni di Marx non si stavano realizzando. In realtà, i profitti aumentavano e la situazione dei lavoratori era migliorata. Bernstein, perciò, sostenne che le analisi economiche di Marx non erano corrette né scientifiche. Negò quindi, la necessità scientifica della rivoluzione violenta e sostenne invece, come espresso dal titolo del suo libro, il bisogno non di un socialismo rivoluzionario, ma di un “Socialismo evolutivo” (1889) [2].

B. Le internazionali comuniste

All’inizio del 20° secolo, il movimento socialista aveva già attraversato vari stadi che qui esamineremo brevemente.

1. La Prima Internazionale (1869-76)

Essenzialmente, la Prima Internazionale fu guidata da Karl Marx stesso. Essa tendeva ad analizzare la teoria di Marx in modo dogmatico. Marx stesso era una personalità in conflitto ed impulsiva, e forse per questa ragione, la Prima Internazionale terminò nel fallimento e nella divisione.

2. La Seconda Internazionale (1889-1914)

Il secondo tentativo di organizzare il movimento socialista fu meno critico. Esso riconobbe che il socialismo doveva essere in relazione al carattere di ciascuna nazione. La sua organizzazione, tuttavia, fu alla fine divisa da dispute riguardanti l’essere membri e le differenti prese di posizione verso la I Guerra Mondiale. Persone come Lenin sostenevano una solidarietà socialista internazionale in opposizione alla guerra la cui natura era “imperialista”, mentre il tedesco Karl Kautsky e diversi altri leaders principali della Seconda Internazionale optarono per il sostegno alle rispettive nazioni.

3. La Terza Internazionale (1919): un’affermazione delle idee di Lenin

Questa Terza Internazionale servì fondamentalmente come affermazione dei principi di Lenin e della sua particolare interpretazione e applicazione del marxismo. Quasi tutti i partecipanti della Terza Internazionale erano russi [3].

Lenin

Nato nel 1870, Vladimir Ulyanov (Lenin) aveva conosciuto le opere fondamentali di Marx all’età di 18 anni. Già verso i 20 anni, fungeva da coordinatore della maggior parte delle attività comuniste in Russia. Diverse delle sue opere rivoluzionarie principali puntano al particolare dell’interpretazione che egli dava di Marx (come affermato dalla Terza Internazionale). Riassumeremo qui brevemente il loro contenuto:

a) Che fare? (1902). In questo testo, Lenin conclude che, da soli, i lavoratori non potranno mai raggiungere una coscienza proletaria. Hanno bisogno di un’avanguardia rivoluzionaria professionale che li educhi e li prepari alla rivoluzione. L’avanguardia dovrebbe avere un numero ristretto di membri e operare sulla base di un ‘assoluta segretezza.

b) Stato e Rivoluzione (Estate 1917). Questo testo fu scritto appena prima della Rivoluzione d’Ottobre durante l’esilio in Finlandia. Qui Lenin parla del processo tramite il quale la società passa dallo stato borghese al Comunismo. Lenin sostiene che lo stato che è servito da forza ‘repressiva a beneficio della borghesia deve ora essere sostituito da una speciale forza repressiva dedicata al beneficio del proletariato. In ciò consiste la “dittatura del proletariato”.

Questa dittatura rimarrà durante gli stadi socialisti e gradualmente lo stato, in accordo con i principi marxisti, scomparirà. Il partito comunista servirà da avanguardia, conducendo tutto il popolo verso il socialismo.

c) Il Comunismo “di sinistra”, un disordine infantile (1920). Qui Lenin chiarifica la natura della moralità marxista. Egli asseriva la necessità nel partito di una disciplina di ferro, e del tentativo di conquistare il proletariato di tutte le nazioni. Lenin insiste nel dire che i comunisti devono lavorare su due livelli, uno legale o parlamentare, l’altro illegale, facendo uso di metodi sovversivi o clandestini diretti a portare avanti la causa. Sostiene il compromesso con la borghesia, se ciò permetterà al comunismo di avanzare. Gli uomini di Stato dovrebbero prepararsi al momento appropriato in cui l’avanguardia del proletariato prenderà il potere. Lenin sostiene che il momento giusto è quello in cui la classe al potere si trova in uno stato di crisi di governo. In quel momento, anche gli “sfruttati” dovrebbero trovarsi in uno stato di crisi. Secondo Lenin, questo è per l’avanguardia rivoluzionaria il momento di agire.

d) L’Imperialismo, lo stadio più alto del Capitalismo. Questo libro sarà discusso separatamente nella prossima sezione [4].

