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La Provvidenza di Dio nelle Scritture

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Sappiamo che il mondo in cui stiamo vivendo oggi non è proprio il Regno di Dio. Abbiamo imparato che la storia umana è iniziata con il piede sbagliato, dal lato del male; questo è il motivo per cui la Bibbia dice che il dio di questo mondo è Satana. A causa della caduta dell’uomo, Satana è dentro di noi al posto di Dio cosicché siamo la sua incarnazione: discendiamo dal suo lignaggio invece che dal lignaggio divino. Questo è contro la legge della creazione di Dio ed è il motivo per cui ci sono stati così tanti martiri nella storia umana e nel mondo religioso. Nelle religioni primitive a volte si offrivano dei sacrifici umani; questo rappresentava, anche se in modo distorto, l’impulso a versare sangue satanico. Di fronte a Dio noi non siamo persone frutto della Sua creazione ma esseri in posizione di Suoi nemici in quanto figli di Satana, il nemico di Dio. Questo è stato il risultato della caduta umana e questo è il motivo per cui Gesù disse: “Voi che avete per padre il diavolo” (Gv 8:44).

Contro il desiderio di Dio, i nostri antenati stabilirono fra loro una relazione d’amore impura e prematura. Per poterci restaurare perfettamente da questa linea di sangue impura dobbiamo trovare dei Veri Genitori e inserirci nel loro lignaggio attraverso un processo di rinascita.

Nella Bibbia leggiamo che quando Nicodemo fece visita a Gesù e lo sentì parlare di rinascita, gli chiese: “Come potremo ritornare nel grembo di nostra madre?” e Gesù rispose: “Tu sei maestro in Israele e non sai cosa significa rinascita? Se uno non rinasce non può entrare nel Regno di Dio”. La resurrezione significa nascere di nuovo e diventare parte di un nuovo lignaggio. Essendo noi uomini e donne caduti e nati da un lignaggio satanico, siamo destinati a rinascere: solo allora potremo entrare nel Regno di Dio. Il corso della restaurazione è il processo inverso del corso della caduta. Ciò significa che dobbiamo restaurare il lignaggio divino originale. Per cambiare il nostro lignaggio satanico in quello divino, dobbiamo condurre una vita ascetica, una vita che presenta difficoltà e sacrifici, ma se desideriamo essere restaurati è necessario attraversare questo percorso.

Nel processo della caduta Adamo ed Eva credettero che Satana fosse di più di Dio stesso. Questo è stato il primo passo sbagliato. Perciò nel corso della restaurazione dobbiamo assolutamente credere in Dio in modo totale. Il risultato finale della caduta è stato il nostro lignaggio satanico; il nostro sangue è stato contaminato, e Gesù ha dovuto offrire il suo sangue per poter porre la condizione attraverso la quale noi negassimo questo lignaggio. Abbiamo dovuto ricevere il suo sangue per appartenere al suo lignaggio. Nella santa comunione il vino simboleggia la linea di sangue divina e condividere il vino e il pane significa che noi possiamo innestarci al lignaggio di Dio.

L’umanità caduta ha portato sulle sue spalle il peso di un debito di sangue, sudore e lacrime. Se chiedeste a Dio di raccontarvi alcune esperienze dal momento della caduta in poi, non potrebbe narrarvi altro che una storia di lacrime, sudore e sangue poiché Lui non ha altra storia all’infuori di questa. La maggior parte dei cristiani non conosce veramente com’è Dio; loro Lo immaginano seduto su di un trono glorioso che si gode la vita, ma questa non è affatto la Sua realtà. Qualcuno deve liberare Dio dalla Sua pena perché Lui non può farlo da solo. La sofferenza di un genitore può essere alleviata solo dai figli, quella di un marito, dalla moglie, e la pena di una moglie dal marito. L’unico modo di liberare Dio dalla Sua sofferenza è quello di diventare persone di pietà filiale che prendono su di sé il Suo tremendo dolore.

Dio voleva perdonare Adamo ed Eva, ma non era nella posizione di farlo perché loro non si trovavano nella situazione di poter essere perdonati. Dobbiamo immaginare questo: supponiamo che ci fosse stata un’altra persona non caduta, un fratello di Adamo che, incontaminato dal peccato, fosse andato dal Padre a pregarlo di perdonare suo fratello e sua sorella; che cosa sarebbe successo? Se una tale persona pura fosse andata da Dio dicendogli che l’avrebbe aiutato prendendo su di sé qualsiasi responsabilità, che avrebbe volentieri accettato di essere punito lui a causa del peccato dei suoi fratelli, Dio li avrebbe certamente perdonati.

Perché è necessario il Messia

Questo avrebbe dovuto essere il modo per arrivare al perdono o alla salvezza di tutti gli uomini caduti. Una persona che non è caduta non ha niente a che fare con Satana. Se Dio trova questo tipo di persona può far procedere la Sua provvidenza di salvezza centrata su di lei. Questo tipo di uomo è “Abele” o colui che si trova nella posizione di “Abele”. Abele dovrebbe essere la persona qualificata per ricevere il perfetto amore di Dio; dovrebbe essere capace di vincere su Satana, di sacrificare sé stessa per il bene dell’umanità. In altre parole dovrebbe essere uno che si sacrifica volontariamente al posto dei fratelli caduti per liberarli dal peccato. Questo fratello sacrificale diventerà il Cristo. E qual è la missione del Cristo, il Messia? Cristo è colui che prende il nostro peccato e il nostro indennizzo e paga per noi. Per questo è il nostro salvatore. I fratelli nel peccato potranno essere liberati solo a quella condizione.

Con l’avvento di quella persona in mezzo all’umanità potrà sorgere la speranza della salvezza. I cancelli della salvezza saranno aperti da quelle lacrime versate per alleviare il dolore di Dio e dell’uomo. Allora, perché abbiamo bisogno del Messia? Qual è il suo scopo? È quello di ricollegarci all’amore di Dio. Noi vogliamo ritornare indietro al punto in cui eravamo connessi a questo amore, ma abbiamo ereditato il lignaggio satanico e la linea di sangue degli uomini caduti è separata dall’amore di Dio. Questo deve essere indennizzato. Indennizzo significa in pratica che il peccato originale deve essere rimosso. Il problema fondamentale è come rimuovere questo peccato.

Gli uomini caduti, da soli non possono farlo, perciò è necessario il Messia. Tuttavia affinché il Messia venisse era necessario che l’umanità stabilisse una certa fondazione condizionale accettabile agli occhi di Dio. Per arrivare a questa meta la strategia di Dio fu quella di tirar fuori da questo mondo di male i Suoi campioni. Per comprendere il modo di lavorare di Dio esaminiamo la storia della Sua provvidenza.

La famiglia di Adamo fu la prima famiglia nella creazione di Dio. In essa c’era un uomo, Abele, che Dio aveva scelto come Suo primo campione. Abele serviva Dio con tutto il suo cuore e fu il primo a dare la sua vita per lo scopo divino. Abele doveva rifiutare Satana e ritornare a Dio lottando e sconfiggendo il male; doveva separarsi da Satana ed essere diverso da suo fratello caduto. Essendo in quella posizione poteva ricevere l’amore di Dio. La formula fondamentale per essere Abele è racchiusa in questi tre stadi: colui che è desideroso di salvare il mondo deve lottare contro Satana e vincerlo, poi deve penetrare nell’amore di Dio ed infine, sentendo il cuore di Dio e dell’umanità caduta, deve volontariamente sacrificare sé stesso al posto degli uomini caduti. Solo a questa condizione l’umanità caduta può essere riportata a Dio. Perciò Abele avrebbe dovuto separarsi da Satana, o Caino, penetrare nel profondo dell’amore di Dio e, sperimentando il dolore di Dio e la sofferenza di suo fratello, avrebbe dovuto sacrificarsi volontariamente per loro. Invece di essere arrogante, Abele avrebbe dovuto essere desideroso di morire per Caino, avrebbe dovuto salvare suo fratello a rischio della sua vita, pagando con la sua stessa vita. Il suo sacrificio non avrebbe dovuto essere la sua uccisione: egli doveva essere un sacrificio vivente cosicché Dio potesse lavorare attraverso di lui. Doveva sacrificarsi senza essere sacrificato da Satana: il suo sacrificio sull’altare era offerto a Dio. Ma nel fare questo egli fu ucciso da Caino.

Noè

In seguito Dio chiamò Noè e ne fece il Suo campione. E Noè adempì ad una missione molto insolita: costruire una nave sulla cima di una montagna. Ora, secondo il buon senso, una tale costruzione dovrebbe essere fatta in un cantiere vicino all’acqua. Ma le istruzioni che Noè aveva ricevuto erano di costruire l’arca in cima ad una montagna e non sulla riva del mare o di qualche fiume. Quanti di noi saprebbero accettare una simile missione? Quanti di noi potrebbero obbedire ad un simile ordine e si impegnerebbero nel lavoro senza alcun’ombra di dubbio? Al tempo di Noè nessuno poteva credere che egli avesse ricevuto un ordine da Dio, né accettare quello che Noè diceva sull’imminente giudizio del diluvio.