C. L’opinione di Lenin sull’imperialismo

Nei circoli socialisti e rivoluzionari ci si trova sempre di fronte ad una certa terminologia, come “liberazione nazionale”, “auto-determinazione” e “imperialismo”. Questa terminologia e questi concetti hanno origine dall’opinione di Lenin sull’Imperialismo. L’idea di Lenin è sviluppata ampiamente nel suo testo “L’Imperialismo, lo stadio più alto del Capitalismo”. Tuttavia, è collegata anche ad un certo numero di altre opere di Lenin, come “Europa arretrata e Asia avanzata” (1913), “Tesi sulla guerra” (1914), “Sullo slogan per gli Stati Uniti d’Europa” (1915), e “La rivoluzione socialista e il diritto delle nazioni all’auto-determinazione” (1916). Qui prenderemo in considerazione il contenuto fondamentale e le implicazioni delle tesi di Lenin come vengono applicate oggi.

Nel suo testo “L’imperialismo, lo stadio più alto del Capitalismo”, Lenin fa una nobile difesa di Marx. Nega le asserzioni di Bernstein, che le leggi del movimento economico che Marx aveva predetto non stavano avverandosi. Prima di tutto, Lenin sostiene che c’era stata, in effetti, una concentrazione del capitale. Parla della U.S. Steel, della Rhine-Westphalen Coal Co., della General Electric come esempi per dimostrare che passo dopo passo, queste società stavano formando dei monopoli. Lenin sostiene, tuttavia, che non c’è stata una diminuzione dei profitti e un aumento della povertà, come Marx predisse, perché è iniziata una nuova collaborazione fra finanzieri e imprenditori. Attraverso la loro collaborazione, Lenin sostiene che è stata formulata una nuova strategia finanziaria mirante all’“esportazione di capitali”. Lenin osserva che la grande necessità di capitale che il mondo in via di sviluppo ha, viene soddisfatta dai finanzieri del mondo sviluppato. Essi possono esigere alti tassi d’interesse ed imporre anche, alle nazioni chiedenti il prestito, che cosa acquistare con i fondi che ricevono. Inoltre, sostiene che è in corso un furto di materie prime perché le potenze imperialiste, come gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia non stanno dando una giusta remunerazione per le materie prime ricevute dalle nazioni in via di sviluppo [5].

Lenin osservò che il mondo è stato diviso in sfere di controllo colonizzate. Per esempio, l’Inghilterra controlla un certo settore del mondo e il suo mercato; determina così cosa può essere importato da quelle colonie e cosa può essere loro esportato. Anche la Francia ha il suo settore. Il mondo è già stato diviso fra le potenze imperialiste. Lenin sostiene che l’unico modo in cui i mercati mondiali potevano essere cambiati era attraverso una guerra. Per questa ragione, Lenin definisce la I Guerra Mondiale una guerra imperialista. Lo scopo che ha motivato la guerra è che certe nazioni hanno cercato di estendere la loro influenza coloniale e quindi di espandere la propria economia [6].

Esportando capitale in queste nazioni, Lenin sostiene che profitti esorbitanti confluiscono nel mondo avanzato. I lavoratori del mondo avanzato ricevono una piccola parte di quei profitti, a mo’ di mancia corruttrice, premio che impedisce a tali lavoratori di aprire gli occhi sulla loro condizione di sfruttamento [7]. Per lo stesso motivo, rimangono indifferenti alle condizioni dei loro compagni nel mondo in via di sviluppo. Lenin conclude che l’unico modo per risvegliare i lavoratori del mondo avanzato è quello di porre fine alla dominazione imperialista del Terzo Mondo [8]. Che Guevara disse:

I lavoratori americani … non possono avere una chiara consapevolezza del loro sfruttamento fintanto che continuano a prendere le briciole che l’Imperialismo nord-americano getta loro dal banchetto [9].

Per risvegliare i lavoratori del mondo avanzato, i movimenti nazionali di liberazione devono, quindi, riuscire a separare i mercati del Terzo Mondo da nazioni come gli Stati Uniti e il Giappone.

Oggi, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica sostiene che ad un certo stadio dello sviluppo di una nazione, i movimenti di liberazione nazionale sono in effetti “storicamente giustificati” [10]. È responsabilità dei comunisti patrocinare e difendere l’autodeterminazione di tutti i popoli. Ogni popolo, ogni nazione del mondo dovrebbe avere il diritto di determinare sotto quale bandiera ideologica essa desidera perseguire il suo sviluppo, e senza dominazioni straniere. Sebbene il colonialismo sia in gran parte scomparso a partire dalla II Guerra Mondiale, le sinistre sostengono che il Terzo Mondo si trova ancora in uno stato di ‘imperialismo economico” [11]. Secondo loro, per esempio, gli Stati Uniti controllano l’economia di gran parte dell’America Latina. Per questa ragione vogliono sostenere i movimenti nazionali di liberazione in tutta l’America Latina, mentre il loro bersaglio finale sono gli Stati Uniti.

Che Guevara affermava che non era necessario che i militanti degli eserciti di liberazione nazionale imparassero il marxismo, fino a che le loro nazioni non fossero state “liberate” [12]. Se studiamo gli esempi del Nicaragua, Cuba o anche del Vietnam, possiamo vedere che fu proprio così. A Cuba, persone come Huber Matos e William Morgan combatterono per la “liberazione nazionale”, non per il Comunismo. Tuttavia, questo è quello che ricevettero grazie all’applicazione da parte di Castro della strategia leninista.

D. Critica dell’opinione di Lenin sull’imperialismo

In molte parti del mondo, giovani uomini e donne hanno dedicato la propria vita alla rivoluzione. Molti di loro sono morti per questa causa. Se studiamo il caso del Nicaragua, di El Salvador, del Vietnam, dell’Angola, possiamo riconoscere che la gente era stimolata a partecipare alla rivoluzione, non perché i lavoratori venivano privati del “plusvalore” (secondo l’idea di Marx), ma per contribuire alla “liberazione nazionale” . Quest idea ha origine dagli scritti di Lenin; è importante, perciò, determinare se la posizione di Lenin fosse giustificata o no. Analizziamo punto per punto.

1. Centralizzazione del capitale

Se osserviamo ciò che sta avvenendo nel mondo avanzato, troviamo che invece di una centralizzazione del capitale, sta verificandosi una distribuzione del capitale. Oggi, molte grandi società per azioni statunitensi hanno letteralmente milioni di azionisti. Molti di loro sono lavoratori che partecipano ai programmi di condivisione dei profitti. In effetti, il numero dei “capitalisti”, invece di diminuire sta moltiplicandosi; la proprietà viene così distribuita piuttosto che concentrata.

Marx previde che la centralizzazione del capitale sarebbe avvenuta attraverso ogni tipo di comportamento amorale nel campo degli affari. Tuttavia, nel 1914, gli Stati Uniti promulgarono la legge Clayton contro i “trust” allo scopo di scoraggiare ciò. Misure simili furono prese anche in Europa. Le affermazioni di Marx e di Lenin sono, quindi, sconfessate sia dalla tendenza verso la distribuzione del capitale, sia dalle misure governative oltre a bloccare la formazione dei monopoli.

2. Corruzione dei lavoratori nel mondo avanzato?

C’è stata realmente una corruzione dei lavoratori come Lenin aveva predetto? È interessante notare che all’inizio del secolo, il livello di vita del lavoratore in Francia (una nazione avente abbastanza colonie per corrompere i suoi lavoratori) era inferiore a quello del lavoratore scandinavo (con Scandinavia s’intende qui la Norvegia prima del 1905, e la Svezia) che non avevano colonie. Come era possibile ciò se le analisi di Lenin erano accurate? Il problema nasce dalla teoria marxista del plusvalore.