Potete immaginare come appariva Noè agli occhi delle persone del suo tempo? Per 120 anni salì e scese la montagna continuamente, lavorando per la costruzione della sua arca. Alcune delle signore qui presenti avrebbero forse desiderato essere nella posizione della moglie di Noè? Non penso che sareste state mogli felici. La moglie di Noè deve avergli portato ogni giorno una ben misera razione di cibo: lui era così occupato con l’arca che non aveva il tempo di occuparsi della sua famiglia. Nel giro di pochi mesi devono essere iniziate delle liti in famiglia, ma non fu solo per 12 mesi o 12 anni che la moglie di Noè dovette sostenere questa difficile situazione, bensì per 120 anni.

Perché allora Dio chiese a Noè di adempiere ad una missione così incomprensibile? Perché Dio doveva lavorare in quel modo? C’era una ragione: doveva agire così a causa del male. Dio non può convivere col male. La direzione di Dio è di 180° contraria a quella del male. Dio aborrisce il male e non può accettare le cose che il mondo di male accetta, non vuole avere niente a che fare con il mondo di peccato o con qualunque cosa che sia inquinata dal male. Tutti noi siamo stati creati ad immagine di Dio e possiamo riconoscere nella nostra natura umana dei tratti simili a Lui.

Supponete di avere un nemico verso il quale nutrite dei forti sentimenti di odio; voi non desiderate neppure guardarlo. Allo stesso modo Dio non vorrà aver niente a che fare con il malvagio mondo di Satana. Perciò, dovendo trattare con esso, sceglie dei modi spesso incomprensibili agli uomini. Dio vuole anche mettere alla prova la loro fede e non può farlo chiedendo semplicemente delle cose ordinarie. Dobbiamo essere disposti a conformarci alle straordinarie istruzioni di Dio. Dobbiamo mostrare a Dio una fede assoluta. Questo non è un compito facile. Le persone pensavano che Noè fosse pazzo costruendo l’arca in quel modo e nessuno sapeva che invece egli occupava la posizione centrale nella visione di Dio.

Abramo e Giacobbe

Non solo Noè, ma anche altre persone di Dio sembrano agire in modo strano secondo il punto di vista del mondo. Consideriamo Abramo. Dio lo prescelse dalla casa di un costruttore di idoli e non da una famiglia timorata di Dio. Gli ordinò di separarsi dall’ambiente contaminato dal male in cui viveva e di lasciare la sua terra natia. Dio voleva fare di Abramo il Suo campione, e questo era il Suo ordine. Se Abramo avesse allora discusso la questione con suo padre, il fabbricante di idoli, questi gli avrebbe indubbiamente detto: “Ma sei pazzo?”. Abramo pensò che era meglio non parlare con suo padre delle istruzioni ricevute da Dio. Chi avrebbe potuto credergli? La sua missione non era semplice perché Dio gli aveva chiesto di andare verso la terra straniera d’Egitto. La decisione di Abramo perciò era da prendere in assoluta solitudine sulla base della sua fede e della sua fiducia in Dio. Solo per fede egli decise di partire non avendo in mente che il pensiero di seguire l’ordine datogli da Dio. Fuggì di nascosto, di notte, e si trovò a vagare come uno zingaro rinunciando a tutto ciò che aveva.

I campioni di Dio hanno una caratteristica in comune: iniziano le loro missioni negando sé stessi e il proprio ambiente. Il figlio di Isacco, Giacobbe, non fece eccezione. Era un uomo che aveva una grande forza di volontà e in virtù di questa servì Dio come nessuno aveva mai fatto prima. Volle aprire una strada esemplare, realizzando qualcosa che nessun altro poté mai ripetere. Nella Bibbia si narrano parecchie cose su Giacobbe. Si descrive la sottile astuzia con la quale comprò il diritto di primogenitura dal fratello maggiore, scambiandola con un piatto di pane e lenticchie. Più tardi rubò la benedizione del padre che doveva essere data a suo fratello Esaù. Agendo così Giacobbe sapeva indubbiamente che suo fratello gli sarebbe diventato nemico, ma nondimeno si impegnò a fare questo. Nel suo cuore il desiderio di ricevere la benedizione di Dio era così ardente, così forte, che Dio ne era veramente confortato.

Dopo aver ottenuta la benedizione di Isacco, Giacobbe sfuggì al pericolo di essere ucciso da suo fratello maggiore, scappando dalla sua terra nel territorio straniero di Haran. Per 21 anni sopportò una vita di tribolazioni in Haran e durante quel periodo fu ripetutamente ingannato da suo zio Labano. Dieci volte Labano imbrogliò Giacobbe che non si lamentò mai. Lui perseverava e aspettava il giorno in cui avrebbe potuto ritornare alla sua terra benedetta.

Allora, in che modo Giacobbe stabilì una tradizione di fede che gli permise di ricevere la benedizione e la protezione di Dio? Potrebbe sembrare semplice, ma non erano sufficienti Giacobbe ed una offerta solamente: c’era bisogno di qualcos’altro. L’offerta non era per un beneficio personale: Giacobbe doveva farla per gli israeliti e la loro nazione, che era stata scelta da Dio. In altre parole il sacrificio è qualcosa che viene offerto per uno scopo più elevato, di natura pubblica, per uno scopo familiare, nazionale e che colleghi ogni cosa a Dio. Avere o non avere questa forte convinzione interiore determina il ricevere o di non ricevere la benedizione di Dio e la Sua cooperazione. Giacobbe, più opposizione e persecuzione riceveva da Labano, più pensava alla sua terra in cui sapeva di dover riportare tutto quello che avrebbe ottenuto da Labano. Non voleva semplicemente godersi la vita in Haran con le benedizioni che Dio gli aveva concesso, ma desiderava condividerle con suo fratello e i genitori, nella sua terra. Questo desiderio di condividere la benedizione di Dio con la sua famiglia fu l’origine del suo amore per la propria gente e per la propria nazione.

Condividendo le benedizioni voleva armonizzarsi e unirsi con loro. Giacobbe condusse una solitaria vita di pastore, ma per tutto quel tempo il suo scopo ultimo non fu di guadagnare denaro o benedizioni materiali. Sentiva tanto la mancanza della sua terra natia e si dispiaceva per quello che aveva fatto a suo fratello maggiore. Era comprensibile che Esaù volesse ucciderlo poiché gli aveva strappato la primogenitura ingannandolo ed egli capiva il sentimento di suo fratello.

In Giacobbe la cosa accettabile a Dio come offerta era il fatto che più la sua situazione diventava difficile e solitaria, a causa delle persecuzioni sempre più pesanti di Labano, più sentiva un attaccamento profondo per i suoi genitori e familiari. Pensava costantemente a cosa avrebbe potuto fare per loro e questa era la sua preoccupazione principale. Pensava che avrebbe potuto condividere prontamente con chiunque a casa ciò che aveva conquistato in 21 anni di duro lavoro. Se si fosse centrato, anche solo un po’, su sé stesso, pensando che tutte le cose conquistate appartenevano solo a lui, Giacobbe avrebbe fallito il suo corso. Questa fu la condizione che permise a Dio di dare tante benedizioni a Giacobbe, che non fossero per un benessere e una prosperità personali, ma per permettergli di stabilire la fondazione nella quale tutti gli israeliti potessero goderne. In altre parole per essere vittorioso, Giacobbe doveva pensare in termini di beneficio pubblico. Quando ebbe completato con successo i suoi 21 anni di corso, Dio lo benedì con ricchezze materiali e con tutte le altre cose necessarie per la sua missione.

Durante il suo ritorno a casa, Dio mandò un angelo sul suo cammino, a fronteggiarlo al guado di Jabbok. Soffermiamoci un attimo su questo punto: un angelo gli apparve improvvisamente e lo attaccò come se fosse un nemico. Dio incalzava veramente Giacobbe mettendo alla prova la forza della sua fede. Giacobbe doveva lottare con l’angelo e così fece.

Continuò la lotta per tutta la notte e non cedette un momento. Facendo questo, Dio comprese che Giacobbe era determinato a combattere fino alla fine, addirittura fino alla morte. Qual era la motivazione e il significato della lotta? Se Giacobbe fosse stato sconfitto dall’angelo, tutte le sue ricchezze, i suoi figli, le sue mogli e lui stesso, che avrebbero dovuto essere totalmente uniti fra loro, sarebbero stati fatti a pezzi dalle forze del male. Se invece avesse vinto, tutte quelle cose sarebbero appartenute a lui e a Dio. L’angelo e Giacobbe lottarono per tutta la notte fino a che entrambi non furono esausti, ma non era ancora finita.

Come pensate che si svolse questa lotta? Era una lotta impari. C’erano fasi alterne: in alcuni momenti Giacobbe stava quasi per essere sconfitto. Pensate che fu Giacobbe o l’angelo a cadere più volte? È comprensibile che fu Giacobbe a cadere più spesso, ma non cedette neanche di fronte alla morte. Lottò disperatamente per vincere l’angelo. Deve averlo attaccato ripetutamente a rischio della vita, e questo deve averlo inferocito. È esattamente ciò che accade sul cammino della nostra vita di fede. Lottiamo disperatamente per vincere Satana, ma Satana è così feroce che continuiamo a cadere. Ma per quante volte possiamo arrivare sull’orlo della sconfitta, lo attacchiamo ancora e ancora.