I sovietici sostengono che le teorie economiche di Lenin sono una logica estensione della teoria economica di Marx. La teoria dell’imperialismo di Lenin serviva per difendere le tre leggi di Marx sul movimento economico. Lenin sosteneva che “la teoria di Marx del plusvalore è la pietra angolare dell’economia marxista” [13]. Come sappiamo, le tre leggi di Marx sul movimento economico sono basate sulla sua teoria del plusvalore e sulla sua idea che le macchine non possano produrre profitto. Tuttavia, abbiamo visto che questa posizione è falsa e che le macchine possono produrre profitto. Perciò, la teoria di Marx sul plusvalore è falsa.

Lenin elaborò una teoria, ma la sua teoria era elaborata sulla teoria del plusvalore, una “pietra angolare” difettosa. Poiché le tre leggi del movimento economico (basato sulla teoria del plusvalore) sono false, “L’Imperialismo, lo stadio più alto del Capitalismo”, che è la difesa che Lenin fa di queste tre leggi, deve essere anche falso.

Inoltre, la teoria che i mercati mondiali sono control lati dalle nazioni avanzate è essenzialmente non vera nel mondo libero. Per esempio, prima della II Guerra Mondiale, il Giappone aveva molte colonie. A causa della guerra perse tutte queste colonie, tuttavia oggi il Giappone è economicamente florido. Attualmente il fattore prevalente nel mondo libero non è il “controllo” o il “dominio” ma fattori come la qualità e la domanda.

3. La liberazione nazionale

Al tempo della rivoluzione bolscevica, Vladimir Lenin intese porre fine all’imperialismo russo. Egli sosteneva che ogni nazione ha il diritto di determinare il proprio destino. Oggi riconosciamo che non è questo fenomeno che sta avvenendo nel nostro mondo. I comunisti parlano di liberazione nazionale, ma ciò che intendono è sovietizzazione nazionale. L’esempio classico di questo è il caso della Somalia.

Nel 1960, la Somalia ottenne l’indipendenza. Era stata divisa fra diversi paesi: l’Italia, l’Inghilterra e l’Etiopia. L’Inghilterra e l’Italia diedero l’indipendenza alla Somalia, ma l’imperatore Hailé Selassié d’Etiopia decise di tenersi l’Ogaden, la parte dei la Somalia controllata dall’Etiopia. Nel 1974, la Somalia divenne un paese comunista, ed ingaggiò una guerra contro l’Etiopia allo scopo di riottenere l’Ogaden.

La Somalia aveva bisogno di aiuto dall’esterno. L’Unione Sovietica rispose mandando in Somalia quasi 5000 soldati cubani. Questa guerra di “liberazione” andò relativamente bene, come operazioni simili in Angola, Mozambico e altrove. L’Unione Sovietica e Cuba furono veramente viste come campioni degli oppressi.

Nel 1975, tuttavia, ci fu un colpo di stato in Etiopia. L’imperatore Hailé Selassié fu rovesciato, e per tre anni ci furono battaglie interne per il controllo della nazione. Alla fine salì al potere nel 1977, il presidente Mengistu, che proclamò subito di essere marxista-leninista.

Anche dopo l’inizio della presidenza di Mengistu, la Somalia comunista continuò i suoi tentativi di liberare l’Ogaden dall’Etiopia. Mengistu, perciò, chiese aiuto ai sovietici, che stavano già assistendo la Somalia.

Considerando che i sovietici sono molto pratici, e considerando che l’Etiopia, con i suoi 30 milioni di abitanti, era molto più importante della Somalia, con i suoi 4 milioni, essi decisero semplicemente di trasferire i 5000 cubani che combattevano in Somalia.

Poco tempo dopo, arrivarono in Etiopia i soldati cubani. Nel maggio del 1978, questi, con l’aiuto della Germania Orientale e dei militari etiopici, attaccarono la Somalia [14].

I Comunisti parlano del loro spirito internazionale, della loro capacità di trascendere razza e nazionalità. Ma qual è la realtà? Dopo la morte di Stalin, il leader comunista che ebbe più successo non fu Kruschev, ma Mao Tse Tung. Se nel Comunismo ci fosse veramente uno spirito internazionale, il suo nuovo leader mondiale avrebbe dovuto essere Mao.

Invece, la posizione di guida del Comunismo fu di nuovo occupata da un altro russo, Nikita Kruschev, e si sviluppò una grande divisione fra Cina e Russia. La spaccatura Sino-Sovietica prova che il Comunismo non è capace di trascendere il nazionalismo; anzi, serve oggi come giustificazione ideologica del nuovo imperialismo russo.

Nel suo libro “Analisi di uno spettro”, Alain Besançon osservò che secondo Stalin: L’economia socialista ha come priorità assoluta l’obiettivo di provvedere alle necessità culturali e materiali fondamentali della società, attraverso la perfezione della produzione socialista basata sulla superiorità tecnica… L’economia capitalista ha come sua priorità l’ottenimento del massimo profitto per i capitalisti attraverso lo sfruttamento della maggioranza della popolazione di un paese, e agendo in modo simile nelle nazioni in via di sviluppo. I capitalisti iniziano perfino delle guerre allo scopo di costruire le loro economie nazionali con la prospettiva di assicurarsi il massimo delle entrate.

Quello che Besançon vuole far notare è che in realtà la politica dell’Unione Sovietica non concorda con la definizione che Stalin dà del socialismo, ma coincide meglio con la sua definizione del capitalismo [15].

Secondo la rivista “Peking Review”, fra il 1955 e il 1973 l’Unione Sovietica esportò 11 miliardi di dollari di profitti ingiusti dal Terzo Mondo [16]. L’Unione Sovietica paga soltanto il 38% del prezzo mondiale per il caffè dell’Angola. Paga soltanto la metà di ciò che dovrebbe per il gas naturale afgano. Presta denaro all’India, ma specifica che deve essere usato solo per comprare prodotti sovietici e ottiene un guadagno del 560% su tali prestiti [17].

Prima della Rivoluzione Bolscevica, Lenin mise in guardia dalle pericolose ambizioni dell’Impero Russo. Nel 1916, avvertì che la Russia dello Zar mirava a prendere il controllo dell’Afganistan [18]. Ironicamente, quello che Lenin denunciò, i suoi successori lo realizzarono nel 1980.

Lenin disse. “Il popolo russo non vuole diventare l’oppressore della Polonia” [19]. Parlò del diritto che aveva la Polonia di scegliere la sua strada, tuttavia i sovietici hanno attaccato Lech Walesa e hanno costretto i dirigenti polacchi a sopprimere Solidarnosc. Inoltre Lenin dichiarò che “tutti quelli che sostengono il diritto delle nazioni all’auto-determinazione, devono sostenere il diritto dell’Ucraina di staccarsi dalla Russia” [20]. Difese il di ritto di tutte le nazioni che erano parte dell’impero russo a diventare indipendenti. Tuttavia, nel 1919, Lenin stesso mandò delle truppe per riconquistare l’intero ex impero russo. Lenin allora scherzò dicendo che le ex colonie russe avevano “il diritto” di scindersi dall’Unione Sovietica, ma che non ebbero “la possibilità” di farlo [21].

L’Unione Sovietica sostiene tuttora che queste colonie hanno il diritto di scindersi dall’URSS. Tuttavia, la costituzione sovietica, non prevede alcuna procedura per questo fine. Inoltre, è regola generale che sempre, un certo numero delle principali posizioni di comando venga assegnato a russi in ciascuna delle repubbliche sovietiche [22].

E. L’Unione Sovietica è socialista o imperialista?

Lenin avrebbe voluto porre fine al Capitalismo e all’Imperialismo. Oggi l’Unione Sovietica proclama di avere una soluzione ai problemi di questi sistemi, ma l’evidenza e l’esperienza testimoniano il loro fallimento.