L’angelo sapeva che doveva lasciare Giacobbe allo spuntare del giorno. Perciò, proprio prima dell’alba divenne disperato e gli spezzò l’anca. Come pensate che poté fare questo? Deve averlo fatto in un momento in cui Giacobbe era debole. Se, in quel momento Giacobbe non fosse stato sul punto di perdere, l’angelo non ci sarebbe riuscito. Ma Giacobbe non poteva cedere: anche con l’anca spezzata non poteva crollare. Al pensiero della sconfitta divenne ancora più furioso e contrattaccò ripetutamente il nemico. Sarebbe morto piuttosto che cedere e perdere la battaglia. E alla fine vinse la prova. L’angelo di Dio si arrese e gli disse: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!” (Gn. 32:28).

Ora, Giacobbe era sulla strada di casa in cui avrebbe incontrato suo fratello Esaù. Avrebbe potuto andare da qualche altra parte a godersi la sua ricchezza se non avesse pensato alla volontà di Dio. Avrebbe potuto dire: “Esaù è Esaù e io sono io; cosa ho a che fare io con la sua vita?”. Ma la sua mente era così preoccupata per la volontà di Dio che il suo desiderio era proprio di incontrare suo fratello, riconciliare il passato e consolare il suo cuore fino a che ogni risentimento fosse svanito.

Cosa doveva fare incontrando suo fratello maggiore Esaù? Innanzitutto fu pronto a cedergli tutti i suoi averi, i suoi servi e i suoi figli dicendogli che tutto ciò sarebbe appartenuto a lui. La sua attitudine fu: “Tutto ciò che possiedo è tuo eccetto la volontà e la benedizione di Dio che mi appartengono per l’eternità”. Adamo, che ignorava la volontà di Dio e si centrò su sé stesso preoccupandosi solo di sé, perse i suoi figli e tutte le cose che Dio gli aveva dato in benedizione. Al contrario Giacobbe fu così centrato in Dio da dar via tutte le sue cose per la Sua volontà. Questo è ciò che rese Giacobbe diverso da Esaù. Perciò, a livello familiare Giacobbe poté lottare con Esaù e rischiare tutto ciò che possedeva. Egli pensava: “Esaù, tu non puoi avere tutti questi beni se non mi superi nell’esaltazione della volontà di Dio”. Questa fu l’attitudine con cui sfidò ed ebbe a che fare con Esaù: “Se accetti questi miei beni, significa che sei unito a me nel realizzare la volontà di Dio”.

Dopo aver ricevuto i doni di Giacobbe, il cuore di Esaù si addolcì. Così, i due fratelli che avevano fino allora nutrito risentimento e ostilità l’uno verso l’altro, si abbracciarono versando lacrime e benedicendosi l’un l’altro. In quel momento si aprì una nuova era storica, ad un livello più elevato, un’era in cui anche Esaù poté condividere la benedizione di essere Israele, il vittorioso. Il corso di Giacobbe potrebbe sembrare semplice, ma c’è un significato storico in esso poiché tutte le condizioni che dovevano essere realizzate per la provvidenza di Dio si condensarono nel suo corso.

Più tardi Dio scelse Mosè come Suo campione. Immaginate quanto fu fortunato Mosè a crescere nel palazzo del Faraone, in cui poteva godere una vita piena di agi. Ma un giorno, quando era ancora giovane, egli improvvisamente emerse come campione del suo popolo, non sopportò più l’oppressione della sua gente da parte degli egiziani. In quel momento egli seppe che Dio era con lui. Rifiutò il suo ambiente, rinnegò sé stesso e andò nel deserto di Midian. Aspettò la sua missione definitiva per 40 anni, perseverando e preparandosi a diventare sempre più degno della benedizione di Dio. La vita di Mosè fu molto umile e mite. Ogni giorno rinnovava la sua attitudine di sottomissione allo scopo di Dio chiedendogli la Sua divina guida, aspettando ardentemente il momento in cui avrebbe realizzato la sua missione di condurre il suo popolo fuori dall’Egitto.

Dedicare la propria vita a Dio

Questi uomini, Abele, Noè, Abramo, Giacobbe e Mosè furono campioni di Dio. Consideriamo ora anche Giovanni Battista. Descritto nella Bibbia come un grande santo e profeta, Giovanni Battista peregrinò per tutto il paese vivendo come un comune vagabondo: scalzo, vestito di pelle di cammello stretta in vita da una cintura di cuoio, si sosteneva mangiando locuste e miele selvatico. Non era un modo di vita consueto, neppure ai tempi di Giovanni, e non penso che i suoi genitori fossero molto orgogliosi del loro figlio. Devono essersi vergognati di lui. Mettetevi nella posizione di genitori di Giovanni Battista, che se ne va girovagando nel deserto anno dopo anno, vivendo come un mendicante. Come vi sentireste? Io ho viaggiato in Israele e non credo che ci siano molte locuste e molto miele selvatico nel deserto. Giovanni dovette mendicare il suo cibo molte volte. Immaginatelo, semicoperto dalla pelle di cammello, scalzo e barbuto mentre va da un posto all’altro mendicando il suo cibo. Se stasera io fossi venuto qui sul podio, scalzo con barba lunga e vestito di pelle di animale e vi avessi detto di essere venuto per proclamare la parola di Dio, sono sicuro che avreste pensato che ero un pazzo.

Dobbiamo essere curiosi riguardo gli obbiettivi e le motivazioni che stanno dietro a questi personaggi della provvidenza di Dio. Tutti questi grandi uomini iniziarono la loro vita di fede centrandosi non su sé stessi, ma su Dio. Perché dobbiamo rispettarli, onorarli e riconoscere il valore del loro contributo? Semplicemente perché essi ricevettero le istruzioni da Dio e non da loro stessi. Dovremmo anche conoscere che tipo di vita vissero per Dio in quel determinato tempo storico. Scopriremmo che dovettero aver avuto dei conflitti tra la loro vita di fede e la vita reale e che di fronte al conflitto in cui si trovarono erano combattuti da opposti desideri. Ma scopriremmo anche che essi risolvevano i loro problemi solo quando si centravano in Dio e non su sé stessi. Sappiamo che a causa di questo conflitto tra il lato di Dio e il lato del mondo le loro persecuzioni e la loro sofferenza venivano moltiplicate. Questo è il motivo della loro grandezza.

La loro vita in questo mondo fu sempre solitaria perché dovettero sopportare tante prove e tante persecuzioni dal mondo. Quando non avevano nessuno verso cui convogliare tutti i loro pensieri e sentimenti, potevano andare solo da Dio e parlare solo con Lui. Guardando alle loro vite materiali, ci accorgiamo di quanto fossero misere e povere al punto che non potevano fare altro che rivolgere i loro cuori a Dio e dedicare a Lui la loro vita. La loro consapevolezza era così limitata che dovevano riferirsi, per qualsiasi cosa, a Dio. Questa era la loro vita.

Di fronte a qualsiasi cosa con cui avevano a che fare nella loro realtà quotidiana, dal rapporto con gli altri al livello di conoscenza o comprensione delle cose, finivano sempre col rivolgersi a Dio, stabilendo una relazione con Lui, perché non trovavano nessun altro a cui potersi appoggiare. Non c’era alcun oggetto con cui potessero stabilire una relazione orizzontale di dare e ricevere perciò dovettero concentrarsi nel cercare il loro oggetto in Dio molto più seriamente di quanto non cercassero un oggetto in questo mondo. Poiché la realtà terrena era per loro così limitata, dovevano affidarsi al cielo per andare al di là di quella ristretta apertura verso Dio; così facendo, furono capaci, abbracciando Dio, di aprire un nuovo regno.

Anche se, per andare a Dio loro e anche noi dobbiamo intraprendere una via angusta, non dobbiamo essere depressi. C’è sempre una via di uscita. Non possiamo essere scontenti. Dio ha creato tutte le cose per uno scopo di felicità, di soddisfazione, di appagamento. Percorrendo questa strada angusta troveremo una via di uscita con il Suo aiuto. Su questa strada incontreremo la vera felicità e il vero appagamento. Da quella strettoia comincerà ad aprirsi davanti a noi la possibilità di una relazione nuova con Dio.

Facciamo un esempio. San Francesco pose molta enfasi sull’assoluta povertà, un niente in cui però egli poté trovare la felicità, il valore, ogni appagamento e soddisfazione. Da quel punto Dio poté muoversi e poté fargli sentire una sensazione di gioia e di felicità. L’unità con Dio può cominciare da quel punto. Dobbiamo renderci conto che noi, come umanità caduta, ci troviamo in mezzo a due linee che delimitano il territorio di Dio e del mondo. Dobbiamo sapere quando queste linee si restringono, così capiremo anche quando inizierà una nuova era di felicità e gioia.