Ci si deve chiedere se, perfino usando termini marxisti-leninisti, la stessa Unione Sovietica ricade nella categoria delle nazioni socialiste o di quelle imperialiste. Secondo sia Marx che Lenin il Capitalismo, nei suoi giorni finali, si trasformerà in Capitalismo a monopolio di stato. In altre parole, nello stadio conclusivo del Capitalismo, tutte le industrie, tutte le fabbriche, tutte le banche saranno controllate dallo stato. Questa, naturalmente, è la situazione dell’Unione Sovietica oggi.

Lenin sosteneva anche che lo stato è uno strumento della classe al potere. Ora, se l’Unione Sovietica, con il suo Capitalismo a monopolio statale, ha una classe al potere, allora essa è decisamente capitalistica.

Per sapere se c’è una classe al potere, ci si deve chiedere chi trae beneficio dalle entrate dell’Unione Sovietica. È forse il lavoratore?

Secondo la rivista “Fortune”, il lavoratore sovietico riceve 171 rubli al mese, mentre ne ha bisogno di 210 per poter sopravvivere. In altre parole, il lavoratore in Unione Sovietica sta chiaramente ricevendo un salario di sussistenza minima del tipo che Marx menzionava nel “Capitale”.

Dall’altro lato, c’è un altro gruppo di persone che ha molti privilegi. Nel 1980, la rivista ufficiale “Notizie da Mosca” proclamò: “Sì, qui si può diventare miliardari” [23]. L’Unione Sovietica ha all’incirca 13.000 miliardari. Questi individui fanno tutti parte della Nomenklatura. I membri della Nomenklatura si attribuiscono tutti i posti più importanti del governo; i loro fi gli hanno scuole speciali. Essi stessi hanno accesso a condizioni speciali di scambio con l’estero e a negozi speciali dove possono comprare i prodotti più recenti da Parigi e New York. I libri che scrivono hanno pubblicazione e diritti assicurati, talvolta per un totale di centinaia di milioni.

Ne “La Nomenklatura”, Voslensky lancia un attacco molto forte alla classe dirigente sovietica, sostenendo che essa vive su base parassitaria. La Nomenklatura protegge i suoi interessi a spese dei lavoratori che teoricamente rappresenta e difende. Essa è oggi, in Unione Sovietica, la classe al potere [24].

A chi sta servendo lo stato sovietico? Consideriamo le fattorie collettive sovietiche. L’alienazione, secondo Marx risulta dal fatto che un individuo lavora su un certo prodotto soltanto per vederselo portare via da un capitalista. Ciò, in effetti, è quello che accade nel sistema sovietico delle fattorie collettive. Gli agricoltori lavorano soltanto per farsi portare via ciò che producono. Decidono gli agricoltori stessi cosa fare dei loro prodotti? Sono essi che decidono di portarli al mercato? Sono essi che decidono quando e a chi venderli? Sono essi che decidono come usare quel cibo? Nient’affatto. È tutto determinato dalla classe al potere [25]. La Nomenklatura si assicura sempre di avere ciò che le serve. Trotsky mise in guardia dal pericolo che sorgesse una nuova aristocrazia e tuttavia è evidente che è questo ciò che è successo.

Mentre una classe molto ristretta, in ciascun paese comunista, vive molto bene, il resto della popolazione Viene lasciato nella miseria. Zemtsov parla delle condizioni di vita in Azerbaijan, vicino al confine con l’Iran. La maggioranza dei cittadini dell’Azerbaijan sono di origine islamica. Il 32% vive in residenze comunitarie dove ciascuna persona ha soltanto tre mq. di spazio vitale. L’autore dice che anche oggi ci sono migliaia e migliaia di analfabeti e molti bambini che non sono mai neanche andati a scuola. Per esprimere la miseria della gente, Zemtsov dà l’esempio di un rapporto arrivato sul suo tavolo:

Il 13 febbraio del 1970 una residente di Kirovobade, sig.ra Roubaba Gouscinova, 42 anni, con licenza elementare, divorziata con 3 figli, 2 ragazzi e una ragazza, si è cosparsa di petrolio e si è bruciata viva.