Per Tamara una prova difficile

Esaminiamo ora la situazione di Gesù. Sono sicuro che ci sono molti cristiani devoti fra di voi che hanno varie opinioni circa la vita di Gesù. Come vi immaginate che egli si sia manifestato? Che cosa fece durante i 30 anni di vita prima di iniziare il suo ministero pubblico? Andò forse in collegio a studiare? La Bibbia non dice neppure se frequentò le scuole elementari. Egli fu un lavoratore, un assistente carpentiere. C’è così tanto da sapere, così tante verità nascoste nella Bibbia che non sono scritte esplicitamente. Se vi rivelassi alcuni di questi segreti sono sicuro che ne rimarreste sbalorditi. Anche se conosco queste cose non posso comunicarvele apertamente, perché voi mi chiedereste senz’altro: “Come fai a saperle?” Le ho imparate da Gesù. Sì, e le ho imparate da Dio. Ricordate, al tempo di Noè nessuno poteva credergli, così pure al tempo di Abramo nessuno credette in lui. Allo stesso modo, anche se io onestamente vi dicessi ciò che è effettivamente accaduto al tempo di Gesù, nessuno mi crederebbe facilmente.

Chi è il Messia? Il Messia è totalmente unito al cuore di Dio, come un filo diretto dal cielo alla terra. Quando Dio mandò Gesù come Messia, lo pose sulla terra che era già bambino oppure si servì del corpo di una donna per farlo nascere? Gesù nacque da Maria: ma questo vuol forse dire che Maria era Dio? Maria aveva i suoi genitori qui sulla terra o è discesa dal cielo? Poiché Maria aveva dei genitori terreni deve essere discesa anche lei dalla linea di sangue caduta. Anche se Maria era nata da genitori caduti deve esserci qualche prova che lei non aveva niente a che fare con la linea di sangue satanica.

C’è un’altra questione che potremmo porci: “Come facciamo a sapere che Gesù Cristo era veramente il Figlio di Dio? Dov’è la prova di ciò?”. Per quanto concerne l’attività religiosa, potremmo dire che Budda ha fatto un lavoro molto più grande di Gesù poiché ha avuto molti più discepoli che lo hanno seguito durante la sua vita. La stessa cosa si potrebbe dire di Confucio. Anche Maometto è stato un leader religioso di molto più successo. Quale è per noi quindi il criterio per il quale osiamo affermare che Gesù è il Figlio di Dio? La spiegazione inizia con lo stesso principio: Gesù era il figlio di Dio perché a differenza degli altri fondatori religiosi, egli proveniva dalla linea di sangue celeste. Non importa quanto quelli abbiano realizzato, essi non avevano la stessa qualifica di Gesù Cristo.

Per capire come Maria poté essere separata dalla linea satanica, dobbiamo ritornare indietro fino a Giacobbe e ai suoi immediati discendenti. Giacobbe ed Esaù avevano circa 40 anni quando finalmente realizzarono la volontà di Dio, ed il beneficio della loro vittoria si trasmise solo ai loro coetanei o a quelli più anziani di loro. Nessuno inferiore ai 40 anni poté beneficiare di questo progresso nel cammino della restaurazione. Perciò Dio preparò un altro stadio nella Sua dispensazione che avrebbe protetto i Suoi figli sin da quando erano ancora nel ventre della loro madre fino all’età di 40 anni. Questo fu concretizzato durante le tre successive generazioni dei discendenti di Giacobbe. È registrato in Genesi cap. 38.

Giuda era il quarto figlio di Giacobbe ed il suo primogenito prese in moglie una donna chiamata Tamara. Secondo la Legge, se un figlio moriva senza lasciare eredi, suo fratello doveva prenderne la moglie ed essere lui a continuare la linea di sangue del fratello morto. Tamara non ebbe figli dal primo marito e quando il secondo rifiutò di realizzare la sua responsabilità verso di lei, anche lui morì. Quando Tamara si rese conto che anche attraverso il terzo fratello non avrebbe avuto speranza di partorire figli, sapendo che la sua missione era quella di continuare la famiglia di suo marito e di Giuda, suo suocero, decise di sacrificare persino il suo onore pur di arrivare a realizzare questa missione per Dio. Si vestì da prostituta e sedusse suo suocero cosicché lo indusse ad avere una relazione con lei. Senza sapere che la prostituta era sua nuora, Giuda si lasciò sedurre. A quel tempo l’adulterio era punito con la morte. Per salvare la sua vita, affinché il bimbo concepito potesse nascere, Tamara chiese a Giuda il suo sigillo, il cordone e il bastone come pegno di pagamento e li tenne con sé. Tre mesi dopo, quando fu evidente la sua gravidanza, Tamara fu rimessa al giudizio di Giuda. Potete immaginare l’orrore di Giuda all’udire la notizia “Portatela fuori e bruciatela!”, fu il suo ordine. Ma lei rispose: “Io sono incinta dell’uomo a cui appartengono questi oggetti” e mostrò le cose che Giuda le aveva dato in pegno.

Adamo ed Eva caddero a causa della fornicazione e Tamara fu uno degli esempi di come Dio lavorò frequentemente attraverso donne con un carattere fuori dal comune per portare avanti la Sua restaurazione. Perché Dio si è servito di adultere nella dispensazione? Esse agiscono in posizione satanica, ma facendo così, negano la natura satanica con la totale obbedienza a Dio. In questo modo possono essere restaurate da un estremo all’estremo opposto. Dio scelse i Suoi campioni traendoli dalle situazioni più miserabili. Tamara era una donna onesta, e sebbene fosse stata messa in una posizione peccaminosa, si dedicò totalmente alla missione per Dio, rischiando il suo onore, il prestigio e la sua stessa vita. Si può fare un parallelo tra il modo in cui Eva ingannò Dio e il suo futuro marito, nel processo della caduta, e il modo in cui Tamara ingannò suo suocero e il suo futuro marito, il terzo figlio di Giuda, per la volontà di Dio. Tamara invertì la posizione di Eva, invertendone le azioni, e significativo è il fatto che lei rischiò la sua vita nel fare questo, proprio come fece Eva peccando a rischio della sua vita. Perciò Dio poté rivendicare il frutto del ventre di Tamara. Tamara concepì due gemelli e la lotta tra Caino e Abele iniziò già nel suo grembo.

La fede di Maria

La Bibbia racconta come anche Rebecca sentisse i suoi gemelli lottare dentro di sé e pregasse Dio per capire che cosa stesse succedendo, ricevendo da Lui questa risposta: “Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno; un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo”. E infatti, alla fine Giacobbe si conquistò il diritto di primogenitura da suo fratello Esaù. Quando venne il tempo di partorire, per Tamara la lotta fra i due gemelli si determinò già all’interno del suo ventre. Il primo figlio incominciò ad uscire, tanto che la levatrice legò un nastro rosso al suo polso. Questo segno preannunciava l’emergere del comunismo negli ultimi giorni. Anche Esaù fu chiamato “Edom” che significa “rosso” (Gn 25:30). Tuttavia, prima ancora che il primo figlio di Tamara potesse uscire totalmente dal grembo di sua madre, ci fu una lotta ed il fratello più giovane respinse l’altro dentro, uscendo lui per primo. Questo figlio fu chiamato Perez e l’altro Zerah. Il risultato di questa lotta fu che, per la prima volta nella storia dell’umanità, la restaurazione di Caino e Abele avvenne all’interno del ventre materno, avendo il secondogenito sottomesso il primogenito prima ancora della nascita. L’atto straordinario di Tamara purificò la linea di sangue di Giuda e la rese incontaminata dall’invasione satanica sin dal tempo del concepimento. Attraverso questa vittoria con Tamara e la precedente vittoria di Giacobbe su Esaù, Dio poté reclamare una fondazione estendentesi per tutto l’arco di una intera vita, dal concepimento alla morte.

Gesù nacque dal lignaggio di Giuda e Satana non aveva alcun modo di invadere la sua vita nel ventre materno perché il processo di purificazione era già stato portato a termine. Gesù nacque molti anni dopo la dispensazione di Giacobbe e Tamara perché Dio doveva aspettare che Israele, come popolo, stabilisse una fondazione a livello nazionale. Le condizioni per ricevere il Messia erano state realizzate a livello familiare al tempo di Giacobbe, di Tamara e Giuda, ma Dio aveva bisogno di creare una fondazione nazionale per permettere a Gesù di essere accolto il più facilmente possibile sia a livello nazionale che internazionale.

Quando ritenne che il tempo fosse opportuno, Dio scelse una donna di nome Maria per la realizzazione della Sua volontà. Maria era una rivoluzionaria donna di fede che seppe assecondare le tattiche rivoluzionarie di Dio. Poiché la caduta fu causata dall’angelo, per invertirne il processo era necessario che un angelo fosse accanto a Maria per portarle la rivelazione di Dio. Maria credette totalmente a ciò che l’angelo le disse riguardo alla sua missione: che avrebbe concepito un figlio grande e santo a cui avrebbe posto il nome di Gesù.

La situazione di Maria era parallela a quella di Eva nel giardino di Eden. Maria e Giuseppe erano fidanzati ma non ancora sposati; Adamo ed Eva erano anch’essi in un periodo di maturazione in funzione di una loro futura unione. Un angelo spinse Eva a peccare, ma un angelo portò Maria al compimento della dispensazione divina. Maria era anche nella posizione di ingannare suo marito e suo padre. Pensate forse che Maria avesse potuto discutere con il padre o con Giuseppe circa il miracoloso concepimento di suo figlio? Lei rischiò la sua vita perché a quei tempi un’adultera veniva punita con la lapidazione.