Aveva vissuto per 13 anni in una caverna ed aveva chiesto diciannove volte al comitato esecutivo della città di trovarle un’abitazione. Questa volta, la ventesima, scelse una strada differente. Lasciò una lettera sulla quale c’era scritto: “stavolta ce ne daranno una” [26].

Zemtsov afferma che non solo nell’Azerbaijan, ma in molti altri posti dell’Unione Sovietica, molte persone vivono ancora in caverne e non hanno acqua corrente, né riscaldamento.

Nel suo testo “L’imperialismo, lo stadio più alto del Capitalismo”, Lenin mise in guardia contro un fenomeno che sarebbe potuto avvenire: il socialimperialismo. Egli dirigeva il suo attacco contro il socialista Kautsky, perché Kautsky difendeva la partecipazione della Germania alla I Guerra Mondiale e sosteneva il diritto della sua nazione ad avere delle colonie. Lenin intendeva per social imperialisti coloro che sono “socialisti a parole” e “imperialisti nei fatti” [27]. Ironicamente, l’Unione Sovietica corrisponde a questa definizione.

F. La natura dell’imperialismo sovietico

Come abbiamo visto, Marx predisse che dovevano accadere certi fenomeni nel mondo capitalista. Fra questi:

1° Centralizzazione del capitale;

2° Aumento della povertà;

3° Diminuzione dei profitti.

Questi fenomeni non accaddero in Occidente. Nel caso dell’Unione Sovietica, tuttavia, dobbiamo riconoscere che stanno avvenendo questi tre processi. Prima di tutto, c’è una centralizzazione del capitale. Marx predisse:

Oggi, perciò, le forze dell’attrazione, che attirano insieme capitali individuali, e la tendenza alla centralizzazione sono più forti che mai… In una certa società il limite sarà raggiunto solo quando l’intero capitale sociale sarà unito nelle mani o di un unico capitalista o di un’unica compagnia capitalizzata [28].

Nel caso dell’Unione Sovietica, quell’unica compagnia è lo stato. Tuttavia, i profitti non sono distribuiti su base equa. Al contrario, la classe dirigenziale è quella che trae più beneficio da ogni eccedenza economica.

Marx predisse una diminuzione dei profitti. Sebbene l’occidente abbia sporadicamente sperimentato recessioni ed altre ricadute economiche, la tendenza globale dello sviluppo è stata positiva. D’altra parte, come vari sovietologi, tipo Besançon, hanno indicato, l’Unione Sovietica sopravvive soprattutto sulla base di una relazione parassitaria con l’Occidente. L’Occidente continua a pompare aiuti e ad incoraggiare certe politiche commerciali che prolungano artificialmente la durata della vita dell’Unione Sovietica.

La crescente povertà è anch’essa un fenomeno che sta verificandosi in Unione Sovietica. Nei 20 anni scorsi, l’età media maschile dei sovietici è scesa da 67 a 62. Il tasso di mortalità infantile è più che raddoppiato negli ultimi 10 anni [29]. Da esportatrice di grano, l’Unione Sovietica ne è diventata importatrice. Invece di una nuova prosperità e della formazione di uno Stato comunista nel 1980 (come Kruschev promise) notiamo che l’URSS rimane in condizioni di povertà. Da molti punti di vista, invece di migliorare, queste condizioni continuano a peggiorare.

Lenin previde che questi tre fenomeni si sarebbero verificati in Occidente, ma in effetti, un caso tipico del loro verificarsi è manifestato nell’attuale situazione dell’URSS. Lenin asserì che i capitalisti avevano ritardato questo processo mediante un’esportazione di capitali e merci al mondo in via di sviluppo.