Maria fu la terza donna che Dio scelse per la Sua provvidenza di restaurazione. Con le vittorie precedenti tramite Rebecca e Tamara tutte le relazioni per un’invasione satanica erano state purificate nella linea di sangue di Gesù, ed anche se Maria concepì Gesù al di fuori del suo matrimonio Satana non poté accusarla in alcun modo. Anche nel suo seno materno Gesù era già l’unigenito figlio di Dio e dopo la sua nascita ogni cosa che lui faceva era fatta con l’autorità del Figlio di Dio.

Senza aver avuto queste origini totalmente diverse da chiunque altro, non ci sarebbe stato alcun modo per Gesù di essere il Messia, l’unigenito figlio di Dio. Qual è la differenza tra Gesù e tutti gli altri bambini nati da genitori fisici? La differenza sta nel tempo storico: esteriormente i genitori potevano sembrare uguali a tutti gli altri, ma attraverso un lungo processo di purificazione della loro linea di sangue, risultò totalmente diversa la preparazione che avevano alle loro spalle. Maria fu una figura storica. Per migliaia di anni lungo il corso della storia Dio e Satana lottarono per arrivare finalmente ad un accordo prima ancora che Maria nascesse. Dio sapeva di aver bisogno del corpo di una donna per far nascere Suo figlio e per poter trovare quella donna portò avanti un lungo lavoro di preparazione per migliaia di anni. Eppure, dal punto di vista della società di quel tempo, Gesù era un figlio senza padre, un figlio illegittimo. Agli occhi di Dio, egli era stato concepito dallo Spirito Santo, ma non c’era alcun modo per provarlo alla gente perciò cercate di pensare in una maniera molto realistica e valutate in questo modo ciò che sto per dirvi.

Maria concepì Gesù prima del suo matrimonio. Per la legge giudaica una simile donna avrebbe dovuto essere condannata a morte con la lapidazione. Giuseppe, venendo a conoscenza della situazione di Maria, fu molto indignato e aspettava il momento opportuno per porre termine al loro fidanzamento. Ma un angelo gli apparve e gli disse: “Devi prendere Maria in sposa. Non condannarla perché lei ha ricevuto una missione speciale da Dio”. Se Giuseppe non fosse stato un uomo giusto, Maria sarebbe stata automaticamente condannata alla lapidazione. Ora pensate che Giuseppe avrebbe potuto discutere questa questione con i suoi genitori in questi termini: “Padre, madre, la mia futura sposa, la mia fidanzata ha concepito un figlio, ma un angelo mi ha detto che questa è la volontà di Dio, perciò io devo sposarla e prendermi cura di lei”? Che cosa avrebbero detto i genitori di Giuseppe? Mettetevi nella loro posizione. Non gli avreste creduto se vi avesse parlato in questo modo. Giuseppe perciò dovette prendere una decisione da solo. Senza parlare con nessuno della situazione, accettò la sua fidanzata e la portò lontano da occhi indiscreti.

Ora pensate al loro viaggio verso Betlemme. Era quasi giunto il tempo in cui Maria avrebbe dovuto partorire. Se le circostanze fossero state tali da permetterle di preparare ogni cosa per quell’evento, lei lo avrebbe fatto, ma non poté preparare niente per il bambino. Quando Gesù nacque Maria lo adagiò sulla mangiatoia di una stalla e lo avvolse in fasce. Se Gesù avesse avuto dei parenti uniti a Maria e a Giuseppe, non avrebbero forse aiutato Maria a preparare ogni cosa in anticipo? Da tutte queste cose possiamo renderci conto di quanto terribilmente solitaria fosse la situazione di Maria al momento di dare alla luce Gesù.

A quel tempo Dio spinse tre saggi verso il luogo in cui era nato Gesù. Essi avrebbero dovuto prendersi cura di lui proteggendolo e aiutandolo a crescere fino al momento del suo matrimonio. Che cosa sarebbe accaduto se quegli uomini, quando venne detto loro di ritornare ai loro paesi attraverso strade diverse, avessero portato Maria e suo figlio con loro? Se Gesù fosse cresciuto protetto nei paesi dei tre saggi, essi sarebbero diventati delle figure storiche famose in tutto il mondo. Non so se quelle persone provenivano da una sola nazione o da tre differenti paesi; sarebbe stato meglio se fossero venute da nazioni diverse cosicché, se Gesù, dopo essere stato accolto in una delle tre nazioni, fosse stato ancora perseguitato, avrebbe potuto spostarsi nelle altre due nazioni. Se quei saggi avessero aiutato Gesù ad avere una serena crescita, al sicuro da ogni invasione satanica, sarebbero diventati veramente molto famosi. Poi, sarebbero stati anche discepoli di Gesù e le cose sarebbero andate molto meglio. Poiché niente di tutto questo si realizzò, Gesù dovette cercarsi da solo i suoi discepoli.

Sono sicuro che Giuseppe dovette passare dei momenti molto difficili, a volte preso da profondi dubbi circa la situazione di Maria. Deve averle chiesto più volte: “Maria, ora siamo molto vicini e non abbiamo segreti l’uno per l’altra. Dimmi che cosa ti è veramente successo. Chi è il vero padre del bambino nel tuo grembo?”. Sono sicuro che qualsiasi marito sarebbe molto curioso di sapere una cosa simile. Se io fossi stato nella posizione di Giuseppe, avrei fatto questa domanda a Maria. Ma Maria diceva la verità quando rispondeva: “Veramente non so chi è il padre di questo bambino. È stato concepito da Dio”. Quanti di noi potrebbero credere a questa affermazione? È più facile crederci ora perché sappiamo chi era Gesù, ma non era certo la stessa cosa ai suoi tempi. È naturale che Giuseppe nutrisse dei sospetti e avesse dei sentimenti feriti dentro al cuore. A volte avrà pensato: “Mia moglie non è leale fino in fondo con me”. A causa di queste circostanze deve esserci stato un conflitto di emozioni nella famiglia di Gesù dopo la sua nascita. Un fatto può testimoniare di questo. Un giorno Gesù incontrò sua madre ad una festa di nozze in Galilea, Maria gli fece presente che gli sposi avevano finito il vino. Ma Gesù le rispose: “Che ho da fare con te, o donna?” (Gv 2:4).

Il punto da notare che egli non la chiamò “madre”, ma “donna”. In un altro momento, un suo discepolo venne a dirgli: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano” e Gesù rispose: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? … Ecco mia madre e miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3:33-35).

Questo sta ad indicare che agli occhi di Gesù i membri della sua famiglia non stavano facendo la volontà di Dio.

Nessuno aiutò Gesù

Gesù viveva con tanta angoscia nel suo cuore quando era nella sua famiglia. Ci sono molte cose non ancora rivelate. Molte situazioni, a causa delle quali lui ha sofferto sono ancora sconosciute. La Bibbia non dice quasi niente circa i trent’anni che precedettero il ministero pubblico di Gesù. Se fosse stato un periodo glorioso possiamo star sicuri che Dio e i discepoli di Gesù ce lo avrebbero fatto conoscere, ma la vita di Gesù fu piena di tristezza ed egli rimase un’oscura figura per 30 anni.

Già da bambino Gesù capì di essere una persona speciale. Sentiva ciò che la gente pensava di lui, ma l’immagine che aveva di sé stesso era completamente differente. Sin da piccolo non poteva mai parlare apertamente e l’unico conforto che poteva trovare era nella sua relazione con Dio, ed egli passava molto del suo tempo pregando Dio e cercando la Sua guida. Così facendo Gesù diventava spiritualmente sempre più forte e in quel periodo le circostanze lo spingevano verso un’unica direzione: Dio e la realizzazione del Suo ideale. Sapeva che il modo di pensare del mondo era molto diverso dal modo di pensare di Dio e bisognava correggerlo. Sentiva anche che gli uomini non conoscevano ciò che Dio voleva e che lui stesso avrebbe dovuto cambiare la loro opinione.

A causa di queste circostanze avverse Gesù dovette veramente pregare Dio con tanta intensità al punto di spingerlo a parlargli ed insegnargli che cosa avrebbe dovuto fare nella sua missione futura. A mano a mano che Gesù cresceva e conosceva sempre di più Dio, comprendendo sempre meglio la sua missione, egli sentiva che il suo cuore diventava sempre più pesante e sofferente ed il suo ambiente sempre più difficile da sopportare.

A quel tempo il suo compleanno, il Natale, non era un giorno speciale. L’amico più prezioso per Gesù sarebbe stata la persona che fosse venuta a lui non portandogli regali o parole di augurio, ma che, con un cuore comprensivo lo avesse confortato nella sua situazione e avesse discusso con lui della sua missione futura. Se ci fosse stato qualcuno così accanto a lui, Gesù sarebbe stato molto più felice che se avesse ricevuto tanti regali. Quella persona avrebbe potuto essere uno dei suoi fratelli o delle sue sorelle. Conoscendo la pena del suo cuore, questo amico avrebbe potuto portargli un piccolissimo pezzo di dolce avvolto in un fazzoletto, per il suo compleanno, e gli avrebbe potuto dire: “Le persone non ti capiscono, ma io cercherò di aiutarti. Non devi essere triste”. Gesù avrebbe certamente accolto quella persona con molta più gratitudine di quanto avrebbe accolto uno che fosse andato via subito. Se ci fosse stato un simile fratello o una simile sorella nella sua famiglia, che avesse fatto questo per lui, allora Gesù l’avrebbe ricordato per lungo tempo e avrebbe parlato di lui.

Gesù aveva un profondo desiderio che i suoi genitori, i suoi fratelli e parenti lo aiutassero nella missione: se non erano i suoi genitori ad aiutarlo chi altri lo avrebbe fatto? Gesù era la figura centrale, la persona che aveva una missione divina e che Dio aveva mandato dopo una preparazione durata 4.000 anni. C’erano persone preparate per riceverlo. Perché lui potesse stabilire il Regno dei Cieli in terra, avrebbe dovuto essere capace di realizzarlo prima di tutto nella sua propria famiglia. Gesù conosceva la legge divina della famiglia celeste, perciò la sua stessa famiglia avrebbe dovuto vivere in accordo ad essa: Giuseppe avrebbe dovuto amare e proteggere Gesù e altrettanto avrebbe dovuto fare sua madre, Maria. Gesù avrebbe dovuto educare persino i suoi genitori, i suoi fratelli e sorelle ed essi avrebbero dovuto amarlo più di chiunque altro, prendendosi cura di lui ed aiutandolo nella sua missione.

Gesù era un principe del Regno dei Cieli, non un normale principe di un regno terreno. Era il solo figlio di Dio, mandato da Lui a svolgere questa missione come figura centrale. La sua famiglia avrebbe dovuto essere una famiglia esemplare e costruire la tradizione divina, educando e proteggendo Gesù. Preparando il cibo, i vestiti per lui, facendo qualsiasi cosa per lui, i suoi familiari avrebbero dovuto mantenere un’attitudine molto sincera e coinvolgere totalmente il loro cuore e il loro sentimento. Gli altri fratelli avrebbero dovuto aiutare Gesù a portare avanti la sua missione. Ma non fu proprio così: Gesù visse in una situazione di conflitto tra circostanze e sentimenti contrastanti che lo portarono a condurre una vita solitaria in preparazione alla sua missione, fino al suo trentesimo anno di età.

Gesù conosceva il piano che Dio aveva per lui, per Israele e per il resto dell’umanità. Dio è immateriale, ma Gesù, avendo un corpo fisico, poteva sperimentare la condizione umana e sapeva di dover diventare il punto centrale che avrebbe riportato il mondo a Dio. Pensate che cercasse qualcuno che gli mostrasse un po’ di comprensione o che desiderasse sentire anche solo una parola di amore per lui, sapendo che senza di lui nessuno avrebbe potuto avere la possibilità di ritornare a Dio? Gesù desiderava sentire i sommi sacerdoti dire: “Dobbiamo prepararci a riceverti perché questo è l’unico modo che abbiamo di ritornare a Dio”. Ma sappiamo di qualcuno che capì questo e gli disse queste cose? I capi del suo popolo non solo non vennero a lui, ma gli si opposero direttamente. La gente perciò rimase stupita all’udire le sue parole: “Io sono il completamento della Legge” oppure: “Mosè ha scritto di me”. Egli proclamava: “Io sono il Figlio di Dio”; “Il Padre in cielo mi ha mandato”; “Io sono la Via, la Verità, la Vita, nessuno va al Padre se non attraverso di me”.

La volontà di Dio è salvare il mondo

Se fossimo vissuti a quei tempi quanti di noi avrebbero saputo accettare delle affermazioni così straordinarie? Gesù sconcertava le persone; le sue parole risuonavano estremamente oltraggiose. Persino Giovanni Battista ebbe difficoltà a vedere Gesù come Figlio di Dio, proprio lui che avrebbe dovuto preparare le persone ad accogliere il Cristo e avrebbe dovuto appianare la strada al Signore. L’unico obiettivo di Gesù era quello di portare il Regno di Dio sulla terra a livello nazionale e mondiale e con questa determinazione nel cuore, che cosa pensate che avesse predicato? Avrebbe detto: “Fratelli, io sono il Figlio di Dio e ho molti doni e benedizioni in serbo per voi. Se vi unite a me vi darò cose confortevoli, una vita agiata e abbondanti benedizioni. Vi renderò re potenti nel mondo”? O non avrebbe detto invece: “Fratelli, anche se voi ed io dovessimo essere sacrificati, Dio vuole salvare il mondo. Diventiamo quei campioni che possono salvarlo”.

Oggi è molto facile accettare Gesù Cristo come Figlio di Dio perché per 2000 anni il Cristianesimo lo ha glorificato come Dio. Ma a quel tempo gli anziani non lo accettarono e neppure i sacerdoti. Loro non erano meno intelligenti di noi oggi. Infatti, se fossimo vissuti ai tempi di Gesù, noi stessi avremmo probabilmente commesso gli stessi errori fatti da loro. Le personalità del suo tempo videro in Gesù solo un vagabondo, un blasfemo e un oltraggioso eretico. Non riuscivano a vedere in lui il Figlio di Dio.

Gesù era stato atteso a lungo, in Israele aspettavano il Messia da 2.000 anni, ma quando egli finalmente apparve non fu ricevuto. La fede del popolo di Israele a quel tempo non era meno forte e meno sincera della fede dei cristiani oggi. Tuttavia noi sappiamo che le persone che frequentavano Gesù non erano certo allo stesso livello del resto della società: era circondato da poveri pescatori, prostitute e collettori di tasse. Conosciamo l’episodio in cui, un giorno, una giovane donna versò il suo unguento prezioso sul capo di Gesù e gli lavò i piedi asciugandoli con i suoi capelli. Se avessimo veduto queste cose, quanti di noi potrebbero dire onestamente che avrebbero accettato Gesù come Figlio di Dio?

Gesù fece delle affermazioni a causa delle quali era prevedibile che sarebbe finito sulla croce. Disse che chi amava la propria famiglia più di lui, non era degno di lui e questo voleva dire ripudiare tutti. Perciò tutti gli si opposero perché videro in lui una persona che incoraggiava la divisione delle famiglie; lo consideravano un distruttore dei legami familiari e sociali.

I tre anni di ministero pubblico di Gesù furono molto diversi dal Messianesimo che era stato predetto e che ci si aspettava. Nessuno comprese la vera missione del Cristo. Le persone giudicarono il Figlio di Dio da un punto di vista sbagliato, e secondo uno standard troppo terreno, così finirono per trattarlo come piacque a loro.

Nella città di Gerusalemme a volte Gesù si arrabbiò contro il comportamento immorale della gente tanto che in un momento di impeto arrivò persino a rovesciare i tavoli dei cambiavalute che mercanteggiavano nel tempio. Secondo il codice civile avrebbe dovuto essere arrestato e nessun tribunale avrebbe potuto prenderne le difese. Ma per la legge di Dio, Gesù non aveva commesso alcun peccato. La legge civile non è la legge celeste e questo mondo pieno di peccato non avrebbe mai potuto accogliere la purezza del Cristo.

Come ho già detto, tutti i santi, i profeti e gli uomini giusti della storia dovettero prima di tutto negare sé stessi e affidarsi totalmente a Dio. Quando Lui li chiamava essi dovevano lasciare le loro case, i loro beni, le loro famiglie, la loro nazione. Dio vuole dei campioni a livello individuale, familiare, tribale, nazionale e mondiale. Ha chiamato i Suoi campioni ad ogni livello e la qualifica per essere campioni di Dio ad ogni livello rimane sempre la stessa: devono avere l’assoluta e instancabile fede necessaria per seguire il Suo comandamento in qualunque direzione questo li conduca. Dio ha bisogno di persone di totale obbedienza alla Sua volontà.

Dobbiamo esaminare quindi qual è la volontà di Dio. Perché fa passare dei momenti così difficili al Suo popolo? La salvezza dell’individuo è certamente importante agli occhi di Dio ed Egli non la trascura affatto, però questa non è lo scopo ultimo del Suo lavoro. La volontà di Dio è la salvezza del mondo, Dio ha bisogno di una persona che si qualifichi come Suo campione per la realizzazione della meta finale che è appunto la salvezza del mondo. Dio ha chiamato una famiglia affinché fosse uno strumento di salvezza, poi ha chiamato un popolo per questo stesso scopo. Egli vuole avere una nazione che sia nella posizione di Suo campione e che completi la salvezza del mondo.

Le persone al tempo di Gesù stavano ansiosamente aspettando il Messia, ma molti pensavano solo alla loro gloria nazionale. Non capirono la missione universale di Gesù Cristo. Lo scopo di Dio era di mandare il Messia in mezzo al popolo scelto d’Israele cosicché egli potesse unirsi a quel popolo. Insieme sarebbero diventati dei soldati della fede, che avrebbero combattuto per la salvezza del mondo. La fondazione per ricevere il Messia era stata posta da Giacobbe, il campione a livello familiare, e da Mosè, campione di un intero popolo. Il Messia che venne in Israele, doveva essere il campione di Dio a livello nazionale e mondiale.