In effetti, è questo il fenomeno che sta avvenendo oggi in Unione Sovietica. È l’Unione Sovietica che tenta di distogliere i cittadini sovietici dalla vista del vero stato di cose insistendo costantemente sul tema della “minaccia dall’esterno” per giustificare il marchio del suo imperialismo. Nel caso dell’Unione Sovietica, l’imperialismo è avanzato non soltanto tramite un’esportazione di capitale, ma anche tramite un’esportazione di rivoluzione. Ogni giorno l’Unione Sovietica fornisce a Cuba almeno 9 milioni di dollari in aiuti economici. In cambio, Castro presta soldati e consiglieri cubani alla causa dell’imperialismo sovietico. I risultati dell’imperialismo sovietico sono sempre gli stessi, tuttavia vi si presta poca attenzione. Mentre il mondo fu sgomentato dalle violazioni dei diritti umani da parte di certi regimi autoritari di destra, pressoché nulla fu detto quando i cubani al servizio dei sovietici uccisero 150.000 angolani dopo la salita al potere dei comunisti in quel paese. Poiché i sovietici contribuiscono a parole alla costruzione di una società migliore, noi falliamo nell’esaminare i veri risultati della loro dominazione in una nazione dopo l’altra.

Conclusione

Che lo sfruttamento e l’ingiustizia esistano nelle società a mercato libero, non possiamo negarlo. Tuttavia, possiamo negare che esse debbano esistere (come Marx e Lenin sostenevano). L’ingiustizia economica o sociale non è un risultato delle strutture economiche della società occidentale; ma sono un risultato dell’avidità umana.

Lo sfruttamento sovietico di nazioni come l’Angola e l’Afganistan e similmente lo sfruttamento da parte dell’Unione Sovietica della propria gente prova che mentre Lenin può aver fatto dei cambiamenti cosmetici nella struttura economica della Russia, non riuscì a sradicare l’egoismo o la corruzione. Per far avvenire questo tipo di cambiamento, Lenin non aveva bisogno di una rivoluzione politica, ma morale. La sua adesione ai principi marxisti rese ciò impossibile.

Note

[1] Lenin, “Collected Works”, (Mosca, ed. Progress), 1980, vol. 22, p. 342.

[2] P. e M. Favre, “Les Marxismes après Marx” (Paris, ed. Presses Universitaires), 1980, pp. 18-25.

[3] “Encyclopaedia Britannica”, vol. 16, 1983, pp. 965-973.

[4] “Encyclopaedia Britannica”, vol. 10, p. 791-797.

[5] Lenin, “L’Imperialismo, lo stadio più alto del Capitalismo”.

[6] P. e M. Favre, “Les Marxisme aprös Marx” pp. 39-42.

[7] Ibid, p. 107.

[8] A. Melvil, in “Ciencias Sociales “(Mosca, ed. Academia de Ciencias), 1981, pp. 171-185.

[9] Riportato da G. Lavan, “Che Guevara speaks” (New York, ed. Grove Press), 1968, p. 105.

[10] A cura di R. L. Braham, “Documents on major European Governments” (New York, ed. Knopf), 1966, pp. 191-206.

[11] Ibid.

[12] Riportato da G. I-avan, “Che Guevara speaks”.

[13] M. Voslensky, “La Nomenklatura”.

[14] E. Mestiri, “Les Cubains et l’Afrique” (Parigi, ed. Karthala), p. 224.

[15] A. Besançon, “Anatomie d’un spectre”, (Parigi, ed. Calman-Lévi), 1981,

p. 160.

[16] “Peking Review”, 29 marzo 1975.

[17] “Is the Soviet Union socialist or capitalist?” (Oakland, The New Voice), 1980, pp. 4-72.

[18] Lenin, “Collected Works”, (Mosca, ed. Progress), 1980, vol. 39, p. 678.

[19] Lenin, “Collected Works” vol. 22, p. 139.

[20] Ibid.

[21] M. Voslensky, “La Nomenklatura”.

[22] Ibid.

[23] Nel “S. Francisco Croniche”, 8 maggio 1 980, p. 28.

[24] M. Voslensky, “La Nomenklatura”

[25] Ibid.

[26] I. Zemtsov, “la corruption en Union Sovietique” (Parigi, ed. Hachette), 1976, p. 128.

[27] Lenin, “L’Imperialismo, lo stadio più alto del Capitalismo”

[28] Marx, “Il Capitale”.

[29] C. Murphy, in “The Atlantic”, Febbraio 1983, pp. 33-52.

« Indietro Avanti »
^