Lo scopo di Dio non è la salvezza di una singola chiesa o di una singola nazione: la Sua volontà è sacrificare il più piccolo per il più grande. Perciò sacrificherà la chiesa o la nazione singola per uno scopo mondiale. Se oggi i cristiani pensano solamente alla loro propria salvezza, al loro paradiso e alloro benessere, allora non stanno vivendo in accordo allo scopo di Dio. Se ci preoccupiamo solo della salvezza delle nostre famiglie, non siamo degni di ricevere la Sua benedizione. Se le persone lavorano solamente per il beneficio della loro propria nazione, stanno andando contro la volontà di Dio.

Dio vi darà la vostra salvezza: quando diventerete Suoi campioni per la salvezza del mondo, allora anche la vostra salvezza individuale sarà assicurata. I cristiani sono probabilmente un settimo della popolazione mondiale, ma fra loro molto pochi sono veramente dei cristiani devoti. E fra i devoti quanti lottano seriamente per la salvezza dell’umanità? Dobbiamo dedicare tutto noi stessi alla salvezza del mondo.

Dio non può essere contento di noi se viviamo troppo centrati su noi stessi. Io incontrai Gesù personalmente e ricevetti una rivelazione da lui, attraverso la quale mi resi conto di quanto è grande il dolore di Dio. Il Suo cuore è spezzato. Oggi Dio sta lavorando incessantemente per la salvezza finale di tutta l’umanità. Lui ha bisogno del Suo campione perché questo lavoro abbia successo. Lo scopo della chiesa di Dio è quello di salvare il mondo intero. La chiesa, Israele di Dio, è lo strumento di Dio, e proprio questo è ciò che è stato dimenticato al tempo di Gesù.

Nel periodo dell’Antico Testamento gli uomini facevano delle offerte a Dio attraverso le cose della creazione. L’offerta doveva essere fatta su base nazionale con il Messia come simbolo del sacrificio universale per l’umanità. Perché è necessario il Messia come consumazione fisica del sacrificio? Gesù Cristo come Messia venne per essere il sacrificio sull’altare della nazione di Israele, ma aveva bisogno degli uomini per completare il sacrificio perché erano proprio loro che ne dovevano beneficiare, non il Messia. Egli non viene per sé stesso, ma per l’umanità. Il Messia universale venne nella posizione di Israele, l’altare universale, e il popolo doveva unirsi a lui totalmente per fare l’offerta insieme. Ma quell’unità non si creò: Gesù fu offerto come sacrificio sull’altare, ma non c’era nessuno ad offrire quel sacrificio a Dio. Non c’era nessuno unito a Gesù.

Qual era la differenza tra Gesù e gli agnelli che venivano offerti nell’Era dell’Antico Testamento? Gli agnelli erano ignoranti, ma Gesù era pienamente consapevole del peccato che l’umanità aveva commesso e di ciò che era necessario per purificarlo e, allo stesso tempo, come offerta lui sentiva un profondo dolore. Prima di Gesù né l’offerta, né gli uomini che la facevano comprendevano pienamente la necessità di offrire un sacrificio e neppure erano consapevoli di qual era il peccato dei loro antenati, ma con Gesù era l’offerta stessa che conosceva la profondità del peccato umano.

Come ha potuto Gesù diventare un’offerta? Mostrando, con la sua vita, il cammino che tutta l’umanità dovrebbe intraprendere. Infatti Gesù voleva ardentemente dire: “Ciò che io sto facendo adesso è proprio quello che voi stessi dovreste fare, ma poiché non capite io devo mostrarvelo”. Che tipo di vita ha condotto Gesù? Lottava forse con gli altri o ostentava il suo potere? Non era la conoscenza intellettuale che lui cercava di trasmettere alle persone: il suo insegnamento era molto più profondo. Di certo non offriva ricchezze, ma mostrava la via del cielo. Quale fu il suo modo di vita? Fu quello di sacrificare sé stesso e di portare il vero amore. Perché la sofferenza e il sacrificio sono stati necessari? È per lo stesso motivo per cui, in questo mondo, qualcuno soffre dopo aver fatto qualcosa di sbagliato. Noi abbiamo violato così enormemente la legge dell’ideale di Dio da renderne impossibile la realizzazione stessa, e per compensare questa trasgressione dobbiamo soffrire. Il Regno dei Cieli e l’amore tra uomo e donna venne perso e Gesù ci fece capire che esso non potrà essere mai riconquistato senza pagare un prezzo: ciò che ci mostrò fu come sacrificarci. Perché fu necessario il suo e l’altrui sacrificio? A prezzo della sua sofferenza Gesù voleva mostrarci come superare il peccato.

Pensate che i peccatori si rallegrarono avendo finalmente incontrato l’uomo che poteva liberarli dal peccato? Gesù portò con sé tutto l’amore che era stato perduto, ma all’avvento del Messia, quale reazione è più prevedibile che venga da parte delle persone? Potrebbero essere semplicemente felici, dimenticando tutto ciò che hanno fatto, o dovrebbero superare un grande conflitto di sentimenti prima di sentirsi degne di andare verso il loro salvatore? Potrebbe una persona ignorare ciò che ha fatto di male e andare dal suo salvatore molto serenamente, o dovrebbe invece sentire tanto rimorso per i gravi peccati del passato da non sapere neanche come comportarsi? È più probabile che, rendendosi conto della vastità del suo peccato, chiunque tremerebbe al solo pensiero dell’incredibile differenza che c’è tra sé stesso e il Messia.

Il sacrificio della croce

Quando il Messia viene per risolvere il peccato, è forse il peccatore ad andare da lui per dirgli cosa deve fare? Invece di dire a Gesù cosa deve o non deve fare, il nostro sentimento dovrebbe essere di profondo rispetto, tanto da non sentirci degni neppure di parlargli. Dopo averlo visto, la prima cosa che dovremmo sperimentare dovrebbe essere quella di versare tante lacrime da non riuscire più neppure a distinguere cosa c’è intorno a noi.

Dopo la caduta, l’umanità si trovò nell’oscurità più profonda e non seppe più cosa fare; così le lacrime versate alla vista di Gesù dovrebbero essere così abbondanti da non permetterci di vedere o di fare qualcosa. Ma, contemporaneamente, dovremmo sentirci anche ripieni di speranza.

Ai tempi dell’Antico Testamento le persone facevano delle offerte a Dio senza conoscerne il significato, ma Gesù si sacrificò per l’umanità nella piena consapevolezza di morire per essa. Se un uomo o una donna sono disposti a morire per il Messia, in quel caso la morte effettiva potrebbe anche non essere necessaria. Questo è stato un valore tradizionale nel Cristianesimo, ma possiamo chiaramente vedere che, paragonato a questo standard, il Cristianesimo moderno ha deviato dall’insegnamento di Gesù.

Noi possiamo rivivere quando siamo totalmente disposti a sottomettere noi stessi e a morire senza fare domande. Se una persona è disposta a morire, allora quella persona vivrà e potrà dimorare in cielo. Questo è ciò che Gesù insegnava. Guadagnarci la nostra vita tuttavia è solo l’inizio: poi dobbiamo morire per il resto dell’umanità, creando con tutti gli uomini una relazione tale al punto che essi siano disposti a morire per noi. Su quella fondazione potremo andare in cielo.

Che cosa sarebbe accaduto se tutti gli apostoli si fossero offerti di essere crocifissi al posto di Gesù? Come si sarebbe sviluppata la storia del mondo? Pensate che Dio avrebbe resuscitato solo Gesù e non i suoi apostoli? No, Dio è imparziale e ama tutti e certamente avrebbe resuscitato anche loro. Sarebbero forse ascesi al cielo con Gesù? Gli apostoli non avrebbero abbandonato il mondo, ma sarebbero ritornati con Gesù e avrebbero aiutato tutti gli uomini in terra a rivivere. Prima della caduta gli angeli erano costantemente in comunicazione con il mondo umano sulla terra e gli apostoli avrebbero potuto avere la stessa possibilità.

Perché Gesù ascese al cielo da solo? Perché non ci fu nessuno disposto a morire con lui. Se tutti avessero avuto questa disponibilità, Dio avrebbe innalzato l’intera nazione in cielo insieme a Gesù? Forse, ma poiché il Suo scopo è quello di salvare il mondo, Dio probabilmente avrebbe deciso di creare il cielo sulla terra proprio in quel momento. L’influenza di Israele si sarebbe espansa in tutto il mondo nel giro di poco tempo e se ciò fosse accaduto la storia umana avrebbe raggiunto in breve il suo apice e il Cristianesimo non avrebbe avuto una storia così piena di martiri. Dio avrebbe iniziato il Regno dei Cieli a quel punto e Gesù non avrebbe dovuto tornare di nuovo. Ma poiché Gesù ascese al cielo da solo, fu necessario che anche i discepoli fossero martirizzati prima di andare in cielo e solo dopo questo poterono avere una profonda relazione con Gesù. Per 400 anni i cristiani dovettero letteralmente versare sangue. Molte persone si sono chieste perché mai Dio richiedesse il martirio delle persone religiose ed ora è chiaro che tutta l’umanità doveva percorrere lo stesso cammino di Gesù.

Quando Gesù fu crocifisso nessuno di quelli che lo avevano accettato era con lui. I sacerdoti e tutti i discepoli erano scomparsi: nessuno era là ad offrire Gesù come sacrificio sull’altare. Un’offerta sacrificale viene presentata a Dio per la salvezza dell’umanità ma se non c’è nessuno presso l’altare ad accoglierne il beneficio, allora che valore ha l’offerta? L’unico modo possibile affinché il sacrificio potesse essere ancora valido era quello di considerare separati lo spirito e il corpo di Gesù.

In quella maniera il corpo di Gesù rappresentava la nazione, mentre il suo spirito prendeva la posizione dell’effettivo sacrificio. Essendo lo spirito di Gesù unito con Dio, egli rese il suo sacrificio accettabile ai Suoi occhi. L’offerta di Gesù fu accettata come offerta spirituale: il sacrificio che lui fece fu un sacrificio spirituale. Da allora in poi Gesù ha lavorato su quella base per stabilire la fondazione spirituale a livello familiare sociale, nazionale e mondiale fino a quando sarà possibile realizzare un’offerta fisica.

Poiché la nazione, nella sua totalità, non si unì a Gesù, non poté esse restaurata né poté diventare la nazione di Dio. La responsabilità di Gesù fu di riparare a tutto questo, perciò fece un grande sacrificio per preservare ed espandere la sovranità Dio. Con Gesù terminò l’era dell’Antico Testamento, quella in cui l’uomo poteva andare a Dio solo attraverso i sacrifici, ed iniziò una nuova era in cui Gesù stesso divenne il sacrificio. I cristiani desiderano essere uniti a Gesù e a Dio, cioè vogliono portare unità tra Gesù, Dio e tutti gli uomini: questo è lo scopo del Cristianesimo.

Partendo da questo principio affermano: “Amate Gesù Cristo più di chiunque altro. Solo così potrete trovare la salvezza, perché Gesù ha già stabilito la condizione per ottenere la salvezza spirituale e unendovi a lui potrete velocemente raggiungere la meta”. Il Cristianesimo pone enfasi su come diventare uno in cuore con Gesù Cristo: questo è il nucleo centrale della sua fede e del suo credo. La nostra vita dovrebbe essere parallela a quella di Gesù: questo è il segreto; dovremmo condividerne persino il dolore. Quando lui è gioioso, dovremmo essere gioiosi, quando lavora duramente e la sofferenza lo opprime dovremmo sopportare questa sua sofferenza insieme a lui. Questo tipo di unità è l’ideale cristiano.

Se i credenti costituiscono il corpo di Cristo, potrebbe esserci più di una chiesa? Ci sono molte diverse denominazioni e anche tipi diversi di Cristianesimo che indicano come il corpo di Gesù sia stato lacerato e questo non è accettabile agli occhi di Dio. Deve essere fatta un’ulteriore offerta sostanziale, universale, che non sia divisa tra corpo e spirito e questa deve essere fatta da un popolo unito che, insieme, offra un sacrificio vivente accettabile a Dio. Affinché possa servire come fondazione il Cristianesimo deve essere unito in un unico corpo: questa è la prima e più importante condizione da realizzare. Il cuore di Gesù Cristo è pieno di sofferenza nel vedere il suo corpo così vergognosamente diviso. Oggi il Cristianesimo è nella posizione del corpo di Gesù, ma quando c’è un’unica mente, come possono esistere 1.000 corpi? Dovrebbero esserci una mente e un corpo soli.

E voi chi siete?

Tutte le gerarchie esistenti nel Cristianesimo sono veramente l’unico corpo di Cristo? Può il papa proclamare di essere totalmente unito a Cristo e che la mente di Gesù e il corpo del papa sono una cosa unica? Originariamente Dio voleva che il papa fosse l’unico corpo simbolico di Gesù, come rappresentante di tutti i cristiani del mondo.

In realtà c’è un distacco tra Gesù e gli uomini che non si riesce a colmare per quanto entrambe le parti cerchino di unirsi fra loro. Poiché la mente e il corpo di Gesù non furono sacrificati insieme 2.000 anni fa, oggi è impossibile per i cristiani unirsi totalmente a Gesù. Un ulteriore, gigantesco passo è necessario per completare l’offerta universale profetizzata in cui il corpo e la mente di Gesù sono totalmente uniti per essere il sacrificio vivente sull’altare. Gesù venne per portare unità attraverso il suo sacrificio.

Dovete comprendere molto chiaramente una cosa: quando Gesù venne avrebbe dovuto forse essere lui ad unirsi al popolo o piuttosto avrebbe dovuto essere il popolo ad unirsi a lui in posizione di sacrificio? Voi chiedereste a Gesù di venire a voi, promettendo di aspettarlo con fede o gli direste: “Signore, rimani dove sei; io mi precipiterò da te”? Siamo noi che dobbiamo muoverci e agire: questo è ciò che Dio e Gesù si stanno aspettando da noi. Gesù non disse che si sarebbe pentito per noi e poi ci avrebbe portato il Regno dei Cieli mentre noi ce ne stavamo fermi. Egli disse: “Pentitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino!” Noi siamo quelli che devono adattarsi; Gesù non venne per essere cambiato perché siamo noi a dover cambiare. Questo punto deve essere assolutamente chiaro.

Considerate la vostra situazione alla stessa maniera in cui Gesù considerava la sua. Attraversando la sua terra di Israele Gesù non pensava che essa appartenesse ad altri che a lui. Pensava: “Dio è il mio Dio, Israele è la mia nazione, questo è il mio popolo”. Il suo cuore era costantemente preso da questo intenso sentimento: avete voi lo stesso tipo di attitudine? Pensate: “Dio è il mio Dio, l’umanità è il mio popolo e io sono qui per salvarlo”?

Qual era la convinzione filosofica di Gesù? La sua preoccupazione era forse quella di mangiare e bere bene ogni giorno, trascorrendo pigramente la sua vita e pensando a come vivere il più a lungo possibile? No. Gesù pensava: “Dio è il mio Dio. L’umanità sono i miei fratelli e il mondo intero sta aspettando di essere ricreato dal Figlio di Dio. Io sono qui per realizzare questa missione.” E Dio pensava allo stesso modo.

Gesù voleva donare la sua eredità al mondo cristiano, ai suoi fratelli e sorelle. Voleva dare ad ogni cristiano questa convinzione: “Dio è il mio Dio, l’umanità sono i miei fratelli e sorelle. Questa terra appartiene a me ed io sono responsabile di fronte a Dio di ricrearla secondo il Suo piano”.

Quei leaders di tante denominazioni diverse, che sono preoccupati solo di portare avanti gli obiettivi della propria chiesa, stanno percorrendo una strada sbagliata. Ciò che dobbiamo fare è ereditare la filosofia e l’ideologia di Gesù. Il denominazionalismo è come un blocco stradale per Dio: bisogna abbattere tutte le barriere del settarismo per poter arrivare veramente al cuore delle persone. Se i ministri della fede, che danno sermoni ogni domenica mattina, non sentono di poter parlare di Dio come del “mio Dio” o dell’umanità come del “mio popolo”, o del mondo come della “dimora” di un’unica famiglia umana, essi sono degli eretici. Sono degli imbroglioni se non sentono di parlare con convinzione di queste cose.

E voi chi siete? Sentite che Dio è il “vostro Dio”? Al di là dei confini della vostra nazione, avete mai considerato tutte le terre come appartenenti a voi? Avete mai pensato: “Io sono responsabile di questa terra, devo investire tutto me stesso nella restaurazione di questa terra di fronte a Dio?” Questo è il tipo di religione che Dio ha sempre atteso. Dobbiamo sentirci totalmente responsabili, come se questo mondo ci appartenesse, poiché nessun altro si prenderà cura di esso. “Devo prendermi responsabilità per le chiese che oggi stanno sgretolandosi, per i giovani che hanno perso i valori morali. Io vedo il mondo crollare a causa dell’infiltrazione del comunismo perciò devo prendermi responsabilità per risolvere questa situazione”. Ognuno di noi dovrebbe pensare in questo modo.

Quando vi sdraiate dovete pensare di essere il corpo di Gesù che si riposa: “Il mio corpo è il corpo risorto di Gesù, io sto facendo rivivere il respiro di Gesù che fu soffocato 2.000 anni fa”. Considerandolo alla luce della Bibbia, vi sembra riprovevole tutto questo? Assolutamente no. La Bibbia ci insegna a diventare “uno” con il corpo di Gesù. Gesù proclamava:

“Io sono nel Padre e il Padre è in me”, “voi siete in me e io sono in voi”, intendendo dire che ognuno di noi poteva diventare un rappresentante del Messia, una parte di lui. Diventare la manifestazione fisica del Messia è l’essenza dell’ideologia di Dio e di Gesù. Dio creò ogni uomo perché fosse un messia: finché esistono persone che hanno bisogno di essere salvate è necessario un messia.

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